Yami:
Questo
capitolo è, in particolare, incentrato su Crystal.
Da
un primo impatto, non si direbbe, ma tutto,nel corso
della storia, ha sempre gravitato attorno a lui, Sivade compreso XD
Qui
si avvia quello che potremmo definire lo “sblocco
totale” della storia.
Non
aggiungo altro, augurandovi con tutto i cuore…
BUONA
LETTURA.
Capitolo 17: “Birdcage”
Il tempio li aveva accolti, come sempre.
Quella non era casa sua, piuttosto un rifugio dove trovare calma e riparo:
forse un luogo di pace, in cui Crystal aveva avuto la fortuna
di essere stato ammesso, o forse, più semplicemente, il luogo dove riposava
colui che aveva considerato…l’ultima persona più importante della sua
esistenza.
Osservò il portone chiudersi alle loro spalle, rosso e
brillante come sempre:
enorme, imponente, rassicurante in un certo qual senso.
Spostò lo sguardo alle bandiere, anch’esse rosse, che svolazzavano
fissate al loro palo. Si ritrovò a sospirare senza saperne il motivo, lo
sguardo che si spostò ora su un vecchio bonzo, completamente pelato e fasciato
nella propria tunica rossa, che li salutò con cortese inchino augurando una
buona permanenza.
Ne notò altri molto giovani coltivare il maestoso giardino sempre ben
curato, altri che si prodigavano a pulire terra.
«Siete giunti in ore di pulizia» spiegò tranquillo Ren, salutandoli a sua
volta con un inchino appena accennato, il fratellino Soo nascosto dietro di
lui:
un bambino che aveva circa la stessa età di San, con la
particolarità di assomigliare in tutto e per tutto al fratello, soltanto una
ventina d’anni prima.
«Perdona il disturbo insistente…» si scusò prontamente Crystal, parlando
per tutti «…ma non sapevo in che altro luogo sicuro
condurli…».
«Siete sempre i benvenuti» lo interruppe il giovane bonzo, sorridendo
gentile a tutti: da Sivade a Goito, da San a Tom.
Lo sguardo si fermò, in particolare, su quest’ultimo abbozzando un sorriso
divertito rimembrando l’ultimo loro incontro.
Goito seguì quello sguardo, apparentemente interessata: « Pure i bonzi…?»
chiese al rasta, trattenendo un sorrisetto sadico.
«Modestia a parte…» iniziò quello sorridendo «sono una calamita umana!»
s’inchinò goffamente, dimostrandosi, se non buffo, maldestro.
«Modestia a parte…» lo riprese Ren tranquillamente «…sei uno scherzo di
madre natura…».
Il biondo, a quelle parole, mise il broncio.
Ren lo prendeva sul serio, dopotutto.
« Modestie a parte…» s’intromise Goito «…l’ho
sempre saputo…».
Tom si portò entrambe le mani ai fianchi, la maglia extra-large
che si piegò in mille grinze. Una donnaccia irritante, quella Goito-cortigiana:
«cos’è che avresti sempre saputo…?».
Fu allora che Crystal scosse il capo, le mani ancora in tasca, esasperato:
«basta flirtare, voi due…».
Tom allora si bloccò di scatto, la bocca aperta, suscitando le risa
innocenti di Soo.
« Allora è vero che si amano!» esclamò felice San, battendo le mani.
L’entusiasmo le si dipinse chiaramente sul volto,
mentre saltellava dalla gioia.
Sivade rise a quella situazione, precedendo tutti quanti nell’entrare.
Goito fu impassibile: « Che sei uno sfigato.» lo informò tranquilla, sorridendo nervosamente a San.
«Sono imbarazzatii!!» esclamò Soo strattonando la
tunica rossa del fratello, il viso arrossato per l’emozione di tale scoperta
«Zio Tom si sposa!».
Tom scattò a guardarlo terrorizzato: « Va de retro Satana! ».
Goito lo prese a braccetto, suadente:« Ma dai
amore, non possiamo tenerlo nascosto a lungo…» disse con espressione vaga.
Quello si ritrovò a rabbrividire con violenza. Alzò gli occhi verso Ren
implorando pietà: «…esorcizzala!» lo strattonò per la tunica
disperato «non puoi condannarmi ad un matrimonio!» urlò scrollandolo con
forza sempre maggiore.
Crystal che osservava la scena con una mano ai capelli, prima di rivolgere
gli occhi al cielo: «…tu…se esisti…curalo…» sussurrò.
Esilarata, Goito prese a baciare il collo di Tom accarezzandogli un braccio: « Mio sposinooo…!»
gli sussurrò all’orecchio rocamente, trattenendo le risate.
«All’inferno forse!» rispose con voce soffocata, rabbrividendo leggermente,
una mano al cappello per abbassarselo sul viso; Soo che batteva le mani a sua
volta iniziando a dare disposizioni al fratello per il matrimonio imminente:
«Rose rosse! E bianche! Così sono in tinta con le
mura! Il tappeto già l’abbiamo, non serve!».
Crystal si voltò ad osservare Sivade, esasperato.
Questi guardò divertito Goito, che ricambiò lo sguardo staccandosi da Tom,
scompigliando i capelli al piccolo bonzo.
« Non ci sarà matrimonio, io non posso legarmi a nessuno, mi dispiace…» tornò a guardare il rasta, divertita: « Ah…e mi
devi 2 pezzi di rame per i due marchi che hai…lì!» precisò, due segni rossi che
andavano comparendo sul collo del biondo.
«Te li tiro dietro. Due cocci in testa» rispose semplicemente Tom,
riacquistando la sua voce normale, mentre Soo fissava Goito con due occhioni
enormi, suscitando la perplessità del fratello Ren.
A quel punto Crystal si dissolse nel nulla, senza aprir bocca.
Sivade fece un musetto contrariato a quella scomparsa, San che afferrava
Tom per un braccio: «…Non ti rende felice…? Non ti…capisce…?» chiese con i lacrimoni agli occhi: « Non ti piacciono i suoi balconi?».
Tom abbassò lo sguardo sulla bimba, aggrappata letteralmente al suo braccio
abbronzato: «mai vista casa sua…» rispose evasivo ed ambiguo, un sorrisetto che
andò a stamparsi immediatamente sulle sue labbra.
Soo, nel frattempo, sotto lo sguardo attento di Ren, andò
a prendere una mano alla rossa, il viso che esprimeva solo preoccupazione:
«…dimmi…a me puoi dire la verità…» sussurrò imitando il fratello «per caso…non
è bravo…a far scricchiolare il letto…?».
Ren rimase completamente senza parole per tale linguaggio utilizzato dal
piccolo.
Sivade non ne potè più, defilandosi da quella
situazione, mentre Goito cercava di venire a capo di quel discorso.
Si chinò davanti a Soo, l’espressione cupa: « …è meglio una scimmia…»
rispose con un’espressione mortalmente seria sul volto.
Il piccolo guardò sconvolto “lo zio”, portando una mano a coprire la bocca:
« Ma a me sembrava abbastanza rumoroso…» disse perplesso, il rasta che si voltò
dalla parte opposta sospirando.
Goito sorrise con gentilezza pacata a quel commento, soffocando una risata:
«Quando russa…sì….»
Tom a quel commento, quasi a rallenty, si voltò a fissare Goito, con occhi
perplessi, terrorizzati e scocciati al contempo, (oltre che compiaciuti):
«Mi spiaaaaaaaaa!» esclamò, ormai preda della
Goito-fobia.
A quanto sembrava, rifletté la ragazza, tutti si erano
dimenticati che in realtà lei non era…umana. Non lo sarebbe mai stata,
indi per cui era piuttosto stupido pensare che potesse
unirsi ad un ragazzo. Guardò Soo priva d’ogni espressione sul
volto, poi si rialzò, avvicinandosi nuovamente a Tom:
« Non ti preoccupare…ti ucciderò semmai, non ti sposerò. » spiegò con
calma, sorridendo malevola.
Ren scosse il capo, lo sguardo posato alla schiena della rossa, imitato da
Soo che già conosceva il commento di Ren. Di certo non l’avrebbe risparmiata:
« di tali parole, un giorno te ne pentirai…» disse solenne, mentre il viso
di Tom sembrava riprendere il suo colore naturale.
«…Attenderò con impazienza la fine del mio tempo…» ridacchiò il rasta,
avviandosi verso una delle stanze che sapeva essere adibite per gli ospiti: « e
stanne certa, non te lo impedirò. Mantengo le promesse…».
Goito lo guardò con assoluta calma, prima di retrocedere di qualche passo
dal tempio, le mani dietro la schiena. Si sentiva leggermente confusa...
Perché lui avrebbe accettato…di essere ucciso?
« Vabbè.» disse scrollando le spalle, per poi
andarsene senza congedarsi.
Tom la salutò con un gesto disinteressato della mano, prossimo ad aprire la
porta della sua stanza temporanea mentre Ren si metteva allo stesso livello di
Soo, afferrandolo per le spalle: «…i letti che scricchiolano…??» chiese, in
cerca di spiegazioni.
Un giovane dai capelli color dell’ebano fissava una liscia e ben curata
pietra posta al centro di un piccolo giardino, recintato da una ringhiera
d’acciaio dalle volute gotiche. Era una lapide bianca, i cui caratteri incisi
con calligrafia fine e precisa spiccavano in maniera molto chiara agli occhi di
chiunque.
E Crystal, inginocchiato davanti ad essa, altro
non faceva che fissarla in un silenzio colmo di tristezza e rimpianti. I
ricordi liberi di vagare.
Accarezzò la pietra con gesto lento e carico di significato, conscio della
presenza di un certo qual principe nascosto a spiarlo da qualche parte.
Sivade non doveva essere più distante di qualche metro.
In effetti, sedeva con la schiena al muretto che attorniava il giardino,
perso a guardare davanti a sé. Teneva una mano sul collo, coprendosi qualcosa
in particolare. Aveva seguito Crystal solo perché non sapeva dove altro andare.
Non c’era desiderio di spiarlo, per questo si era
tenuto a debita distanza.
Sinceramente, il mago non riusciva ancora a capire se il moro in certe cose
scherzasse o meno. Lo sguardo corrucciato, il giovane
riprese due momenti in particolare di quella lunga giornata. Sospirò, posando
la testa ad un ginocchio.
Dimenticare sembrava l’unica via d’uscita, per non lambiccarsi in eterno.
Da parte sua, Crystal non dava segno di averlo notato, troppo perso a
fissare quella tomba, immerso dai sensi di colpa che non era ancora in grado di
sopprimere. Era stata una perdita troppo rapida e dolorosa, una perdita che
pensava essere superficiale, poco importante, se paragonata a quelle da lui
assistite in passato. Ma sbagliava.
Ormai non poteva più fare a meno di tornare a far visita a quel luogo.
Si portò una mano al petto stringendo un anello di platino, legato ad una
catenella d’oro. In un gesto quasi automatico.
Il vento si alzò attorno a lui, accarezzandogli il volto, per poi sfiorare
la pelle ambrata di Sivade. Quest’ultimo tornò a guardare il cielo, alla
ricerca di un brandello di sicurezza. Ma quel cielo
oscurato da nuvole nere non lo confortò affatto. Sembrò piuttosto schernirlo.
Nervoso, il ragazzo si alzò in piedi, spolverandosi i pantaloni.
Era inutile pensare a cosa provava chi o per quale motivo.
Dopo un attimo d’esitazione, scavalcò il muretto, affiancandosi al vampiro
nel più completo silenzio, le mani in tasca:
« Chi…?» chiese solamente, gli occhi fissi a quell’epitaffio disadorno.
Crystal rigirò l’anello fra le dita, chiudendo gli occhi ch’erano
momentaneamente un ombra del suo colore naturale: «…non sei in grado di leggere
il nome…?» domandò soltanto riaprendoli su di lui.
Sivade ricambiò tranquillo quello sguardo, senza mostrare un benché minimo
sentimento: « Sto chiedendo chi era per te, non qual’era il suo nome.» riposò
lo sguardo alla lapide: «…è una cosa ben diversa…».
«Un caro amico…» gli rispose soltanto a voce bassa e sottile, la mano che
tornava a nascondere sotto la propria maglietta la collana d’oro giallo.
Un grosso sospiro che non gli riuscì di
trattenere.
Sivade si chinò a terra, un braccio posato al ginocchio rialzato, l’altra
mano posata a terra per sostenersi: « …molto piacere signor Hiro.» salutò con un sorriso.
«Non gli è mai piaciuto essere chiamato Signore…» aggiunse con vago
disinteresse il vampiro che si rimise in piedi frustrato.
Quello che lui ed Hiro avevano passato insieme era
stato un bel periodo, ricco di emozioni e gioie, un passato che però sapeva di
doversi lasciare alle spalle come molte altre cose. D’altronde,
non era cosa facile per un essere come lui, la cui memoria era dieci volte
maggiore della funzione mnemonica umana. Assottigliò gli occhi.
Sivade portò le mani unite in un segno di scusa rivolto
più a Crystal che alla pietra davanti a loro. Cercò di carpire qualcosa dal
compagno, ma non gli era ben chiaro se la sua presenza gli fosse gradita o
meno.
Ultimamente, si trovava spesso a riflettere su quello che pensava l’altro.
«…ok, giovine va
meglio?» propose quasi sospirando.
« Hiro è più che sufficiente » spiegò con pacatezza, nascondendo le mani
nelle tasche dei jeans.
Non gli piaceva parlare di sé stesso e delle relazioni avute in passato,
tanto meno con Sivade di cui, evidentemente, non conosceva proprio nulla se non
il suo profumo. Una fragranza che avrebbe riconosciuto fra
mille.
Quindi, perché smascherarsi davanti ad un ragazzo che non
era intenzionato ad “aprirsi”?. Alzò un
sopracciglio, posando ancora una volta lo sguardo sulla lapide, come alla
ricerca di un consiglio che sapeva non avrebbe mai ricevuto.
Respirò a fondo.
« Sembri un mantice quando respiri.» fece notare
l’altro con aria assente, giocando con le mani. Tra le dita iniziarono a delinearsi prima semplici fili d’argento, poi un vasetto di
ceramica blu cobalto, con alcuni steli d’incenso all’interno. Una volta
creatisi del tutto, Sivade li posò alla base della tomba, mentre un fuoco
invisibile accese i bastoncini e lui si metteva in ginocchio, chiudendo gli
occhi in gesto d’offerta.
Crystal si ritrovò a fissare quei semplici gesti del giovane con occhi
vuoti:
semplici accortezze che, per un qualche remoto motivo, lo fecero
irritare.
Perché mai doveva interessarsi del suo passato?
Perché doveva intromettersi?
Perché mostrarsi caritatevole e straripante di pietà?
Un atteggiamento che, per di più, lo innervosiva a solo sentirne il nome.
Il suo volto, a quel punto, divenne una maschera di spietata freddezza.
Ciò era incomprensibile.
« Non dovresti farti vedere con quella faccia, fai leggermente paura.» fece notare Sivade,
interrompendo quel riflusso di pensieri.
Il mago l’aveva osservato in silenzio, senza sapere bene come…intervenire.
Alla fine, aveva optato per quell'affermazione,
pur consapevole che rischiava d’irritarlo ancora di più.
Era quella la relazione che aveva creato con Crystal: un via vai di giochi di parole e frasi provocatorie. Doveva
ammettere, tuttavia, che l’aveva fatto solo per
evitare di rivelargli…quanto poco sincero era.
L’altro finse di non sentirlo, voltandosi ed abbandonandolo davanti a
quella tomba con passo rapido e deciso, le mani in tasca e sguardo basso.
«Dove vai?».
Anche questa volta Crystal non rispose, scavalcando la
ringhiera lucidata regolarmente dai bonzi che permanevano in quel tempio.
Aveva bisogno di schiarirsi le idee, e per questo abbisognava di calma e
solitudine:
cosa che Sivade non sembrava volergli dare.
Era confuso, nervoso, seccato, irritato e sentiva la necessità di chiarire
alcune cose partendo, innanzitutto, da quella che considerava casa sua.
Una persona lo stava ancora attendendo.
Sparì con un soffio di vento.
«…secondo te ritorna?» chiese il mago alla tomba,
sistemandovi sopra alla lastra di marmo anche due gigli bianchi, finendo la sua
offerta.
Sorrise, un po’ per abitudine, un po’ perché non sapeva che altro fare.
«…magari no…» si rispose, mettendosi a gambe incrociate, un violino che
apparve d’incanto sulla sua spalla, pronto per essere suonato.
Quello strumento l’aveva sin da quando era bambino, e spesso si divertiva
nelle fredde sere d’inverno ad allettare i suoi commilitoni con motivi allegri
e spensierati. Ma quei momenti sembravano essere
cessati da molto, molto tempo.
Posando i crini di cavallo alle morbide corde del violino, Sivade non parve
rendersi conto dell’abisso tra la musica del passato e quella che ora stava
suonando:
Lenta, struggente, appena accennata.
L’archetto che si muoveva con grazia, seguendo i giusti accordi.
Sparì il sorriso dai suoi occhi, mentre la memoria tornava alla persona che
se n’era appena andata.
D’altra parte, una terza persona che meglio conosceva Crystal, aveva
osservato la scena da lontano, con occhio critico e sagace.
Allo svanire di quell’ombra pallida, amante della notte, s’era avvicinato
lentamente al giovane seduto a terra, osservando a sua volta la lapide, posta
all’esatto centro di quel tempio adibito per accogliere quella che ormai
sembrava essere divenuta una salma. Un tempio che Crystal
aveva chiesto di edificare appositamente. Posò i suoi occhi turchesi sul
ragazzo che stava suonando una melodia
malinconica, senza aprir bocca.
Gli occhi chiusi, Sivade non sembrava aver notato l’avvicinarsi di Ren,
troppo intento a suonare.
Ogni volta che chiamava a sé quello strumento,
sapeva di non esibire più la sua maschera da soldato. Era solo Sivade. Una persona che sapeva viaggiare sulle note di quel violino con una
maestria regale. Senza bugie. Senza inganni.
« Questo lato di sé lascia trapelare una certa…tendenza… al vero essere che
lei cerca costantemente di nascondere » iniziò vago il bonzo, andando a
sistemare l’incenso ai lati della lapide, prima di aggiungervi un piccolo
lumino acceso grazie a dei fiammiferi. Lo sguardo di Sivade
ora posato su di lui.
« Mi è stato riferito dalla vostra, così chiamata, “emanazione” » sospirò «
termine alquanto inclemente, a mio parere ».
Fece un breve inchino alla lapide.
Sivade l’osservò con distacco, cercando di non smettere di suonare, pur
preso alla sprovvista: « E’ Goito che si ostina a farsi definire così. In
realtà è umana quanto me.» rispose
evasivo, richiudendo gli occhi.
« Se continua a volersi far chiamare con certi termini spiacevoli,
evidentemente è perché, in un modo o nell’altro, la fate sentire tale » spiegò
Ren pacato,ora nuovamente dritto in piedi, ai lati
della tomba del giovane Hiro, lo sguardo intelligente posato su Sivade.
Questi fece una smorfia, lasciando perdere quel commento.
« In effetti, è colpa mia che la lascio dalla mia
maestra. E’ lei che è solita chiamarci “la materia prima e le sue emanazioni”.» posò il violino al grembo,
accarezzandone le corde con fare distratto: « Solo San non sente. E non dovrà venirne a conoscenza se non quando sarà pronta.» avvertì.
« Da quanto mi dite, questa acclamata insegnante dev’essere una persona alquanto sgradevole. Per i modi,
capitemi. » concluse gentile, nascondendo le mani
all’interno delle maniche della tunica rossa.
« Precisamente.» ribatté l’altro,guardando le
rifiniture dell’archetto che aveva appena posato alla cassa armonica.
Gli occhi di Ren vagarono sul violino a cui Sivade stava dedicando tutte le
sue attenzioni: « Per quanto riguarda Crystal, credo potrebbe ritornare questa
notte stessa. Domattina all’alba, al massimo » disse tranquillo, rivolgendogli
un caldo sorriso, molto eloquente.
Sivade spostò lo sguardo sul bonzo, molto lentamente: « Ah, grazie. » disse
leggermente stupito, fermando le mani. Non si era aspettato di ricevere una
vera e propria risposta.
Il cielo sopra di loro sbiancò, lasciando che il sole ritornasse ad
accarezzare la natura con i suoi raggi. Timido e splendido al contempo.
Ren si limitò ad annuire con il capo, soddisfatto: « così va meglio » alzò
gli occhi al cielo come a volersi riempire della sua energia, gli occhi
socchiusi.
Poi, improvvisamente, si lasciò sfuggire una breve
risata, immaginando una scena in particolare:di cui Crystal era il protagonista
indiscusso.
« Magari ora avrà gli abiti in fiamme…» ridacchiò.
Il mago lo guardò con aria pressoché assente, sospirando: « Non è colpa
mia…» decretò pragmatico « Non sono la sua balia.»
«No di certo » sorrise l’altro « ma come minimo, Crystal conta sul vostro
appoggio. O solo voi potete ricevere senza dare nulla
in cambio? » chiese, ritornando ad essere analista e reale.
« I giochi di parole mi danno ai nervi.» sibilò il
giovane davanti a lui « Cosa volete?».
« Farvi notare quanto voi siate egoista » rispose
facendo spallucce.
Sivade sospirò esasperato, lasciando sparire violino e archetto nel nulla.
Una mano gli attraversò i capelli, lo sguardo che andò a fermarsi sul bonzo.
«... è stato inviato da Quella per essere gentile con me. Come posso sapere
cos’è vero e cos’è falso?» chiese con aria grave,
riferendosi alla regina degli Hades .
Ren alzò un sopracciglio, scuotendo il capo debolmente.
A quanto pareva, dovevano essere chiarite alcune cose.
Un compito che probabilmente non spettava a lui ma che sentiva di voler
fare.
Di dover fare.
« Innanzitutto, la Regina dell’impero Hades l’ha mandato per catturarti e
condurti a lei. Sei la nigredo, quella materia di cui
lei sembra necessitare; e a quanto si mormora pretende
di volerti il prima possibile » alzò gli occhi su Sivade, fissandolo serio,
come a voler prendere una breve pausa « E Crystal ubbidisce agli ordini,
sempre, alla lettera, senza mai causare problemi » rise appena.
« Ma a quanto pare con te, Sivade, sta prendendo
tempo, ed è una cosa che tutti hanno notato. Tutti, tranne la
Regina che dispone completa fiducia in lui…» sospirò profondamente « io, giunti
a questo punto, non credo di poter capire il “Perché” Crystal stia perdendo
tutto questo tempo prezioso. Ne va della sua reputazione dopotutto. E al
mondo l’apparenza è tutto » concluse pragmatico.
In silenzioso ascolto, Sivade aveva evitato da metà
discorso lo sguardo di Ren, fissando con aria vuota la lapide. Era un
modo come un altro di fuggire.
Per evitare di perdere la propria certezza.
Ma…ve n’era ancora?
«…quant’è…stupido…» gemette, portando le
ginocchia al petto, nascondendovi il viso contratto da quelle emozioni strane,
che nemmeno lui aveva ben chiare.
« Stupido dici? » alzò un sopracciglio divertito «
senza offesa… l’unica stupida presente sei tu».
Sivade arrossì violentemente, fissandolo con odio: « Non sai un cavolo di
me. Stai zitto, uomo in gonnella.» ribatté
con voce tremante, incapace di accettare di essere definito con aggettivi
femminili. Non era più una ragazza. Mai stato.
« La verità brucia? » chiese l’altro, continuando a sorridere con serena
indifferenza, le braccia abbandonate lungo i fianchi.
Con un gesto brusco, il mago sbatté un pugno a terra, per poi mutare la sua
espressione in puro dolore. Rimase a guardare il terreno per un breve istante,
ricacciando indietro le lacrime.
« Se è come dici, perché lui lo farebbe? Perché si danneggerebbe la reputazione per me, se non sa un
bel niente? » chiese con un filo di voce, guardandolo.
« La cosa è talmente semplice che non riesci a notarla? E’ ovvio che non
offrirebbe tali…» lanciò un’occhiata al
collo del ragazzo, sul quale spiccava un segno rossastro « attenzioni…a
chiunque…».
Sivade si coprì per l’ennesima volta quel marchio impostogli, arrossendo:« È un maniaco. Tutto qua.» giustificò,
cercando di riprendere il controllo dei suoi pensieri. Rimettendoli in fila
nella sua mente.
« Se fosse così “maniaco” come tu ti ostini a
definirlo, mi domando anche perché Tom abbia così tanti problemi con lui »
disse con aria falsamente pensosa, gli occhi rivolti al cielo.
« Che problemi ? » chiese l’altro cercando di
apparire vago.
«E’ noto ormai a tutti che il povero Tom è afflitto dalla febbre
dell’incesto. Cosa preoccupante, a mio parere ».
Perplesso, Sivade rimase a guardare Ren senza capir bene cosa gli veniva detto: « E che c’entra con me ? » chiese.
Ren sospirò annoiato. Si ritrovava a discutere con un ragazzo privo di
comprendonio a quanto pareva: « hai detto che quel segno ti è stato imposto
solamente perché Crystal è un maniaco. Ma poiché ha
rifiutato Tom più volte, fatico a vedere dove stia tutta questa… perversione ».
«…Se è omosessuale dovrò dargli il ben servito, allora.»
disse in un borbottio il giovane di fronte a lui,
cercando di apparire divertito.
In realtà, si sentiva un po’…appesantito.
Non sapeva nemmeno perché…era una sensazione d’attesa, di nascita di una
consapevolezza forzata da quegli eventi.
Lo faceva sentire strano…
Lo faceva sperare in qualcosa d’immorale e d’impossibile.
Scosse violentemente il capo, alzandosi in piedi: « Non è come credi tu.
Figuriamoci. Ha scherzato con me quasi ogni giorno su discorsi stupidi d’amore
e altro. Ci siamo finti anche a nozze, ma non si faceva
sul serio.».
« “Quando si bacia lo si fa per amore. ”» citò
tranquillo iniziando ad avviarsi verso il cancelletto
d’entrata « questa frase me l’ha detta Crystal. Vedi un po’ tu come prenderla.
Lui non va mai contro i suoi principi ».
Fine
diciassettesimo capitolo.