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Autore: SSONGMAR    02/12/2014    2 recensioni
Prendete due persone distanti, distanti in tutti i sensi che possano esistere al mondo e metteteli tra la folla: quante possibilità hanno gli occhi di queste due persone di incontrarsi? Direi una su centomila. Eppure a loro era successo, per un secondo i loro occhi si erano incontrati, i loro sguardi sfiorati, le loro mani toccate e nulla poteva ostacolare quello che stava accadendo. Nemmeno l’oceano.
L’oceano tra noi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi bastò l’ultimo salto sulla valigia per balzare all’indietro e finire “gentilmente” a terra. Lamentandomi massaggiai il punto che aveva attutito la caduta richiamando l’attenzione di Meg che mi raggiunse immediatamente –sei sempre la solita Mar- commentò, osservando la mia fronte corrugata ed il viso perso in una smorfia di dolore.
Un’altra notte era trascorsa ed eccoci che ci ritrovavamo forse a poche ore dalla nostra partenza. Ero completamente persa nei miei pensieri, il che mi rendeva più sbadata ed impacciata del solito.
Mi ero addormentata con un grosso peso sul cuore a causa del messaggio inviatomi anonimamente, un messaggio che fu in grado di scuotermi, ma forse solo in parte poiché ne avevo vissute davvero tante.
Dopo quella semplice frase Meg aveva brutalmente strappato il cellulare dalle mie mani lanciandolo in un punto non ben definito della stanza, ed era ancora lì, in quell’angolo remoto, che giaceva inerme e probabilmente privo di vita.
Osservai la mia amica prepararsi e darsi l’ultima spruzzata del suo profumo, agitai una mano davanti al viso col tentativo di scacciarlo per quanto fosse forte –credo tu ne abbia messo un po’ troppo Meg- mi lamentai infatti subito dopo, tossendo appena e stringendo il naso tra il pollice e l’indice – ti faccio presente che devo vedermi con Jun e devo essere impeccabile, okei?- esordì lei accigliata ed agitata allo stesso tempo, afferrai un cuscino e glielo lanciai sbadatamente – ed io ti faccio presente che Jun ti ha vista anche in pigiama- sogghignai, sbuffando ed avviandomi nell’altra stanza.
Mi resi conto che ormai il momento era arrivato ed il tempo era stato in grado di trascorrere ed attraversarci come niente. Tante cose erano cambiate dalla prima volta che avevo messo piede in Corea.
Avevo vissuto l’impensabile, qualcosa che avevo sempre immaginato e visto nei miei sogni.
Spalancai la finestra e mi ci sporsi, in quel momento del vento penetrò furtivo facendomi rabbrividire sul posto. Un carretto di frutta e verdura imboccò la stradina che portava al nostro appartamento. Alla guida vi era un’ahjumma imbacuccata nei suoi vestiti leggeri e sfarzosi, nonostante fosse pieno Novembre. Sorrisi ma poi sospirai, ancora una volta mi ritrovavo a parlare con me stessa e a pormi delle domande, a chiedermi per quale motivo le persone agivano in quel determinato modo e, come al solito, non riuscivo a darmi una risposta. Meg si avvicinò e fece un giro su se stessa –dimmi che sono bellissima Mar- fece labbruccio e quasi implorò un mio commento positivo, ridacchiai e le feci un occhiolino –Jun non ti resisterà, vedrai- ammisi sincera.
Quel bacio era stato in grado di cambiare il loro rapporto e a lasciare che entrambi comprendessero i sentimenti che celavano l’uno per l’altra. Da sempre Meg aveva desiderato visitare la torre di Seoul, quel posto in cui andare con la propria metà quando si è ai limiti della felicità, per racchiudere e sigillare il proprio amore in un lucchetto, e Jun le aveva promesso di accompagnarla in serata dopo un’intera giornata trascorsa assieme. Pensavo che probabilmente entrambi la meritassero poiché il giorno seguente ci saremmo ritrovate sul volo per l’Italia, quel volo per l’Italia.
Con un bacio sulla guancia mi salutò, fermandosi poco dopo sulla soglia della porta –sei sicura che andrà bene Mar? Insomma, ti lascio qui tutta da sola- sussurrò Meg preoccupata, sorrisi e la raggiunsi spingendola appena fuori al pianerottolo – va e vivi questo meraviglioso giorno con lui- dissi e con delicatezza chiusi la porta alle mie spalle.
Mi diressi in camera e recuperai il cellulare, lo avviai e sullo sfondo la foto con Seungho, la selca che ci scattammo a Busan in riva al mare. Sentii il cuore battere forte e le lacrime quasi vacillare. Lo strinsi forte al petto e mi morsi le labbra, avrei dovuto fare qualcosa pensai e fu un pensiero che prese forma quando quel messaggio fece nuovamente capolino sul display.
Sapevo bene chi fosse stato a mandarmelo, Jae Ha me ne aveva apertamente parlato e fu grazie alle sue parole se mi decisi ad agire, ad affrontare il tutto a testa alta.
Mi avviai a darmi una sistemata e recuperai il cappotto decisa ad uscire e a raggiungere i ragazzi in agenzia. Avrei dovuto salutarli, trascorrere un po’ di tempo con loro e sapevo nulla avrebbe impedito ciò che avevo intenzione di fare, o almeno ci speravo.
Uscii di casa incontrando l’amorevole madre di Jun, con un sorriso ed un inchino la salutai ed insieme ci avviammo a prendere il bus. Pensai sarebbe stato carino salire su quell’ammasso di ferraglia verde e blu che, normalmente, scorazzavano per la città.
Sulla strada un negozietto ad angolo richiamò la mia attenzione. I colori in modo particolare mi attiravano a loro. Mi strinsi nelle spalle ed osservai la clientela che lentamente entrava ed usciva dalla minuscola porticina caratteristica. Restai per un po’ ad osservare l’insegna dai caratteri particolari e alla fine decisi di entrarvi, lasciando che l’ahjumma ritornasse alle sue commissioni mattiniere.
Entrandovi un’aria familiare e calorosa mi accolse e guardandomi intorno notai gli oggettini lavorati artigianalmente. Accanto ad ogni oggetto da regalare alla persona amata vi era una storia, in base ad essa la persona sarebbe stata in grado di scegliere il regalo adatto.
“Gli innamorati che lottano con il potere dell’innocenza e la forza delle emozioni contro l’odio, i pregiudizi e l’intolleranza dei terzi (…)”  Lessi il tutto ad occhi sgranati, mi avvicinai e accanto ad essa vi era un bracciale forgiato in acciaio e pelle nera. Era davvero meraviglioso e lo immaginai immediatamente al polso di Seungho. Decisi di regalarglielo, lasciando così il mio ultimo ricordo – da regalare a chi sembra tanto lontano da te- commentò il commesso incartandolo, nulla sembrava essere più adatto.
 Perché in fondo noi non potevamo appartenere a due mondi più diversi, eppure, in qualche modo ci eravamo innamorati, ma il destino ci aveva sottoposto ad una difficile prova.

Arrivai alla Jtune relativamente presto, ma chiusa nelle quattro mura del mio appartamento mi sentivo quasi soffocare.
Stranamente quella mattina l’agenzia pullulava di persone, tutte intente a svolgere correttamente il proprio lavoro, impegnate a tal punto che passai quasi inosservata.
Come mio solito mi diressi alla sala prove dove decisi di aspettare pazientemente l’arrivo dei ragazzi, dopo il concerto non ero stata in grado di sentire o vedere Seungho, se non da lontano. Mi accomodai in un angolino ed estrassi dalla borsa il pacchetto contenente il suo regalo, in quel momento mi pentii di non aver preso qualcosa anche agli altri, ma di sicuro mi sarei fatta perdonare.
Sentii il parquet del corridoio scricchiolare e la porta aprirsi di colpo, mi issai col sorriso stampato sulle labbra, non volevo mostrare loro di essere triste e mi apprestai a raggiungerli, ma qualcosa mi fece fermare di colpo o meglio.. qualcuno.
Sentii in quel momento il sangue gelarmi nelle vene e lo sguardo della ballerina puntato nel mio, accattivante, perfido, indignato. Riconobbi immediatamente la sua folta chioma bionda e dietro di lei l’altra ragazza che per quel periodo di tempo aveva condiviso con me la scena.
Strinsi i pugni in entrambe le mani ed inarcai la bocca in una smorfia che sarebbe dovuta essere un sorriso –noi non ci conosciamo- sussurrai lentamente, con l’intento di prendere l’iniziativa – e nemmeno ho voglia di conoscerti- intimò immediatamente lei, osservandomi e scrutandomi attentamente, interrompendo ogni mio tentativo di ragionamento. Indietreggiai appena e mi strinsi nelle spalle, dentro me sentivo una piccola vocina incitarmi, era la mia coscienza che mi consigliava di affrontarla. Alzai il capo decisa ma quest’ultima mi venne addosso e mi spinse con violenza alla porta che conduceva al corridoio. Il regalo di Seungho che stringevo tra le mani volò via sul pavimento  – torna da dove sei venuta e lascia in pace Seungho, altrimenti la prossima volta non ci sarà nulla da salvare- aggiunse a voce più alta, aspettando che le sue parole penetrassero a fondo.
La guardai incredula –cosa ti ho fatto di male per meritarmi tutto questo da te?- ebbi il coraggio di chiedere –cosa ti porta ad odiarmi così tanto?- continuai –la tua sola esistenza è fonte di odio per me- ammise freddamente – a causa tua e del tuo amore- continuò mimando delle virgolette sulla parola amore, scimmiottandomi appena – Seungho sta vivendo un periodo buio con l’agenzia, vattene via e lascialo in pace o sarò costretta a farti del male- in quel momento mi sembrò di vivere uno dei miei incubi. Solo pochi minuti prima avevo varcato la soglia della sala prove con il cuore di trepidante attesa e adesso ero lì, schiacciata contro la porta del corridoio, a subire l’assalto di quella ragazza –se continuerai a stragli accanto sarà disprezzato ed umiliato. E’ forse questo quello che vuoi?- nell’udire quelle parole rimasi immobile, non riuscivo a trovare facoltà di movimento. La mia mente era annebbiata, avrei voluto darle contro ma non riuscivo nemmeno a proferire parola, non riuscivo a difendermi né tantomeno difendere Seungho.
-Guarda Miyeon, a terra c’è un pacchetto- il mio sguardo fu immediatamente catturato dalla voce dell’altra, Miyeon si voltò verso di lei e si avvicinò per raccoglierlo –che cosa abbiamo qui?- chiese puntando il pacchetto verso la mia faccia –allora non sono stata abbastanza chiara?- sbraitò passandolo alla sua collega – sbarazzatene Dasom- a quel punto feci un passo in avanti con la speranza di poter recuperare il mio regalo ma fui nuovamente spinta all’indietro –lasciatemi in pace, sto per partire, concedetemi almeno di dirgli addio- allungai una mano con la speranza di riuscire ad afferrarlo ma con un calcio caddi al suolo. Miyeon si inginocchiò ed avvicinò il suo viso al mio –ho finto di essere ferita e sono stata quasi un mese rinchiusa in quell’ospedale. Al mio ritorno speravo di ritrovare un Seungho pronto ad accogliermi tra le sue braccia, dispiaciuto per l’accaduto e invece a causa tua sono stata smascherata e costretta a reprimere il mio amore per lui- mi spinse ancora facendomi cadere nuovamente – vi ho seguiti per tutto questo tempo e ho fatto di tutto per far si che tu cedessi e ti allontanassi da lui, ma noto che non è stato abbastanza. Sono pronta a fare altro se possibile- si alzò e prese il pacchetto portandolo ai piedi e schiacciandolo con tutto il contenuto. Vidi il pacchetto andare in frantumi e sentii lo stesso del mio cuore. Capii che dovevo arrendermi, che non potevo fare altro per il bene di Seungho.
Senza proferire parola decisi di raccogliere le mie cose, o quello che restava delle mie cose, e andarmene via, lasciandole sole nella loro vittoria.

Mezz’ora dopo il taxi filava lungo la striscia grigia della strada. Con la fronte schiacciata contro il finestrino, ormai appannato, guardavo gli enormi stabili e le persone che traballavano oltre il vetro e ripensavo ancora a quelle parole. Era tutto vero. Probabilmente la mia presenza nella vita di Seungho era e sarebbe stata sempre una lunga disgrazia. Il mio amore non sarebbe bastato a preservarlo dalla sofferenza, dall’accanimento delle fan e da tutti quelli che provavano per lui altrettanto amore, lo avrebbe solo condannato ad una vita a metà. Perché in fondo il mio, molto probabilmente, non era un amore speciale, era un semplice sentimento che qualsiasi altra persona avrebbe potuto provare.
Affondai nel sedile dell’auto, stringendomi su me stessa in quel caldo abitacolo. Pensai che sarei sparita dalla sua vita, per sempre. Non avevo altra scelta dopotutto. E fu così che, tuffando il viso nelle mani, piansi anche l’ultima goccia di lacrime rimasta.

Mi ritrovavo in soggiorno a guardare la pioggia che batteva contro i vetri. Sul tavolino dove avevo allungato i piedi c’era il photobook di “Busan” e una tazza di tè ormai fredda che non avevo neanche assaggiato.
Mi sentivo stanca, depressa. In sintonia con la giornata, pensai, fissando l’aria grigia e uggiosa del pomeriggio che già girava verso la penombra.
Mi ritrovavo sola in casa col cellulare spento, lontana da qualsiasi contatto, di qualsiasi natura.
Avevo mangiato del ramyun precotto a pranzo, ben lontano da quello assaggiato l’ultima volta dalla gentile signora consigliatami da Mir, ma pur sempre buono.
Pensavo che alla fine mi fossi comportata da codarda e per tal motivo non meritavo le attenzioni di Seungho, ma andavo fiera della mia scelta e del fatto che ben presto mi sarei allontanata completamente da lui, sparita per sempre dalla sua vita.
Mi alzai e distrattamente sbattei contro il tavolino rovesciando il contenuto della tazza, tutto il tè cadde al pavimento e parte sul photobook. Con uno scatto agile riuscii, però, a salvarlo e sospirando mi lasciai cadere al suolo, stringendolo forte nelle mani e accostandomelo al petto. Fu allora che sentii qualcosa colpire la finestra, qualcosa di piccolo e duro, come un sasso. Allungai lo sguardo pensando che la pioggia ed il vento avessero agitato con troppa forza qualche pianta, ma qualcuno bussò violentemente alla mia porta.
Istintivamente mi acquattai al pavimento e mille pensieri inondarono la mia mente. Pensavo che l’ultima vendetta fosse arrivata, ma quei rumori incessanti richiamarono nuovamente la mia attenzione. Erano bruschi e decisi. Deglutii e lentamente mi avvicinai scrutando dall’occhiello colui o colei che si nascondeva oltre quella porta. Quando scorsi la sua figura immediatamente portai una mano alla bocca, sgranando gli occhi d’istinto e mi apprestai ad aprire. Fui completamente agguantata e stretta in un freddo ed umido abbraccio, nonostante ciò era percepibile il suo inconfondibile profumo.
Volevo capire per quale motivo si ritrovasse in quello stato, per quale motivo fosse venuto a cercarmi. Mi allontanai sospingendolo dolcemente con l’intento di allontanarlo appena e poi lo osservai, era completamente fradicio –Seungho..- sussurrai, con gli occhi che iniziarono a gonfiarsi di lacrime e colmi di preoccupazione. Aveva il volto cupo, arrabbiato, in preda a diverse emozioni. Probabilmente non lo avevo mai visto così prima di allora –che cosa ci fai qui tutta sola?- chiese con tono freddo, piatto– io..nulla, cosa ci fai tu qui piuttosto- chiesi, cercando di distogliere lo sguardo dal suo viso –guardami negli occhi Mar- sentii quasi come se la sua voce fosse minacciosa, si avvicinò e mi afferrò il viso con decisone ma senza farmi male, era solito toccarmi o sfiorarmi sempre con molta cura, come se potessi rompermi da un momento all’altro –ti ho chiesto che cosa ci fai qui tutta da sola-. In quel momento avrei dovuto dirgli la verità, pur non sapendo quale fosse esattamente. Sorrisi e dovetti scacciare via delle lacrime, ecco, ci ero cascata di nuovo –domani mattina parto Seungho- ammisi sospirando e tirando su col naso –stavo preparando le mie cose e..- non conclusi la frase che sentii le mani di Seungho stringere piano le mie braccia –mi stai mentendo Mar, tu menti. Dimmi cosa è successo, che cosa ti hanno fatto?- in quel momento il suo tono di voce era cambiato visibilmente e allo stesso modo la sua espressione. Decisi di divincolarmi e mi allontanai da lui, raggiungendo nuovamente il soggiorno. A passo felpato mi seguì – smettila di farti del male, smettila di agire per conto tuo- gridò alle mie spalle, quella era forse la prima volta che si rivolgeva a me in quel modo. Mi voltai con il cuore che cominciò a martellarmi forte nel petto – ti rendi conto Seungho? Ti rendi conto che sono stata una stupida a pensare che tra noi potesse esserci qualcosa? L’unica cosa che c’è tra noi è l’oceano, un oceano vasto che separa i nostri mondi e che nessuno dei due sarà mai in grado di oltrepassare- continuai a camminare a passi pesanti, raggiungendo diverse stanze dell’appartamento, con l’intento di mostrare anche a lui la mia visione della realtà – ho vissuto parte della mia vita circondata dall’odio altrui, quasi come se fossi segnalata e non mi sembra una cosa giusta, avrei dovuto aspettarmelo che standoti vicino sarebbe stato peggio- mi sentii male per il semplice motivo che mi sembrò di incolparlo in quel momento, ma non era così, mi stavo solo sfogando e lo stavo facendo a voce alta –vivi la tua vita e fingi che io non esista, in fondo hai vissuto così fino a qualche settimana fa- pronunciai quelle parole, che assolutamente non pensavo, e mi odiai terribilmente per quello –ti hanno fatto il lavaggio del cervello- commentò –lo sapevo- aggiunse poi. Lo vidi passare una mano tra i capelli ancora bagnati e mordersi le labbra dal nervoso, un nuovo Seungho, un’altra persona che non avevo mai visto prima –quindi mi stai dicendo che tutte le cose che ci siamo detti a Busan erano false? O probabilmente addirittura credi che io sia stato falso nei tuoi confronti- rise in modo sarcastico, davvero stavamo discutendo? – Pensi che io sia il tipo di persona che perde tempo in questo modo? Se non m’interessi ti ignoro, non ti illudo-. Avrei voluto urlargli che tutto quello lo stavo facendo per il suo bene, ma in che modo dimostrarglielo? Mi avvicinai e scossi la testa, contraddicendomi completamente, e come una bambina lo abbracciai, stringendolo forte e arrendendomi a lui – io ti amo, ma tu non puoi amare me- sussurrai a pochi centimetri dalla sua bocca; Seungho non ci mise molto ad afferrare le mie labbra e farle sue –nessuno ha detto che non posso ricambiare il tuo amore- mi guardò negli occhi e si leccò le labbra –ascoltami Mar, sono sempre stato fin troppo consapevole a cosa sarei andato incontro se mi fossi dichiarato a te, ma ho voluto rischiare lo stesso, perché nulla è paragonabile all’amore che riesci a darmi con un semplice sguardo- parlava di sguardi, di amore, inconsapevole di tutto quello che lui regalava a me ogni volta che sorrideva, ogni volta che in passato si era ritrovato a guardare la telecamera. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore..ma chi volevo prendere in giro? Avevo iniziato ad amarlo a distanza, non avendo mai sfiorato la sua pelle prima di allora, non avendo mai percepito il suo profumo o udito la sua voce calda ad un passo da me e tutto quell’amore me l’ero portato dietro e adesso eravamo lì, con i cuori che piano si abbracciavano e le labbra che dolcemente si sfioravano. In che modo avrei potuto dimenticarlo? Non sarebbe stato possibile– sapevi che ero stata all’agenzia? – chiesi e lui annuì estraendo qualcosa dalla tasca – sono riuscito ad avere ciò che mi spetta- disse, mostrandomi il bracciale che fortunatamente era riuscito a salvarsi –come hai fatto?- chiesi incredula, cercando di comprendere cosa fosse nuovamente successo in mia assenza, se avesse risolto la cosa in prima persona, Seungho sorrise e mi accarezzò i capelli –questo è un segreto- sussurrò, poi mi prese in braccio e mi scortò in camera dove, per la prima volta, consumammo quello che per noi era l’amore più puro del mondo.
Perché noi eravamo così, mentre i nostri occhi si guardavano e le bocche sfioravano, le nostre anime stavano già facendo l’amore.

 
  
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