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Autore: _Trilly_    27/11/2014    7 recensioni
Violetta, Angelica, Angie, Pablo, Leon, Diego, Francesca, Marco. Ognuno di loro ha un passato che vorrebbe cancellare, dimenticare. Si sa però, che per quanto si possa fingere che non sia mai esistito, esso è sempre là in agguato, pronto a riemergere nei momenti meno opportuni, portando con se sgomento e profondo dolore. Tutto questo perchè il passato non può essere ignorato per sempre, prima o poi bisogna affrontarlo. Ognuno di loro imparerà la lezione a sue spese.
Leonetta-Diecesca-Pangie
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Diego, Francesca, Leon, Pablo, Violetta
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Voi siete pazzi,” commentò Lara scuotendo il capo, incredula. Quella mattina Leon era passato al Restò Band a trovarla e di fronte a un frullato, le aveva raccontato di come Angelica avesse quasi scoperto lui e Violetta la notte precedente. “Avete corso un rischio enorme, lo sai, vero?”
Il ragazzo ridacchiò, tamburellando distrattamente le dita sul tavolo. “Avresti dovuto vedere la faccia della vecchia, quegli occhietti malvagi non la smettevano di guardarsi intorno. Per un attimo ho quasi temuto che potesse avere i raggi X.” Leon iniziò a ridere sempre di più, mentre Lara lo fissava scioccata. Suo fratello era senza vergogna e il fatto che raccontasse quella disavventura con tanto orgoglio, lo confermava. A volte avrebbe voluto essere come lui, smetterla di farsi tanti complessi e agire solo d'istinto. Se lo avesse fatto anche solo una volta, forse avrebbe avuto qualche possibilità con Diego, o almeno avrebbe avuto uno straccio di ragazzo, visto che vantava una vita sentimentale decisamente imbarazzante. All'alba dei suo diciassette anni infatti, Lara non aveva mai avuto o baciato un ragazzo, complesso che si portava dietro da tanto tempo e che ancora non era riuscita a superare. Spesso si era scoperta gelosa del rapporto tra Violetta e Leon, loro non erano chiusi come lei, sapevano lottare per essere felici, poi però inevitabilmente si era vergognata dei suoi stessi pensieri. La Castillo aveva perso i suoi genitori in un tragico incidente e il ragazzo portava sulle spalle il peso di essere un Vargas, tanto che tutti lo temevano e lo evitavano. L'amore che li legava era una delle poche cose belle della loro vita, non meritavano di essere invidiati. Lei almeno aveva ancora suo padre e suo fratello e non era stata coinvolta negli affari sporchi di Fernando, che addirittura aveva accettato che lavorasse al Restò Band, l'unica cosa che le mancava era un po' di coraggio in più. “Non credevo fossi così brava, sorellina,” sorrise Leon, accarezzandole dolcemente il capo e scuotendola dai suoi pensieri. “Sono tutti pazzi di te,” aggiunse, indicando con un cenno gli altri tavoli pieni di clienti. “Ma cosa dici?” Avvampò la ragazza, mordendosi nervosamente il labbro. “Faccio solo del mio meglio.” Vargas sollevò un sopracciglio, scettico. “Il tuo capo non sembra pensarla così.”
“C..come?” Balbettò Lara, assumendo tutte le tonalità del rosso e del viola, sicura di aver capito male. Leon sogghignò, accostando le labbra al suo orecchio. “Lancia continue occhiate verso di te, solo tu non te ne sei accorta.” Con le guance in fiamme, la ragazza si voltò nella direzione indicata dal fratello e vide Luca dietro al bancone che lucidava dei bicchieri e che di tanto in tanto guardava verso di lei. “Credo che tu gli piaccia,” sussurrò Leon, portandola ad abbassare lo sguardo e a voltarsi di nuovo, imbarazzata. “Probabilmente starà pensando che sto perdendo un sacco di tempo e che dovrei tornare a lavoro,” mormorò, evitando il suo sguardo. Il ragazzo scosse la testa, esasperato. “Devi smetterla di buttarti giù, tu sei speciale, molto più di quanto credi,” aggiunse, lasciandole un bacio sulla guancia. “Se solo la smettessi di avere sempre così tanta paura, ti renderesti conto di quanti ragazzi farebbero carte false per averti. Non esiste solo Diego,” proseguì, consapevole della cotta storica della ragazza per il giovane Galindo. “Luca Cauviglia aspetta solo che ti accorgi di lui.”
I due stavano ancora parlando, quando un agitato Pablo Galindo fece il suo ingresso nel locale. Quel giorno Violetta lo aveva fermato in un corridoio dello Studio per parlargli di Leon Vargas. “Sta facendo di tutto per trovare un lavoro, ma nessuno vuole aiutarlo. Ti prego zio, aiutalo a trovare qualcosa...mettici una buona parola...qualsiasi cosa va bene.” Le parole della giovane e il suo sguardo supplicante, non facevano altro che tormentarlo. Ci aveva pensato a lungo, considerando i pro e i contro e alla fine aveva preso una decisione, sperava solo di non pentirsene. Violetta gli aveva detto che Leon sarebbe andato lì a trovare sua sorella Lara e perciò doveva solo cercarlo. Guardandosi intorno, individuò Francesca che parlava con suo fratello accanto al bancone. Anche se sorrideva, era evidente che il sorriso non raggiungesse i suoi occhi. Quella ragazza stava male e non solo perché aveva dovuto mettere da parte i suoi sentimenti per Diego, ma anche perché aveva dovuto rinunciare al sogno della sua vita. Con il grande talento e la passione che ci metteva, avrebbe dovuto essere allo Studio insieme ai suoi amici e invece era lì, a sforzarsi di mascherare la sua tristezza. Era più forte di lui, non riusciva a fare a meno di dispiacersi per quella giovane, che aveva commesso l'unico errore di agire con il cuore. Forse aveva ragione sua moglie, lui si preoccupava troppo e per troppe persone. Convinto di ciò, continuò a cercare Leon, finché non lo individuò a un tavolo in fondo al locale in compagnia proprio di sua sorella. Appena lo vide venire verso di lui, Vargas si fece di colpo serio e sussurrò qualcosa a Lara, che si affrettò a tornare a lavoro, così da lasciarli soli.
“Posso sedermi?” Chiese nervosamente Galindo, grattandosi il capo. Il giovane lo scrutò per alcuni istanti, perplesso, poi si limitò ad indicargli con un cenno la sedia di fronte alla sua. “Come va?” Esordì l'uomo, intrecciando le mani sul tavolo e scrutandolo attentamente. Sembrava apparentemente tranquillo, a suo agio, ma a occhio attento si poteva notare una certa agitazione, quasi stesse sostenendo una lotta con se stesso e Leon non riusciva a spiegarsi il perché. Cosa voleva da lui il padre di Diego? D'accordo, ora era anche un suo professore, ma non aveva mai dimostrato tanto interesse per il suo stato d'animo. “è venuto di sua spontanea volontà, o l'hanno mandato?” Chiese perciò, adagiando la schiena allo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto, sollevando un sopracciglio. Pablo sgranò gli occhi, sicuro di aver capito male. “Come?” Vargas ridacchiò, piegando leggermente il capo verso destra. “Oh andiamo, sappiamo entrambi che non suscito molta simpatia in giro. Immagino che sua moglie o sua suocera hanno un messaggio per me.” Un sorrisetto arrogante faceva bella mostra di se sul volto del giovane, convinto più che mai di averci preso e Pablo non potè fare altro che scuotere il capo, per niente sorpreso. Anche se ci aveva avuto a che fare poco, aveva capito abbastanza bene il carattere particolare del giovane. Si mostrava sfacciato, indisponente, ironico, ma in realtà la sua era solo una forma di difesa. Doveva essere dura vivere con il peso di essere figlio di Fernando Vargas, soprattutto se si stava facendo di tutto per imboccare la strada giusta. “In realtà sono io ad avere un messaggio per te,” spiegò, ottenendo l'effetto di attirare finalmente l'interesse di Leon. Il ragazzo infatti si mise seduto in maniera composta e l'astio iniziale fu sostituito dalla curiosità. “Che messaggio?”
Pablo prese un profondo respiro, cercando le parole giuste, poi tornò a guardarlo, serio. “Violetta mi ha detto che stai cercando un lavoro, è così?” Quando Leon annuì, seppur scettico, si affrettò ad aggiungere: “Se io ti facessi una proposta, mi prometti che non mi causeresti alcun tipo di problema?”
Vargas corrugò le sopracciglia, confuso. “La smetta di girarci intorno e parli chiaro, non riesco a seguirla.”
“Beto ha bisogno di un aiutante per montare e smontare gli strumenti, mettere in ordine l'aula e il ripostiglio e cose simili,” si affrettò ad illustrare, sotto lo sguardo stupito del giovane. “Lui ha bisogno di un assistente, tu hai bisogno di un lavoro e bè...ho pensato che magari potrebbe interessarti,” concluse, fissandolo attentamente. Diverse emozioni attraversarono il volto di Leon, decisamente spiazzato da quella proposta, non se l'aspettava proprio. Probabilmente era stata proprio Violetta a chiedere a Pablo di parlargli e lui lo aveva fatto davvero. Possibile che quell'uomo volesse dargli fiducia? Lo guardò per lunghi istanti, confuso. Pablo Galindo era agitato, ma allo stesso tempo convinto di ciò che aveva detto e poi...e poi per la prima volta non vedeva odio o paura in quegli occhi neri, ma qualcosa che somigliava vagamente alla fiducia. Non era preparato a quell'eventualità, era convinto che lui sarebbe sempre stato nella lista di coloro che lo detestavano e che lo volevano a marcire in una galera e invece era lì a porgergli la mano. Cosa doveva fare? Poteva accettarla? Poteva fidarsi? In fondo Galindo gli sembrava così sincero e poi lui aveva bisogno di quel lavoro, era la sua occasione per dimostrare quanto fosse cambiato e determinato a chiudere definitivamente con gli errori del passato, l'occasione per far conoscere il vero Leon.
“Allora?” Riprese Pablo. “Cosa ne pensi?” Leon ci pensò ancora qualche istante, poi a sorpresa gli strinse la mano. “Accetto.”
Galindo sorrise soddisfatto. Forse non stava sbagliando a dare fiducia a quel ragazzo, forse stava davvero cambiando. “Puoi iniziare già oggi pomeriggio. Beto ti spiegherà cosa devi fare e poi nel mio ufficio parleremo della tua paga.”
Leon annuì, seguendo con lo sguardo l'uomo alzarsi in piedi. “Ci vediamo oggi pomeriggio allora.”
“Si,” concordò Pablo, ma quando fece per andarsene sentì la mano del ragazzo stringergli il braccio, costringendolo a voltarsi. “Signor Galindo,” iniziò il giovane, stranamente a disagio. “Io volevo dirle che...si, insomma...grazie.”
L'uomo sorrise, dandogli una pacca sulla spalla. “Non mi devi ringraziare, ma solo dimostrarmi che non sbaglio a darti fiducia. Ah Leon,” aggiunse, portandolo ad alzare lo sguardo, confuso. “Chiamami Pablo e per favore, dammi del tu. Non sono così vecchio,” ridacchiò, scatenando anche l'ilarità del giovane, che si affrettò ad annuire. “Come vuoi, Pablo.”
“Così mi piaci,” sorrise Galindo, salutandolo con un cenno del capo. “Ora devo andare, a più tardi.”
“A più tardi,” ripetè Leon, guardandolo allontanarsi con un grande sorriso carico di ammirazione stampato in faccia. Quell'uomo che aveva sempre giudicato male, si stava rivelando invece uno dei pochi ad offrirgli la sua fiducia e a tutti i costi voleva fare del suo meglio per non deluderlo, mai se lo sarebbe perdonato altrimenti.



“Sei sicura che per te non è un problema?” Chiese Luca, guardando sua sorella Francesca con un cipiglio preoccupato. Anziché migliorare, la ragazza sembrava sempre più pallida e malaticcia e la cosa lo agitava non poco. “Posso tranquillamente aspettare che ritorni il ragazzo delle consegne e...”
Francesca però lo interruppe, scuotendo energicamente il capo. “Tranquillo, la faccio io la consegna alla signora Rodriguez. Cosa vuoi che sia e poi mi fa bene distrarmi un po',” aggiunse con un sorriso che voleva essere il più possibile rassicurante. Stare tutto il giorno seduta davanti al bancone era troppo deprimente persino per lei, andare invece a fare qualche consegna le avrebbe permesso di prendere una ventata d'aria fresca e perché no, di spegnere anche il cervello per un po'. Luca esitò ancora qualche istante, poi annuì. “Va bene,” sospirò, porgendole la busta con l'ordinazione della signora Rodriguez e un bigliettino con l'indirizzo. “Conosci questa strada, vero?” Quando lei confermò, proseguì. “Allora vai e...” La strinse in un forte abbraccio, accarezzandole dolcemente il capo. “Vedrai che passerà, il tempo guarisce qualsiasi ferita.” Francesca sorrise, stampandogli un bacio sulla guancia. “Spero che tu abbia ragione, fratellone.” Dopodiché si incamminò verso l'uscita, mentre lui scrollò le spalle impotente. Dio solo sapeva cosa avrebbe dato per rivedere di nuovo quella luce brillare negli occhi di sua sorella. Lei sorrideva, diceva di stare bene, che a poco a poco si stesse riprendendo, ma lui sapeva che non fosse così, la conosceva troppo bene. In poco tempo Francesca aveva dovuto reprimere i sentimenti per il fratello del suo ex e rinunciare alla sua passione per la musica, chiunque al suo posto avrebbe sofferto tanto e sperava davvero con il tempo di vederla tornare a vivere, perché se lei stava male allora di conseguenza soffriva anche lui. Francesca era la sua sorellina e la sua felicità contava più di qualsiasi cosa. Stava ancora pensando a ciò, quando il suo sguardo cadde su Lara che stava annotando le ordinazioni su un block notes. Sin dal primo istante che aveva incrociato il suo sguardo, non aveva potuto fare a meno di pensare che non avesse niente in comune con suo fratello. Vargas era sicuro di se tanto da apparire sfacciato, mentre Lara sembrava così piccola e innocente e a malapena dimostrava i suoi diciassette anni. Troppo occupato a fissarla, quasi non la vide avvicinarsi a lui con il volto in fiamme e il passo incerto. “Queste sono le ordinazioni dei tavoli quattro, due e sette” mormorò con un filo di voce, porgendogli tre bigliettini e facendolo letteralmente sobbalzare. “Cosa? oh...ehm, si.” Si affrettò a prendere le ordinazioni dalle mani della ragazza, che inevitabilmente sfiorò, gesto che la portò a ritrarre le sue quasi avesse preso la scossa. Le guance le si erano di nuovo tinte di rosso e teneva lo sguardo basso. In quel momento a Luca sembrò ancora più piccola e gli trasmise una sorta di tenerezza, che mai aveva provato per una ragazza che non fosse Francesca. Solo sua sorella gli era sempre apparsa indifesa e innocente, ogni ragazza che aveva frequentato era più sicura, determinata, maliziosa, caratteristiche che non vedeva in Lara, eppure non poteva fare a meno di sentirsi in qualche modo affascinato da lei. “Lara,” sussurrò, sollevandole il mento, così da potersi specchiare nei suoi grandi occhi scuri. Un brivido gli scorse lungo la schiena appena i loro sguardi si incrociarono e il suo cuore aveva iniziato a battere come un forsennato. Conosceva molto bene quelle reazioni, fino a poche settimane prima le provava per Camilla, la ragazza che più di tutte aveva amato. Com'era possibile che ora fosse quella ragazzina a farlo sentire così? Lara era indubbiamente molto carina, aveva uno sguardo intenso e un sorriso abbagliante e poi era di una dolcezza e un'innocenza incredibili, ma da lì a sentirsi attratto da lei ce ne passava, no? Lei era troppo piccola per lui, era assurdo, inconcepibile. Lara dal canto suo, se ne stava rigida come la corda di un violino, gli occhi fissi in quelli verdi del giovane Cauviglia. Avvertiva le guance farsi sempre più incandescenti e un caldo afoso diffondersi in ogni zona del suo corpo, ma lo stesso non riusciva a muovere un muscolo. Da un po' di tempo a quella parte, si sentiva terribilmente a disagio quando doveva rivolgersi al suo capo, o semplicemente quando i loro sguardi si incrociavano e il fatto che ora addirittura le tenesse il mento...tutto era decisamente amplificato. Certo, riconosceva di provare ancora qualcosa per Diego, ma allo stesso tempo sentiva anche nascere un sentimento per Luca, l'unico oltre a suo fratello che le rivolgesse un dolce sorriso e che sembrava interessato al suo stato d'animo. Chi al posto di Cauviglia quando l'aveva vista piangere nei bagni l'avrebbe consolata con così tanta premura? Avrebbe potuto far finta di nulla o ignorarla e invece Luca era rimasto e forse era proprio da allora che aveva iniziato a guardarlo in maniera diversa. Lui non era solo un bel ragazzo, era dolce, sincero, premuroso, altruista e...bastarono solo quei pensieri a farla arrossire ancora di più e rendendosene conto, Luca sorrise dolcemente. A fatica Lara ricambiò il sorriso, notando quel volto avvicinarsi sempre di più al suo. Il giovane Cauviglia non aveva idea di quello che stava facendo, il cervello sembrava aver smesso di funzionare ed era guidato solo dall'istinto, che lo spingeva sempre di più verso le labbra della giovane. Più di qualsiasi cosa voleva farle combaciare con le sue, anche solo per un istante. Erano ormai a un soffio e Lara non aveva fatto assolutamente nulla per allontanarlo, al contrario si limitava a fissarlo. Luca voleva davvero baciarla? Possibile che Leon avesse ragione e che il ragazzo fosse interessato a lei? Fremeva al solo pensiero. Il suo primo bacio...Luca stava per darle il suo primo bacio. Socchiuse gli occhi, avvertendo il suo respiro sul volto. Il cuore le batteva fortissimo, le gambe le tremavano, tutto il suo corpo era in tensione. Non desiderava altro che lui dimezzasse anche quegli ultimi centimetri. Sentì le braccia di Luca circondarle la vita e attirarla a se, ormai mancava davvero poco e...
“Allora, quando arrivano i nostri frullati?”
Luca e Lara sobbalzarono, allontanandosi di scatto imbarazzati. Due ragazze vestite in maniera striminzita e con un trucco piuttosto pesante, sedute a un tavolo poco distante, li fissavano con disappunto. “Rischia di passarci la sete se non vi muovete.”
“Arrivano subito,” mormorò Luca, fiondandosi dietro al bancone, ancora decisamente sconvolto. Cosa stava per fare? Era forse impazzito? E perché non poteva fare a meno di avercela con quelle due ragazze per averli interrotti?
Lara nel frattempo, era tornata a prendere le ordinazioni, anche se la sua mente era da tutt'altra parte. Il ragazzo che aveva scoperto iniziasse a piacerle, stava per baciarla e non poteva fare a meno di avvertire una sorta di vuoto alla bocca dello stomaco. Lei quel bacio lo voleva con tutta se stessa e ora che erano stati interrotti, chissà se avrebbe avuto un'altra occasione. Possibile che fosse destinata ad essere sfortunata in amore?




“Non lo posso accettare, non posso e basta!” Sbottò Marco esasperato, agitando le braccia e camminando avanti e indietro per il cortile dello Studio. Lena, seduta su un muretto con il grande libro di matematica poggiato sulle ginocchia, lo seguiva con lo sguardo, apparentemente impassibile. In realtà la ragazza era davvero insofferente, non ne poteva più di sentir parlare di Francesca e di quanto Galindo fosse determinato a riconquistarla. “Ho bisogno di Francesca, la amo troppo e non posso stare senza di lei,” continuò Marco, ignaro della tempesta di pensieri negativi che albergava nella giovane. “Penso di essermi liberato di Diego, ma come faccio a farla tornare da me?” Guardò Lena, alla ricerca di qualsiasi consiglio o aiuto, ma lei non aprì bocca, limitandosi a scrollare le spalle. Possibile che ogni volta che Marco le chiedesse di vedersi doveva parlare della sua ex? Aveva dimenticato che Francesca aveva baciato Diego incurante dei suoi sentimenti? Come poteva sentirsi ancora legato a lei nonostante tutto? “Lena, mi stai ascoltando?” Galindo le si piazzò di fronte, piegandosi leggermente verso di lei, confuso. “Ti prego, aiutami. Non so cosa fare.”
La ragazza ruotò gli occhi, stizzita. “Ma ti sei rincretinito per caso?” Sbottò, lasciandolo a bocca aperta. “Non ti ama più, vuole tuo fratello! Cosa non ti è chiaro?” Scese poi dal muretto, stringendo il libro al petto. “Perchè mi parli così?” Chiese Marco confuso, afferrandole il polso così da impedirle di andarsene. “Sai quanto amo Francesca, lei è il grande amore della mia vita e...”
“Ma tu non sei il suo,” sussurrò Lena, portandolo ad abbassare lo sguardo, ferito. In fondo sapeva che fosse la verità, aveva notato come Francesca aveva guardato suo fratello nell'aula di danza quando c'erano anche Pablo e Angie, così come aveva visto quanto stesse male lontana da lui, ma sentirselo dire aveva tutto un altro effetto. Si lasciò cadere sul muretto, prendendosi la testa tra le mani. “Quello che non capisco è che cosa ci trova in lui,” soffiò con un filo di voce. Vedendolo così smarrito, la ragazza avvertì un colpo al cuore e per questo lo raggiunse, poggiandogli le mani sulle ginocchia. “Francesca è una stupida, non ha idea di cosa si sta perdendo.” Marco sollevò il capo, specchiandosi negli occhi scuri della giovane e ciò che vi lesse lo sconvolse. In essi non c'era solo una semplice amicizia, c'era qualcosa di più forte, un qualcosa che anche se non riusciva a spiegarsi, aveva il presentimento che non fosse niente di positivo per lui. La conferma la ebbe quando la ragazza gli prese il volto tra le mani e lo baciò. Fu un bacio dolce, leggero, un bacio che lo sconvolse. Non era la prima volta che lei lo baciava, era già accaduto in passato, ma dato che era furioso e allo stesso tempo ferito da Francesca, non vi aveva prestato molta attenzione, ora però non poteva comportarsi come se nulla fosse, non poteva e basta. “Io non ti farei soffrire, io saprei renderti felice,” continuò Lena con un dolce sorriso. “Permettimi di amarti.” Tentò nuovamente di baciarlo, ma Marco la respinse, scuotendo il capo. “Scusa Lena, ma io non provo lo stesso. Sono innamorato di Francesca,” le spiegò dispiaciuto. “Non voglio illuderti,” aggiunse, sfiorandole una guancia con una leggera carezza. “Ti voglio bene, ma...”
“Ma non mi ami, ho capito,” lo interruppe la ragazza, per la prima volta con lo sguardo basso. Lei che di solito era sempre sicura di se, in quel momento si sentiva così fragile, così ferita. Marco non l'amava, per lui esisteva solo Francesca. Galindo fece per aggiungere qualcosa, ma lei scosse energicamente il capo. “Tranquillo, non devi aggiungere altro. Grazie per la sincerità.” Marco la seguì con lo sguardo, mentre si allontanava a passo svelto e non potè fare a meno di dispiacersi. Lena era una brava ragazza e ci teneva davvero a lui, ma il suo cuore apparteneva a Francesca e non c'era assolutamente modo di cambiare le cose.




“Ehi, ragazzo, svegliati. Devo chiudere.”
Diego aprì gli occhi a fatica, mettendo a fuoco il volto di un uomo che non aveva mai visto, che non faceva altro che scuoterlo per le spalle. “Dove sono?” Chiese con la voce impastata di sonno, strofinandosi gli occhi con vigore. Intorno a lui c'era solo il buio, a parte il bancone dov'era seduto. Con una seconda occhiata riuscì a riconoscere il locale, era più di un anno che non metteva piede in quel posto e non aveva idea di come ci fosse arrivato. Il proprietario ancora una volta gli disse di andarsene e Diego non potè fare altro che obbedire, ma appena si mise in piedi fu colpito da un leggero capogiro e per questo dovette aggrapparsi a uno degli sgabelli per non cadere. Sulla lingua avvertiva il forte sapore di alcool, chissà quanto ne aveva bevuto quella notte. Si strofinò ancora il volto e con fare barcollante si incamminò per le strade buie e isolate. Non sapeva che ore fossero e nemmeno se quella fosse la strada per casa sua, non sapeva assolutamente nulla. Ricordava di aver passato il pomeriggio allo Studio e di aver declinato un'uscita con gli altri ragazzi, poi il buio più assoluto. L'unica immagine che la sua mente si ostinava a rimandargli e che era anche il principale motivo di quella sbronza, era la scena di Marco e Francesca che si baciavano. In se avvertiva una rabbia feroce, incontrollabile, un qualcosa di così potente che gli annebbiava la mente e gli impediva di pensare lucidamente. Non aveva mai provato niente di simile, lui non era un tipo geloso, o almeno non lo era delle ragazze che frequentava. Riconosceva di essere stato spesso geloso di sua madre o di sua cugina, ma Francesca non era nessuna delle due cose e né tantomeno era o era stata la sua ragazza. C'era stato solo un bacio, nient'altro. Perché allora rivederla insieme a Marco gli procurava tanto fastidio? Quello che sentiva per lei poteva essere più forte di quanto credesse? Il volto sorridente di Francesca attraversò la sua mente e ancora una volta da quando aveva a che fare con lei, Diego si sentì terribilmente smarrito. Non era mai stato bravo con i sentimenti, credeva di non potersi innamorare, ma ora non era più sicuro di nulla. Si sentiva come se si trovasse su una di quelle travi dove ai tempi del liceo il professore di educazione fisica li costringeva a fare i più assurdi esercizi di equilibrio, solo che nel caso suo la trave era sospesa a mezz'ora e sotto c'era il nulla. Intorno a lui vedeva Leon, Violetta, Marco, i suoi genitori, anche loro in equilibrio su una trave, ma a differenza sua compievano solo alcuni passi per poi gettarsi nel vuoto con una certa convinzione. Loro non avevano paura, sapevano quello che facevano ed erano così felici, così liberi. Lui era l'unico che se ne stava sulla sua trave immobile, incapace di fare anche solo un passo. Le gambe gli tremavano, il cuore batteva così forte da rischiare di uscirgli fuori dal petto e poi c'erano quelle piccole gocce di sudore che gli imperlavano la fronte. Diego non era solo spaventato, era impietrito, terrorizzato alla sola idea di cadere, di permettere a se stesso di amare. Perché la trave per lui rappresentava un porto sicuro, una certezza, mentre il nulla al di sotto non era altro che tutta quella tempesta di emozioni che caratterizzavano il sentimento più irrazionale e imprevedibile del mondo: l'amore. La sua principale paura era proprio l'amore, lui che era abituato ad avere certezze, si impietriva alla sola idea di avere a che fare con qualcosa che non sapesse controllare. Aveva paura di ciò che Francesca gli faceva provare e forse proprio per quello aveva preferito non dirglielo, aggrappandosi a quel 'non lo so', che era appunto l'unica certezza che gli restava. Il fatto che con il passare dei giorni la ragazza gli mancasse sempre di più e l'incontrollabile gelosia che lo aveva travolto dopo averla vista con Marco, metteva però in discussione ogni cosa. Non poteva più far finta di nulla e scappare come un codardo, doveva affrontare la realtà. Francesca per lui non era come le altre, non lo era mai stata. Per nessuna si era mai ridotto in quella maniera, solo per lei. Doveva pur significare qualcosa. Scosse la testa, esasperato dai suoi stessi pensieri. Non gli piaceva come si sentiva, non gli piaceva per niente. Diego Galindo non era confuso, non era debole e soprattutto non era un patetico sentimentale. Avrebbe potuto cercarsi una ragazza per la notte e non limitarsi a bere, cavolo lui avrebbe potuto farlo. Perché allora non lo aveva fatto? Perché stava tornando a casa ubriaco e barcollante come un barbone, con il rischio che i suoi lo chiudessero in camera fino ai quarant'anni?
“Diego? Cosa ci fai in giro a quest'ora?”
Il giovane si bloccò sul posto al suono di quella voce. Nemmeno si era accorto di essere giunto nel parco di casa sua, così come non aveva notato la macchina grigia di suo padre parcheggiare a pochi metri da lui. Un accigliato Pablo stava ora procedendo verso di lui e Diego non sapeva proprio che fare. Che ci faceva l'uomo in giro a quell'ora? E se si fosse accorto che aveva bevuto? “Sono andato a prendere Marco e Violetta dalla pizzeria dov'erano andati insieme ai ragazzi,” spiegò Pablo quasi gli avesse letto nel pensiero, indicandogli poi proprio suo fratello, che era già entrato in casa e che sembrava non lo avesse nemmeno notato, altrimenti era sicuro che ne avrebbe approfittato per gettare benzina sul fuoco. “Mi aspettavo che dopo le lezioni anche tu ti saresti unito a loro,” continuò, scrutandolo attentamente. “Dove sei stato?”
Diego abbassò lo sguardo senza proferire parola. Se avesse detto qualsiasi cosa suo padre avrebbe capito che avesse bevuto e non aveva voglia di ascoltare una delle sue ramanzine, voleva solo gettarsi nel suo letto ed essere lasciato in pace. Se però pensava di potersela svignare si sbagliava di grosso, infatti Pablo gli ostruì ogni via di fuga, prendendolo poi per le spalle. “Non ci muoviamo da qui finché non mi dici dove sei stato.”
“Non ho dieci anni, non devo dirti tutto quello che faccio!” Esplose il giovane, dimenticando il suo proposito di stare zitto. D'altronde era un tipo istintivo e c'era da aspettarselo una cosa del genere. Galindo senior sgranò gli occhi, indeciso se essere più arrabbiato per come gli avesse risposto o per il fatto che suo figlio puzzasse di alcool. “Hai bevuto,” disse alla fine, scuotendo energicamente il capo. “Puzzi come un ubriacone da taverna e non ti reggi nemmeno in piedi,” aggiunse, riferendosi alla sua andatura barcollante. “Se tua madre ti vede in questo stato da di matto.”
“E allora non dirglielo,” ribattè Diego, ruotando gli occhi. “Sono adulto e vaccinato e se voglio bere sono affari miei. Ho già rinunciato a troppe cose,” proseguì con una nota di risentimento, che portò Pablo ad abbassare lo sguardo. Entrambi ricordavano quel famoso giorno quando l'uomo aveva chiesto al figlio di mettere da parte, almeno per il momento, i sentimenti per Francesca per il bene della famiglia e ora quelle parole si ripetevano più volte nelle loro menti, confondendo non poco l'uomo. Egli infatti sapeva di aver fatto la cosa giusta a scongiurare qualsiasi azione del figlio, ma allo stesso tempo sentiva che se Diego si fosse ubriacato era anche colpa sua. Anche se non ne era pienamente consapevole, il ragazzo era innamorato di Francesca e stare lontano da lei lo faceva stare male e di conseguenza lo portava a bere per dimenticare. Poteva quindi punirlo solo perché soffriva per amore? Quanto poteva essere sottile la differenza tra il giusto e il sbagliato? Pablo amava intensamente entrambi i suoi figli e odiava vederli soffrire, soprattutto se si trattava di un sentimento distruttivo come l'amore. Se Marco che apparentemente gli era sempre sembrato il più fragile dei due, appariva invece colui che stesse reagendo meglio, Diego che al contrario era il più sfacciato e sicuro di se, quasi non lo riconosceva. Forse proprio perché aveva sempre indossato una maschera per apparire forte, forse perché era la prima volta che si confrontasse con l'amore e quindi faceva fatica a gestire tutte quelle emozioni...Pablo non lo sapeva dire con certezza, ma era sicuro di una cosa e cioè che l'ultima cosa di cui Diego avesse bisogno era doversi confrontare con quella folle di Angie. “Diremo a tua madre che Beto ti ha permesso di restare allo Studio per provare,” mormorò alla fine Galindo, circondandogli le spalle con un braccio e guidandolo verso casa. Il giovane strabuzzò gli occhi, sicuro di aver capito male. “Cosa? E se si accorge che ho bevuto e...” Pablo però lo interruppe con un gesto della mano. “Vattene subito a letto e non dire una parola, alle spiegazioni ci penso io.”
Diego si bloccò di colpo, voltandosi verso il padre, sorpreso. “Vuoi mentire per me? Perché?” L'uomo si limitò a fissarlo e dai suoi occhi scuri, il ragazzo lesse la risposta; gli dispiaceva che stesse soffrendo e in un certo senso lo capiva...si, negli occhi di Pablo c'era comprensione e allo stesso tempo impotenza per non poter cambiare le cose e mai Diego si sentì più legato a suo padre. Seguendo solo l'istinto lo abbracciò, aggrappandosi a lui quasi ne dipendesse la sua vita e sorpreso ed emozionato, Galindo senior ricambiò la stretta. “Grazie papà.” Due semplici parole, due parole dette con così tanta sincerità e calore che lui non potè non commuoversi e convincersi ancora di più di star facendo la cosa giusta. Quello che non sapeva, era che presto quelle scelte fatte con così tanta convinzione gli si sarebbero ritorte contro e nel modo peggiore.




Questo è sicuramente il capitolo di Pablo, che non solo ha deciso di dare fiducia a Leon, ma gli ha anche offerto un lavoro allo Studio. Tra l'altro, ha deciso di coprire la sbornia di Diego, comprendendo quanto quel periodo debba essere duro per suo figlio. Se Diego inizia a capire l'intensità dei sentimenti che prova per Fran, Leon apre gli occhi a Lara e lei e Luca arrivano a un passo dal baciarsi, peccato che vengano interrotti -.- Marco nel frattempo rifila un bel due di picche a Lena.
Grazie a tutti per il vostro affetto :3
Trilly
  
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