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Autore: Margo Malfoy    25/11/2014    2 recensioni
«Maggie, no!» gridò con la voce tremante.
Mi liberai dalla sua presa e continuai la mia corsa tra le mura strette. Ancora pochi passi, e avrei raggiunto i miei due amici. So che loro sarebbero stati fottutamente arrabbiati con me, ma non potevo abbandonarli. Un Velocista non l’avrebbe fatto, e io sapevo di voler diventare come loro.
«Fermati!» di nuovo Newt.
Le sue parole furono le ultime che sentii.
Poi le porte si chiusero alle mie spalle, segno che sarebbe iniziata la fine.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'She Belongs To Him'
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8
Giorno 762 ca.
«Andiamo Minho, alzati!» una voce ovattata. Credo fosse Thomas. «Vaffancaspio, non si sveglia!»
«Se gli urli addosso è peggio» una ragazza. Questa volta sono sicuro fosse Maggie.
Sentii il suo corpo avvicinarsi al mio, ancora in dormiveglia, e scuotermi leggermente. Poi il suo respiro sul mio orecchio e una folata calda d’aria: «Devi alzarti, Minho. Le porte si stanno aprendo» un sussurro.
Aprii leggermente gli occhi, spostando lo sguardo da Thomas a Maggie.
«Complimenti, hai svegliato il bell’addormentato» disse Thomas con un sorriso. Mi ricordavo di quella storia. O meglio, sapevo che esisteva una storia con quel titolo, ma non mi ricordavo i protagonisti o il racconto.
«D’accordo» la mia voce aveva un tono basso, quasi rauco. «Andiamo»
Passammo da Frypan a recuperare i pasti e appena le pareti si aprirono, attraversammo la soglia ed entrammo nel Labirinto. Quei corridoi che conoscevo fin troppo bene sembravano davvero casa mia.
Giorni da 763 a 786 ca.
Ogni giorno si ripeteva a stessa immagine: ci svegliavamo, facevamo colazione, prendevamo provviste, entravamo nel Labirinto, mappavamo, disegnavamo, studiavamo le sequenze di spostamento là dentro, uscivamo prima del tramonto, cenavamo, facevamo un po’ di casino intorno al fuoco e poi andavamo a letto. Io, Thomas, Maggie e alla Radura Newt. Mi sarebbe piaciuto che anche lui venisse con noi fuori dalla Radura, ma tutti sapevamo che non era possibile.
Thomas si rivelava ogni giorno più intelligente e cercava di trovare nuovi modi per uscire dal Labirinto.
Maggie correva, correva davvero tanto. Quando né io né Thomas avevamo abbastanza forze per percorrere un altro corridoio andava lei, rischiando tra l’altro un nuovo incontro con i Dolenti. Sembrava aver risolto quel suo problema con la respirazione, qualsiasi cosa fosse.
Ogni volta che la guardavo mi arrivava l’immagine del suo tatuaggio, doveva rimanere come me. Perché non con Thomas o Newt? Perché proprio con me?, mi chiedevo. Ma mi piaceva avere a che fare con lei, in qualche modo. Lei era stata in grado di unire me, Tommy e Newt e di farmi scoprire che non ero solo alla Radura, dovevo solo essere meno diffidente. Era un tipo solare, che faceva sempre sorridere e dava il massimo, alla Radura e fuori, nel Labirinto. Si offriva di fare cose che alcuni dei Radurai avrebbero rifiutato. Radurai maschi. Aveva coraggio, e in quel posto ne serviva tanto. L’unica cosa negativa che portava il forte legame tra noi quattro era che avevo la paura assurda di perderli. Pensando a quanto riuscivamo a sorridere un po’ più di quanto non avessimo fatto in due anni, pensando alle cose che Maggie aveva fatto per noi, subito mi balenavano nella mente le immagini di un mondo senza di loro. Questo non lo avrei retto.
Giorno 787 ca.
«Non è vero! Vi giuro, credo che Gally stia male, che abbia dei seri problemi!» diceva Thomas seduto al tavolo con me, Maggie, Newt e Chuck.
«Credo che l’unico con seri problemi qui sia tu, Tommy» replicò Maggie sorridendogli.
«Minho?» questo era Newt, all’improvviso tutti e quattro stavano fissando me.
«A cosa stai pensando?» chiese.
«Domani cambierà tutto» dissi «Domani sarà passato un mese da quando abbiamo trovato il suo tatuaggio» indicai Maggie.
Pensare a quel tatuaggio mi faceva automaticamente pensare a noi due. Eravamo qualcosa prima di perdere la memoria? Eravamo destinati ad essere qualcosa una volta usciti dal Labirinto?
«Cacchio, è vero» disse Chuck.
«A proposito di cambiamenti» disse Thomas. «Io e Maggie abbiamo pensato a una cosa ieri sera, e l’abbiamo testata oggi. Quando siamo usciti prima dal Labirinto abbiamo provato a confrontare le mappe ed è saltato fuori che per tutto questo tempo ci eravamo sbagliati» vidi Maggie annuire.
«Cosa significa?» chiesi.
«Per due anni avete confrontato le mappe delle stesse sezioni, ma non avete mai confrontato tutte le sezioni per intero» iniziò Maggie. «Abbiamo pensato che confrontandole complessivamente avremmo potuti raggiungere una conclusione più obbiettiva, ma non semplicemente guardandole. Non ci saremmo arrivati se non avessimo visto Frypan trasportare i fogli di carta oleata in cucina» il mio viso era un misto di curiosità e dubbi.
«Gliene abbiamo rubato un paio di fogli e abbiamo iniziato a seguire i percorsi tracciati dai Velocisti. Per ogni mappa saltava fuori una lettera!» continuò lei.
«Sì, all’inizio credevamo fosse una coincidenza, così abbiamo tracciato altri cinque percorsi e sempre nel centro della mappa saltava fuori una lettera» completò Thomas.
Ero stupefatto. Mi sentivo stupido e inutile. Per due anni avevo studiato quelle mappe e non mi era mai venuto in mente di confrontare più sezioni  tra loro.
«Wow, siete dei fottuti geni» commentò Chuck. Aveva ragione e sia io che Newt annuimmo alla sua osservazione.
«Che cosa avete trovato?» chiese Newt appoggiando i gomiti al tavolo.
«Poco per adesso, ma entro domani dobbiamo assicurarci che sia terminato il segnale o quel che è» disse Maggie.
«Sì, per via del tatuaggio. Se da domani cambierà tutto, magari quelle parole serviranno a qualcosa» disse Thomas.
«Bene così, mi occuperò personalmente di incaricare una decina di Radurai di controllare le mappe» disse Newt.
 ***
«Sai, ho paura» disse Maggie.
«Paura?» chiesi io.
Alcuni erano già andati a letto da un po’, in pochi erano rimasti svegli. Lei camminava avanti e indietro, io ero seduto su uno dei divani del casolare, con i gomiti appoggiati allo schienale. Dalle finestre si intravedevano le fiammelle del fuoco che illuminava i visi dei ragazzi all’esterno: Alby, Newt, Gally e pochi altri.
«Sì, beh, per domani» disse fermando la sua camminata nervosa. «Se il cambiamento fosse in peggio?»
«Peggio di così?» chiesi alzando le sopracciglia.
«Può essere! Magari ci uccideranno tutti» nel suo tono c’era un po’ d’ironia, non lo pensava davvero.
«Come siamo ottimisti» osservai ironico.
«A parte gli scherzi Minho. Potrebbe essere finita» disse sedendosi di fianco a me.
«O iniziata» dissi io.
Sul suo viso si dipinse il dubbio.
«Sì, magari da domani inizieremo una nuova vita, migliore di questa» mi chiarii. Lei sembrava essersi tranquillizzata un attimo e si rialzò cominciando di nuovo a camminare. Quella ragazza era un mistero, nervosa, divertente, faceva venire il mal di testa da quanto era complicata, ma senz’altro ti attirava. Attirava chiunque alla Radura, non solo per essere l’unica ragazza.
«In ogni caso rimani con me» dissi. Lei annuì.
«Non mi abbandonerai, vero?» chiese arrotolandosi una ciocca dei capelli biondi.
Io scossi la testa: «Mi prendi in giro?»
«Gally lo farebbe se dovesse salvarsi la vita» osservò lei.
«Sì,  ma io non sono Gally. Ti proteggerò a costo della mia vita» dissi.
Wow, l’ho detto davvero?, dissi tra me e me. Di sicuro non era mio solito dire quel tipo di cose. Ma così era scritto il suo tatuaggio, e così sarebbe stato.
Mi alzai dal divano e ci fu un momento in cui entrambi ci fissammo negli occhi. Inconsapevolmente, io mi stavo avvicinando a lei e lei a me. Lei scese i gradini che separavano il divano dal soggiorno appena di un piano sfalsato e inciampò nell’ultimo. Le afferrai la vita e lei intrecciò le mani intorno al mio collo. Ci guardammo di nuovo negli occhi e poi le nostre bocche si intrecciarono. Ci mordemmo le labbra e ci baciammo più e più volte, senza mai allontanarci. Lei mi tolse la maglietta bianca che avevo addosso scompigliandomi i capelli e io le rivolsi un sorriso, che venne ricambiato. La sua camicia aveva già qualche bottone sbottonato quando la voce di Gally ci fece allontanare. Proveniva da fuori, avemmo il tempo di risistemarci e sederci come se non fosse successo niente.
«A letto» disse spuntando dalla porta «Dobbiamo spegnere le luci» poi se ne andò.
 
Giorno 39
Io e Minho ci rivolgemmo un sorriso, di quelli tra le vere risate e un timido cenno. Poi andammo verso i sacco a pelo, che spostammo vicini e dormimmo accanto, senza fare niente di male.
Appoggiai soltanto la testa sul suo petto, che si alzava e abbassava a ritmo regolare. Sentivo il suo respiro e, con la mano che tenevo sotto l’orecchio, i suoi muscoli che seguivano l’andatura della respirazione. 
   
 
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