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Autore: Margo Malfoy    30/11/2014    1 recensioni
«Maggie, no!» gridò con la voce tremante.
Mi liberai dalla sua presa e continuai la mia corsa tra le mura strette. Ancora pochi passi, e avrei raggiunto i miei due amici. So che loro sarebbero stati fottutamente arrabbiati con me, ma non potevo abbandonarli. Un Velocista non l’avrebbe fatto, e io sapevo di voler diventare come loro.
«Fermati!» di nuovo Newt.
Le sue parole furono le ultime che sentii.
Poi le porte si chiusero alle mie spalle, segno che sarebbe iniziata la fine.
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Newt, Nuovo personaggio, Thomas, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'She Belongs To Him'
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Giorno 41
Ciò significava che i Dolenti sarebbero potuti venire a prenderci in qualsiasi momento.
«Dobbiamo andare al Casolare» esordì Newt dando le spalle al corridoio.
Sia io che Minho eravamo d’accordo. Dovevamo metterci al sicuro.
Quando entrammo tutti stavano già dormendo, probabilmente non si erano accorti che le mura erano rimaste aperte. Nella sala comune non c’era spazio per dormire, così prendemmo i nostri sacco a pelo e andammo a dormire in una stanzetta che non era mai stata usata. Noi tre.
Minho e Newt stavano discutendo su ciò che era successo.
«L’avevano detto» intervenni io.
«Che cosa?» chiese Newt voltandosi verso di me.
Senza timore sollevai una parte della camicia di Minho e mostrai il tatuaggio.
«Sta cambiando tutto» precisai. «Ma forse non è una cosa così negativa»
«Ha ragione» disse Minho. «Adesso che le porte non si chiudono è il momento perfetto per immettere la password»
«Già!» Newt sembrava illuminato. «Se anche domani sera le porte resteranno aperte, andremo là fuori. Per stasera preoccupiamoci di sopravvivere» disse.
«Bene così» Minho si sdraiò poi nel suo sacco a pelo, seguito da Newt.
Il sonno non tardò ad arrivare. In poco tempo mi addormentai anche io.
«Maggie svegliati» un sussurro. Impossibile capire da chi provenisse dei due.
Quando aprii gli occhi vidi che era Minho, Newt invece era affacciato a una finestra, intento a guardare fuori. Ma non era ancora sorto il sole. La Radura galleggiava nel buio.
«Che succede?» chiesi mettendomi seduta.
«Sono qui» disse guardandomi negli occhi.
Non servì chiedere per sapere che stava parlando dei Dolenti. Fortunatamente eravamo tutti a dormire nel Casolare, ma sarebbero potuti venire a prenderci comunque. Mi girai istintivamente verso la porta in legno, che era già stata chiusa.
«Qui abbiamo poche possibilità che ci trovino» disse Newt girandosi verso di noi. «Dobbiamo fare molto silenzio e nasconderci, possibilmente vicini»
Mi scambiai uno sguardo con Minho. Avremmo dovuto stringerci l’un l’altro di nuovo, come nel Labirinto.
Newt indicò un angolo della stanza. «Quello è il punto più lontano dalla porta e dalla finestra. Minho, Maggie e poi io, okay?»
«Bene così» dissi.
Ci stringemmo man mano che potevo sentire i versi acuti dei Dolenti avvicinarsi. Il silenzio riempiva la stanza, ma dopo qualche minuto fu sferzato dalle grida. Grida spaventose che riempivano il vuoto. Versi meccanici e stridii che rendevano quell’insieme inquietante e fastidioso. Aspettammo qualche minuto assicurandoci che le bestie se ne fossero andate, e poi uscimmo dalla stanza.
La maggior parte dei Radurai era sana e salva, solo alcuni erano feriti, ma lievemente.
«Cos’è successo?» chiese Minho.
Fu Alby a rispondere, la voce profonda. «Hanno preso un Medicale. Si sono occupati di lui e se ne sono andati senza portare con loro nessun altro»
 
Il giorno seguente Minho, come intendente dei Velocisti, organizzò un’Adunanza, per parlare del piano che avevamo concepito la sera precedente, con Newt e Chuck, che quando venne nominato aprì la bocca in un sorriso a trentadue denti.
Raccontò ciò che avevamo scoperto, sulla tana e sul codice, ed espose il piano.
«Non saprei... è rischioso mandare là fuori tanta gente» disse infine Alby con sguardo pensieroso.
«Rischioso?! È un’idea del caspio!» aggiunse Gally guardando male Minho.
«Non credo proprio. È l’unico momento adatto per scappare adesso che le porte non si chiudono» disse poi Newt.
«Sentite, a me non importa chi viene là fuori, ma io voglio uscire da questo caspio di posto e vorrei fare uscire anche voi. Ma se non avete abbastanza fegato per seguirmi, beh peggio per voi! Ma io sono stufo di tutto qui dentro. È stato il nostro “regno” per due anni. Adesso me ne voglio trovare uno nuovo là fuori, nella vita reale» disse Minho alzandosi in piedi, le braccia possenti appoggiate sul tavolo di legno. «Quindi chiedo a quelli che stanotte vogliono scappare con me di alzarsi in piedi»
Newt si alzò per primo. Io, che ero seduta di fianco a Chuck, gli presi la mano e lo feci alzare con me. Poi si alzò Thomas e poi Frypan e poi un gruppo di tre ragazzi che non conoscevo, e poi tutti i Medicali e poi una dozzina di altri Radurai. Minho, a vedere tutto quell’appoggio, si aprii in un piccolo sorriso. Quel bellissimo sorriso.
Poi si avvicinò ad Alby. «Mi dispiace, capo, ma sta volta siamo noi a comandare» disse lanciando un’occhiata a Tom e Newt e, non vorrei essermi sbagliata, ma forse anche a me.
Alby stava scoppiando dalla rabbia, si vedeva. Per due anni i Radurai avevano seguito solo e soltanto i suoi ordini e adesso gli voltavano le spalle.
 
***
 
Arrivò la sera ed i preparativi per la grande fuga erano stati la priorità della giornata. Io, Thomas e Minho non andammo nel Labirinto quel giorno, ci preoccupammo di dare agli altri giuste indicazioni per il piano della notte.
E poi il momento arrivò. Un piccolo esercito di Radurai riunito davanti al Labirinto, per lasciarlo per sempre.
Entrammo a file e percorremmo i corridoi ad intervalli regolari, per dare a coloro che non erano abituati a correre il tempo di fare un bel respiro e ricominciare.
Gally ed Alby non avevano cambiato idea, ed erano rimasti alla Radura con un altro gruppo di ragazzi. Non facevo altro che pensare a cosa gli sarebbe successo. Se magari fossimo stati noi quelli ad avere torto.
In ogni caso arrivammo all’ultimo corridoio prima della tana, dove io, Newt e Thomas saremmo entrati per inserire il codice. Tenevo il biglietto con le parole stretto in mano, agitata. Sarebbe potuto succedere di tutto e la cosa peggiore era che sarebbero potuti morire i miei amici e non l’avrei sopportato.
«Sentite, qui non c’è tempo per le pause. Io, Thomas e Maggie entreremo nella tana e porteremo con noi anche Chuck. Voi combatterete se sarà necessario. Qui è sempre pieno di Dolenti» disse Newt.
«Non dovremmo fare una specie di discorso di incoraggiamento adesso?» chiese Minho con un po’ di ironia.
«Prego» disse Newt facendogli un cenno.
«State attenti. Non morite» disse Minho, ma nei suoi occhi, per la prima volta vedevo dolcezza e anche un po’ di tristezza.
«Fantastico, ora siamo tutti dannatamente ispirati» disse Newt.
Thomas cercò di trattenere una risata. «D’accordo, andiamo» disse poi lui con un sorriso di intesa.
Iniziammo a percorrere il corridoio e, con un brivido che mi percorse la schiena, iniziammo a sentire i Dolenti arrivare.
«Forza, accelerate, qui ce ne occupiamo noi» disse Minho mettendosi davanti a una delle bestie. Noi quattro iniziammo ad accelerare ma avevo paura per Minho. Era l’unico che conoscevo bene lì fuori a combattere, gli altri erano tutti con me. Il cuore mi iniziò a battere a un ritmo indicibile all’idea che potesse venire ferito o peggio...
Ucciso.
Quella parola mi rimbombava in testa, ma mi dovevo occupare del codice: eravamo davanti alla tana.
«Forza, forza, tutti dentro!» gridò Newt per sovrastare il rumore meccanico dei Dolenti.
Mentre scivolavamo nel buco buio si sentivano grida e stridii e pregavo con tutta me stessa che non stesse succedendo qualcosa di brutto a qualcuno che conoscevo.
Arrivati nella tana, l’unica luce che la illuminava era quella di un computer. Mi avvicinai con il foglietto in mano e iniziai a digitare le parole. Premetti il tasto invio  ma qualcosa non andava. La password non funzionava.
«Che succede?» chiese Thomas avvicinandosi.
«Non funziona» dissi reinserendo le parole.
«Sbrigatevi» disse Newt che controllava che non arrivassero dei Dolenti.
«Il pulsante!» gridò poi Chuck indicando un grosso bottone rosso. Avrebbe distrutto il Labirinto. Ora capivo. L’ultima parola del foglio era premi. Non bisognava digitarla, quanto premere fisicamente il pulsante. Reinserii le parole un’altra volta, ma alla penultima parola, un Dolente entrò nella tana.
«Thomas aiutami!» gridò Newt. Thomas lo raggiunse e io mi sbrigai a digitare l’ultima parola e a premere il bottone. Non avevo tempo per vedere come stava andando con la bestia.
Premetti il pulsante, e un forte botto diede il via a ciò che sarebbe stata la nostra libertà. Il Dolente di fermò automaticamente, lasciando liberi i miei due amici, che avevano qualche graffio ma che fortunatamente stavano bene. La stanza venne illuminata e rivelò un corridoio illuminato a malapena da qualche lampadina. Chuck non aveva niente, nemmeno un livido, ed ero grata che fosse andata così. Lo strinsi forte e poi andai da Newt e Thomas, che mi strinsero in un abbraccio.
«Andiamo» disse Newt. «Dobbiamo dire a quelli che rimangono di venire quaggiù»
Quelli che rimangono. Se Minho non fosse stato tra quelli? Il mio battito accelerò di nuovo, iniziai a correre verso il Labirinto per controllare che stessero tutti bene. Uscita vidi un gruppo di dieci o dodici Radurai che ci raggiungeva correndo, pieni di graffi e lividi. Alcuni di loro sanguinavano copiosamente. Cercai subito gli occhi a mandorla di Minho e dopo un primo momento d’ansia, lo trovai. Resistetti all’impulso di saltargli addosso e ringraziare dio che stesse bene e mi avviai con gli altri lungo il corridoio poco illuminato. Lo superammo velocemente e arrivammo in una stanza bianca.
Eravamo scappati dal Labirinto.
   
 
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