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Autore: Chaosreborn_the_Sad    05/12/2014    1 recensioni
Sono passati secoli dalla Guerra dell'Anello e la Terra di Mezzo è cambiata drasticamente. Elfi e maghi elementali, vittime delle persecuzioni razziali di Nuova Gondor, sono costretti a vivere nascosti e al di fuori della Federazione. Un mago e un'elfa millenaria prenderanno in mano la situazione, in un lungo viaggio verso il cambiamento.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Legolas, Nuovo personaggio, Radagast
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13 - Verità


“Buongiorno biondo!”.
Aprii gli occhi, notando come prima cosa Rhi che armeggiava con i rimasugli del falò della notte prima. Doveva essersi divincolata dall'abbraccio in cui ci eravamo addormentati senza svegliarmi e aveva deciso di ravvivare le braci del fuoco per combattere il freddo dell'alba.
“Rhi...” sbadigliai, alzandomi e dirigendomi verso di lei “cazzo fai?”.
“Beh, stavamo entrambi tremando quando mi sono svegliata, e Radagast non c'era, quindi ho pensato che un po' di calore in più poteva farci bene” mi rispose, voltandosi a guardarmi con un sorriso.
Mi accovacciai accanto a lei e le posi una mano sulla fronte.
“Penso ti sia passata la febbre, sai?” le dissi, aggiungendo qualche sterpaglia sul fuoco che cominciava a riprendersi davanti a noi. L'elfa non mi rispose ma continuò a sorridermi, mantenendo il contatto visivo.
Fu in quel momento che capii.
“Ma...” cominciai a dire.
Rhi annuì, estatica.
“Sì Rain, ci vedo di nuovo” disse.
Mi mossi per abbracciarla, sbilanciando entrambi e facendoci finire distesi l'una sull'altro, tra le risate di entrambi.
“Finalmente, Rhi!” le risposi una volta ripreso fiato, senza alzarmi. Rhi, ancora con quel suo sorriso finalmente dolce e vero sulle labbra, continuava a fissarmi nelle iridi, quasi cercando di annegarci dentro.
Fummo interrotti dal suono di qualcuno che si rischiarava la voce.
“Fanciulli, se volete vi lascio ancora un po' di tempo, ma fate attenzione perché il sottobosco è pieno di ortiche e i passeri del mattino sono dei gran pettegoli” fece Radagast. Ridemmo entrambi, voltandoci verso l'Istar apparso alla nostra destra.
Ci ricomponemmo, alzandoci in piedi, mentre lo stregone continuava a parlare.
“Sono andato in esplorazione, i Porti sono oltre questo colle. Se partiamo ora potremmo vederli rischiarati dalle prime luci ed arrivare in mattinata” asserì, per poi guardare Rhi.
“E sono certo che come prima visione dopo aver riacquisito la vista è qualcosa che decisamente apprezzerai, mia giovane ladruncola”.
“Guarda che non sono così giovane, Rady carissimo” rispose lei, mettendosi lo zaino in spalla e strappando un'altra risata all'Istar.
Ci avviammo verso la direzione indicata da Radagast, camminando spediti, fino a giungere una mezz'ora dopo sulla cima del colle.
I Porti Grigi si stagliavano in lontananza, a ridosso del mare e abbracciati dalle scogliere ai lati. Sembravano usciti da un dipinto, tinti di rosa e arancio e violetto dai primi raggi del sole che sorgeva a Est, imperituri nei secoli e caratterizzati dall'eleganza elfica della Seconda Era.
Rhi si appoggiò a me, sospirando. Le cinsi le spalle con un braccio, senza dire nulla, e le proposi silenziosamente una sigaretta. L'elfa se l'accese e rimase ad ammirare l'alba scorrere sopra quella che un tempo era la sua città e la sua casa. Spense la sigaretta sotto il tacco dello stivale, qualche minuto dopo, per poi guardarmi con occhi lucidi.
“Benvenuto, Rain”.

Rimasi stupito, esterrefatto, senza parole e molto di più quando fummo effettivamente nelle strade dei Porti, qualche ora dopo.
Ero più stupito dalla città che da quanto fosse filato liscio il viaggio a piedi nelle Terre Selvagge, cosa non indifferente visto com'era andata l'ultima passeggiata nei boschi fatta assieme a Rhi. E all'epoca lei ci vedeva, non aveva la febbre, io non ero in astinenza forzata e non avevamo un Istar bizzarro -che al momento si era diretto letteralmente di corsa al porto, lasciandoci a fare i turisti- a farci compagnia.
Sembrava... no, non sembrava, era effettivamente un luogo di altri tempi, di una Terra di Mezzo più giovane e nobile. Era come se la città fosse rimasta sotto una cupola di vetro tutti questi anni, tutti questi secoli, dalla Terza Era ad oggi. Tutto, dalle architetture aggraziate che ci circondavano alle vesti elaborate dei pochi elfi che ancora la abitavano suggeriva una stasi temporale che mi disorientava non poco.
Stonavamo parecchio, sia Rhi che io, nei nostri jeans strappati e T-shirt.
“Rhi?” dissi, cercando di riportarla al mio presente dal mondo onirico in cui sembrava esser finita. Dalle pace, Rain, probabilmente non vede questo posto da secoli, dopo averci vissuto per altrettanti anni. È normale che sia così sopraffatta dalle emozioni.
“Eh? Dimmi Rain” mi rispose.
“Non ti senti un po' fuori luogo? Non vorrei offendere te o il tuo popolo, sia ben chiaro, ma che cazzo è successo qua? Possibile che nessuno gli abbia mai detto cos'è una lampadina?” le domandai. L'elfa rise.
“Ti aspettavi un'altra Lasgalen?” mi domandò, per poi continuare:
“I Porti sono sempre stati troppo lontani dal resto del mondo per esserne toccati. Sono certa che gli elfi di qua siano altrettanto al corrente di come vadano le cose, ma semplicemente non se ne interessano molto. Hanno creato il loro angolo di pace e lo hanno preservato come gli pareva meglio”.
“Niente jeans, dunque? O luci elettriche, internet, sigarette e musica rock?”.
“Non ti preoccupare per il tabacco, quello lo importavamo dall'Harad ancor prima che gli Hobbit scoprissero la loro variante. Per quanto riguarda il resto... beh, si vede che non ne hanno mai sentito il bisogno” mi rispose, prima di rimettersi a camminare per le vie. La osservai di sottecchi, seguendola. Nonostante fosse la solita Rhi di sempre sembrava star diventando effettivamente più elfica ogni momento che passava, era come se il luogo l'avesse riportata a tempi più felici della sua vita, pur lasciandole l'aspetto di elfa sarcastica e irriverente che avevo conosciuto ed imparato ad apprezzare.
I miei pensieri furono interrotti quando sentii Rhi gridare di gioia. La vidi correre avanti e saltare quasi in braccio ad un elfo vestito di una toga o qualcosa di simile che spiccava di rosso nel biancore degli edifici attorno.
“...Langrhibel?” fece quello.
Mi fermai un paio di passi più indietro ad osservare l'elfo confuso che la mia compagna stava ancora abbracciando. Dimostrava la mia età, anno più anno meno, e forse mi superava in altezza di qualche centimetro. Il volto affilato e la massa di capelli neri che gli ricadeva sulle spalle facevano sospettare qualche parentela sia con Rhi che con quella iena di Zaal ma, a differenza dei due, i suoi lineamenti sembravano leggermente addolciti. In più gli occhi blu facevano pensare ad una linea completamente diversa dell'albero genealogico, così come le lentiggini che gli decoravano il naso spiccando nel classico pallore da Noldo, tanto che fui stupito quando sentii Rhi rispondergli:
“Sì Cris, sono io! Non sai quanto sono contenta di poterti vedere, fratellino! Che cosa cavolo ci fai ancora qui?! Pensavo te ne fossi andato anni fa, con nostro padre!”. Padre? Fratello? Mi hai portato a conoscere il resto della famiglia, Rhi? Valar, spero non siano come tuo cugino, perché altrimenti ti lancio dalla prima rupe che trovo.
“Sono stato trattenuto su Arda, Lang” rispose Cris, sorridendole, “piuttosto tu cosa cavolo ci fai qui? E che razza di imprecazione sarebbe cavolo, so per certo che ne conosci di migliori”.
Joder, ti insegnai io la metà di quelle che conosci” asserì la sorella, fiera. Sogghignai, notando come Rhi avesse preso il mio tic verbale, ma l'elfo sembrò per un momento bloccarsi, al sentirla imprecare, per poi riprendere a parlare come se nulla fosse.
“Non mi hai comunque risposto, Lang. Che cosa ti porta da queste parti?” domandò.
“Oh, il mio solito vagabondare. Sono arrivata da poco con Radagast, raccattato per strada, e con un amico. Avevamo bisogno di andarcene da N.G.” rispose Rhi, indicandomi con un braccio.
Feci un passo avanti, tendendo la mano, mentre Rhi ci presentava.
“Rain, lui è Cristereb, mio fratello minore. Cris, lui è Rain”.
Cristereb mi strinse la mano, fissandomi negli occhi. Ricambiai il suo sguardo con un sorrisetto, riconoscendo l'espressione curiosa di chi stava per paragonarmi al mio antenato. La domanda arrivò puntuale come non mai.
“Sei un mago, Rain?”.
Annuii.
“Lo immaginavo. La tua linea ha mantenuto gli stessi occhi dai tempi di Zèfiro” affermò, mantenendo un tono neutro. C'era qualcosa che non quadrava, in quel tono, ma forse ero solo sorpreso che non fosse l'ennesimo elfo che stravedeva per il mio antenato. Dopotutto ne avevo trovati già due in quella famiglia.
Cris si voltò di nuovo verso la sorella.
“Non cambi mai, eh Rhi?” fece, ritornando a sorridere.
Le scoccai un'occhiata a metà tra il divertito e l'interrogativo -che di certo non passò inosservata a suo fratello- e quella mi rispose con un gesto della mano a dire che non era importante.
“Non è come pensi, Cris” disse. Sembrava stizzita. Cristereb la prese dolcemente per le spalle.
“Oh, lo spero bene. Anche perché sei già in condizioni pessime di tuo” disse lui, ridacchiando.
“Come?!”.
“Ah, ma ti sei vista? Con le orecchie tagliate, i jeans strappati... sembri uscita da un festival punk! E i tuoi capelli? Erano il tuo vanto...”.
“Tsk! Parli tu, che l'ultima volta che ti ho visto avevi le treccine. Ti pare Rain” continuò, rivolgendosi a me “le treccine! E poi, da quando hai tutti quegli orecchini?”.
Solo in quel momento notai che effettivamente le orecchie di Cristereb erano costellate per tutto l'orlo da anelli d'acciaio.
L'elfo si rabbuiò di nuovo, come poco prima per un semplice istante, per poi tornare all'espressione divertita.
“Le treccine non mi stavano bene, gli orecchini sì” disse, stringendo la sorella di nuovo.
“E mi dispiace per i tuoi capelli, so che non dev'essere stato facile” le sussurrò.
Attesi in disparte mentre Rhi affondava il volto nella spalla del fratello. Rimasero in silenzio finché Cristereb non parlò di nuovo.
“Verrai con noi, Rhi? C'è posto anche per te su quella nave” sussurrò alla sorella, con una voce talmente bassa da sembrare un respiro. Così bassa che mi stupii non poco di averla udita. Rimasi letteralmente con il fiato sospeso durante l'attimo in cui Rhi tacque prima di rispondergli.
“No Cris. Il mio posto è ancora qui, lo sai bene”.
Mi sentivo sollevato, mio malgrado. Per un momento avevo temuto che sarebbe partita, che avrebbe deciso di tornare con il suo popolo in una terra dove non sarebbe stata perseguita. Non l'avrei biasimata, a ben pensarci, ma mi sarebbe comunque mancata.
Mi accesi una sigaretta, mentre i due continuavano a bisbigliare.
“La nave salperà domattina. Cenate con noi, stasera. Saremo nella Grande Sala” fece Cris, alzando di nuovo la voce. Alzai gli occhi e vidi che i due si erano sciolti dall'abbraccio.
“Non mancheremo” disse Rhi. Cris annuì e ci salutò con un cenno del capo. Ricambiai il saluto e lo seguii con lo sguardo mentre si avviava di nuovo lungo la strada. Continuava ad esserci qualcosa di bizzarro in quell'elfo, ma ancora non ero riuscito a capire cosa. Mi voltai di nuovo ad incrociare lo sguardo di Rhi. Sembrava rasserenata come mai l'avevo vista dopo l'incontro con il fratello. L'elfa abbassò gli occhi e si avvicinò a me, prendendomi per il polso.
“Vieni, ti faccio vedere la mia vecchia casa” disse, guidandomi lungo le stradine tortuose della città.

Mi sedei sul letto, osservando Rhi guardarsi attorno in quella che era stata la sua stanza. Tutto, mi aveva detto, era rimasto come l'aveva lasciato l'ultima volta, prima della Guerra del Drago.
La vidi frugare in una cassapanca e ridacchiare.
“Al volo, biondo” disse, lanciandomi quello che pareva un pesante posacenere di legno. Lo afferrai prima che mi colpisse la fronte, per poi accendere la sigaretta che mi pendeva dal labbro e lanciarle il pacchetto.
“Per quanto tempo hai vissuto qui?” le domandai.
“Da sempre, direi. Da quando la mia famiglia è arrivata sulla Terra di Mezzo” rispose, espirando del fumo. Si stese di fianco a me, prendendo un'altra boccata.
“Sono una Noldo, Rain, mi sembrava di avertelo detto. Almeno da parte di padre, mia madre faceva parte dei Teleri, la stirpe di Olwë. Nacqui nelle Terre Immortali durante gli Anni degli Alberi, assieme a due fratelli maggiori” mi disse. Incrociai il suo sguardo, invitandola a continuare. Raramente l'avevo vista così a suo agio nel parlarmi di sé o della sua storia e di certo ero curioso di saperne di più sulla mia enigmatica compagna di viaggio.
“I problemi vennero dopo. Penso tu conosca la storia dei Gioielli, di Fëanor e del fratricidio di Alqualondë” continuò. La sua voce si fece mesta, mentre io annuivo al suo fianco. Nonostante le persecuzioni i miei genitori avevano insistito perché studiassi a fondo la storia di Arda, quella che N.G. definiva mitologia fraudolenta e propaganda ribelle, quindi sapevo di come i Teleri avessero rifiutato ai Noldor di Fëanor l'utilizzo delle loro navi e di come questo rifiuto sfociò nel sangue.
“Mia madre” continuò Rhi “Beh, tentò di difendere il suo popolo, e rimase uccisa nello scontro. Quello fu il primo colpo per mio padre, il più duro forse. Nonostante ciò lui rimase fedele a Fëanor, almeno fino all'arrivo sulle coste del Beleriand”.
L'elfa sospirò.
“Quando finalmente approdammo Fëanor diede l'ordine di incendiare le navi abbandonando così le schiere del suo fratellastro Fingolfin, che in quel momento attendevano oltre le distese ghiacciate dell'Helcaraxë. Dopo quell'ordine la fiducia che mio padre riponeva in Fëanor venne meno, e ci condusse qui, tra gli elfi del Lindon, lontani dalle guerre e dal resto dei Noldor. Qui sposò un'altra dama e da lei ebbe Cristereb, e qui siamo rimasti negli anni seguenti”. Annuii di nuovo, per poi alzarmi e dirigermi verso una delle finestre che si affacciavano sulla piazza sottostante. La città si stendeva di fronte a me, fino al porto dove si potevano scorgere gli alberi della nave e gli elfi che la preparavano per la partenza. Oltre quella solo il mare. Mi voltai di nuovo a guardare verso Rhi.
“Ecco perché guardi sempre il mare in quel modo” le dissi, abbozzando un sorriso.
“Come?”.
“Ci sei molto legata, si nota palesemente” le risposi.
“In effetti hai ragione... penso che anche il legame che ho con i Teleri da parte di madre sia uno dei motivi. Ed ho sempre considerato Ulmo l'unico dei Valar che meritasse rispetto, l'unico che veramente s'interessasse a noi”.
“Romeo diceva sempre che riusciva a sentirlo chiaramente” dissi, ricordando le conversazioni fatte con il mio batterista. Chissà dov'era finito, anche lui, dopo esser fuggito dal carcere.
“Ha ragione. Sibillino e distante, ma Ulmo ancora ci parla. Sono tante le volte che l'ho pregato di apparirmi, o di presentarsi in forma umana” continuò Rhi.
“L'ha mai fatto?” domandai, pur immaginando la risposta.
“Ovviamente no”.
Tornai a sedermi sul letto di fianco all'elfa, dandole una lieve carezza sul volto. Rhi si alzò, dirigendosi verso la scrivania, l'espressione pensierosa.
“Sai...” cominciò, passando una mano sul legno dello scrittoio “le ultime parole che scrissi seduta qui erano di speranza. Zèfiro ancora non mi aveva abbandonata”.
Zèfiro? Forse è la volta in cui mi racconti anche cos'è successo veramente tra voi due, vista la vena di confidenze.
“Non mi hai ancora raccontato di te e lui” asserii. Mi aspettavo un altro rifiuto, come l'ultima volta, ma invece non successe. Rhi sospirò di nuovo, sedendosi sulla scrivania, prima di parlare di nuovo.
“Trascorremmo un'estate assieme. Era venuto con Zaal, che stava compiendo delle ricerche sull'Harma Ondo, il Tempio di Aulë in mezzo al deserto dell'Harad”.
“Conosco la storia” le dissi. La storia si era conservata nella tradizione magica, ovviamente abbellita fino allo stremo, come altro esempio dell'eroismo del mio antenato, ma nonostante tutto era risaputo che ci fosse un fondo di verità dietro la mitologia che vi si era creata attorno. In ogni caso c'era qualcosa che riuscì a stupirmi, mio malgrado.
“Non sapevo c'entrasse anche Zaal, però” dissi.
“Oh sì, l'idea fu di Zaal stesso. Ne era come ossessionato, all'epoca, tanto che quasi non lo vidi durante i mesi che passò qua. Ma ero più che contenta di lasciarlo alle sue vecchie pergamene, se ciò mi permetteva di spendere più tempo con Zèfiro” rispose lei.
“E così vi siete innamorati” le dissi, accendendomi un'altra sigaretta. Rhi parve perdersi nei ricordi di una felicità lontana prima di continuare.
“Sì. Ci vedevamo di nascosto, in una cascina fuori della città, dove era stato confinato. Gli elfi dei Porti non ritennero prudente lasciarlo entrare e lui stesso accettò di buon grado l'isolamento” fece Rhi. Sbuffai leggermente e Rhi probabilmente notò la mia espressione all'ennesima citazione della buona educazione del mio avo, tant'è che fece un'aggiunta:
“Sapeva esser tanto gentile da farti cascare i coglioni, a volte”. Ridacchiammo entrambi.
“L'isolamento” domandai poi, tornando serio “fu a causa della sua prigionia a Barad-Dur?”.
“Esatto. Non so cosa ti abbiano raccontato, ma la storia del demone dentro Zèf è vera. Nessuno mai ha saputo con certezza cosa fosse successo durante la sua prigionia, ma è certo che quando ritornò in libertà aveva dentro di sé un'anima malvagia, instillata da Sauron stesso. Gli elfi di Lorien e soprattutto Zaal riuscirono ad arginarla, ma fu sempre sdoppiato, dovendo lottare ogni giorno per evitare che questa sua parte prendesse il sopravvento”.
“Capisco” feci laconico. Espirai del fumo, pensoso. Nonostante fosse noto che Zèfiro si fosse portato dentro il male di Sauron per anni, i dettagli di come avesse fatto a conviverci non erano stati assolutamente tramandati. Era come se gli storici -o chi per loro- avessero deciso di glissare sulle parti più scabrose della sua vicenda, sottolineando invece quanto buono, eroico e gentile e magnanimo e nobile e vaffanculo fosse stato il mio avo. E nel mentre avevano deciso di buttare una bella vagonata di merda sulla reputazione di Rhi, attribuendole una caterva di colpe. Joder che bel lavoro hanno fatto.
“Come finì?” domandai poi. Mancava quel dettaglio ancora, ovvero il finale triste della storia tra Rhi ed il mio antenato.
“Come finì...” cominciò lei, stizzita. Per un momento pensai che mi avrebbe liquidato anche stavolta, ma invece continuò a parlare, seppur irritata.
“Finì che mio padre venne a sapere di noi. Prima che tu me lo domandi, no, non ho idea di chi gliel'abbia detto. Fatto sta che lo venne a sapere ed io decisi di coprire le spalle a Zèf. Mentre lui fuggiva con la promessa di incontrarmi due notti dopo su una scogliera del Forlindon io fronteggiavo il consiglio dei Porti Grigi, e mio padre tra loro. Mi esiliarono, ma in quel momento non me ne fregava un cazzo, avevo il sogno di un futuro” disse. Si alzò e si diresse verso la stessa finestra a cui mi ero affacciato poco prima.
“Il problema è che quando arrivai al luogo dell'incontro lui non c'era. Lo attesi, per una notte intera, ma non arrivò mai. Sparì, e non ne seppi nulla” concluse.
Aggrottai la fronte, alzandomi ed avvicinandomi a lei.
“Ma...” cominciai. Non sapevo bene cosa dire, semplicemente perché se da una parte potevo percepire la tristezza che Rhi ancora provava al ricordo, dall'altra parte ero finalmente soddisfatto nell'avere la conferma che il mio avo fosse effettivamente un po' una testa di cazzo.
“C'è qualcosa che non mi quadra” decisi di dire, “come mai non ti raggiunse?”.
L'elfa strinse le spalle.
“Ah, le solite puttanate di voi uomini. Lo rividi, dieci anni dopo. Erano gli inizi della Guerra del Drago, di cui già conosci la storia. Mi disse che la mia presenza fomentava il suo alter-ego maligno e gli faceva perdere il controllo più spesso. Cazzate, se chiedi a me. Semplicemente se n'era trovata un'altra”.
“Rika?” tentai. L'elfa rise.
“Ah, fosse stata Rika le cose sarebbero andate molto meglio, credimi, quella giovincella aveva decisamente più testa della sorella maggiore, la donna in questione. No, si chiamava Kita la donna che aveva in quel momento” rispose, amareggiata come non mai.
Le posi una mano sulla spalla, cercando di confortarla.
“Mi dispiace” riuscii a dirle.
“Anche a me, Rain” mormorò.
“Ma dopo la guerra? Cos'hai fatto in questo paio di secoli?” le domandai, cercando di cambiare discorso.
Non l'avessi mai fatto.
“Quello è un discorso per un altro momento” disse l'elfa, scostandomi ed avviandosi verso la porta, dopo avermi rubato la sigaretta di mano per fare i due tiri rimanenti.
“Scendiamo, che vorrei rivedere Cris prima di cena” disse.
Le scoccai un'occhiata interrogativa, prima di seguirla verso l'uscita.

La cena passò in relativa tranquillità, anche se continuava a divertirmi il dettaglio di come stonassimo Rhi ed io in mezzo alla quarantina di elfi caciaroni e vestiti in maniera anacronistica che occupavano la lunga tavolata. Vale, anche l'Istar sbronzo si faceva notare, ma penso che quelli fossero comunque diffusi durante la Terza Era.
In ogni caso lì ci trovavamo, Cris seduto accanto alla sorella, che aveva di nuovo acquisito una certa tranquillità, ed io a fianco del suddetto Istar, che continuava a discorrere di magia tra un calice e l'altro ed aveva riempito di rosso anche la ciotola del povero Sebastian Ventisettesimo, che singhiozzava felicemente al lato del suo piatto mangiando croste di pane.
Fu quando vidi la testa di Rhi sparire sotto il tavolo che mi scusai con lo stregone -che in quel momento stava ancora pontificando sulle origini della magia bianca e le sue correlazioni mai confermate con quella elementale, discorsi che parevano in tutto e per tutto deliri di uno sbronzo- per infilarmi a mia volta sotto la tovaglia.
Là trovai l'elfa, impegnata in quel momento a blaterare bestemmie tra le lacrime mentre cercava di procurarsi una commozione cerebrale prendendo a testate a gamba del tavolo. La situazione mi pareva assurda, fin troppo anche considerando la piega che la mia vita aveva preso da quando quell'elfa aveva cominciato a farne parte, tanto che non seppi trattenere una mezza risata.
“Rhi” chiamai, dopo aver riacquistato un minimo di serietà, “si può sapere che cosa diamine stai facendo?”.
Lei alzò due occhi rossi di pianto su di me, per poi riprendere a dar testate contro il legno.
“Stupida... sono stata una stupida” disse, tra i singhiozzi.
“Rhi? Cosa succede?” le mormorai, poggiandole una mano sulla spalla.
Non mi rispose, ma tentò di nuovo di far cozzare la fronte contro il legno. Stavolta riuscii a trattenerla in tempo.
Sospirai.
Hala, estamos bajo de la mesa, hemos bebido demasiado, tú estás ahí, llorando como una niña y hay tu hermano y el viejo este que pronto irán preguntandose qué coño estamos haciendo aquí”(1) riassumei, passando all'Haradrim per non farmi capire dagli elfi nelle vicinanze, “Vuoi una sigaretta?” le proposi.
In risposta l'elfa tirò su con il naso. Allungai la mano sopra il tavolo, afferrando un tovagliolo e passandoglielo.
“Grazie” mormorò, dopo essersi asciugata le guance dalle lacrime e soffiata il naso.
Poco più tardi ero riuscito a far arrivare Rhi nella sua camera, dopo averla tirata fuori da sotto il tavolo davanti agli sguardi confusi di Cristereb e Radagast.
In quel momento l'elfa si trovava accasciata sul letto con il volto affondato nel materasso, continuando a blaterare bestemmie e improperi verso suo padre.
Le avevo fatto bere un altro bicchiere di vino perché si bagnasse la gola, prima di uscire da sotto la tovaglia, ma forse non era stata un'idea delle migliori: i singhiozzi erano calati, sì, ma le bestemmie stavano diventando più colorite e si notava chiaramente che se avesse avuto le forze per alzarsi dal letto anche la vena autolesionista sarebbe tornata senza alcun freno.
Frugai nello scrittoio trovando qualche candela per fare un po' di luce nella stanza, per poi accendere la sigaretta che avevo promesso a Rhi.
“Rain...” biascicò lei, dopo esser riuscita a fare un paio di tiri e un paio di buchi nel copriletto.
“Mh?”.
“...sono sbronza” fece.
Ya lo veo, cariño...”.
“Ed è colpa tua, cabronazo” continuò, con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro.
Sospirai, sfilandomi la maglietta su cui aveva deciso di soffiarsi il naso lungo tutta la scalinata, per poi andare a sciacquarmi il volto nel bacile d'acqua posto vicino alla finestra.
“E tu... tu ora ti approfitterai di me! Voi uomini tutti porci...” esclamò Rhi, dopo un altro tiro. Risi anch'io, stavolta.
Joder, ci mancava solo l'elfa ubriaca.
Mi avvicinai a lei, togliendole la sigaretta dalle mani prima che bruciasse il letto, e dopo decisi di frugare nel mio bagaglio per un'altra maglietta, visto che Rhi stava continuando a blaterare come fossi già mezzo nudo e pronto per approfittarmi della povera piccola elfa indifesa e sbronza che era. Mi bloccai quando sentii le sue dita percorrermi la schiena, delicatamente, seguendo il tatuaggio che mi ero fatto fare qualche anno prima, raffigurante una rosa dei venti.
“Come mai sono invertiti?” domandò, stavolta senza biascicare.
“Che?” risposi, voltandomi.
“Il Nord e il Sud” disse.
Sorrisi, ricordandomi tale dettaglio.
“Vorrei poterti dire che c'è un significato recondito e simbolico, ma sarebbe troppo cattivo mentirti in questo stato” le risposi.
“Quindi?” insisté lei.
“Ero sbronzo, Eric mi aveva passato del peyote ed ero in pieno delirio di onnipotenza” le dissi. Ridemmo entrambi.
“Ne hai altri?” mi domandò poi l'elfa. Negai con il capo, mentre lei giocava con una ciocca di capelli che mi ricadeva sulle spalle. Dovevano mancarle i suoi, molto, ed io continuavo a pentirmi di averglieli dovuti tagliare.
Le presi la mano e la guidai di nuovo sul letto, dove ci sedemmo entrambi.
“Come va Rain? Con l'astinenza, intendo” mi chiese, poco dopo. Mi irrigidii leggermente e frugai nella tasca dei jeans cercando il pacchetto di sigarette, prima di risponderle.
“È difficile, ma ce la sto facendo. E ho smesso di avere incubi, da un paio di giorni” ammisi, accendendomi un'altra cicca.
“Quello l'avevo notato” disse, abbozzando un sorriso.
Alzai gli occhi dal pavimento, senza però riuscire ad incrociare i suoi. L'elfa stava passando le dita lungo la collanina d'argento che portavo al collo. Le presi la mano, allontanandola dal mio petto per osservare meglio il tatuaggio che le decorava il braccio sinistro.
“Tu quanti ne hai, invece?” le domandai, cambiando discorso. Rhi sorrise di nuovo, accettando la mia domanda.
“Molti” rispose, sibillina.
Le sorrisi a mia volta.
“Voglio vederli” dissi, e prima che l'elfa potesse protestare le stavo già sfilando la maglietta. Rhi si dimenò, ridacchiando, mentre ricominciava a blaterare di aver ragione e che volevo effettivamente approfittare della sua condizione di ubriaca, per poi accomodarsi meglio sul letto quando mi ritrovai la sua maglietta tra le mani. Non provò neanche a fingere di vergognarsi ma mi sorrise ancora una volta.
“È un vero peccato che tu non porti il reggiseno” le dissi, avvicinandomi e facendola voltare sulla schiena. Lei sbuffò alla mia battuta, ma si lasciò girare senza resistere. Sembrava esser divertita dalla mia ricerca.
“Chi te li ha fatti?” le chiesi, riportando l'attenzione dai suoi seni ai suoi tatuaggi.
“Diverse persone. Il serpente è opera di mio fratello maggiore” rispose, sentendo le mie dita sul fondo della sua schiena.
“Non avevo mai sentito di elfi tatuati...”.
“Siamo in pochi, in effetti. È una pratica più diffusa tra voi Haradrim”.
Feci un mormorio d'assenso per poi scorrere con il dito lungo la sua spina dorsale, fino alle scapole. Una breve scritta in rune Tengwar decorava la destra. Avo awartho. Calen.
“Questo?” domandai, battendo l'indice sulla scritta.
“Sempre mio fratello, prima di ripartire per Aman. Non dimenticare”.
“Calen è il suo nome?”.
“Sì”.
“E cosa non dovresti dimenticare?” tentai. Continuava a stupirmi quanto mi stesse parlando di lei quel giorno.
“Una promessa, che gli feci tempo fa. Che sarei sempre stata felice” rispose. Le accarezzai la spalla, quasi per confortarla, mentre lei girava il volto verso di me, incrociando il mio sguardo.
“È sempre stato protettivo nei miei confronti, a differenza di Cris... Cristereb è sempre stato più un compagno d'armi e di bevute” continuò lei.
“Immagino che questo sia suo, allora” dissi, indicando il disegno di foglie di vite che si snodava sul suo avambraccio sinistro.
“Hai indovinato” asserì, regalandomi un altro sorriso.
La feci girare sulla schiena, continuando a scrutare la sua pelle. Passai con le dita sul collo, scostando delle ciocche di capelli, per poi scendere lungo la spalla ed in mezzo ai seni, arrivando sotto il sinistro. All'altezza del cuore c'erano sette onde circondate da un cerchio.
“Quello l'ho fatto da sola” disse Rhi, precedendo la mia domanda “Come ti dissi il mare è sempre stato nel mio cuore”.
“Dev'esser stato doloroso”.
“Sì, ma è un male che ho sopportato con gioia” ammise. Incrociò il mio sguardo un'altra volta, divertita, mentre passavo con le dita lungo lo stomaco.
“Ti sto facendo il solletico?” domandai.
“No, Rain, tranquillo. È che sembri un bambino al museo” disse, ridacchiando. Risposi passando con il pollice sull'orlo dei suoi pantaloni, notando la rosa che faceva capolino tatuata sul suo inguine.
“Questa me la ricordo” commentai, accennando un mezzo sorriso.
“Ne sono certa. Quello fu il primo, fatto da mio padre quando divenni una donna”.
“Quanti ne hai in tutto?” volli sapere, continuando distrattamente a passare la mano lungo il suo fianco.
“Otto. Ne avevo undici ma tre se ne sono andati con il mio braccio destro” rispose lei, con naturalezza. Joder ed io che continuavo a dimenticarmi che fosse un mezzo Terminator con le tette, come la definii quella volta. Feci un rapido calcolo mentale, rendendomi conto che mancavano ancora tre tatuaggi all'appello.
“Quindi quelli che mancano sono qua sotto” affermai con un sogghignò, indicandole i jeans.
Afferrai uno dei suoi stivali, cominciando a slacciarlo, mentre Rhi protestava tra le risate.
“Vedi! Lo dicevo fin dall'inizio che volevi solo spogliarmi e approfittare del mio corpo!”.
“Ed io ti ho detto dall'inizio che voglio vedere i tuoi tatuaggi, senza eccezioni. Che poi se avessi voluto approfittare di te avrei avuto già parecchie occasioni negli ultimi tempi”. L'elfa sbuffò.
“Almeno una trentina” aggiunsi, passando all'altro stivale.
“Prima era diverso” protestò lei.
“Ah sì?” chiesi, slacciandole i pantaloni “E le mutande sono facoltative per voi elfi?” aggiunsi, notando la loro assenza.
“Piantala, quelle le ho finite quando ancora eravamo a Nuova Gondor” rispose.
“Ah sì? Cosa sono, usa e getta?” insistei, cominciando a sfilarle i jeans dagli orli inferiori. Ammetto che mi stavo divertendo parecchio nel sentirla così piccata.
“Fanculo Rain” fece Rhi, alzando il bacino e facilitandomi nello svestirla, “Non avevo voglia di mettermi a fare lavatrici e le ho buttate. E comunque la differenza è che prima eri spesso fatto”.
“E con questo?” domandai, piegandole i pantaloni e poggiandoli sul letto vicino la maglietta.
“Adesso c'è più probabilità che ti venga su” rispose, sfoderando di nuovo uno dei suoi sorrisetti irriverenti che non vedevo da parecchio. Scoppiai a ridere.
“Che?”.
Joder Rhi, questa è una battuta scorretta, e comunque non bastava quello per tenerti al sicuro da me” feci, continuando a ridere. Era un bene che nonostante tutto ancora riuscissimo a fare dell'ironia sulle nostre situazioni.
“Tsk... voi uomini... ti giuro, sarebbe stato tutto più facile fossi stata lesbica”.
“Lo credo cariño, lo credo” risposi, prendendole una caviglia in cerca di ulteriori tatuaggi. Ne trovai uno sul polpaccio sinistro, raffigurante un'orma di lupo.
“Quest'orma?” chiesi, accarezzandolo. Dovetti farle del solletico, perché la gamba ebbe uno spasmo e Rhi cominciò a ridacchiare di nuovo.
“Quella è del mio terzo fratello” riuscì a dire.
“Anche lui ad Aman?”.
“Sì, mentre il bracciale sulla caviglia è il simbolo della mia promozione a generale” rispose, notando che ero già passato a scrutare l'altra gamba.
Appoggiai di nuovo la sua gamba sul letto per poi cercare con lo sguardo l'ultimo tatuaggio sul suo corpo, incrociando infine l'occhiata divertita di Rhi, che non accennava a dare segni d'imbarazzo. Le sorrisi a mia volta.
“Non sarà mica...” mormorai, poggiandole una mano sul fianco.
“Ah... cazzo! Speravo non l'avresti trovato!” esclamò lei, quando la feci voltare di nuovo sullo stomaco.
Rimasi allibito.
Sulla natica destra dell'elfa c'era il disegno di una nera e sorridente pecora.
“Ma...” balbettai “è... è una fottutissima pecora!”
L'elfa sospirò, sentendomi sghignazzare come non mai, per poi cominciare anche lei, soffocando le risa nel cuscino.
Respirai a fondo, cercando invano di riprendere fiato. Alla fine riuscii a calmarmi quel minimo necessario per porle la domanda che mi premeva:
“Chi te l'ha fatta?!”.
“Zaal, chi altri?!”.
Ripresi a ridere, se possibile più forte di prima, mentre Rhi s'imbronciava.
“Piantala dai. Non ha voluto dirmi cosa mi stava tatuando, ma pensavo sarebbe stato qualcosa di normale” disse, leggermente stizzita.
“E tu dovresti conoscerlo tuo cugino” mugugnai, senza smettere di ridere. L'elfa si girò di nuovo supina, cercando di colpirmi con un piede, mentre ero ancora piegato in due.
“Ho bisogno di una sigaretta” dissi, dopo essermi calmato, ma comunque mantenendo un sorriso che andava da un orecchio all'altro.
Frugai nello zaino per un nuovo pacchetto, accartocciando quello vuoto e gettandolo in un angolo, sotto lo sguardo interessato di Rhi.
Stavamo bene, finalmente. Forse aveva giovato ad entrambi questo ritorno alla Terza Era, in un luogo dimenticato dal tempo, ma finalmente eravamo entrambi riusciti a calmare i nostri demoni e a prenderci un momento di respiro.
Mi stesi sul letto, di fianco all'elfa, passandole il pacchetto di sigarette. Langrhibel se ne accese una ed espirò il fumo con lentezza, assaporando il gusto del tabacco e del momento, come se avesse timore che entrambi sarebbero finiti troppo presto.
Mi soffermai ad osservarla, con un mezzo sorriso sulle labbra e la sigaretta nella mano.
“Cosa c'è?” domandò lei. Nonostante il sorriso notai il cambio in lei, l'irrequietezza che la prese. Sembrava a disagio sotto il mio sguardo, come se d'improvviso si vergognasse. Ed ero certo che non c'entrasse il fatto che fosse ancora nuda.
“Non hai finito di raccontarmi la tua storia, prima” asserii. Rhi annuì.
“Lo so, Rain”.
Joder Rain, bel modo di sputtanare il momento.
Ricorda il sogno della iena, di Dan e i discorsi del giro di boa. Ci siete quasi, ma manca ancora qualcosa. Lo puoi leggere nei suoi occhi.
Rhi si accoccolò con la testa sulla mia spalla, distogliendo lo sguardo dal mio.
“Il tempo di una sigaretta, Rain. Il tempo di una sigaretta e finirò la storia, ma per ancora un momento lasciami stare qui” mi rispose.
Procrastiniamo. Ancora. Per quanto avessi voluto lasciarle tutto il tempo che mi avesse chiesto sapevo di dover insistere. Ora o mai più, per risolvere le questioni pendenti dentro di noi.
“Perché hai voluto raccontarmi di te, oggi pomeriggio? Dopo tutto il tempo che abbiam passato assieme senza che tu mi dicessi nulla” le chiesi.
L'elfa sbuffò, scostandosi da me e mostrandomi con un gesto eloquente la sigaretta che ancora stava fumando. Si vedeva chiaramente quanto sperasse che quella sigaretta non finisse mai.
“Rhi”, continuai, imperterrito “perché dopo tutto questo tempo a recitare la parte della dura hai deciso di aprirti? Perché hai voluto passare il pomeriggio a convincermi che anche tu hai dei sentimenti?”.
Langrhibel non rispose né mi guardò, restando distesa al mio fianco.
Mi alzai, spegnendo il mio mozzicone nel posacenere, tornando poi a fissarla.
“Non ce n'era bisogno, sai?” le dissi, con un po' di dolcezza in più. Solo un po'.
“Non ce n'era bisogno perché l'avevo già capito quanto tu soffrissi. Tempo fa, e lo sai anche tu”.
Feci due passi per la stanza, verso la finestra.
“Hai ragione” fece lei, parlando per la prima volta dopo lunghi minuti “Non sono un'attrice brava quanto te”. Suonava acida.
“Ehi, io sono sempre stato così” risposi, sulla difensiva “ho sempre tenuto per me i miei affari”.
“E allora perché dovrei raccontarti di me?” domandò lei. Ancora più acida.
Sospirai.
“Perché non ne vedi l'ora. Vuoi farlo, forse senti di doverlo fare, non lo so. Ma ne hai anche una fottutissima paura” affermai, riacquistando la calma.
“Non è così. E da quando sei diventato uno psicologo, Rain?” rispose, tentando invano di ripescare la sua fastidiosa irriverenza. Si alzò dal letto, recuperando e rimettendosi i jeans.
“Dovresti deciderti” feci, laconico. L'elfa sospirò, avvicinandosi alla finestra mentre fumava l'ultimo tiro, per poi gettare il mozzicone.
“Ci sono cose che devi sapere” mormorò “cose che devo dirti... non posso continuare questo viaggio, né godere della tua compagnia, se non ti dico la verità”. Le costarono molto tali parole, ma ancor di più quelle che seguirono:
“E non posso continuare se tu prima non mi perdoni”.
Mi avvicinai a lei, ma cambiai idea e decisi di tornare a sedermi sul letto, osservandola mentre si appoggiava allo scrittoio.
“Perdonarti... cosa?” le chiesi, quasi in un sussurro.
L'elfa non rispose, per poi cercare di cambiare discorso:
“Perché hai voluto che ti seguissi, Rain?” domandò.
“Perché hai voluto seguirmi, Rhi?” le feci eco.
Rain, diamine, non stiamo giungendo a niente in questo modo.
Lo so, vacca Varda, lo so. Ma in qualche modo debbo pur tirarle fuori quello che vuole e non vuole dirmi.
“Che cosa hai potuto fare di così atroce?” le chiesi, addolcendomi di nuovo.
“No Rain, ho cambiato idea”.
“Eh no tesoro, ormai hai passato la linea del poter cambiare idea, non si torna più indietro” le risposi.
Rhi stette in silenzio, cercando forse di trovare le parole. Sospirò un'ennesima volta.
“Credi non sia capace di perdonarti? Dubito tu possa aver fatto qualcosa di così grave da non poterlo fare” dissi, cercando di spronarla a parlare.
“Se te lo dirò finirà tutto... tutto ciò” fece, allargando le braccia ad indicare ciò che la circondava “Si sputtanerà tutto e mi odierai con tutto te stesso”.
Cominciavo a notare una nota di disperazione nella sua voce, mentre cercava d'aggrapparsi a qualsiasi cosa pur di non raccontarmi di sé.
“Che cosa hai fatto? Ti sei scopata il resto dei miei antenati dopo Zèf ed io sono l'ultimo di una lista di maghi d'Aria sedotti? Posso anche convivere con una rivelazione del genere” affermai, cercando di sdrammatizzare.
“No, non è questo. Peggio”.
Sospirai, allargando le braccia in un gesto esasperato.
“E allora parla, perché non mi viene in mente nulla che possa esser peggio dell'immagine di te che ti scopi mio padre”. L'elfa fissò il pavimento, per poi incrociare il mio sguardo. Il terrore della confessione che doveva farmi si poteva leggere nei suoi occhi.
“Rain, facciamo sesso?” propose.
Ringhiai, per dopo implorarla:
“Parla”.
L'elfa sospirò un'ultima volta. E parlò.

Mi narrò degli anni successivi alla Guerra del Drago, quando decise di darsi al nichilismo più totale, all'annullamento di sé stessa e alla perdita di una qualunque dignità. Mi narrò di come si prostituì, di come più si faceva pagare più si disprezzava, fino al punto di esser ripugnata da sé stessa. Mi narrò di come, uscita dalle case dei suoi ricchi clienti bruciava o lanciava nei fossi i soldi che le avevano dato, per poi andare a cercare dell'ulteriore lavoro, di come si perdeva nei deserti dell'Harad di sua spontanea volontà, rischiando la morte ripetute volte. Mi narrò di come cominciò a farsi pagare come sicario, agli inizi delle persecuzioni, lavorando per lo più per le mafie e con la regola di non uccidere maghi o elfi. E mi narrò di come toccò il fondo.
“Era in quel periodo, durante uno dei lavori, che persi il braccio. Come dissi fui portata a Lasgalen, ma quello che narrai a te e Zaal successe dieci anni dopo. Quel mese con Legolas fu l'unica boccata d'aria che ebbi in tutti questi anni, fino ad incontrare te. Ma quello che successe quella volta...”.
Rhi si bloccò, cercando di calmare il respiro che s'era fatto affannoso in quest'ultima parte del racconto, contrastando con il tono piatto con cui mi aveva parlato fino a poco prima.
“Las aveva ancora degli alleati umani e uno di loro era ricoverato nello stesso ospedale di Lasgalen. Legolas m'impedì di ucciderlo e di portare a termine il lavoro, ma dopo successe ciò che mi fece toccare il fondo”. S'interruppe di nuovo per respirare, mentre nella mia mente cominciavano a formarsi le peggiori ipotesi.
“Non volevo essere più un'elfa, una donna, nulla... non volevo essere più viva, solo un'automa” mormorò.
“Rhi” tentai, “Cosa...”.
“Erano in tre” asserì, di nuovo piatta.
“Come?”.
“Tre uomini...”.
Ero immobile, inorridito da ciò che Rhi stava lasciando sottinteso. Capivo perché avesse tenuto dentro di sé tale sofferenza, ma ciò mi confondeva ancora di più sul perché avrei dovuto odiarla.
“Rhi...” cominciai, incrociando il suo sguardo, cercando di tranquillizzarla. Lei distolse i suoi occhi dai miei, per riprendere a parlare.
“Volevo restituire al resto del mondo il dolore che mi era stato inflitto, senza più limiti, senza più alcun ritegno, senza più regole. Volevo vedere Arda sprofondare nel caos, e sguazzarci dentro soddisfatta della mia malvagità. Cominciai a lavorare per le Milizie”.
Rimasi in silenzio, continuando ad osservare l'elfa. Sapevo che ancora non aveva terminato ed ora sì, temevo la rivelazione che poteva farmi.
La frase arrivò secca, senza inflessioni, come un colpo allo stomaco:
“Sono stata io ad uccidere il capo del partito socialdemocratico dell'Harad, nove anni fa”.
No.
Joder no.
“No...”.
Sentii tutti i muscoli del mio corpo irrigidirsi, quasi ebbi un capogiro nel sentire il sangue defluire dalla mia mente, che rimase completamente in bianco. Non potevo crederci, non volevo crederci. Eppure dovevo.
“È la verità?” le domandai, secco.
Dimmi di no, ti prego dimmi che non è andata così.
“Sì” mormorò lei.
Volevo gridare, volevo colpirla, volevo urlarle in faccia che uccidendo quell'uomo aveva tolto l'ultimo ostacolo che Nuova Gondor aveva per sterminare i maghi nell'Harad, permettendo al regime di instaurare un governo fantoccio favorevole alle sue leggi razziali. Volevo investirla con tutto il dolore causato da tale atto, che facendo cadere il governo permise la retata nei dodici locali dove si tenevano le riunioni dei maghi elementali, volevo picchiarla per ogni mago ucciso in quelle retate.
Non riuscii a fare nulla di tutto ciò.
“Sono morti... tutti... per causa tua. I genitori di Dan, di Blaine... i miei genitori... li hai uccisi tu” riuscii a mormorare.
E mi dissi basta.
Avevi ragione, Langrhibel. Pensavo mi sarebbe stato difficile odiarti, quasi impossibile. Ma mi sbagliavo.
Non ricordo se parlai ancora, probabilmente continuai a mormorare frasi sconnesse riguardo la morte del mio popolo, di come gli unici risparmiati fossero i bambini, i ragazzi ancora troppo giovani per partecipare alle riunioni, o la popolazione più anziana che da tempo aveva smesso di parteciparvi, di come rimanemmo in pochi e di come mi trovai ad essere la guida di un popolo decimato a soli diciassette anni.
Non riuscivo a pensare, nella mia mente c'era un semplice e totale biancore. I pensieri si susseguivano con velocità innaturale, senza che riuscissi a fermarli. Non provavo più nulla.
“Anche adesso, è tutto un gioco? Volevi portarci da Legolas per vedere come ci saremmo scannati a vicenda?” le chiesi.
“No... volevo... volevo redimermi. Espiare. Aiutarvi” rispose, senza nascondere le lacrime che le rigavano le guance dall'ultima rivelazione.
“Sei marcia dentro” conclusi, con la voce che mi moriva in gola. Non avevo neanche più rabbia da riversarle conto, o indignazione o pietà. Non riuscivo a provare nulla.
Senza rendermene conto avevo raccolto le mie cose e mi stavo dirigendo verso la porta.
“Rain... ti prego non andartene. Picchiami, insultami se vuoi, ma non andartene”.
Mi voltai a guardarla, accasciata sul pavimento e cercando disperatamente il perdono nei miei occhi.
“Non andartene, ti prego”.
Ma senza un gesto o una parola mi voltai, dopo quell'ultima occhiata, ed uscii dalla stanza, chiudendo la porta dietro di me.







(1)"Vai, siamo sotto il tavolo, abbiam bevuto troppo, tu te ne stai lì, piangendo come una bambina e ci sono tuo fratello e il vecchio che presto cominceranno a chiedersi che cazzo ci facciamo qui".





In caso non si fosse capito, la nota qua sopra è riferita alla frase di Rain completamente in spagnolo, per la vostra comprensione. Insomma, in diretta da Bologna e da casa della beta che si continua a ringraziare arriva anche quest'ultimo. Abbiamo incontrato finalmente Cris, visto i Porti e letto di ulteriori calci nei cosiddetti al povero Rain, che chissà come fa ancora a reggersi in piedi. Insomma, continuiamo a sperare che anche il prossimo arrivi presto. Perché arriverà, vero? Massì dai, che debbono rispuntare i due vostri elfi preferiti, anche se non assieme. Insomma, si spera a presto =)
  
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