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Autore: thatswhatfriendsarefor    28/11/2014    11 recensioni
Dopo essere stata ferita al funerale di Roy, Kate si rifugia nella baita di suo padre e in se stessa.
Riuscirà davvero a rimanere da sola?
La nostra personalissima versione della 4x01 o meglio una ipotetica 3x25
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'E se l'inizio fosse stato diverso?'
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Capitolo 7 – La magia di una notte di pioggia

 

Fatico a prendere sonno.

Mi giro e rigiro nel letto da ore e mi convinco che il problema è che non riesco a trovare una posizione comoda che mi faccia rilassare. In petto sento il cuore in subbuglio che batte in maniera irregolare. Il dottor Culliford mi ha detto di stare tranquilla e di evitare stress, affaticamento e grandi emozioni e mio padre mi porta a casa Castle! Come fa il mio muscolo cardiaco a non risentire della situazione?

Diciamo la verità Kate, altro che posizione e posizione, sei agitata e non poco!

Quello che è successo oggi mi ha travolto con una valanga di emozioni che mi hanno trascinato in un vortice da cui non riesco a riemergere. Ripenso all’imbarazzo dell’incontro, alla sensazione di benessere e tranquillità che ho avuto tutto il giorno, alla passeggiata che avrei voluto non finisse mai e rifletto su quello che ci siamo detti, sulle nostre confessioni. Mi sono liberata di un peso e questo ha alleggerito il mio cuore. Ho ammesso di avergli mentito e di averlo allontanato di proposito e mi rendo conto solo ora dell’enorme portata dei nostri discorsi. 

Sospiro passandomi le mani nei capelli.

La mia mente va al momento in cui ci siamo dati la buonanotte.

Ho percepito la stessa identica tensione che c’era stata in quell’albergo a Los Angeles, anzi più forte ancora per le tante parole dette. Solo io so quanto sono stata indecisa quella sera. Sono letteralmente scappata in camera perché le cose tra noi non erano mai state così evidenti fino a quel momento. Ma il rispetto che ho per Josh mi ha indotto a fuggire e, per fortuna, il destino ha evitato che facessi un errore con il ripensamento che ho avuto subito dopo, riaprendo la porta. Sarebbe stato uno sbaglio? Chissà, forse no… e oggi magari non sarei in questo letto nella baita di mio padre a rimuginare da ore su quello che sarebbe potuto essere e non è stato. Penso che sarebbe stato più facile per me lasciarmi andare allora alle avance di Castle che non adesso che abito un corpo che non riconosco più come mio.

La pioggia fuori scende sempre più forte e deve essersi alzata la tramontana, a giudicare dal sibilo che giunge dalle fronde degli abeti davanti la baita.

Il maltempo acuisce il dolore delle ferite, rendendo il mio riposo ancora più difficile.

Uno squarcio di luce illumina la stanza a giorno, seguito dal fragore di un tuono che rimbomba nel mio petto facendomi trasalire.

Accendo la luce e provo a sistemarmi un po’ i cuscini.

Guardo l’orologio.

Sono le tre e mezza.

Sono davvero tante ore che mi sto rigirando nel letto.

La pioggia continua a scrosciare imperiosa.

Rimango un po’ pensierosa e mi concentro sul mio battito cardiaco.

Lo ascolto: irregolare, nervoso, tumultuoso.

Più ci penso e più la frequenza si altera prendendo un ritmo che non capisco. Ma è pur vero che prima dell’incidente non mi ero mai concentrata su questo.

Una grande arsura mi attanaglia la gola. Guardo sul comodino e osservo la bottiglietta intatta di gocce che mi ha prescritto Culliford. Ho sempre dormito poco nella mia vita, perché dovrei farlo adesso che sonnecchio tutto il giorno sul divano invece di stancarmi al distretto con ritmi a volte disumani?

Il farmaco può rimanere ancora lì in bella vista sul ripiano. Vederlo chiuso e sigillato mi dà soddisfazione. Resistere a questa tentazione mi fa sentire ancora viva, ancora forte e determinata almeno in qualche cosa, perché la Kate delle ultime settimane è stata tutt’altro.

Acqua, devo assolutamente bere dell’acqua. Mi alzo dal letto, scendo piano le scale a piedi nudi e il legno scricchiola sotto il mio peso.

Ho notato che la porta della camera di mio padre è aperta. Chissà, forse Castle l’ha lasciata così nel caso avessi avuto bisogno di lui. Forse aveva paura di non sentirmi.

Sorrido rimuginando sul pensiero gentile di quell’uomo che mi sta sorprendendo con piccole e grandi cose, oramai da tempo. Si è creata una strana situazione con lui. Non potremo più essere solo partner ma, ora come ora, non mi sento di avventurarmi in una relazione. Sarà difficile incontrarlo domattina. Cosa potrei dirgli dopo avergli praticamente confessato che lo amo anche io? Sì, vero, non gliel’ho detto apertamente, ma credo non abbia dubbi in merito a ciò che provo per lui. Penso subito a come è trascorsa la giornata passata e mi rendo conto che tutto è stato estremamente naturale… e bello. E così sarà anche domani. Spero tanto che Castle possa capire che non sono pronta a lasciarmi andare, che ho bisogno di tempo e che…

Una fioca luce proviene dal soggiorno. Il camino è acceso. Rick è ancora sul divano con il pc sulle ginocchia e si è addormentato. Mi avvicino piano per guardarlo. Un senso di gioia e benessere inspiegabile mi avvolge cacciando via i fantasmi che mi assilavano lassù in camera.

Mi chino su di lui per mettere in salvo il computer da quella instabile posizione in cui è finito. Non posso fare a meno di sorridere alla scritta che scorre nello screen saver: Keep calm and write your novel! L’ha cambiata… ricordo ancora che quella precedente diceva “you should be writing”. Evidentemente non era abbastanza perentoria. La schermata in word che appare subito dopo mi incuriosisce. Sbircio qualche riga e arrossisco scorrendo con gli occhi le imprese di Nikki sotto le lenzuola. Ormai non è la prima volta che le leggo, a partire da quella famosa pagina 105 che Castle mi sorprese a divorare nascosta in bagno al distretto. Eppure mi fa sempre effetto. Mi sono sempre chiesta se quando scrive le scene sensuali pensi davvero a me o a qualcuna delle tante donne che hanno allietato le sue serate da single. Devo ammettere che concentrarsi su quei passi che hanno come protagonista un personaggio a me ispirato, mi ha sempre creato un certo disagio, anzi no, un mix di disagio ed eccitazione. Non sono mai stata un’ipocrita, né lo sono diventata adesso, ma ho dovuto accettare gli effetti che quelle righe hanno su di me. Leggere di Nikki e di Rook mi ha sempre teletrasportato in una dimensione fantastica e irreale in cui gli interpreti della scena siamo io e Castle, con ovvie conseguenze sulla mia salute mentale.

Mi siedo vicino a lui, incerta se svegliarlo o no.

Lo osservo come non ho mai potuto fare. Sono indisturbata e posso studiare ogni centimetro del suo volto che mai mi è apparso bello come questa notte. So che può sembrare inquietante ma non posso farne a meno. Mi concentro su quei versi che fa con la bocca mentre dorme e le sue labbra mi appaiono invitanti come non mai. Sono sicura che siano morbide e calde. Le ho già assaporate una volta, quella volta in cui Espo e Ryan erano in pericolo e me lo ricordo benissimo: molto morbide e molto calde… Ho la forte tentazione di baciarlo lievemente sperando che non si svegli, solo per vedere che effetto mi fa. Poggio una mano sulla sua e ne accarezzo il dorso.

Gli ultimi spasmi del fuoco si consumano in un battibaleno e la brace crepitante non riesce a mantenere la temperatura della stanza che si raffredda velocemente.

Castle dorme pesantemente perché le mie delicate carezze sulla mano non lo hanno distolto dal suo sonno ristoratore, quindi decido di lasciarlo riposare. Prendo il mio plaid, lo annuso per un momento per assaporare da domani la diversità del suo odore, e lo ricopro come farei con un bambino.

Piano, per non svegliarlo, mi avvicino alla cucina per prendere il mio bicchiere d’acqua e mentre apro il frigo sento un urlo provenire dal divano.

“AHHHHH….. mi hai spaventato!” una voce assonata interrompe il mormorio della pioggia.

“Ehy!” Mi giro e gli sorrido. Ha solo voltato il capo senza alzarlo dalla testata del divano e ha gli occhi arrossati ridotti a poco più di una fessura.

“Scusa, non volevo svegliarti. Volevo prendere solo un bicchiere d’acqua.” Provo a giustificare la mia presenza lì.

Castle tira su la testa e si accorge della coperta. Allarmato si guarda intorno in cerca del pc che non è più sulle sue gambe e si rassicura quando lo sguardo lo individua sul tavolo.

“Stava per cadere, l’ho spostato” affermo, continuando a giustificarmi, in casa mia.

“Grazie” si mette a sedere, cercando una posizione più comoda e soffocando uno sbadiglio. “Da quanto tempo sei qui?” mi chiede con la voce ancora impastata dal sonno.

Guardo l’orologio.

Le quattro.

L’ho osservato per mezz’ora di seguito! Avrei giurato sotto tortura che al massimo fossero trascorsi cinque minuti.

“Un po’” rispondo vaga.

“Non hai freddo?” mi chiede osservando le gambe nude che escono dalla mia camiciona.

“Sì, infatti stavo risalendo. Il fuoco prima era acceso e si stava meglio. Vuoi un bicchiere d’acqua?” chiedo.

“Sì, grazie” Si alza e si avvicina al pc. Vedo che meccanicamente salva il file e lo spegne.

“Non pensavo che avessi intenzione di scrivere fino a tardi. Mi dispiace, ieri ti ho fatto perdere tempo e tu dovevi lavorare.” Continuo a scusarmi senza motivo.

“Perché non mi hai chiamato? Ti avrei portato l’acqua su in camera, senza che prendessi freddo.” il suo tono assistenziale quasi mi infastidisce.

“Non sono riuscita a prendere sonno, tanto vale alzarsi un po’… ma non ti ha svegliato neanche la pioggia e quel tuono terribile che è rimbombato in tutta la casa?”

Scuote la testa imbarazzato. Un ciuffo di capelli dietro gli è rimasto dritto come una cresta di gallo e non posso fare a meno di allungare una mano e provare a sistemargliela. Quant’è buffo! Adorabile.

“Vieni andiamo su, qui prenderai freddo.” Forse ha ragione. In effetti mi sono infreddolita parecchio e non è il caso che mi buschi un raffreddore. Ma non ho nessuna voglia di tornare in camera.

“Vai, io rimango ancora un po’ qui, fra un po’ salgo. Mi tengo calda con il plaid”.

“Allora aspetta che riattizzo il fuoco” dice pronto, mettendosi subito all’opera.

Mi accomodo sul divano e mettendomi la coperta la annuso velocemente senza pensarci, in maniera istintiva. Quando me ne rendo conto, arrossisco. Per fortuna che Rick è di spalle.

“Rick, ma fai sempre così?” domando. Lui si gira con uno sguardo interrogativo così mi affretto ad aggiungere “quando scrivi. Sai quando inizi, ma non sai quando finisci?”

Ci pensa un po’ poi risponde “Uhmmm. Sì. O almeno quasi sempre”

“Raccontami! Come nasce una storia? Come ti vengono le idee e come nasce uno dei tuoi libri?” chiedo realmente incuriosita e affascinata dalla creatività dell’uomo che mi sta davanti.

Castle si siede accanto a me, io gli offro un po’ di coperta e davanti al fuoco inizia a raccontarmi nel dettaglio il suo lavoro. “A volte visualizzo una scena nella mia mente e basta solo sedermi al computer per trasferirla sulla carta. Così mi ritrovo a battere sui tasti in maniera forsennata per ore, finché non mi vengono i crampi alle dita. Altre volte il processo è più frustrante, specialmente quando ho una scadenza da rispettare e le parole semplicemente non arrivano e Gina mi dà il tormento.” comincia, per poi spiegarmi come nascono i suoi personaggi e le loro caratterizzazioni e come si affeziona ai suoi protagonisti che conosce nel profondo ancora meglio di se stesso. 

La pioggia continua incessante a battere sulle assi di legno della baita mentre il vento non accenna a diminuire.

Il suo tono di voce profondo mi culla, mentre una vocina nel mio cervello mi fa notare la scena: in una notte di maggio, in una baita sulle montagne, un uomo e una donna condividono una coperta e il tepore del fuoco. Lei pian piano si appoggia alla sua spalla mentre lui le racconta come scrive un libro. Ogni tanto si guardano e si sorridono senza nemmeno rendersi conto che si stanno innamorando perdutamente chiacchierando davanti al fuoco.

 

Angolo delle autrici

Rick e Kate si scambiano i ruoli: stavolta è lei a osservarlo attentamente, protetta dall’oscurità di una magica notte di pioggia. Una notte in cui i nostri Caskett si avvicinano sempre di più. E ora? Saranno consapevoli di quello che sta loro capitando o continueranno come al solito a far finta di nulla?

Grazie a tutti voi, criceti compresi, per l’affetto con cui continuate a seguire questa storia!

A martedì,

Debora e Monica

 

  
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