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Autore: Colpa delle stelle    06/12/2014    5 recensioni
[Interattiva - posti al completo]
Il Signore Oscuro sta tornando. Agisce nell'ombra, si nasconde dal Mondo Magico e anche se nessuno lo vede e lui stesso non si presenta nelle sue solite vesti, la sua presenza è tangibile come una mannaia sul collo delle persone e nessuno riesce più a ignorarlo.
Quattro giovani coraggiosi si ritroveranno inevitabilmente attirati nel corso degli eventi e sarà il destino a decidere la riuscita o il fallimento della loro missione.
Ad Hogwarts, però, la vita scorre normalmente e per gli studenti che la frequentano rimane ancora la scuola di magia e stregoneria più sicura al mondo.
E voi, che ruolo avrete in questa storia?
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Capitolo 14

 

 

Al rientro dalle vacanze, i quattro si erano riuniti in Sala Grande e avevano organizzato un incontro per quella notte. Non era sicuro girare per i corridoi dopo quello che era successo alla professoressa Clavell, ma loro avevano un mistero per le mani e dovevano risolverlo. Ne andava della loro stessa vita.
Il rapido scambio di sguardi tra Amber e Dakota passò inosservato a tutti, tranne che a Blake. L'occhiata che gli rivolse Ebony era significativa, così come il numero che formò con le mani. Dodici.
Si sarebbero incontrati a mezzanotte. Nel corridoio della sala comune dei Grifondoro.

 

 

Blake si muoveva rapido per i corridoi, ma le sue scarpe non producevano il minimo rumore. Aveva l'agilità che raramente gli umani possedevano, ma il sangue di lupo mannaro gli scorreva nelle vene e in situazioni come quelle non rappresentava solo una maledizione.
Dakota lo seguiva, a piedi scalzi. Teneva le scarpe in mano, visto che mal sopportava le occhiatacce di Blake ogni volta che i tacchi si scontravano con il pavimento e, inevitabilmente, facevano rumore.
Amber era già lì che aspettava e Ebony li raggiunse pochi istanti dopo, con le guance rosse dall'adrenalina e dal timore di essere scoperta. Aveva fatto le scale di corsa, guardandosi indietro ad ogni passo, ma nessuno l'aveva seguita.
La Grifondoro guardò istintivamente Dakota e quando annuì, si fece avanti.
- Procediamo. - sussurrò, chinandosi sulle ginocchia e sfiorando con un dito la mattonella. Sapeva dove si trovava, aveva imparato a memoria la circonferenza di tutto il pavimento ed ora andava a colpo sicuro.
Spostò la mattonella e si fermò a fissare la figura, pensierosa.
- Cosa facciamo? - domandò, guardando Ebony.
Tutti la consideravano la più intelligente del gruppo, l'unica ad avere le risposte al mistero che stavano affrontando, ma fu Dakota a fare la prima mossa. Si inginocchiò accanto ad Amber e prese in mano il pezzo di mattonella, studiandolo da vicino.
- Premiamolo, pestiamolo, spostiamolo – esclamò, a voce smorzata. - Facciamo qualunque cosa, ma alla svelta. -
Blake le rivolse un'occhiata indecisa, poi pestò con forza il disegno del leone. Ebony sussultò, portandosi una mano al petto, e Amber lo guardò ad occhi aperti. L'insulto di Dakota era pronto sulle sue labbra, ma nel silenzio che seguì, si sentì il meccanismo di una serratura scattare. Si bloccarono all'istante e si guardarono intorno, ma nessun passaggio segreto si aprì, nessuna parete si mosse.
- Lo avete sentito anche voi? - domandò allora Ebony.
Gli occhi di Amber saettarono a destra e a sinistra e si bloccarono sul disegno.
- Guardate qui. - esclamò, forse a voce troppo alta, perché Ebony sussultò per la seconda volta. Dakota si sporse in avanti.

- Impulsività - lesse, piegando appena la testa. - È scritto qui. -
La figura era rientrata nel pavimento di qualche centimetro e sul bordo della mattonella più a nord, quella che fronteggiava i ragazzi, c'era incisa quella parola.
- Impulsività. - ripeté Ebony, portandosi una mano alla testa.
Blake scosse il capo.
- Questa storia ha della follia – commentò, grave. - Cosa dovremmo fare adesso? -
Il volto della Corvonero si illuminò.
- Il grifone è il simbolo dei Grifondoro, esatto? - domandò, ma il tono interrogativo tradiva la sicurezza del suo sguardo.
- Esatto. - sbuffò Dakota e allargò le braccia, invitandola ad arrivare al dunque.
- Magari quella mattonella ha aperto qualcosa nella sala comune dei Grifondoro. -
Tutti si voltarono verso Amber, che alzò le braccia.
- Ho gli allenamenti di Quidditch domani mattina, non posso controllare tutta la sala comune stanotte – si lamentò, ignorando la smorfia di compatimento di Dakota.
Ebony sospirò e Blake minimizzò la situazione con un gesto.
- Cercherai domani pomeriggio – la tranquillizzò. - Sei l'unica che può trovare qualcosa. Qualsiasi cosa sia. -
- E se davvero c'è qualcosa. - ribatté Dakota, a bassa voce, ma attenta a farsi sentire da tutti.
- C'è qualcosa – affermò Ebony, avanzando di un passo. - Ci deve essere. -
La Serpeverde fece spallucce e si risollevò, muovendo le gambe per sciogliere i muscoli.
- Pensatela come volete – disse, girandosi. - Basta che fate in modo di trovare veramente qualcosa. -
Si allontanò e il buio del corridoio la nascose presto alla vista degli altri.
Blake ed Ebony si guardarono e anche se non con la sfacciataggine che aveva usato Dakota, i loro occhi tradivano lo stesso identico dubbio.
- Lo troverò – disse però Amber, stringendo i pugni. - Troverò qualsiasi cosa nasconda Godric Grifondoro. -
 

 

Ross si stava annoiando.
In via del tutto eccezionale, aveva finito tutti i compiti che i professori avevano assegnato nel weekend e non aveva nemmeno gli allenamenti di Quidditch del sabato pomeriggio. L'indomani ci sarebbe stata la seconda partita del campionato scolastico, tra Corvonero e Serpeverde, e i capitani delle rispettive squadre avevano prenotato il campo da Quidditch per tutto il pomeriggio. Inoltre, sembrava che non ci fosse nessuna faccia amica in giro per i corridoi.
Aveva la testa nelle nuvole e fissava il soffitto, quando inciampò e finì a gambe all'aria. Successe talmente all'improvviso, che Ross sbatté le palpebre un paio di volte, prima di rendersi conto di essere a terra. Scosse la testa e si raddrizzò all'istante, spolverandosi i pantaloni.
- Funziona! - esclamò Nathan, sbucando da dietro una colonna.
Ross si grattò il capo e si guardò intorno.
- Cos'ha funzionato? - domandò, massaggiandosi il palmo della mano.
Era arrossato e tempestato di sassolini.
- Il mio filo invisibile. - rispose Nathan, accovacciandosi vicino al muro.
Mosse le mani avanti e indietro nell'aria, finché non trovò quello che cercava e lo afferrò.
- Eccolo qua. -
Non appena Ross vide quello che Nathan stringeva in mano, serrò la mascella.
- La mia nuova invenzione. - spiegò Nathan, continuando a sorridere. - Cadranno tutti ai miei piedi. Letteralmente. -
Mentre Nathan scoppiò a ridere, l'espressione di Ross si indurì ulteriormente, ma solo quando iniziò a scrocchiarsi le nocche, il Tassorosso se ne accorse e iniziò a
indietreggiare.

- Dovremmo presentarci, non trovi? - propose Nathan, imbarazzato. - Hai partecipato al mio esperimento senza saperlo e... -
- Non ti conviene dirmi il tuo nome. - commentò Ross, facendo un passo in avanti. - Potrei venire a cercarti. E non finirebbe bene. -
Il Tassorosso deglutì e raccolse alla meglio il suo filo invisibile dal pavimento.
- Grazie di essere inciampato, cioè... Volevo dire... Scusami per averti fatto inciampare. - balbettò Nathan, camminando velocemente. - Ci vediamo! -
Ross lo seguì con lo sguardo, finché non scomparve in un altro corridoio.
Quella non era di certo la giornata migliore della sua vita.

 

 

La torre di Astronomia era diventata una sorta di loro rifugio privato, di cui tutti ne conoscevano l'esistenza, ma proprio per questo nessuno ci passava mai. Era pur sempre un'aula scolastica e gli studenti non la frequentavano volentieri al di fuori dalle ore di lezione.
Per Blake invece, tutto era tranne che uno sforzo. Poter stare solo con Maybe, anche per pochi minuti al giorno, era una conquista, che lo metteva di buon umore per tutto il resto della giornata. Anche se nell'ultimo periodo, qualcosa era cambiato.
- Sedersi sui banchi è scomodo - si lamentò Maybe, sorridendogli. - Perché non
andiamo nella mia camera? Non ci disturberà nessuno. -

Lo prese per mano e se lo tirò dietro, ma Blake si fermò sulla soglia della porta.
- No. - sussurrò, senza accennare a volersi muovere.
Le sopracciglia di Maybe si aggrottarono.
- Non vuoi? - domandò, delusa.
- Non posso. - la corresse Blake, sospirando.
Sciolse le loro mani unite e prese a passeggiare per la stanza, mettendosi le mani nei capelli.
- Cos'hai Blake? - gli chiese allora Maybe, correndogli dietro.
Il Tassorosso sospirò di nuovo e si premurò di non guardarla.
- Non potrà mai funzionare tra di noi – gli confessò, preoccupato. - Non così. -
- Non approvi la segretezza, esatto? - esclamò Maybe, spalancando gli occhi. - Lo sapevo. Infondo sei un adolescente, a quell'età ogni relazione è una piccola conquista e io ti sto privando del piacere di potere mostrare al mondo i tuoi sentimenti... -
Blake la fermò subito, con un cenno della mano.
- Non è colpa tua. - la tranquillizzò, riprendendo a muoversi. - Sono io. È tutta colpa mia, sempre. -
- Non hai fatto niente, Blake. -
Maybe lo seguì, provando a guardarlo negli occhi, ma il Tassorosso sfuggiva al suo sguardo.
- Non sono abbastanza. - disse alla fine, infilando le mani in tasca.
La relazione con Maybe era la cosa più bella che gli potesse capitare, ma lui non avrebbe fatto altro che rovinarla. Era un sedicenne, era un lupo mannaro, e Maybe invece era adulta e matura. Non sarebbe mai stato abbastanza per lei.
Lo schiaffo lo colpì all'improvviso e gli fece voltare il viso dall'altra parte.
- Sei uno sciocco. - affermò Maybe.
Aveva gli occhi lucidi e le labbra che tremavano, ma la sua voce era comunque ferma e sicura, come mai era stata prima di allora.
- Ti amo per quello che sei. - disse ancora. - Ti amo perché sei tu. -
Blake si massaggiò la guancia, senza sapere cosa dire, e Maybe lo colse per la seconda volta di sorpresa, quando lo baciò. Le loro labbra erano perfette insieme, il Tassorosso se ne rese conto solo allora. Non aveva più paura di non essere abbastanza.

 

 

Gli studenti dalla divisa rossa e oro erano tutti a pranzo, nessuno si era attardato in sala comune, nessuno poteva vedere Amber.  Aveva buttato all'aria ogni singolo cuscino della stanza, aveva spostato i divani e i quadri e aveva bussato in ogni punto di tutti i muri, ma alla fine aveva dovuto arrendersi.
Si lasciò cadere sulla poltrona più vicina e sbuffò, mentre un ciuffo le ricadde sugli occhi.
Aveva controllato dappertutto, tranne... Il camino.
Amber balzò in piedi e spinse la testa nella cappa, scrutando ogni centimetro. Le bastò avvicinare il viso alla cenere e al resto del legno bruciato, per notare che la copertura in metallo che impediva alle fiamme di annerire il muro, si era staccata leggermente. 
Infilato in un angolo, Amber recuperò un pezzo di carta stropicciato e annerito. Lo spiegò per bene con le mani e lesse le poche parole che riusciva a intravedere tra il nero della fuliggine.
Il primo Basilisco noto fu allevato da Herpo lo Schifido.
Amber sollevò gli occhi e sorrise al nulla. Il basilisco era il simbolo della casa dei Serpeverde.

 

 

Thalia e Annelise erano sedute allo stesso tavolo dei Tre Manici di Scopa, nonostante non si fossero mai e poi mai parlate prima di allora. Si intravedevano a lezione, qualche volta al campo da Quidditch e di sfuggita nei corridoi, ma non era mai successo niente che potesse spingerle a guardarsi o anche solo a notare l'una la presenza dell'altra. Eppure quel giorno si trovavano lì, una di fronte all'altra, con accanto a loro i rispettivi fidanzati, che invece non sembravano trovare abbastanza tempo per dire tutto quello che avevano in mente.
- Sapevi che si conoscessero? - domandò ad un certo punto Thalia, smettendo di giocare con il bicchiere di Burrobirra che aveva davanti.
Annelise sollevò lo sguardo pensieroso dalle sue mani intrecciate e sorrise, scuotendo la testa.
- Lo trovo strano – continuò Thalia, cercando di intavolare una conversazione. - Non hanno molto in comune. -
- Giocano entrambi a Quidditch e sono compagni di casa – le fece notare Annelise. - Per di più, come dice il detto, gli opposti si attraggono. -
La Grifondoro annuì.
- Forse hai ragione. -
Rubò dal bicchiere un lungo sorso di Burrobirra e si pulì la bocca con il tovagliolo, prima di continuare a parlare.
- Noi invece abbiamo qualcosa in comune? - domandò, facendo il primo passo.
Era una Grifondoro e avrebbe tenuto alto il suo titolo, nonostante si trattasse di una semplice chiacchierata tra compagne di scuola.
- A parte quando mi hai colpito con un bolide alla testa, non penso. - scherzò Annelise, fingendo di massaggiarsi la testa. - Non mi sono ancora ripresa da allora. -
- Non esagerare! - esclamò la Grifondoro. - Una piccola botta, nulla di più. -
- Una botta che ha fatto vincere voi grifoni. - si intromise Louis. - Ricordo ancora quella partita. E ricordo quella dopo. -
- Solo perché voi Corvonero avete vinto la Coppa del Quidditch l'anno scorso... -
- Ancora. - la corresse Lorcan, sorridendo. - Anche l'anno prima. Per l'ennesima volta. Ovviamente. -
- Abbiamo capito. - lo fermò Thalia, con una smorfia.
- Non sarà più così quest'anno, dici? - la provocò Louis, incrociando le braccia al petto.
- Quest'anno vinceremo noi! - esclamarono Thalia e Annelise, in coro, la prima sbattendo una mano sul tavolo e la seconda schioccando le dita. Si guardarono subito dopo, ma piuttosto che lanciare la sfida, fecero spallucce.
- Abbiamo trovato cosa abbiamo in comune. - dedusse Thalia, finendo la sua Burrobirra.

 

 

Trovarsi nella Stanza delle Necessità fu un caso. La prima a pensare a quella stanza fu Amber. Era certa che poche persone la frequentassero e comunque era il luogo più adatto a loro, che in quel periodo sembravano non trovare alcuna risposta alle loro domande.
Quando entrò e riconobbe il salotto dei suoi genitori, si bloccò per un attimo, in silenzio, mentre gli altri tre le sfilavano ai lati.
Dakota, che aveva notato i suoi occhi lucidi, fece una smorfia.
- Non ti credevo così sentimentalista. - commentò, sollevando con due dita la coperta del divano.
Amber si riscosse, battendo le palpebre per asciugare gli occhi.
- Sono tornata a casa a Natale, ma non ho detto niente ai miei – raccontò, con un finto sorriso. - Volevo godermi la mia famiglia prima di morire in chissà quale missione pericolosa e potenzialmente suicida. -
Ebony le si avvicinò e le strinse una mano. Blake le diede una pacca solidale sulla spalla e persino Dakota sembrò non trovare qualcosa da dire. Tutti loro avevano una famiglia, una persona importante a cui tenevano, ed erano dei ragazzi. Sembrava troppo presto per parlare di morte.
- Si certo, ci vogliamo tanto bene e siete tanto pucci pucci, ma ora vuoi dirci cos'hai trovato, Amber? - sbuffò Dakota.
La Grifondoro le sorride, sarcastica.
- Ti piacerà tanto. - affermò, frugandosi in tasca alla ricerca del biglietto.
Quando lo trovò, lo aprì, spiegandolo bene, e lo passò a Dakota prima di tutti gli altri.
Alla Serpeverde bastarono pochi secondi per capire che era arrivato il suo momento di agire.
- Ora tocca a te. - confermò Amber, quando Dakota smise di leggere e la guardò negli occhi.
- Ti suggerisco di cercare nel bagno del secondo piano. -

 

 

Era da un po' di tempo che Zoey e Yulia non passavano del tempo insieme, solo loro due. Erano migliori amiche, ma per quanto ci provassero, complice il brutto periodo appena passato, sembravano non trovare del tempo libero da dedicarsi. Sedevano allo stesso banco durante le lezioni e mangiavano vicine in sala grande, ma non c'era mai stata occasione di parlare davvero. Ora che potevano, che erano sedute su una coperta in riva al Lago Nero, senza nessuno intorno, non sapevano cosa dire.
- Ho voglia di parlare, ma di cose belle. - esordì Yulia, sdraiandosi a pancia in giù. - Solo che non ho cose belle da dire e di conseguenza non so cosa dire. -
Zoey sbuffò, ma non accennò a voler aprire gli occhi.
- Ti capisco. - disse solo, concentrandosi sul flebile tepore che il sole invernale concedeva.
Era quello il bello della loro amicizia, era quello che la rendeva così vera. Per loro due non era necessario parlare, non dovevano riempire con frasi senza senso silenzi che per altre persone sarebbero stati imbarazzanti. Il silenzio era il secondo loro migliore amico.
 


Angolo d'autrice:
Buongirono! Pubblico da scuola quest'oggi, per non saltare l'aggiornamento, e per questo non ho molto tempo da dedicarvi, l'intervallo sta per finire. Ringrazio comunque tutti quelli che recensiscono e che leggono, grazie grazie!
Alla prossima,
Colap delle stelle

   
 
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