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Autore: 1rebeccam    01/12/2014    13 recensioni
ULTIMO CAPITOLO scrisse all’inizio del foglio di word a lettere maiuscole, mosse il mouse e puntò il cursore sull’icona ‘centra’.
La scritta troneggiò al centro superiore del foglio virtuale.
Si sistemò per bene sulla poltrona di pelle e, sospirando, cominciò la fine del suo racconto.
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Capitolo 54
 
 

 
Era passata circa un’ora da quando Kate aveva appoggiato la mano sul cuore di Rick, non si era mossa di un millimetro, piegata in una posizione sicuramente scomoda, con la testa attaccata alla sua sul cuscino, ma stava così bene che non sentiva nessun fastidio.
Non sentiva rumori di alcun genere fuori dalla stanza, non aveva guardato l’orologio e capiva il passare del tempo per la luce che entrava dalla finestra e che cambiava intensità e colore di minuto in minuto, man mano che il bagliore dell’alba cantava vittoria sulla luce bianca della luna che le aveva fatto compagnia quella notte.
Appena arrivata in ospedale era stata un po’ travolta dagli eventi. In un modo o nell’altro, chi era preoccupato per lei aveva avuto bisogno di sentirla vicino e non si era potuta esimere dal confrontarsi con loro, anche se l’unica cosa che voleva era restare accanto a Castle e non allontanarsi più.
Aveva assimilato pian piano i fatti delle ultime ore. Ancora una volta si era buttata a capofitto seguendo solo le sue regole, come aveva fatto tante volte per trovare l’assassino di sua madre, ma stavolta non doveva trovare l’assassino di un cadavere, stavolta doveva salvare la vita di Castle.
Avrebbe dovuto confrontarsi anche con lui, una volta che si fosse svegliato.
Le aveva chiesto di non fare niente di stupido e lei aveva fatto tutto il contrario, perché obiettivamente, portarsi quella boccetta alle labbra era stata una cosa stupida, ma in quel momento aveva agito d’istinto con quello che la situazione le presentava.
Conoscendolo, immaginava benissimo come avrebbe reagito. L’avrebbe guardata serio ed intensamente con quegli occhi azzurri e scintillanti, ma invece di penetrarla fino a dentro l’anima ed essere contrariato del suo comportamento, si sarebbe sentito in colpa per il pericolo che è stata capace di correre per salvarlo, chiudendosi in un silenzio che non gli è congeniale, per cercare di mandare giù la situazione.
Adesso però, non voleva pensarci. Voleva solo che aprisse gli occhi e la guardasse, che la accarezzasse con quell’azzurro intenso che non vedeva da ore, che abbozzasse un sorriso che le dicesse non ti libererai mai di me…
Dopo tanti sguardi pieni soprattutto dei suoi silenzi, voleva parlare e parlare. Di lei. Di loro. Aveva già iniziato a farlo, nonostante Rick fosse incosciente e non avesse sentito nessuna delle sue parole. Ne sentiva il bisogno. Un bisogno tormentato da quella paura di non avere più il tempo, il modo, l’opportunità di ammettere al suo scrittore quello che lui aveva sempre saputo: che era l’amore della sua vita. Un amore che, con il solo battito leggero e tranquillo del suo cuore sotto le dita, le dava un motivo per sentirsi viva.
Il dottor Travis era rimasto come rapito da quella scena.
I risultati delle analisi di Beckett erano pronti e, dal laboratorio, Claire gli aveva indicato la dose di antidoto da iniettarle,  doveva solo farle un’iniezione, ma era rimasto a guardarli inebetito.
Invece di entrare senza preoccuparsi di bussare, come fanno tutti i medici, per fare il suo lavoro e andare via, si era fermato con la mano sulla maniglia della porta quando aveva intravisto, dal vetro, quelle due sagome strette e vicine. Era rimasto fuori con la siringa ed il disinfettante tra le mani, a disagio per doverli disturbare. Più li guardava, più sentiva di stare violando la loro intimità, se così si poteva chiamare.
Passava lo sguardo da un viso all’altro e non riusciva a muoversi. Kate aveva gli occhi gonfi e il naso rosso per il pianto. Oltre la tempia, anche la guancia fin sotto l’orecchio era ormai violacea, ed il polso che aveva appoggiato sul torace di Castle era visibilmente gonfio. Il viso di Rick invece spiccava per le occhiaie marcate, il pallore sulle guance scavate ed il rossore sugli zigomi per via della febbre alta.
Guardando l’orologio, aveva sospirato e si era anche dato dell’idiota. Da quando era diventato romantico e sensibile a queste scene?
Si era riscosso, passandosi una mano sugli occhi stanchi per puntarli poi sul vassoietto di metallo tra le sue mani…
 
Quando aveva chiuso la chiamata con Beckett e i suoi colleghi, era rimasto in silenzio trafficando con provette e medicine, senza effettivamente fare nulla di concreto. Aveva solo bisogno di mettere insieme le idee e capire quanto folle fosse quello che la squadra del 12th aveva architettato, senza che lui si rendesse bene conto che era già tutto deciso. Non era il coma farmacologico che lo preoccupava, il suo paziente era in una situazione critica ed una terapia di questo genere era quasi d’obbligo per certi versi, quello che lo preoccupava era proprio lo stato d’animo di Rick. Dopo aver finito di parlare con Beckett, si era ammutolito anche lui. Guardava il soffitto immobile e l’unico suono nella stanza era la pesantezza del suo respiro. Lo conosceva solo da un paio di giorni, ma aveva capito che riusciva a scacciare la paura parlando a raffica e quel silenzio non gli piaceva. Non parlava, non perché non ne avesse la forza, non parlava perché era attanagliato dalla paura. La sua idea l’aveva eccitato per un attimo, e il fatto che anche Beckett fosse arrivata alla sua stessa conclusione lo aveva divertito, ma si era reso conto all’improvviso che riscrivere l’epilogo, come continuavano a dire tutti, significava mettere in pericolo proprio Kate. Era preoccupato. Per lei. Il suo silenzio lo aveva portato lontano da quella stanza e magari stava già fantasticando su Beckett nelle mani di quello psicopatico.
-Si farà… ammazzare!-
Aveva sussurrato improvvisamente, con la mandibola serrata, girandosi verso di lui.
Per la prima volta da quando lo aveva conosciuto il suo sguardo era vuoto.
Si era seduto accanto a lui fissandolo serio.
-Devi stare tranquillo Rick. E’ un piano pericoloso, ma il suo fine è portarti il veleno, quindi tornerà sana e salva.-
Non poteva fare altro che dirgli parole inutili, ma doveva assolutamente non fargli perdere la speranza e la voglia di combattere come aveva fatto fino a quel momento. Invece il pensiero di lei in pericolo lo aveva fatto accorare.
-Tu non la conosci Ben. Non hai idea di cosa è…-
Aveva chiuso gli occhi deglutendo e lasciando la frase senza una fine, chiudendosi del tutto nella morsa della sua paura, perché qualunque cosa fosse successa, sarebbe successa per salvare lui.
Quando il capitano gli aveva telefonato per informarlo che era tutto finito e che Dunn era morto, aveva tirato un sospiro di sollievo. Se solo Rick fosse stato sveglio e avesse potuto digli che la sua Kate era salva!
Era tornata acciaccata e con la testa mal ridotta, ma niente di serio.
Solo quando Esposito aveva fatto quella battuta sull’avere assaggiato il veleno, aveva capito di cosa realmente aveva paura Rick. Non di Dunn. Non delle sue mosse o di un corpo a corpo con lui. Aveva paura di lei, delle sue reazioni insensate pur di proteggere chi gli sta a cuore. Una paura che si è chiuso dentro prima di perdere i sensi, senza sapere se mai si sarebbe risvegliato e se lei sarebbe tornata sana e salva…
 
Scuote la testa tornando a guardare dentro la stanza e, imponendosi di essere serio e professionale, bussa leggermente, ma lei riapre gli occhi sollevandosi di poco, solo dopo che lui è già entrato, schiarendosi la voce.
-Dottor Travis.-
Ben poggia il vassoio sul carrello delle medicine e si volta a guardarla.
-Uh… siamo tornati al ‘lei’?-
Kate scosta la testa di lato a guardare la fiala e la siringa e poi torna su di lui.
-Come sta veramente, Ben?-
Gli chiede facendo cenno con gli occhi verso Castle, marcando la voce sul suo nome sorridendo, ed il medico prende la sedia accanto alla finestra e la sistema vicino al letto, proprio di fronte a lei.
-Come un’ora fa. Non è cambiato niente per adesso.-
Si ferma osservando Kate che stringe la mano su quella di Rick, notando i suoi lineamenti tendersi di nuovo.
-L’antidoto ha bisogno di tempo per essere assorbito dai tessuti, è un po’ come la tossina al contrario. Prima viene iniettato, prima l’organismo reagisce.-
Kate annuisce senza distogliere lo sguardo.
-Noi… siamo in ritardo?-
Sussurra lei e Ben solleva le spalle.
-Non è detto. Gli organi interni non hanno subito gravi danni, a parte i polmoni. C’è stato un momento in cui ho temuto di doverlo intubare, ma grazie al cielo non è stato necessario. Reagisce e riesce a respirare autonomamente con il solo ossigeno. Di sicuro so solo che, fino a che non scenderà la febbre, anche di qualche linea, non sospenderò i sedativi.-
Kate annuisce pensierosa.
-Ma hai detto che più tempo resta in questa situazione, più pericoloso diventa per il suo risveglio.-
-E’ vero. Ma se gli togliessi i sedativi, il suo corpo sarebbe di nuovo sensibile al dolore e, credimi, adesso non lo sopporterebbe. Tra un’ora faremo un altro prelievo e conseguentemente decideremo quanto altro antidoto somministrare.-
-Kate corruccia la fronte, tornando a posare lo sguardo sul vassoio alle spalle del medico, che si gira a guardare nella stessa direzione.
-Quello è per te…-
Le dice guardandola serio, mentre lei socchiude la bocca, annuendo.
Si era di nuovo dimenticata di quel piccolo particolare.
-Sai, Rick l’ha detto che saresti stata capace di farti ammazzare…-
Lascia la frase in tronco studiando la reazione di Kate, che lo guarda seria.
-Che ti ha detto esattamente?-
-Esattamente niente, ma era preoccupato. Credo che all’inizio non sia reso conto della gravità del piano, non tanto perché pericoloso, tanto perché non aveva pensato a te e alle tue reazioni. Quando ci ha riflettuto ha cambiato umore.-
-Si è chiuso nel silenzio!?-
Non si capisce bene se la sua sia più una domanda o un’affermazione, mentre china lo sguardo su Rick e allunga la mano a sistemargli il ciuffo ribelle che adora e Ben si ritrova ad osservarla in silenzio per pochi istanti. Il suo viso non è più teso, si è addolcito mentre lo guarda e lo accarezza, come persa in dolci pensieri e ancora una volta si sente di troppo.
Si alza per controllare i parametri di Rick sul diagramma del monitor e si ritrova a sorridere.
-Tu invece… come stai? A parte il tamburo che ti rimbomba sicuramente in testa, i dolori sparsi in parti del corpo che pensavi non potessero farti male, il polso che ad ogni minimo movimento ti fa sussultare e quel piccolo dettaglio che dimentichi sempre sul fatto che ti sei avvelenata?-
Le labbra di Kate si muovono in un piccolo sorriso. Il dottorino è proprio simpatico quando vuole, ecco perché piace tanto a Castle. Fa una smorfia sollevando le spalle.
-A parte tutto questo… bene!-
Ben prende siringa e fialetta e sorride.
-Prima lo facciamo, meglio è. Le analisi mostrano che il veleno non è ancora entrato in circolo, una piccola dose basterà, non dovresti avere nessun problema. Andiamo.-
Si dirige verso la porta e Kate sussulta.
-Andiamo? Andiamo… dove?-
-In una delle stanze di degenza! Sono tutte libere, puoi scegliere quella che ti piace di più.-
Lui lo dice in modo scherzoso, ma Kate comincia ad agitarsi senza motivo, scuotendo la testa.
-Nemmeno per idea. Io resto qui.-
Il medico si volta a guardarla corrucciando la fronte.
-Andiamo Kate. Devi stare distesa e rilassata per questa iniezione. L’antidoto deve fare effetto e tu devi stare in posizione riposo.-
Lei continua ad agitarsi, lascia la mano di Rick e comincia a gesticolare senza rendersene conto.
-Io… io sono rilassata. E’ solo un’iniezione, puoi farmela qui… io… io devo restare qui!-
La sua voce diventa stridula e Ben solleva le sopracciglia.
-Kate, è incosciente. Non sa nemmeno che sei qui e tu devi assolutamente riposare.-
Scuote la testa e gli occhi le diventano lucidi.
-Non… non importa. Sono stata costretta a stargli lontano, ma non lo farò più. Non mi staccherò più da lui…-
Ben corruccia la fronte e si rende conto che sta per avere una crisi di nervi, probabilmente per sfogare la paura repressa per giorni. Quel ‘non mi staccherò più da lui’ sembra non essere riferito a quel momento, ma al resto della sua vita e allontanarla adesso sarebbe come toglierle ogni certezza.
Sorride, mentre lei continua a muoversi nervosa sulla sedia, portandosi la mano alla testa, che evidentemente le fa male ancora più di prima.
-Lui sa che sono qui. Io… ho bisogno di stare qui…-
Sussurra appena. Ben sospira, appoggia fiala e siringa sul letto e si china a prenderle le mani che lei continua a muovere senza una ragione precisa.
-Calmati. Non voglio mica separarvi!-
Le dice sorridendo inclinando la testa e Kate si rende conto della sua reazione. Deglutisce e abbassa lo sguardo cercando di calmarsi, mentre Ben le stringe le mani.
-Non c’è problema Kate, tranquilla, non è necessario andare da nessun’altra parte. Metti il braccio disteso sul letto e sistemati al meglio vicino a lui.-
Kate fa come le dice, mette di nuovo la testa sul cuscino accanto a quella di Castle avvicinando la sedia al letto, per distendere meglio il braccio. Ben prepara la siringa e le fa l’iniezione.
Non aveva badato prima all’antidoto, adesso che sta entrando lentamente nelle sue vene, nota il suo colore verde. Si dice che il verde sia il colore della speranza. Chissà se è una coincidenza. Chiude gli occhi per un attimo e sospira. Cerca di rilassare il corpo, come ha detto Ben. Il liquido vitale le dà una sensazione di calore mentre scorre lento nella vena. Riapre gli occhi e li fissa sul profilo di Rick, che sembra dormire tranquillo. Non si rende conto nemmeno che il dottor Travis ha finito e sta rimettendo tutto a posto.
-Resta distesa, se così si può dire, per un’oretta. Non agitarti, mi raccomando.-
-Sono dove devo essere, non ho nessun motivo per agitarmi.-
Gli risponde senza distogliere lo sguardo da Rick. Ben scuote la testa sorridendo.
Ha davanti un detective della polizia di New York, tosta e coraggiosa. Pronta a farsi ammazzare se lo ritiene necessario. Una donna che, come ha precisato il suo amico Rick, dorme con la pistola, ma che adesso è solo una donna innamorata.
Si dirige alla porta senza dire altro, solo allora Kate sembra riscuotersi e solleva di poco la testa.
-Grazie Ben!-
Sussurra sorridendo e lui allarga le braccia.
-Non vedo l’ora di liberarmi di voi due, siete insopportabili.-
 
La luce del sole la riscuote dallo stato di benessere che l’ha avvolta dopo che Ben li ha lasciati soli. Il bip cadenzato del monitor che controlla il battito cardiaco di Castle, l’ha cullata in un dormiveglia tranquillo.
Gli occhi chiusi e la mente sveglia. Non è riuscita ad assopirsi del tutto, ma per la prima volta da ore, si è sentita tranquilla.
Rimettersi dritta le costa fatica, la posizione scomoda, lo stress e la stanchezza si fanno sentire con un dolore che le irradia tutta la colonna vertebrale. Il polso sembra una zavorra, completamente addormentato. Si alza stiracchiandosi alla meglio, non riuscendo a trattenere dei piccoli lamenti. Lascia un bacio sulla fronte di Rick e si avvicina alla finestra.
L’alba si è trasformata in un nuovo giorno. Un giorno pieno di luce.
Sorride a quel sole che finalmente scalda il suo cuore dopo tutto il buio ed il freddo che l’hanno travolto grazie a Scott Dunn e, per la seconda volta, è così persa nei suoi pensieri solitari, che si accorge di Ben alle sue spalle solo perché si schiarisce ancora la voce.
-Ma tu non dormi davvero mai, dottore?-
Gli chiede voltandosi verso di lui, che solleva le spalle.
-Diciamo che una volta oltrepassata la soglia del sonno, poi non si dorme più, ne convieni?-
Le chiede sollevando un sopracciglio, visto che anche lei non dorme praticamente da giorni.
-La febbre non è scesa per niente…-
Sussurra lei guardando verso il letto.
-Sono passate solo un paio di ore Kate, ci vuole pazienza. Ora devo visitarlo, dovresti uscire…-
Si volta di scatto a guardarlo e Ben sorride.
-Lungi da me allontanarti da lui a vita, giuro! Approfitta per mangiare qualcosa. Puoi farti portare qui in reparto la colazione dal bar interno all’ospedale, così non sarai costretta ad allontanarti.-
-Prenderò solo un caffè qui alla macchinetta.-
Risponde lei, ma Ben la ferma immediatamente.
-Niente caffè…-
-Come niente caffè!?-
Ben solleva le sopracciglia divertito dall’espressione di Kate che ha spalancato gli occhi, come se le avesse dato una brutta notizia.
-La caffeina litiga con il veleno e anche con l’antidoto. Nessuna bevanda o cibo che contenga sostanze eccitanti.-
-Niente Caffè…-
Ripete lei rabbuiandosi in viso, per convincersi di avere capito bene.
-Puoi prendere una tisana, ce ne sono di veramente buone.-
Lei corruccia la fronte guardandolo fisso.
-Una tisana!?-
Ripete a pappagallo quello che dice il dottor Travis, che trova la cosa molto divertente.
-Si, una tisana, sai sono quei composti di erbe che…-
Kate alza gli occhi al cielo sbuffando.
-So benissimo cos’è una tisana dottor Travis. Vorrà dire che berrò… una tazza di acqua calda!-
Esce dalla stanza sospirando sonoramente e Ben si gira a guardare Castle, chiudendo la porta.
-Amico mio, hai bella gatta da pelare… auguri!-
 
Nella sala d’attesa non c’è traccia di Martha e suo padre, mentre Alexis si è addormentata su una delle sedie a ridosso della parete ad angolo. Castle resterebbe imbambolato davanti a quel viso pallido e quelle labbra leggermente imbronciate. Sembra una bambina, completamente accucciata dentro una coperta presa in prestito da una delle stanze di degenza.
C’è una calma surreale intorno a lei, senza il solito via vai di medici ed infermieri, visto che il reparto è chiuso e l’unico paziente ricoverato è Castle.
Le monetine producono un tintinnio sordo cadendo all’interno della macchinetta, il bicchiere si blocca nell’incastro apposito e il liquido scuro scende lento. Prende il bicchiere pieno di caffè e ne assapora il profumo. Chiude gli occhi e sorride nonostante non abbia niente a che vedere con quelli che le prepara Castle.
Inserisce delle altre monete, osserva attenta lo stesso rituale e, prendendo il secondo bicchiere, torna nella sala d’attesa.
Aveva notato subito Esposito seduto ancora nello stesso posto. La testa appoggiata alla parete, le gambe distese in avantri e le braccia conserte, protetto dal freddo solo dal giubbotto con il colletto sollevato fino alle orecchie. Ha gli occhi chiusi, ma è sicura che non dorma.
Guarda i bicchieri fumanti tra le mani e con un sospiro, si avvicina a lui.
-Posso sedermi accanto a te?-
Esposito non muove un muscolo, non apre nemmeno gli occhi.
-Hai accettato del veleno da uno psicopatico e hai paura di un povero detective della polizia?-
Apre gli occhi quando sente il calore ed il profumo di caffè proprio sotto il naso. La guarda sollevando un sopracciglio e si mette seduto comodo, prendendo il bicchiere.
-Tranquilla, anche se mordo non ti succederà niente, sei già immune!-
Kate stringe le labbra incassando il sarcasmo e si mette a sedere. Non gli è ancora passata.
-Come mai non sei andato a casa?-
-A fare cosa? Dormire? Non ci sarei riuscito comunque, ho troppa adrenalina da smaltire. E poi Lanie è voluta restare, era troppo agitata…-
Si volta a guardarla cupo per farle sentire maggiormente il peso delle sue parole, mentre lei rimane con gli occhi fissi sul suo bicchiere.
-E’ ancora in laboratorio con la dottoressa Dobbson.-
Conclude bevendo un sorso di caffè.
-Ryan?-
Lui sbuffa proprio sul bordo del bicchiere.
-E’ andato via poco prima che arrivassi tu. Te lo raccomando quell’altro! Tiene i segreti con il suo migliore amico.-
Lei scuote la testa sorridendo.
-Andiamo Espo, lo ha detto solo a Castle per tirarlo su di morale… ti immagini Kevin al posto di Lowell?-
Lo sfiora con il gomito ed Esposito scuote la testa, sorridendo nascosto dal bordo del bicchiere.
-Quello era una specie di sorriso, detective Esposito?-
Kate solleva un sopracciglio e lui torna serio dopo essere stato sgamato.
-E’ troppo emotivo, non arriverà vivo alla fine della gravidanza. Pensa che quando ha chiamato per dire alla Gates che c’era davvero il tesoro sepolto sotto la quercia, balbettava emozionato. Sono più che sicuro che saltellasse dalla gioia.-
Kate sente gli occhi farsi lucidi senza motivo ed Esposito si schiarisce la gola, scuotendo la testa.
-Non è stato per niente professionale da parte sua, davanti a due agenti della squadra speciale poi…-
Kate gli dà un’altra gomitata e lui guarda verso la stanza di Castle.
-Lui come sta?-
-Nessun cambiamento. Dobbiamo solo aspettare…-
Kate continua a guardare il suo bicchiere senza bere ed Esposito corruccia la fronte.
-Perché il tuo caffè ha un colore giallognolo!?-
-Perché è camomilla…-
Lascia la frase in sospeso adombrandosi, quando lui si fa una bella risata.
-Camomilla! Stai bevendo la camomilla… TU!?-
Lei sospira stringendo le labbra.
-Non la sto bevendo, la sto solo guardando. Non posso bere caffè per via… per via del veleno e dell’antidoto.-
-Ah beh… esiste davvero la punizione divina!-
Esclama lui con il tono di voce tornato improvvisamente duro e lei stringe ancora le labbra, cercando di restare calma.
-Ho fatto quello che era giusto fare Esposito!-
-No. Hai fatto quello che hai voluto fare…-
Lei si gira a guardarlo sentendosi ribollire dentro.
-Vuoi che ti dica che ho fatto una cazzata!? Ok. L’ho fatta!-
Esposito stringe entrambe la mani intorno al bicchiere e digrigna la mascella, senza risponderle e lei sospira.
-Non avevo altra scelta…-
Comincia a dire, ma Esposito stavolta si gira verso di lei interrompendola.
-Potevi dire la parola d’ordine.-
-Ero ancora ammanettata e il veleno era nelle sue mani. Non potevo sapere che il Professore avesse lasciato la formula.-
Kate cerca di parlare in maniera neutra, ma non ci riesce, la voce le trema perché vorrebbe urlare, mentre Esposito le parla sopra.
-Se avessimo fatto irruzione non avrebbe avuto scampo, l’avremmo presa quella maledetta boccettina.-
-Ascolta Espo…-
-No. Ascolta tu Beckett. Anche dopo potevi sparargli e non lo hai fatto. Anche se teneva Abraham come scudo avresti potuto colpirlo comunque di striscio per fargli perdere l’equilibrio e la presa sull’ostaggio… ma non l’hai fatto.-
Kate abbassa lo sguardo deglutendo.
-Avrebbe rotto la boccettina e…-
-Balle!-
Sibila Esposito continuando a fissarla.
-Non l’avrebbe rotta e anche se fosse successo sarebbe bastato analizzare i resti per avere la sua composizione. Potevi ammazzarlo in qualunque momento. Ma non hai voluto.-
-Hai ragione Javi. Non ho voluto farlo!-
Si gira a guardarlo con gli occhi spalancati, cercando di reprimere la rabbia.
-Sai quante volte ho avuto voglia di scaricargli il caricatore addosso in questi due giorni? Sai quanto sarebbe stato facile riempirlo di buchi?-
-Appunto! Sarebbe stato facile…-
Lei scuote la testa continuando a fissarlo.
-Volevo che mi guardasse in faccia e sapesse di avere perso ancora una volta. Volevo che sentisse la sconfitta. Volevo che sapesse che Castle sarebbe sopravvissuto. Se lo avessi ucciso non avrebbe vissuto niente di tutto questo. Sarebbe stato troppo semplice…-
Si ferma ansimando con gli occhi lucidi per la rabbia.
-Volevo vederlo sbattersi la testa al muro dentro una cella… e il fatto che si sia ucciso non mi piace per niente. E’ stato troppo poco per tutto il dolore che ha causato!-
L’ultima frase è solo un sussurro mentre abbassa lo sguardo sul liquido giallo ancora intatto nel suo bicchiere ed Esposito sorride.
-Allora sei umana!-
Esclama appoggiandosi tranquillo alla spalliera della sedia e sorseggiando il suo caffè.
Kate corruccia la fronte e lui si gira a guardarla.
-Il senso della giustizia prevale, però hai la vendetta nelle vene che ogni tanto chiede soddisfazione… sei umana!-
Lei lo guarda a bocca aperta. Si porta la mano alla testa e chiude gli occhi. Il dolore alle ossa sembra sopito, ma la testa non ne vuole proprio sapere di smettere di pulsare.
-Esattamente, Esposito, perché sei arrabbiato?-
Gli chiede senza alzare lo sguardo.
-Perchè siamo una squadra e avresti dovuto permetterci di entrare prima. Perché se non mi avesse fermato la Gates gli avrei sparato ancora prima che lo facesse Abraham. Perché ho giurato a me stesso che mai più ti avrei lasciata appesa ad un cornicione solo per darti ragione…-
Lei si gira a guardarlo corrucciando la fronte e lui scuote la testa.
-Sei viva grazie a Ryan. Perfino Castle ha cercato di fermarti…-
Sospira girandosi a guardarla anche lui.
-Siamo simili Kate. Quando siamo sotto pressione, quando qualcosa ci rode dentro, non riusciamo a vedere il nostro limite. Non riusciamo a capire quando dobbiamo fermarci…-
Kate gli mette una mano sulla sua deglutendo.
-Javi, non sono rimasta aggrappata nel vuoto per colpa tua.-
Lui annuisce.
-Vero. Saresti stata su quel tetto anche senza di me, però se avessi ascoltato Ryan e avessimo agito in tempo, avresti evitato il pericolo e magari avremmo anche arrestato Maddox e il signor Senatore…-
-Espo…-
Lui non le dà il tempo di ribattere.
-Ho giurato che ti avrei impedito di fare altre sciocchezze… e dentro quel magazzino, con Scott Dunn, tu hai fatto ancora una sciocchezza, quindi non cercare di ammorbidirmi perché mi serve tempo per sbollire!-
Lei annuisce sistemandosi comoda sulla sedia, sorride impercettibilmente, pensando che anche la rabbia di Lanie alla fine era scemata davanti ad un senso di colpa insensato nei suoi confronti.
Guarda la camomilla ormai tiepida e storce il naso.
Sua madre le aveva raccontato tante volte che da neonata, ogni volta che le davano da bere la camomilla, faceva una faccetta terribile e sputava via il biberon. Solleva il bicchiere e la assaggia… non fa proprio parte del suo DNA, ma ne beve ancora un sorso.
-Devo ammettere che questa camomilla non è tanto male.-
Poggia la mano sul ginocchio di Esposito che la guarda serio.
-Sarà che avere un amico vicino cambia il gusto in meglio…-
Esposito inspira profondamente, rilascia l’aria dalla bocca e scuote la testa, solleva il bicchiere fino a quello di Kate e li fa toccare in un leggero brindisi.
Restano in silenzio per qualche minuto, godendosi la luce del sole che entra dal finestrone esterno e crea strane sfumature  sul muro, riflettendo i colori delle cornici in metallo dei quadri attaccati sulle pareti.
Finiscono le loro bevande, Esposito si alza per gettare i bicchieri nella pattumiera e poi torna a sedersi.
-Ha chiamato la Gates prima. Tra un paio di ore trasferiranno il corpo di Dunn all’obitorio del distretto.-
Kate annuisce senza rispondere, ma posa lo sguardo sull’ascensore.
-Vorrei chiedere notizie di Abraham, sai in che reparto lo hanno portato?-
-A Medicina Generala, ma puoi stare tranquilla, sta benino. Ha parecchi ematomi e la ferita da coltello non è grave.-
Kate si gira a guardarlo sorridendo, con il sopracciglio alzato e lui solleva le spalle.
-Beh… ero qui a non fare niente… sono andato a chiedere. Comunque non ti faranno entrare, lo hanno imbottito di tranquillanti. Dormirà tutto il giorno.-
-L’importante è che starà bene.-
Lui storce le labbra dubbioso.
-Non guarirà mai Beckett. La sua malattia non lascia scampo e senza il Professore…-
Allarga le mani, appoggiando poi i gomiti sulle ginocchia, lasciando la frase in sospeso. Kate si sente stringere il cuore. Solleva lo sguardo verso la porta ancora chiusa della stanza di Castle e sente di nuovo il bisogno impellente di stringersi a lui.
Mette la mano su quella di Esposito e si sporge in avanti per guardarlo in viso.
-Va da Lanie. Portala via dal laboratorio e andate a casa. Non te lo chiederà mai, ma ha bisogno che la tieni stretta.-
Lui annuisce senza guardarla stringendole la mano. Senza pensarci, si alza, preme il tasto di chiamata dell’ascensore e prima di entrare si gira a guardarla.
-Chiama, se hai bisogno!-
Kate resta seduta a guardare i numeri che si accendono e spengono, man mano che l’ascensore passa i diversi piani, quando  resta acceso solo quello del piano interrato, riporta lo sguardo verso la camera di Rick. Si avvicina al vetro e sbircia dalle veneziane socchiuse. Due fialette vuote sono sul tavolino sotto la finestra. Ben gli ha iniettato la seconda dose di antidoto e sta controllando minuziosamente i fogli nella cartella clinica. Sospira guardando Alexis, ancora addormentata in quella scomoda posizione, infreddolita perché la coperta è scivolata in terra.
Si china a raccoglierla e gliela mette addosso, coprendola alla meglio, ma la ragazza si sveglia.
-Scusami, avevi l’aria di aver freddo.-
Alexis si passa le mani sulle braccia rabbrividendo.
-Sono gelata infatti. Come sta papà?-
-Il dottor Travis lo sta visitando, ma credo che abbia quasi finito. Ti va qualcosa di caldo? Però andiamo al bar, la macchinetta uccide.-
Alexis annuisce sorridendo e si avviano verso l’uscita dalla parte opposta all’ascensore, ma si soffermano davanti alla porta socchiusa di una delle salette dei medici, perchè intravedono Martha e Jim. Alexis apre del tutto la porta ed entrambe restano a bocca aperta.
-Se li vedesse papà, sai cosa direbbe?-
Sussurra Alexis senza distogliere lo sguardo stupito da sua nonna che dorme tranquilla con il viso appoggiato contro il collo di Jim Beckett, che invece la tiene stretta con il braccio attorno alle sue spalle.
-Inquietante!-
Risponde Kate, anche lei con gli occhi fissi su di loro e Alexis annuisce.
-Esatto. Direbbe esattamente questo.-
-Beh… se ripenso alla nostra prima cena di famiglia! E’ davvero inquietante.-
Alexis si volta a guardarla.
-Avrei voluto esserci. Deve essere stata divertente!-
-Oh si, divertente in maniera inquietante.-
Scoppiano a ridere cercando di non fare rumore e Kate le fa segno con la testa di uscire.
-Lasciamoli riposare.-
Prima di chiudere la porta si gira ancora a guardarli. Scuote la testa e sorride.
-Tuo padre è una grande persona.-
Sussurra Alexis alle sue spalle, con un sorriso sincero ed il viso disteso.
-Nonna finge di essere forte, ma queste ultime ore l’hanno davvero provata e avere tuo padre vicino l’ha aiutata molto.-
Abbassa lo sguardo, come se quello che sta per dirle possa ferirla, ma è lei che finisce la frase.
-Nonostante fosse attanagliato dalla paura anche lui…-
Alexis annuisce, mentre Kate, sorridendo, le mette un braccio attorno alle spalle.
-Andiamo a prenderci una bella tisana bollente.-



Angolo di Rebecca:

Non mi picchiate, lo so che Rick dorme ancora, ma è necessario :p
Intanto Kate si chiarisce anche con Espo, che era arrabbiato più con se stesso che con lei, beve camomilla e le piace anche e trova inquietante suo padre che dorme abbracciato a Martha ihihiihih...

Buona ex09 *-*
  
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