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Autore: Adeia Di Elferas    04/12/2014    0 recensioni
[http://it.wikipedia.org/wiki/Lady_Oscar_(film)]
[http://it.wikipedia.org/wiki/Lady_Oscar_(film)][http://it.wikipedia.org/wiki/Lady_Oscar_(film)][http://it.wikipedia.org/wiki/Lady_Oscar_(film)]Se non conoscete il film di Lady Oscar del 1979 diretto da Jacques Demy , vi prego, cercatelo subito su Youtube (lo trovate pure doppiato in italiano e se volete vi passo pure il link in pm). Solo dopo averlo visto – o aver visto anche solo la parte riguardante il capitolo – o anche mentre si guarda il film, vi consiglio di provare a leggere questa mia parafrasi delle scene. La dedico a mio cugino, che ha coniato alcuni dei soprannomi e ha espresso alcune delle considerazioni che ho aggiunto, doverosamente, in determinate scene. E ora... che cominci lo spettacolo e che si accendano i titoli d'apertura scritti con i neon (nemmeno fossimo in un locale equivoco anni '70)!
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '...ma in un attimo il silenzio c'è'
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~~ [Breve legenda: il parrucchiere di corte è stato ribattezzato Enzo Miccio, per via del suo stile e la sarta è stata ribattezzata Carla Gozzi, per via del suo gusto in fatto di abiti; Fersen verrà a volte chiamato semplicemente Faccione, mentre il re verrà spesso chiamato il Mozzarellone]

 Nel parco di Versailles la vita procede frenetica. Donne con parrucche dal peso specifico incalcolabile e uomini che, per non essere da meno, trasportano portantine piene di mattoni, si aggirano senza tregua tra le aiuole deorate. Solo alcuni nullafacenti si permettono di chiacchierare senza fare altre attività fisiche.
 Apparentemente ignorata da tutti, c'è anche una donna, vestita come nel 1940, che parla amabilmente con un nobile francese, forse volendo convicerlo a passare dalla parte dell'impero austro-ungarico. Si scoprirà, poi, che la viaggiatrice nel tempo altri non è che un pronipote della povera Nanny.
 Oscar monitora attentamente l'esterno, affacciandosi alla finestra. Forse non notando subito la facinorosa degli anni Quaranta, ritorna a concentrarsi sullo spettacolo che si sta consumando nella stanza.
 Una voce drammatica e piena di significati nascosti, sta intonando una canzone apparentemente tranquilla, ma in realtà caratterizzata da un testo inquietante ed apocalittico: “Il mare già crescendo sta, la barca trema già... Sull'onda nera, ha scritto il vento, tempesta arriverà...”
 Maria Antonietta, visibilmente bambina di sì e no quattordici anni, è sotto le abili mani di Enzo Miccio, che le gira attorno in modo poco costruttivo.
 In parte esasperata dall'incompetenza dell'hair stylist, in parte dalla voce affettata della cantante, esprime la sua profonda disperazione con un'occhiataccia allo specchio.
 Enzo Miccio, dalla pettinatura sobria ed elegante, decide, giustamente, di apporre una nave sulla chioma della sua regina, tanto per restare in tema con la tragica canzone che stanno ascoltando.
 Con un sorriso falso ed un abile colpo di testa, Maria Antonietta fa scivolare in terra la barca, ma la musica non è ancora finita: “Se in mezzo al mar ti troverai e il vento si alzerà...” come avvisato dalla cantante, Miccio appunta la barca, con grande disappunto della povera Maria Antonietta, ai capelli con uno spillone.
 “Cambiare rotta tu dovrai, se a casa salva vuoi tornar...”
 Oscar si sforza con tutta se stessa di non addormentarsi, mentre la regina ha deciso che basta, si è definitivamente rotta.
 Muovendo infastidita la piuma gigante che regge in mano, tenta di far tacere l'aspirante vincitrice di San Remo: “Questa canzone è molto triste. E a me non piacciono le canzoni tristi. E a voi piacciono, signor Leonard?”
 Miccio sfodera tutta la sua massima sincerità: “No vostra maestà.” dice, con la voce da broncopolmonitico.
 Visto che il pianoforte continua a suonare, Maria Antonietta capisce che è il momento di prendere provvedimenti anche materiali, se ne necessario! Si alza in piedi, brandendo minacciosamente la piuma, e muove rapidi passi verso la cantante fallita. Questa, nel panico più totale, si gioca la sua ultima carta: la pietà.
 “Maestà le rime giuste non so trovare, ma che volete far?” Maria Antonietta ormai è al pianoforte e fissa con malizia la donna che, la mente ormai annebbiata, si sente il fiato della morte sul collo e lancia il suo ultimo accorato e straziante appello: “Poeta i' non son...!”
 Con un sorriso che promette future fustigazioni in pubblica piazza, la regina la mette per sempre a tacere tocccandole le labbra con la piuma magica.
 Per fortuna, arriva qualcuno, nella stanza, e la regina esclama: “Ah! Madame Bertin!” Carla Gozzi entra con delle facchine che trsportano un pesantissimo vestito rosso e bianco.
 Maria Antonietta, prima di abbandonare del tutto il discorso musica, rimarca il suo disappunto, in modo che la povera cantante capisca che il capitolo non è chiuso: “Meno male... Cominciavo ad annoiarmi!”
 “Il battito di un cuore innamorato!” esclama Carla.
 “Meraviglioso.” concorda la regina: “È splendido!” dice alla cantante, come a farle capire che qualsiasi schifo è splendido, rispetto alla sua voce.
 Mentre Carla annuncia il secondo abito (“Brina sui bocciuoli di primavera!”) Maria Antonietta è colpita dalla sindrome di Stendhal e per poco non sviene. “Baciati dal sole!” aggiunge, a caso, Carla.
 Maria Antonietta, invasata, scatta in avanti, sempre brandendo la piuma, e si rivolge di nuovo alla Polignac, la cantante fallita: “È bello, vero?” le chiede. La Polignac risponde con una mini scena di isterismo, le stesse che fa ai concerti rock a cui partecipa di nascosto.
 Viene introdotto un altro vestito ancora: “Dolce canzone del tramonto...!” La regina non esprime il suo giudizio, forse trovando l'abito orrendo. La Polignac, invece, sentendo la parola 'canzone' si ricorda delle minacce velate che la regina e ha mosso alla fine del suo canto.
 Scoppia in inconsolabili lacrime e, in modo molto naturale, si butta una mano sulla fronte e corre verso la finestra.
 La regina, che oggi indossa scarpe di cinque numeri troppo piccole, come si nota dalla camminata, si affretta a inseguire la Polignac. Teme che si voglia buttare dalla finestra, quando invece deve restare in vita per scontare la sua pena tramite fustigazioni e lavori forzati.
 “Amica mia...” dice allora la regina, bloccando la Polignac: “Mia cara che cosa c'è?”
 Sullo sfondo, un quadro preso in prestito da Hogwarts, raffigura due dame di compagnia affrante per la situazione spinosa.
 “Oh! Perdonatemi, madame!” si scusa la Polignac, che nel profondo sa di non poter scappare alla regina: “Il mio cuore soffre perchè sa che non potrò mai possedere tanta meraviglia...!” butta lì, riferendosi ai vestiti.
 “Mia cara Gabrielle!” la riprende la regina, stringendola in una morsa mortale: “Su, non piangete...” E Maria Antonietta accarezza la guancia della Polignac, forse cominciando a pensare che potrebbe essere usata in altro modo, piuttosto che come spaccapietre: “Sapete quanto siete cara al mio cuore, io esaudirò ogni vostro desiderio! Sceglietene uno!”
 “Oh, siete troppo gentile, con me!” dice la Polignac, sfuggendo lo sguardo concupiscente della regina.
 Certa di avere una preda nella Polignac, la regina cerca di espandere la sua caccia, rivolgendosi a Oscar, che si risveglia di colpo alla voce di Maria Antonietta che la chiama in causa: “E voi non statevene lì impalato a quella finestra, Oscar!”
 Oscar fissa con ribrezzo la regina, che intuisce la difficoltà della caccia: “Non c'è bisogno di rimanere sull'attenti in mia presenza... Siete libero di muovervi... Se volete.” E comincia a far agitare la piuma.
 Oscar, che vorrebbe muoversi, ma non ci riesce per colpa del vestito di carnevale troppo stretto, non coglie le avances della regina e cambia discorso, guardando fuori: “Stavo osservando quel giovanotto a cavallo, vostra maestà. È da un pezzo che continua a fissare questa finestra.”
 La regina, incuriosità da questa novità – che potrebbe portare ad un ennessimo allargamento del suo harem – si catapulta a vedere di chi si tratta. E la Polignac non è da meno.
 Appena gli occhi della regina si posano sul misterioso giovane, un sospiro le esce dalle labbra: l'ha riconosciuto! “È lui!” esclama: “È il conte Fersen!” “E vi sta fissando!” nota la Polignac, sperando che le attenzioni della regina vengano catalizzate da Fersen.
 Il povero Fersen, intanto, sta dando ordini in una lingua sconosciuta a tre soldati che fanno sterili esercizi con la spada.
 Fersen continua a confabulare nella sua lingua inventata, senza controllare se gli uomini stiano eseguendo i suoi ordini. La sua attenzione è stata catalizzata dalle tre oche che vede alla finestra, che lo stanno fissando convinte di non essere viste.
 Oscar, in modo molto discreto, lancia occhiate conturbanti al Faccione, catturata forse dal suo sguardo inespressivo o forse dalla sua lingua inventata.
 Maria Antonietta, nel frattempo, ha già deciso che Faccione entrerà a far parte della schiera dei suoi schiavi e ne ride tutta compiaciuta.
 Capendo le intenzioni della regina, Oscar dice la frase in codice: “Devo farlo richiamare all'ordine, vostra maestà?” “Ma niente affatto! Trovate veramente che guardare una finestra sia una cosa tanto sconveniente?” chiede la regina, guardando eloquentemente la Polignac.
 Oscar si è permessa di usare una frase in codice di fronte ad una potenziale nemica! Sacrilegio!
 Improvvisamente Maria Antonietta si accorge che Carla e le sue schiave sono ancora lì con l'ultimo vestito, quello che a lei faceva ribrezzo. Così si avvicina a loro ondeggiando la piuma: “Potete andare! Emh... Prenderò tutti i vestiti. Eccetto il Dolce canzone del tramonto.” e si volta inesorabile: “Perchè quello verrà adattato per la cara contessa di Polignac...!” E la marchia di nuovo con la sua piuma da dominatrice.
 Sempre più atterrita all'idea di cosa sarà il suo futuro, la Polignac non parla più.
 Indicando con la piuma Oscar chiede: “E voi cosa ne pensate del nostro bel visitatore svedese, Oscar?”
 “Io penso che... Che certamente è un gran bell'uomo, vostra maestà.” dice Oscar, che, ormai è chiaro a tutti, ha bisogno di un paio di occhiali belli forti.
 Malgrado la regina convenga, la Polignac azzarda un commento: “È davvero strano che voi diciate una cosa del genere, Oscar...” “E perchè mai sarebbe strano?” domanda subito la regina, stupita: “Dopotutto Oscar è una donna.” dice, perchè sì, insomma, non si vedeva... Quale uomo della Guardia della Regina non si riempie il volto di trucco quando è in servizio?
 “Oh, è davvero fantastico!” esclama la regina, sempre più felice del suo harem: “È tutto così insolito... Così misterioso... Sta diventando uno stile! Sapevate che molte dame di corte hanno cominciato ad emularvi, Oscar? È quasi diventata una moda, vestirsi con abiti maschili.” ed annuisce rivolta alla Polignac, come a dirle che presto toccherà anche a lei, se vuole sfuggire al destino da tagliapietre.
 Un rumore improvviso fa sussultare la regina che, con molta discrezione come suo solito, avverte le altre del pericolo.
 Una chiave misteriosa gira in una toppa misteriosa di una porta misteriosa. Chissà chi farà capolino?
 Oscar, da bravo soldato, avanza per prima verso il mistero. Dà l'ultimo giro alla chiave misteriosa e quello che vede la spaventa, lasciandola a bocca aperta.
 Con in mano una lunga chiave, il Mozzarellone, marito della regina, si profila in tuto il suo splendore. Pur di non guardarlo più in faccia, Oscar si genuflette ed abbassa lo sguardo.
 “Mi fa piacere vedere che fai il tuo dovere proteggendo la nostra regina, giovanotto.” le dice il perspicace Mozzarellone, ed Oscar è costretta a guardarlo in volto.
 “Io stavo facendo lo stesso, accertandomi che la serratura della sua porta funzionasse a dovere.” prosegue il re, andando dalla moglie.
 Le bacia la mano, ma lei la ritrae così velocemente da impedire alle labbra dell'amatissimo marito di sfiorare la sua pelle.
 “Mio signore... Secondo voi perchè Dio vi avrebbe affidato il ruolo di re e dato il cuore di un fabbro?” chiede la regina, stringendo le labbra contrariata, mentre fa di tutto, perfino guardarsi allo specchio, pur di starsene davanti al marito.
 Mentre da fuori arrivano improvvisamente amplificate le grida in esperanto di Fersene, il re prosegue, pleonastico, sotto lo sguardo inceneritore della moglie: “Mi interesso di serrature, ma non credo certo di avere il cuore di un fabbro... Penso invece che sarebbe più giusto di re che il cuore di un...” incuriosito dalle urla in aramaico, Mozzarellone si avvicina alla finestra: “...cacciatore...”
 Sconvolto dalla vista del Faccione, Mozzarellone chiede alla regina: “Per esempio...” inizia, come se c'entrasse qualcosa col discorso fatto fino ad ora: “Cosa ne pensate di quel giovane che guarda insistentemente da questa parte?”
 Con una coda di paglia qui personificata dalla piuma da dominatrice, la regina risponde, cristallina: “Non ne ho idea... Forse si interesserà di... Architettura!” e se ne va in fretta, prima che il marito possa farsi troppe domande.
 Mozzarellone ancora osserva famelico Fersen e di colpo è colto da un dubbio atroce. Si volta verso la regina in fuga, squadrandola con sospetto e chiedendosi: come fa a sapere che il giovane che guarda insistentemente da questa parte si occupa proprio di archiettura?

   
 
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