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Autore: Sebs    24/11/2014    2 recensioni
Dal momento in cui Sebastian Moran viene cacciato dall'esercito, crede di non avere un grande futuro davanti a sé, e non crede di averne bisogno.
Ma quando un distinto sconosciuto in Westwood gli si avvicina, tutto il suo mondo comincia a girare in senso contrario...
Chi è questo tipo? E perché sostiene di aver bisogno di lui?
Genere: Angst, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Irene, Adler, Jim, Moriarty, Quasi, tutti, Sebastian, Moran, Sebastian, Moran
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Sei.

Quando Jim si riprese dalla febbre si mise in testa che avrebbe dovuto recuperare il tempo perduto il più presto possibile e che gli serviva l'aiuto di Sebastian, nonostante stesse lavorando anche lui ad un caso che assegnatogli un bel po' di tempo prima.
Però l'armadio di Moran non era adatto a fingersi un agente, di qualsivoglia grado.
-Ha ragione Irene Adler. Dobbiamo farti un completo.
-Rallenterà le indagini.
-Ti tornerà utile se ci beccano e dovrai comparire in tribunale.
Il sarto era un vecchio amico di Moriarty, e bloccò tutte le attività in corso in quel momento nel suo negozio per ricamare il completo nel minor tempo possibile.
-Non sarà un Westwood, ma neanche uno straccetto -sostenne, mollando semplicemente Sebastian alla sartoria e dimenticandosi di andarlo a prendere, così lui dovette tornare a casa a piedi.
Appena aprì la porta di casa, fu assalito dal fumo. -Che diavolo…?
Jim aveva dei guanti da cucina e una teglia in mano. -Pensavo che se lo riusciva a fare un testone ce l'avrei fatta anche io…
-Io sarei il testone?
Jim alzò le spalle, il tegame ancora in mano.
-Pensa a pulire, io preparo da mangiare.
-Dovrai andare a Cardiff.
-Treno? Quanto saranno, un paio d'ore?
-Due e mezza, e sì. Dà meno nell'occhio. E poi non sei bravo a guidare.
-Fai prima a dire che non vuoi che tocchi la tua auto.
Jim alzò ancora le spalle. -Sicuro che non vuoi provare ad assaggiare quello che ho fatto?
-Cos'era? Polpettone?
-Pollo. Intero. Non si vede? -chiese, mettendogli la teglia sotto il naso.
-Occupati di tagliare queste cipolle, Jim. E butta via... quella cosa.
 
Un paio di giorni dopo prese il treno delle ventuno, più discreto degli altri, come avevano previsto.
Alle ventitré e un quarto era arrivato all'albergo. Non aveva sospettato neanche leggermente che Jim Moriarty aveva preso un biglietto dell'ultimo secondo, dopo averlo visto con quella giacca nera sulle spalle larghe.
E non sospettò di nulla fino a quando una mano con un orologio che conosceva bene lo afferrò per la cravatta e lo tirò nella stanza.
-Jim?
-Stai zitto, Moran.
Nella sua mente, ciò che Jim vedeva si accavallava a ciò che aveva visto quel pomeriggi a casa.
Ricordava di quando Sebastian annodò la cravatta aggiustando il colletto, e con la stessa delicatezza allargò il nodo e lo fece scivolare sul collo nudo, e lo strinse.
Vide Sebastian infilarsi la giacca goffamente perché era molto più stretta della sua giacca di pelle abituale. Jim gliela sfilò con una mano, mentre chiudeva la porta a chiave con l'altra.
-Mi vuoi dire cosa diavolo stai…
Jim tirò la cravatta così forte che Sebastian si abbassò leggermente. -Ho detto che devi chiudere il becco.
Iniziò a sbottonare i bottoni della camicia. Non gli aveva fatto fare un gilet perché sarebbe sembrato ancora più goffo di quello che sembrava, non abituato a quella tenuta.
Sebastian sentì il respiro di Jim colpirgli il petto nudo. Respirava con la bocca, affannato, come dopo una corsa, ed era pronto a scommettere che Jim sentiva il suo cuore battere all'impazzata.
Le imprecazioni che Jim diceva contro la sua cinta lo scossero dalla sorpresa. Prese il mento di Jim con una mano e iniziò a baciarlo con aggressività, occupandosi della sua giacca, togliendogli l'impaccio della cravatta e iniziando a sbottonare anche la sua camicia. Una catenella di metallo simile alla sua era appesa al collo di Jim, ma lui non gli permise di vedere il ciondolo, perché se la sfilò e la lanciò lontano. Ma a Sebastian non importava della collana.
-Finalmente ti sei unito alla festa, Tigre -disse, tirandolo per la cravatta fino al letto, guardandolo con i suoi occhi completamente neri, sotto quella luce fioca. Nonostante fosse più basso di lui, il tono di Jim quasi lo spaventò.
Non si dissero più niente, fino a quando Jim chiarì la situazione, una volta che avevano concluso.
 
La mattina dopo Sebastian si svegliò nudo e solo nel letto dove aveva passato la notte con Jim.
Ogni volta che credeva di aver capito cosa c'era nella testa di quel tipo lui lo sorprendeva, ancora e ancora. Ma era abbastanza convinto che non ci fossero altri modi con cui poteva sorprenderlo, dopo quella notte.
Si chiese se fosse stato solo un sogno, una sua fantasia. Se in realtà aveva solo alzato un po' il gomito. Si tirò su, e vide che il minibar della stanza non era stato toccato, e il suo completo era stato sistemato su una sedia, come per evitare che si stropicciasse. E lui non li aveva messi lì, la sera precedente. Dormire nudo, poi. Non l'aveva mai fatto se era da solo.
Si lasciò cadere tra i cuscini. Su uno dei pomelli che abbelliva l'angolo della testiera del letto era annodata la sua cravatta. C'erano anche le sue medagliette da militare. Si girò dall'altra parte, ma no, l'altro non serbava nessuna sorpresa. Il cuscino vicino al suo, però sì. Era intriso di profumo, uno troppo costoso per lui.
Sebastian ricordò le ultime parole che ricordava dette da Jim. "Non significa niente, ovviamente", gli aveva sussurrato in un orecchio, mordendogli il lobo.
 
Si alzò e si preparò. Continuò le indagini come se non fosse successo niente, e tornò a Londra una volta finito, dopo un paio di giorni.
Non c'era niente ad aspettarlo a casa. Non che si aspettasse un comitato di benvenuto, dei coriandoli o una parata.
Era scura e odorava di chiuso. E dello stesso profumo che aveva sentito sul cuscino.
No, quella sera non era stata un sogno, ma a quanto pareva, doveva rimanere tale.
Jim voleva che rimanesse tale. E Sebastian non poté fare altro che abbassare la testa e obbedire al suo capo.
Anche se la notte di neanche una settimana prima, il suo capo soffocava un grido contro un cuscino. Un grido con cui lo chiamava sempre più vicino a sé.
 
  
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