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Autore: thatswhatfriendsarefor    05/12/2014    11 recensioni
Dopo essere stata ferita al funerale di Roy, Kate si rifugia nella baita di suo padre e in se stessa.
Riuscirà davvero a rimanere da sola?
La nostra personalissima versione della 4x01 o meglio una ipotetica 3x25
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Quasi tutti, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'E se l'inizio fosse stato diverso?'
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Capitolo 9 – Indovina chi viene a cena

 

La giornata sembra non finire mai.

Sono stata a fare la mia passeggiata quotidiana in compagnia della signora Buchanan e sono molto soddisfatta delle mie condizioni. L’anziana donna ha boccheggiato ed arrancato un po’ e io, poco rispettosamente, ho gongolato dentro di me per questo, considerando che l’ultima volta che mi aveva accompagnato una settimana fa a fare la mia camminata terapeutica ero stata io ad avere un gran affanno a seguire il suo ritmo.

Bene.

Molto bene.

Andrò al prossimo controllo con la convinzione che la data del mio rientro al lavoro si sta avvicinando.

Merito di Castle?

O merito di papà che ha insistito a farmi camminare secondo la tabella di allenamento indicata dal dottor Culliford anche quando, esausta, lo pregavo di tornare indietro.

Il cardiofrequenzimetro dà indicazioni ottime e di gran lunga migliori a quelle dell’ultima misurazione di controllo sotto sforzo che ho fatto e questo davvero mi fa sperare di essere sulla strada giusta.

Rientro alla baita e liquido la mia anziana babysitter ringraziandola per avermi accompagnata e convincendola con non poca fatica che posso stare a casa da sola.

Dopo aver mangiato un pasto veloce mi metto a cucinare. Rick mi ha sempre viziato sia ieri a cena sia questa mattina a colazione con dei manicaretti niente male e anche salutari. Papà deve essersi sicuramente raccomandato. Non è da Castle non usare almeno mezzo panetto di burro per friggere le frittelle la mattina o non inondarle con una bottiglia di sciroppo d’acero!

Apro il frigo e poi la dispensa e, dopo aver fatto un check di tutti gli ingredienti che ho a disposizione, mi lego i capelli in una coda e inizio a darmi da fare.

Dopo aver infornato l’ultima teglia comincio ad apparecchiare. Non voglio mangiare in cucina stasera. Preparo il tavolo in soggiorno e magari più tardi accendo anche il camino. Mi rendo conto che i miei movimenti sono migliorati tantissimo: fino a pochi giorni fa persino prendere una tazza dall’armadietto sopra il lavello era un’impresa estenuante e dolorosa.

Mi ricordo di quando mamma tirava fuori un candelabro per le occasioni speciali in famiglia e mi dirigo verso la cassapanca dove credo sia stato riposto. Lo trovo perfettamente lucido - meno male che è in acciaio e non in argento altrimenti l’avrei trovato brunito dopo tutti questi anni - e lo osservo tenendo l’oggetto tra le mani e guardandolo come a studiarlo. In realtà sto soppesando l’idea se metterlo in tavola o no. Io e Rick non stiamo insieme e se creo un’ambientazione troppo romantica la situazione potrebbe sfuggirmi di mano e io…

Porto istintivamente la mano al petto.

Dio solo sa quanto vorrei che questa sera accadesse ciò che in cuor mio ho aspettato da tanto, ma la paura che possa provare repulsione nel vedermi le cicatrici mi blocca.

Dove è finita la Kate sicura di sé?

La rivoglio indietro.

Odio questa sensazione di non sentirmi all’altezza di qualche cosa.

Spero di riuscire a superare presto questa mia fragilità emotiva.

Sorrido, in fondo già il fatto che io faccia questi pensieri è un buon segno.

Mi riprenderò, non importa quanto ci vorrà.

Mi riprenderò.

Mi siedo sul divano con il candelabro in grembo. Guardo fisso davanti a me come se potessi trovare nella parete di fronte la pace per i miei tormenti o la soluzione per i miei dubbi.

Ma quali tormenti?

Ci siamo dichiarati.

O meglio. Lui si è dichiarato e ha confermato che mi ama e io … bè non sono stata così esplicita, ma non ci vuole un genio per interpretare i miei sentimenti. Non sono mai stata così aperta e sincera in tutta la mia vita.

Allora, Kate?

Qual è il problema?

Il problema sono io e le mie elucubrazioni mentali.

Lo amo? Sì.

Sono pronta a dirglielo? No.

E a farmi amare? Nì.

Come sono stata in questi due giorni? Terribilmente bene.  

Al solo ripensare ad alcuni dei momenti che abbiamo passato insieme, ad alcuni degli sguardi che ci siamo scambiati, al sonno ristoratore che ho avuto solo perché ero abbracciata a lui, mi pervade un senso di pace e benessere che si espande rapidamente in tutto il corpo.

Non so se sono pronta ad amarlo in maniera completa, ma so che tutto ciò che ho condiviso con lui in questi due giorni è stato naturale, spontaneo e fantastico, quindi perché dovrebbe cambiare proprio ora?

Mentre mi perdo in queste riflessioni sento suonare il campanello della porta.

Mi alzo e in fretta tolgo il grembiule che lancio su uno sgabello della cucina. Mi sento leggera come una libellula. Poggio sul tavolo il candelabro e con l’altra mano liscio una grinza della tovaglia. Do un’occhiata al tutto e mi sembra perfetto.

“Arrivo!” urlo impaziente al pensiero di rivederlo.

Passando davanti allo specchio del piccolo ingresso do una rapida scorsa al mio aspetto, tolgo l’elastico dai capelli, li ravvivo con le mani e con i denti mordicchio le labbra come mi raccontava che faceva mia madre quando la nonna non le permetteva di usare il rossetto perché era ancora troppo giovane. 

Apro la porta con il più smagliante dei sorrisi e con il cuore in fibrillazione e spalanco gli occhi per la sorpresa, travolta da quell’ondata di affetto che non mi aspettavo di ricevere.

Un ispanico, un irlandese e un’afroamericana mi sommergono di saluti, domande e fiori, mandandomi completamente nel panico. Che caspita ci fanno qui?!?!?

“Wow Kate! Sei uno splendore e noi che pensavamo di trovare una donna malaticcia, pallida e convalescente con vestaglietta e copertina sulle spalle…” mi prende in giro Lanie che ancora mi tiene prigioniera nel suo abbraccio.

“Ma che sorpresa! Espo, Ryan come state?” provo a riprendermi dallo shock fingendo noncuranza “ma non mi avete detto niente. Una telefonata?”

Lanie entra nella stanza tenendomi le mani e fa un giro intorno a me.

“Risponde la segreteria telefonica, sempre. Qui la rete cellulare deve essere proprio pessima. Il telefono risulta sempre irraggiungibile.”

Mi rendo all’improvviso conto che non ho tolto ancora la deviazione di chiamata  che ho impostato su tutti i numeri tranne che su quello di mio padre. Ero determinata a non sentire nessuno, d’altronde. Prendo il telefono e controllo che Castle non abbia chiamato. Sono indecisa: non so se avvisarlo dell’imprevisto anche se è  difficile farlo senza farsi vedere e peggiorare le cose. Meglio evitare.

“Ragazzi, come state?”

“Che lo chiedi tu a noi? Racconta come stai tu! Meglio di come ci immaginavamo, a giudicare dal tuo colorito” risponde un divertito Espo mentre con una mano sfiora la tavola apparecchiata.

“Da qualche giorno sto decisamente meglio, in effetti. Oggi sono riuscita ad avere meno affanno della signora Buchanan, la donna che mi accompagna quando papà non c’è, durante la mia speedwalking.” Racconto non sicura che i miei amici possano capire la rilevanza di quello che ho detto.

“Aspetti tuo padre?” chiede Ryan visibilmente incuriosito.

“Sì, oggi è dovuto tornare in tribunale a New York. Da quando stiamo qui è come se fosse agli arresti domiciliari: ha smesso praticamente di lavorare e ora che sto meglio sta riprendendo, almeno le cose urgenti” provo a spiegare mentre Lanie fa una smorfia evidente come a sottolineare che non crede nemmeno ad una parola. Effettivamente non ci vuole un genio per capire che non metterei le candele per una cena con mio padre!

“Dai, Kate! Mostrami la ferita e vediamo se le medicazioni che hai fatto vanno bene o se devo intervenire io.” afferma decisa Lanie “Andiamo. Dove è il bagno?”

So perfettamente che Lanie sta cercando una scusa per rimanere sola con me, ma io voglio provare ad evitare una scomoda conversazione a due.

“No, Lanie non ce n’è bisogno. Sono diventata brava e devo dire che la ferita si sta rimarginando bene, anche se mi devo ancora abituare a vederla”.

Lanie intuisce all’istante che c’è qualcosa nell’aria e per convincermi a salire al piano di sopra con lei esclama, come se fosse la cosa più naturale del mondo, “Ok, lo capisco: sono la tua squadra e non puoi escluderli” indica col capo prima Ryan e poi Esposito “Togliti la camicia, te la controllo qui.”

I due detective si sentono imbarazzati e si guardano non capendo cosa diamine stia succedendo. 

“Lanie, ma sei impazzita? Ho capito… ho capito, andiamo!” Sconfitta, faccio strada a Lanie che prima di salire non manca di fare l’occhiolino ad Esposito come a rassicurarlo che ci pensa lei a scoprire cosa stia accadendo di strano.

Una volta sole, mentre mi sbottono la candida camicia, Lanie si lava meticolosamente le mani prima di indossare i guanti in lattice che ha tirato fuori dalla sua inseparabile borsa da medico.

“Allora?” chiede.

“Allora cosa?” domando di rimando distogliendo lo sguardo dalla dottoressa, dalla mia ferita e dalla mia immagine riflessa nello specchio “Dimmelo tu com’è la ferita.”

“Questa sta bene e Kate, sinceramente, mi aspettavo di peggio, considerando che quando l’intervento è di urgenza si va veloci e l’estetica è l’ultima cosa a cui si pensa” risponde in modo professionale per poi continuare “cosa ti hanno dato da mettere?”

Indico una scatola sulla mensola con dentro boccette, pomate e garze.

“Vieni, oggi te la faccio io la medicazione, così stasera non ci devi pensare, ok?” mi dice dolcemente.

“Grazie Lanie”

“La puoi tenere sbendata, secondo me, prende aria e si velocizza il processo di cicatrizzazione”.

Ci penso un attimo, poi esclamo “No, non ancora. Copri.”

“Coprire? Bendare, Kate. E’ diverso. Qual è il tuo problema?”

“Non ce la faccio ancora a guardarmi e non so se riuscirò a farmi vedere e toccare da un uomo a breve.” dico sconsolata.

Lanie come donna mi capisce subito e immagina al volo quello che mi sta passando per la testa. Assolutamente comprensibile. Quindi cauta chiede “Josh? E’ lui che aspetti? Lo risenti?”

“No. Te l’ho detto, aspetto papà.”

L’occhiata che mi lancia Lanie è così eloquente che mi rendo conto che la mia risposta è poco plausibile. Ma lei non aggiunge niente e continua la medicazione in silenzio.

Una volta rivestita, sono pronta a riscendere giù ma vengo trattenuta per una mano. Lanie si è seduta sul bordo della vasca e mi fa cenno di mettermi accanto a lei.

“Chi è?” chiede.

“Chi è chi?” provo a far finta di non capire, ben sapendo che è inutile.

“E’ uno di qui?” insiste.

Sospiro non sapendo cosa dire, anche perché di fatto non c’è nulla da rivelare e non voglio ancora parlare di una cosa che non so nemmeno io bene cosa sia.

Qualcun altro suona alla porta della baita e penso di essermi risparmiata l’interrogatorio. Come dire, salvata dal campanello. Ma mentre scendo le scale gridando ai miei colleghi se possono intanto aprire loro, sento distintamente la voce di Ryan che chiede “Ehy Castle, cosa ci fai tu qui?”

 

Angolo delle autrici

In questo capitolo Kate ha capito che non si sa mai chi può suonare alla porta! L’affettuosa irruenza degli amici del Dodicesimo è palpabile, ma cosa risponderanno i Caskett alla domanda di Ryan? Continuate a seguirci e lo scoprirete!

L'accenno allo sciroppo d'acero è in onore di Virginia *____*

A martedì,

Debora e Monica

  
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