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Autore: _Mikan_    02/12/2014    1 recensioni
Capelli neri come la pece ed occhi azzurri come il ghiaccio. Questo caratterizza Margaret, oltre ad una passione smisurata per la natura. Ed è proprio in mezzo al verde che questa drammatica storia si apre, ricordando i bei momenti passati col padre defunto, accanto al proprio cane Calzino.
*Dal testo*
Mamma si avvicinò alla scura scrivania "da lavoro" o così la definivo io.
Era ancora in disordine con mille fogli sparsi un po' dappertutto.
Delicatamente sfiorò dei disegni con le dita.
Si soffermò su uno in particolare: raffigurava una donna seduta su una grande pietra.
Lo sfondo era un meraviglioso giardino con rose di ogni tipo. C'era perfino una fontana.
Ma le vere protagoniste erano delle ali bianche con piume candide e morbide.
Mamma prese il foglio e lo avvicinò per osservarlo meglio.
Ciò che più la ammutolì furono dei bellissimi capelli lunghi, lisci come la seta e di un nero come il carbone.
Si portò la mano alla bocca.
"Non è possibile."-Disse perplessa-"Non può averlo scoperto."
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Abbiamo trovato delle impronte."-Disse il poliziotto.
"Sul serio?"-Chiese felice lei, alzandosi di scatto dalla sedia.
"Però è molto strano: si interrompono bruscamente."-Spiegò l'uomo-"Ma non si preoccupi. Cercheremo meglio domani. Adesso è troppo buio."
Sconsolata, mamma si risedette. 
"Figlia mia ..."-Sussurrò con voce tremolante. 
I suoi occhi erano tristi, persi nel vuoto. Mi cercava nei ricordi annebbiati, non nella realtà. 
E nel cuor mio speravo proprio che mi trovasse e che mi portasse via da quel mondo sconosciuto.
"Aiutami mamma."-Pensavo. Chissà se sentiva le mie parole.



"Ma allora è vero!"-Gridò entusiasta Clarence.
Le feci senno di abbassare la voce: "Vuoi farci scoprire?"-La sgridai. 
"Scusa, ma l'idea di avere la dea davanti a me è un sogno."-Spiegò lei-"Sei la nostra speranza Margaret!"
"Ti cercavamo da così tanto tempo e per poco non perdevamo tutte le speranze."-Continuò.
"E' un miracolo!"-Gridò di nuovo.

Abbassai la testa.
Il sorriso di Clarence svanì velocemente. 
"Cosa c'è che non va?"-Mi chiese preoccupata. 
Poi si illuminò, come se avesse capito: "In effetti ... perché l'hai tenuto nascosto?"
Rialzai la testa. "Scusa."-Dissi. 
"E per cosa?"
"Sono stata un'egoista. Ho pensato solo a me stessa e non al dolore che tutti voi state passando."-Spiegai.
"Per quale motivo ti reputi così tanto egoista?"-Mi chiese perplessa. Si alzò in piedi e mise le mani sui fianchi per aspettar risposta.
"L'ho scoperto quasi per caso. Sì, insomma. Di essere la dea. E ne ero tanto felice perché finalmente potevo avverare i miei sogni."-Risposi gesticolando.
Clarence mi guardò ancora perplessa: "Cioè?"-Chiese.
"Cantare!"-Dissi. E il mio viso si illuminò: "E' da quando ho memoria che amo la musica, ma avrei voluto anche cantare."

La figura in piedi davanti a me sorrise e lentamente piegò le gambe, si sistemò il vestito e infine si sedette nel pavimento di legno a gambe incrociate.
Sbarrai gli occhi. "Sicura che va bene?"-Chiesi-"Non ti sporchi il vestito?"
"No, no. Tranquilla. E poi non mi piace nemmeno."-Rispose sorridendo calorosamente.
E così feci lo stesso: presi posto nel pavimento, di fronte a lei.
Era bello. Anche se ero più piccola di Clarence sembravamo due amiche del cuore che si raccontano dei segreti tra sorrisi infantili.
Forse lo stava facendo per me: voleva farmi sentire più a mio agio. E in cuor mio la ringraziai.

"Su racconta. Dimmi tutto quello che ti angoscia."-Disse lei appoggiando la mano alla guancia per utilizzarla come perno. 
Ero perplessa, ma togliermi un po' di peso non poteva farmi che bene. 
Subito iniziai a raccontare: "La verità è che, nell'aver scoperto i miei poteri, ero molto felice, ma subito dopo ho pensato alla grande responsabilità."
"Devo ammettere che ho pensato anche al racconto della principessa."
"Che racconto?"-Mi chiese Clarence.
"Prima che si manifestassero i miei poteri ero stata in città con Luv."-Spiegai-"Mentre osservavamo la folla con i forconi, sono venuta a conoscenza della storia di questo regno."
"Di come è iniziato ad andare in rovina?"
"Sì."
"Ed è per questo che hai sentito una forte responsabilità sulle tue spalle?"-Chiese lei, togliendo la mano dalla guancia. Le era rimasto il segno rosso.
"Sì."-Accennai triste-"Inoltre mi sentivo fortemente in colpa."
"Ma non è tutto."-Dissi-"A dir la verità ho avuto pensieri anche per i discendenti della dea."
"Ah, vuoi dire le bambine nate?"
"Esatto. Luv mi ha detto che non hanno un padre."-Dissi perplessa.
"Dimentichi che la madre è una dea."-Affermò, ridacchiando.
"Guarda caso"-Mi rivolsi a lei-"E' proprio quello che mi ha detto anche Luv."
E per un secondo mi fermai a pensare alla nostra litigata. 
Scossi la testa. Non dovevo pensarci adesso.

"Però l'ultima dea si innamorò di un umano."-Affermai. 
"Quindi la mia mamma ... in realtà non lo è?"
Clarence si ammutolì per qualche minuto. 
"Lo è."-Disse-"E' colei che ti ha nutrito, cresciuto ed amato."
"Lo è e lo sarà per sempre."

Mi fermai un attimo. Guardai il soffitto, sospirai e poi tornai allo sguardo di Clarence.
"Forse io non avrei dovuto nascere?"-Chiesi.
Non so che aspetto avevo. Non so che voce avevo. Non so che cosa dicevo. 
Ero talmente annebbiata da tante emozioni che non reagivo più. 

"Non dire queste cose!"-Gridò arrabbiata Clarence alzandosi di scatto. 
Era una scenata comprensibile.
"Non osare mai, mai, mai più sperperare in giro che non saresti dovuta nascere!"-Gridò nuovamente. 
Abbassai la testa e il mio volto divenne scuro.
Poi Clarence si chinò nuovamente e forti braccia mi strinsero. 
"Ascoltami."-Disse lei con voce calma-"Sei giovane e bella. Hai una vita da vivere. E se inizi a pensare a frasi di questo tipo fin da subito, non riuscirai a viverla al meglio."
Forse aveva ragione. 
Mi scesero delle lacrime. Erano lente e pesanti. 
"Mi dispiace! Perdonami"-Gridavo con voce tremolante, mescolata alle lacrime. 
Erano calde però. 
"So che è davvero una grande responsabilità. Ma potresti aiutarci?"-Mi chiese Clarence.
I suoi occhi erano incollati ai miei e ne io ne lei avevamo intenzione di spostare lo sguardo. 
Lei aveva due magnifici occhi verdi. Mi perdevo in essi ogni volta, o meglio, nei ricordi.
I miei erano color ghiaccio. E insieme ai capelli erano le caratteristiche di mia mamma, quella vera. 
Ma quel giorno Clarence mi insegnò che i legami di sangue non sono niente in confronto all'amore. La mia mamma era una: quella con il grembiulino, le mani sporche di farina,
i capelli quasi sempre raccolti in un mollettone, con gli occhi rossi e le borse sotto gli occhi. Quella che sbraitava per una matita fuori posto e per i cumuli di vestiti nel letto.
La mia mamma restava sempre lei. Per l'esattezza quella che mi diceva: "Va tutto bene."

Mi asciugai le lacrime.
"Sì!"-Gridai energeticamente.
"Ti aiuterò!"
Poi mi corressi: "Aiuterò tutto il regno!"



"Margaret?!"-Gridò mia mamma svegliandosi da un sogno. 
Sudava freddo.
Scese dal letto e si infilò le pantofole. Era da un po' che non trovata più i peli di Calzino nei piedi. Anche lui era scomparso.
Cercando di trattenere le lacrime per i ricordi, scese le scale e attraversando il salotto entrò in cucina.
Accese la luce e si diresse verso il frigo. Con gli occhi cercò la bottiglia d'acqua e quando la trovò l'afferrò distrattamente.
Versò il contenuto nel bicchiere e dopo aver rimesso tutto a posto si andò a sedere nel suo posto preferito della tavola. 
Per distrarsi un attimo accese la televisione che iniziò subito a parlare come una radio rotta che improvvisamente ricomincia a funzionare: "Scomparsa ragazza di sedici 
anni di nome Margherita, pare ch-"
La spense subito. 
"Questo non servirà a ritrovare mia figlia!"-Urlò. 
Si portò le mani fra i capelli. 
"Margaret, ti prego. Ritorna."
"Che stupida."-Pensò-"Probabilmente nemmeno questo la farà ritornare."

Spense la luce e si lasciò alle spalle la stanza gelida. Arrivata all'ultimo gradino delle scale si bloccò. 
Cambiò direzione ed entrò nella mia stanza: non osò entrarci dalla mia scomparsa.
Il disordine dilagava: ogni cosa era al suo posto così com'era stata lasciata.

Mamma si avvicinò alla scura scrivania "da lavoro" o così la definivo io.
Era ancora in disordine con mille fogli sparsi un po' dappertutto. 
Delicatamente sfiorò dei disegni con le dita.
Si soffermò su uno in particolare: raffigurava una donna seduta su una grande pietra. Lo sfondo era un meraviglioso giardino con rose di ogni tipo. C'era perfino una fontana.
Ma le vere protagoniste erano delle ali con piume candide e morbide. 
Mamma prese il foglio e lo avvicinò per osservarlo meglio. Ciò che più la ammutolì furono dei bellissimi capelli lunghi, lisci come la seta e di un nero come il carbone. 
Si portò la mano alla bocca. 
"Non è possibile."-Disse perplessa-"Non può averlo scoperto."

Il mio destino era già scritto ed io lo rappresentavo su carta senza neanche accorgermene.
Da quel momento però, sarei potuta andare avanti fino al suo compimento con il canto.
 
   
 
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