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Autore: Luce_Della_Sera    06/12/2014    2 recensioni
Viviana è una adolescente, e come tale vive tutti i problemi della sua età; per questo vorrebbe tanto essere al posto di sua sorella minore, che è ancora nello spensierato periodo dell’infanzia.
Veronica è una bambina, ma non le piace esserlo: vorrebbe essere grande e avere più libertà, proprio come sua sorella maggiore.
Entrambe, quindi, pensano che l’altra sia più fortunata … così, la notte di Natale esprimono questo desiderio: “Quanto vorrei essere lei!”.
E da quel momento, tutto cambia.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2: la punizione

“Cosa farai a Natale?” chiese Carola, accendendosi la sigaretta.
“Mah”, fece Viviana, giocherellando con uno dei suoi riccioli tinti di nero e nel contempo aspirando una boccata di fumo. “Credo che mi toccherà la solita, noiosa visita ai nonni materni … i miei cugini sono tutti piccoli, e gli adulti mi trattano come una ragazzina, quindi non avrò praticamente nessuno della mia età con cui parlare, come sempre!
In questo periodo dell’anno invidio parecchio mia sorella, sai? Il Natale è proprio la festa dei bambini. Pensa che giusto ieri mi aveva detto che alcuni suoi compagni di classe l’hanno presa in giro perché crede ancora a Babbo Natale. Che gran problema! Le avessi io, le sue preoccupazioni!”.
“Perché, scusa, tu che preoccupazioni hai? Il ciclo poi la scorsa settimana ti è venuto,no?”.
“Sì, sì … e per fortuna, altrimenti chi li sentiva i miei? Già mi rompono abbastanza le scatole! In ogni caso, a parte loro sono un po’ preoccupata per Andrea. Lo vedo cambiato!”.
“Beh, forse deve ancora riprendersi dallo spavento. Ha creduto di dover diventare padre a soli sedici anni!”.
“No, non credo sia questo. E’ come se … come se mi nascondesse qualcosa! Certo, è gentile, spiritoso e dolce ancora più di prima, ma non so … c’è qualcosa che non mi quadra!”.
“Ma no, ti sarai sbagliata … non è tipo da nascondere le cose. Io lo conosco da quando è piccolo e quindi lo so, fidati!”.
“D’accordo…ma se saltasse fuori che effettivamente ho ragione, tu me lo diresti, vero?”.
Carola deglutì, e si affrettò a guardare l’amica negli occhi: sapeva bene che quel gesto era considerato da molti un sintomo di sincerità.
Si stava giusto domandando se doveva aggiungere qualcosa, tanto per convincere l’amica che era tutto a posto, ma prima che potesse anche solo aprir bocca, una voce adirata disse:
“Ehi, voi due! Cosa state combinando? Fumate in bagno? Di nuovo?”.
Le due ragazze, sobbalzando in modo colpevole, si girarono: davanti a loro c’era Antonella, una dei bidelli della scuola. Era una signora sulla quarantina, con capelli castani tagliati cortissimi e piuttosto in carne.
“Sì. E allora?” fece Viviana, con un’alzata di spalle.
“Come sarebbe a dire, piccola impudente? Non conosci le regole della scuola, forse?”
“Mah, chissà, mi pareva di sì…ma forse ho bisogno di una ripassata. Cosa dicono le regole riguardo ai bidelli impiccioni?”.
“Ma sentila, che lingua lunga!”.
“Sarà. Però non le hai risposto!” si intromise Carola, continuando a fumare con aria di sfida.
“Ah, è così che la mettete? Benissimo. Allora parlerò con l’insegnante che avete ora in classe, e poi deciderà lui o lei cosa fare”.
“Guarda che adesso non c’è nessuno”, la informò Viviana. “Abbiamo un’ora buca. Ci stavamo rilassando, prima che arrivassi tu a rompere le palle”.
“D’accordo,mi arrendo: non importa! Me ne vado. Avete vinto voi … di nuovo!”. Detto questo, Antonella si allontanò; appena ebbe girato l’angolo, le due studentesse iniziarono a ridere a crepapelle.
“Ma l’hai vista, la cicciona, come pensava di farci paura?” chiese Carola, dopo essersi ripresa.
“Già … fa sempre la minacciosa, e poi basta qualche parolaccia per fermarla! Ma parliamo d’altro: hai studiato letteratura italiana? La prof dopo interroga!”.
Così, tra una chiacchiera e l’altra, trascorsero circa dieci minuti: dopodiché, le sedicenni si avviarono verso la loro aula.
Fu Viviana ad aprire la porta dell’aula: si aspettava di trovare la confusione che aveva lasciato qualche tempo prima per recarsi alla toilette, e si stupì parecchio vedendo li tutti ordinatamente seduti ai propri banchi! Cercò quindi la causa del loro strano comportamento, ma fu proprio questa a venirle incontro.
“Buon giorno, ragazze!” esordì infatti il preside, seduto alla cattedra.
“Una bidella poco fa è venuta da me riferendomi di aver avuto una chiacchierata piuttosto singolare con voi, in bagno … perché non venite con me nel mio ufficio, così ne parliamo bene? Mi interesserebbe sapere come mai fumavate in un luogo pubblico, visto che sapete che non si può fare e che oltretutto non potete allontanarvi dalla classe se il docente non c’è”.
Viviana si sentì gelare il sangue: rispondere a tono era inutile, avrebbe solo peggiorato la situazione. Chissà, magari se avesse fatto la brava e si fosse mostrata abbastanza pentita, il dirigente scolastico non avrebbe chiamato i suoi genitori; l’ultima cosa che voleva era che loro venissero a sapere che fumava, dopo tutti gli stratagemmi che aveva dovuto inventare per non farsi scoprire!
“Maledetta palla di lardo”, disse a mezza bocca, riferendosi alla donna che l’aveva messa in mezzo a quel guaio.
“Come, scusa?” le fece il capo dell’istituto, che nel frattempo si era avvicinato a lei e alla sua amica fino a posizionarsi di fronte a loro, che invece erano praticamente ancora sulla porta della stanza.
“No, niente. Non ho detto niente”.
“Ah, ecco, mi sembrava! Ora, signorine, se volete seguirmi …”


“Viviana, te lo chiedo di nuovo: perché?”.
“Uffa, mamma, che noia! Ti ho già dato la mia spiegazione. Non mi pare di aver fatto chissà che di grave!”.
“Fumare tu me lo chiami niente di grave? Viviana, fa male!”.
“Ma lo fanno tutti! Anche tu lo facevi, da giovane, e non mi pare proprio che sei morta, per fortuna!”.
“Tesoro, qui si sta parlando di te, non di me. Se io ho fatto delle cretinate, da ragazza, non vuol dire che debba farle anche tu!”.
“D’accordo, d’accordo, smetterò. Tanto, sono in grado di smettere quando voglio!”.
“Non è così facile, Vivi. Il tabacco è una droga, è quasi impossibile smettere da un giorno all’altro!”.
“Beh, allora poco male: vuol dire che continuerò”.
“Non credo proprio … anche perché da adesso in poi i soldi io non te li do più”.
“Cosa? Ma mi servono! Non posso andare in giro senza un soldo, che figura farei?” domandò la ragazza, scoraggiata. Ma poi si riprese, e lanciò un’occhiata di sufficienza a sua madre. 
“Li chiederò a papà: lui si che mi capisce”.
“Non credo sia disposto a darti retta: l’ho informato, ed è di gran lunga più arrabbiato di me per questa faccenda. Quando tonerà dal lavoro ti darà una di quelle sgridate che non dimenticherai tanto facilmente! Così forse imparerai ad avere più cura del tuo corpo e a moderare il linguaggio quando parli con le persone più grandi di te, specie a scuola”.
“Ah, ho capito: vi siete già consultati. Quindi è già tutto deciso, no? Tanto vale che mi dici sin da ora cos’altro mi aspetta!”.
“Semplice: ora fili in camera tua ad anticiparti con i compiti per le vacanze di Natale, e non uscirai con nessuno finché io e papà non lo riterremo opportuno. Sono stata chiara?”.
“Ma mamma, non è giusto! Devo vedermi con Andrea, più tardi!”
“E dov’è il problema? Gli telefoni e disdici tutto!”.
“Tu non capisci: ultimamente lo vedo strano, devo riuscire a capire cosa c’è che non va, ammesso che io non mi stia immaginando tutto!”
“Avrai tempo per appurarlo, non temere”.
“Ma se io non esco per tanto tempo, si troverà un’altra e mi lascerà!”.
“Ma smettila … mica stanno tutte dietro a lui! E chi è, Mister Universo?”.
“Proprio non vedevi l’ora di punirmi in questo modo, eh? Non lo hai mai sopportato, questa è la verità!”.
“Non essere ridicola, non è affatto vero. E comunque, ti ricordo che se tu ti fossi comportata bene non sarei arrivata a questo punto! Se non puoi uscire con il tuo ragazzo fino a nuovo ordine, la colpa è solo tua!”.
“No, invece, la colpa è tua. Le madri delle mie amiche non sono come te, le lasciano libere di fare quello che vogliono … solo io ho la sfortuna di avere una mamma che non mi capisce e fa di tutto per ostacolarmi!”.
Appena ebbe pronunciate queste parole, la ragazza si ritirò in camera sua, sbattendo violentemente la porta.


“Davvero non ti importa se non ci vediamo?”.
“Riguardo ad oggi no, amore, te l’ho già detto … anzi, in realtà se non l’avessi fatto tu a breve ti avrei chiamata io per disdire. Come sai, ho un po’ di raffreddore, e visto che ormai manca poco al Natale mia madre non vuole che io esca spesso, perché teme che mi ammali. La conosci, è fissata con la salute!”
“Non me ne parlare. Più ci ripenso e più mi stupisco di come mia madre abbia potuto …”
Viviana si bloccò, sentendo un rumore provenire dalla porta. Qualcuno stava bussando! Che fosse già tornato suo padre?
“Andrea, devo andare. Ti richiamo, ok?”.
“D’accordo. Ti amo!”.
“Ti amo anche io”.
L’adolescente spinse il tasto rosso del suo cellulare, e andò ad aprire la porta: davanti a lei, anziché il suo genitore, c’era una bambina con i suoi stessi occhi azzurri.
“Ciao Vivi!” esclamò Veronica. “Come va?”.
“Non molto bene. Non hai sentito le urla?”.
“Sì, sì. Ma non potevo uscire dalla mia stanza, perché mamma mi ha messa in punizione: ho preso insufficiente all’interrogazione di geografia! Sono venuta qui con la scusa di andare in bagno”.
“Aspetta. Quindi, per oggi sei in punizione anche tu?”.
Sì. Mi ha proibito di guardare i cartoni e di leggere, uffa! E’ cattiva! I bambini devono anche giocare, non solo studiare!”.
“Hai ragione. Ma per un po’ puoi anche resistere, no? Non è così importante, in fondo. La tv e i libri non scappano! Quando le sarà passata l’arrabbiatura, potrai riprendere a fare tutto normalmente. Non mi sembra questa gran tragedia!”. 
“Ma i cartoni e i libri sono le uniche mie fonti di svago!” esclamò la bambina, quasi in lacrime. “Io non posso uscire quando mi pare, come fai tu!”.
“Beh, ti sbagli, adesso non posso uscire neanche io. E comunque, credimi, tu sei molto più fortunata di me, da bambini si hanno molti meno problemi …”.
“Non ti credo, non è vero!”
“Oh, sì, invece. Guarda che …”
“Non voglio ascoltarti, tanto mi dirai solo bugie! Tu non mi credi, lo so, ma anche per me la vita è complicata!”.
“Sì, certo. In effetti, prendere un’insufficienza in terza elementare e per di più in una materia che di solito si smette di studiare in secondo superiore deve essere davvero una gran trage … Veronica, dove vai?”.
La bambina, senza nemmeno ascoltarla, si era già avviata lungo il piccolo corridoio che collegava la stanza della sorella alla sua: dopo essersi voltata e aver mostrato alla più grande il visino rigato di lacrime, scomparve oltre la porta.
“Certo che è proprio strana, a volte”, si disse Viviana, mentre  a sua volta richiudeva la porta della sua camera. “Cosa ci sarà mai di tanto orribile nella vita di una ragazzina di otto anni? Oggi l’hanno fatta anche uscire prima dalla scuola, e questo è solo il terzultimo giorno prima delle vacanze natalizie: magari le avessi io, queste fortune! Almeno lei è una bambina, e tutti la trattano come tale; io invece non lo sono più da un bel po’, e invece tutti si ostinano a non considerarmi adulta, o almeno non per le cose davvero serie. Mi trattano da grande solo quando fa loro comodo, e per il resto mi dicono che sono troppo giovane per capire! Quanto è complicato avere sedici anni: durante l’infanzia si sta decisamente molto meglio!”.

  
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