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Autore: Gobbigliaverde    23/11/2014    3 recensioni
- Possibile che ho passato tre anni della mia vita a cercare di credere alla magia, e ora tutti mi dicono l'inverso? -
C'è chi perde la persona che ama, chi perde la strada, chi la famiglia, e chi la memoria. In questo mondo c'è di tutto. Ma siamo qui tutti assieme, su questo pianeta, per aiutarci a vicenda a ritrovare quel pezzettino di noi che abbiamo perso. In questa vita l'unica regola è rompere le regole... e queste regole sono dettate dalla magia.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CACCIA ALL’ORO

 

 

Sono di fronte all’insegna rovinata. Neal mi dice che sono pazza, che ci sono diversi modi di reagire al lutto, non solo scappare. Io invece penso soltanto alla chiave che ho in mano. Del mazzo che ho trovato all’ospedale ne è rimasta solo una da provare, e mi prometto che se non funzionerà, sfonderò la porta con una spallata. In questo negozio ci sono tutte le risposte che cerco. Me lo sento.
    Infilo la chiave un po’ arrugginita nella serratura. Faccio un respiro profondo. Lentamente inizio a girarla. Gli ingranaggi gemono. Forse funziona! Ad un quarto del primo giro però si blocca. Lo sapevo. Inizio a tirare pugni al vetro che sembra impossibile da infrangere. Perché? Perché il signor Gold mi avrebbe dato tutti questi indizi se non posso usarli?
    Una mano mi si appoggia sulla spalla. — Emma, datti una calmata! Smettila di fare così! — dice Neal, cercando di allontanarmi dal negozio.
    Ho capito. Ora è tutto più chiaro. Mi volto verso Neal. — Apri la porta — gli ordino, porgendogli le chiavi.
    Lui mi squadra stranito. — Ci provo, ma sappi che non cambia nulla se provo io o tu, le chiavi restano le stesse.
    Io annuisco, ma so che non è così. Infatti quando la sua mano la sfiora, la chiave gira perfettamente, e gli ingranaggi della serratura si sbloccano con un rumore sordo. La porta si apre leggermente, facendo fuoriuscire un forte odore di muffa.
    Furbo da parte di Gold, imporre sull’ingresso un incantesimo di protezione legato al sangue. Solo Tremotino o un suo diretto discendente avrebbero potuto aprire la porta. E questa è la prima dimostrazione che Neal lo è.
    Oltrepasso Neal ed entro di fretta. Mi trovo di fronte ad una massa di oggetti disordinati.
    — Cosa devi cercare qui? — mi chiede Neal.
    Istintivamente porto la mano alla tasca della giacca. Ne tiro fuori la chiave arrugginita e vecchia che sembrava essere lì apposta. — Cerchiamo ciò che apre questa chiave — rispondo di slancio. È la prima cosa che mi è saltata in mente.
    — Certo, sembra così facile — aggiunge lui sarcastico. Mi infastidisce. A un passo dal risultato, si tira sempre indietro. Come ha fatto con me, come ha fatto con Henry. Si può amare un uomo così? Può darsi, ma bisogna avere quel pizzico di follia in più, che probabilmente io in questo momento non ho. In questi giorni sono successe troppe cose. Ho scoperto un mondo che non conoscevo, e tutte le persone che amavo nella mia vita a Storybrooke, qui sembrano solo rimetterci. Sembra quasi che… No, non può essere. Scuoto la testa e scaccio quel brutto pensiero che mi è balenato in mente.
    — Trovato qualcosa? — mi domanda la voce di Neal, strappandomi ai pensieri. Ora ricordo perché lo amavo. Era il mio appiglio per non cadere nell’oblio. Ed io ero il suo. Ma ora non servo più a nulla. Non ricordo nulla.
    — No, niente di niente… tu? — chiedo. Non mi torna indietro nessuna risposta. Mi volto di scatto verso di lui. — Neal, dove sei? — Possibile che in cinque minuti sia riuscito a scomparire dalla mia vista? Dove cavolo si è cacciato?
    — Neal? — chiamo ancora.
    Lo cerco. Questo negozio sembra avere più di mille stanze, come la casa degli specchi alle giostre. È un labirinto senza uscita. Prendo a camminare velocemente, setacciando ogni centimetro di spazio. Aumento il passo mentre il mio cuore inizia a battere sempre più veloce. Sto correndo trafelata, la testa mi gira e lo spazio sembra dilatarsi attorno a me. Che diavolo succede?
    Continuo a camminare, quando ad un certo punto mi sento svenire. Mi aggrappo ad un arazzo appeso alla parete, ma deve essere attaccato molto male, perché finisco per terra facendo un baccano terribile. Mi rialzo con la vista annebbiata. Devo trovare Neal. Mi obbligo a percorrere il dedalo di stanze del negozio di antiquariato. Non capisco dove sto andando.
    Procedo a tentoni rischiando di cadere più di una volta. Infatti, mi ritrovo di nuovo con la faccia sul pavimento. Devo essere inciampata su un telo. Guardo meglio. Mi sembra di riconoscerlo… È l’arazzo su cui mi ero appoggiata, questo significa che qui non c’è nessun labirinto… Sono sempre rimasta qui. Mi si apre un mondo davanti. Ora che non c’è più Neal nel negozio, chissà quante trappole ci saranno per i curiosi. Ma perché tutte queste magie legate al suo sangue, se sapeva che sarei venuta io? Tremotino mi lascia molto perplessa, forse ho ancora più confusione di prima. È meglio che esca, subito. Neal non può essere andato lontano. E in ogni caso mi raggiungerà, penso, lanciando un’occhiata verso l’uscio.
    Strano però. Penso all’arazzo. Possibile che sia caduto per caso?
    Una vocina nella mia testa mi intima di portarlo via con me. Come posso non seguire il mio istinto quando è l’unica cosa che mi rimane della mia vita passata? Raccolgo quel pesante rotolo di stoffa e me lo trascino dietro mentre mi avvio verso l’uscita, cercando di calpestare meno cose possibili.
    Mi blocco all’istante. A fianco al mio piede scintilla un piccolo scrigno arrugginito e impolverato. Mi inginocchio e passo una mano sopra al coperchio per leggere meglio la scritta incisa.
    E.S.. Sono le iniziali del mio nome. Posso scommettere tutto quello che ho, che la chiave che ho in tasca apre questo scrigno. Lo raccolgo. Faccio un salto indietro. Sembra che il signor Gold avesse buon gusto in fatto d’arte, perché sotto quella scatola d’argento c’è una tela che rappresenta il viso di Neal così nel particolare, che potrebbe prendere vita e parlare. Un altro indizio sul fatto che è suo figlio, o almeno credo.
    La vista continua ad annebbiarsi. Perché quell’idiota mi ha lasciata sola? penso, mordendomi le labbra. Ultimamente mi sento sempre così stanca, se gli ho chiesto aiuto c’è un motivo! Avrei dovuto fidarmi solo di me stessa, come al solito, dico tra me, e finalmente riesco ad arrivare alla maniglia. La abbasso e un vento d’aria fresca mi sfiora il viso facendomi subito ritornare in me.
    La macchina gialla è ancora lì, devo solo metterla in moto e andare via. Dove diavolo si è cacciato Neal, se l’auto è ancora qui e non c’è traccia di lui?
    Smetto di pensarci, sono abbastanza sicura che se la caverà anche senza macchina. C’è ancora una domanda che mi frulla nella testa. Prima, nel negozio, non sono riuscita a vedere bene i disegni sull’arazzo. Appoggio la pesante stoffa sul cofano e lentamente la srotolo. È un intrigato disegno di rami e foglie, sembra un albero… Un albero genealogico per la precisione. Rimango pietrificata. C’è Gold, c’è Neal, ci sono io e c’è Henry. Sembra tutto come a Storybrooke. Ma sulla stoffa c’è anche Gemma. E aveva ragione lei.

  
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