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Autore: Margo Malfoy    28/11/2014    1 recensioni
«Maggie, no!» gridò con la voce tremante.
Mi liberai dalla sua presa e continuai la mia corsa tra le mura strette. Ancora pochi passi, e avrei raggiunto i miei due amici. So che loro sarebbero stati fottutamente arrabbiati con me, ma non potevo abbandonarli. Un Velocista non l’avrebbe fatto, e io sapevo di voler diventare come loro.
«Fermati!» di nuovo Newt.
Le sue parole furono le ultime che sentii.
Poi le porte si chiusero alle mie spalle, segno che sarebbe iniziata la fine.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'She Belongs To Him'
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Giorno 788 ca.
Mi sarebbe piaciuto dire a Maggie che, in qualche modo, non era quello che volevo. Che il fatto che noi due fossimo un errore non era reale, ma mi tenni tutto dentro.
La giornata nel Labirinto non era diversa dalle altre, nonostante quel giorno sarebbe dovuto cambiare tutto. L’unica differenza era un silenzio più rumoroso del solito. Né io né Maggie parlavamo, l’unico che ogni tanto ci coinvolgeva era Thomas, che però, dopo un paio di risposte a monosillabe, ci rinunciò. Era chiaro che aveva capito che tra di noi era successo qualcosa, ma nessuno dei due aveva chiaro che cosa esattamente. Nessuno poteva spiegarglielo.
Dopo aver corso un paio d’ore, arrivammo in una sezione diversa. Io e Thomas stavamo parlando tra di noi del codice delle mappe.
«Shh» disse Maggie mettendomi l’indice sulle labbra, credo si sia subito pentita di averlo fatto, perché poi lo mise subito giù imbarazzata. «Lo sentite?» sussurrò.
Io e Thomas tendemmo le orecchie per sentire, ma l’unica cosa che riempì il silenzio erano i nostri respiri affannosi.
«Che cosa?» chiesi.
Il silenzio si fece di nuovo spazio e questa volta lo sentii. Un rumore metallico sempre più vicino. Dovevano essere una dozzina di Dolenti, che si avvicinavano alla Sezione.
«Che facciamo?» chiese Maggie in un sussurro.
«Andiamocene» affermai convinto.
Ci girammo contemporaneamente ma ciò che ci ritrovammo davanti fu un esercito di Dolenti. Erano tantissimi. Potevamo solo correre nella direzione della Sezione, e così facemmo. Iniziammo a percorrere metro dopo metro, con i muscoli che bruciavano. Poi Maggie, che era davanti a noi, si fermò di colpo e per poco io e Thomas non le finimmo addosso.
«Che c’è?» chiese Thomas.
Maggie indicò davanti a sé con il dito. Eravamo in un vicolo cieco, che finiva con una specie di apertura. Da fuori si poteva vedere che all’interno era tutto buio, ma la luce di un apparecchio illuminava il piccolo buco. Doveva essere un computer.
«Lo vedete?» chiese Thomas indicandolo. Io e Maggie annuimmo insieme.
«Fermi» disse lei. «Perché dovrebbe esserci un computer in un’apertura del genere?»
«Forse è un aggeggio per controllare le Scacertole e i Dolenti che usano i Creatori» disse Tommy.
«Forse.» dissi «O forse c’entra con il fatto che il Labirinto racchiuda delle parole... che sia una specie di codice»
«Esatto» disse Maggie indicandomi. «Il Labirinto è un codice. Le parole che abbiamo trovato, ne sono la prova. Forse sono una specie di password per accedere a quel computer o roba del genere...»
Stavamo per risponderle, ma l’arrivo sempre più imminente dei Dolenti ci interruppe. Venivano dritti verso di noi. Per andare dove? Era un vicolo cieco, con un’unica apertura, troppo piccola perché uno di quei mostri potesse passarvi attraverso.
«Dobbiamo andarcene» disse Thomas muovendosi sul posto.
«Di qua» disse Maggie indicando una rientranza del muro dietro la quale potevamo nasconderci. Ci schiacciammo uno contro l’altro, Maggie in mezzo. Sentivo il suo petto alzarsi e abbassarsi contro il mio, mentre Thomas era appoggiato con la schiena sulla sua.
Guardammo i Dolenti avvicinarsi sempre di più alla botola, per poi entrarvi senza nessun problema.
«Com’è possibile?» chiese Thomas liberandosi dalla posizione scomoda.
«Non ne ho idea, ma approfittiamone intanto che se ne sono andati. Dobbiamo tornare a casa» dissi una volta uscito dal nascondiglio.
Una volta ritornati alla Radura, ci avviammo velocemente verso i tavoli. Seduto al solito c’era Newt che ci aspettava in compagnia di Chuck. Il ragazzino continuava a parlare, ma Newt fissava noi avvicinarci, con aria seria, ogni tanto annuendo per fingere di ascoltarlo.
«Ciao ragazzi» disse con entusiasmo Chuck voltandosi verso di noi. Guardarci da lontano doveva sembrare quasi come vedere le scene a rallentatore dei film d’azione, dove i protagonisti camminano in riga. Avevamo il vento che ci spostava i capelli, un’andatura lenta e posata; Maggie al centro con me e Thomas ai lati. Ridicolo che ridicolo che mi fossero venuti in mente i film d’azione, ma non mi venisse in mente neanche un titolo o la trama di quelli che avevo visto...
«Ciao Chuck» lo salutò Maggie sedendosi accanto a lui. Gli scompigliò i capelli e appoggiò stanca le braccia sul tavolo.
Sentire la sua voce, dopo aver passato insieme a lei un giorno di silenzio, era strano.
«Hanno trovato questo» Newt fissò tutti e tre, facendo scivolare sul tavolo un pezzo di carta. «Ma non ha senso. Abbiamo provato e riprovato a scambiare l’ordine delle parole ma non viene fuori una frase che possa dirci come uscire»
Sul foglio erano scarabocchiate sei parole che effettivamente non avevano senso, ma se era come pensavamo allora potevano risultarci molto utili comunque. 
Raccontammo a Newt, e anche a Chuck, della strana scoperta che avevamo fatto quel giorno sulla tana dei Dolenti.
«Allora proviamoci» disse imboccando una forchettata di spaghetti. «Troviamo il momento buono per entrare nel Labirinto e digitiamo le parole al computer, voglio andarmene da questo posto»
Sembravamo tutti d’accordo con la decisione di Newt, così ci dirigemmo tutti a dormire dopo cena.
Mi avviai verso il mio sacco a pelo e notai che quello di Maggie non c’era più. Mi guardai intorno ma vidi solo ragazzi che russavano beatamente, così uscii dal casolare, e riconobbi due figure in lontananza. Newt e Maggie erano davanti alle mura. Dovevano essere pochi degli unici ancora svegli, quella sera. Non capivo perché fossero lì e nel buio era indecifrabile capire se c’era qualcosa davanti a loro.
Solamente quando fummo tutti e tre in fila, senza esserci prima rivolti parola, me ne resi conto.
Io e Newt ci scambiammo un sguardo preoccupato, superando la figura di Maggie.
Le porte non si erano chiuse.
   
 
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