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Autore: midnight89    07/12/2014    0 recensioni
(PROBLEMA HTML RISOLTO)"Dean è stato ucciso da Metatron ed è davvero morto in quell’istante, ma poi il potere del Marchio di Caino gli ha donato nuova linfa vitale, salvandolo dall’estremo epilogo, ma tramutandolo in un Cavaliere Infernale. Sam e Castiel, dopo molte vicissitudini, sono riusciti a guarirlo, ma il Marchio incombe ancora sul suo braccio, rendendolo vulnerabile ad un possibile e futuro cedimento."
Una mia personale visione della 10x23, basandomi su informazioni e teorie rilasciate dal cast e non solo.
(Decima Stagione) DESTIEL (BrOTP/OTP)
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Jimmy Novak, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Scusate il ritardo ma è stata una settimana davvero densa e ho potuto scrivere e betare a tratti, ma non volevo lasciarvi una settimana senza capitolo, così eccolo qui di domenica sera. Ringrazio tutti, sia i lettori silenziosi sia chi commenta.
A settimana prossima con l'ultimo capitolo, giusto per "festeggiare" il mid season finale.
BUONA LETTURA!

Il buio è lentamente sceso inesorabile anche sulla città di Pontiac, Illinois. Dean sta guidando senza meta tra le vie meno trafficate della città, tenendosi ben lontano dalle zone residenziali e dal cellulare che vibra a intervalli regolari. Sa benissimo che Sam non mollerà, che continuerà a chiamarlo anche nel cuore della notte, lascerà passare più tempo forse, ma non lo lascerà vagare da solo ancora per molto.
Perché Sam è fatto così.
D’impatto ti sembra quello più pacato, più tranquillo e razionale, ma si può star certi che non mollerà la presa sino a quando non sarà sicuro di averla in pugno, non importa quanto dovrà aspettare o quante chiamate senza risposta dovrà lasciare sul suo cellulare.
Lui è decisamente meno paziente. A quest’ora avrebbe già localizzato la sua posizione con il GPS e gli avrebbe tagliato la strada, se necessario, per farlo fermare e gli avrebbe urlato talmente forte da essere udito per tutto il quartiere.
Ma Dean adesso sta vivendo in un limbo, in un Purgatorio senza mostri da cui fuggire o da cui difendersi, ma con un’oscura ombra che dopo aver azzannato il suo cuore non vuole saperne di lasciarlo andare, di lasciarlo sanguinare in pace, ma continua a stringere la morsa, mozzandogli il fiato non appena la mente torna agli eventi di poche ore prima.
Dean comincia ad essere stanco, distrutto da quel dolore che non si decide ad affrontare, che tenta di chiudere fuori dalla sua mente, nonostante lo senta raspare alla porta con sempre maggior ferocia e nulla potrà fermarlo dallo scardinare i catenacci e di dilaniarlo.
Fa inversione con l’Impala, puntando verso il centro, ma poi nuovamente ci ripensa e accosta in un parcheggio fissando l’insegna del pub di fronte a lui.
Ubriacarsi non è mai una buona idea. Che sia per affrontare o scappare da un problema, l’alcool non ha mai risposto con soddisfazione alle sue domande, annebbiando la razionalità e dando spazio all’istinto. Senza contare che il pericolo sbronza triste, è sempre dietro l’angolo.
Ma Dean stavolta, come le tante volte passate, cede a quella promessa di offuscamento mentale e scende dalla sua baby, avviandosi verso il locale. Il freddo sferza immediatamente il suo volto, e parole che credeva, fingeva, di non avere udito rimbombano gravemente nella sua testa, mentre le catene della porta stridono, segno che quella mostruosa bestia non si è ancora arresa.
Poi finalmente la mano arriva alla maniglia e la porta del locale si apre, avvolgendolo con un’aria gioviale e calda, che da sempre accompagna le dimore dell’alcool a buon prezzo.
Dean è felice di notare che il locale è discretamente pieno, ma non a sufficienza da compromettere il suo desiderio di solitudine. Si ferma al bancone e fa cenno all’uomo di servigli qualcosa di forte, limitando al massimo l’utilizzo della sua voce, temendo che possa uscire distorta o strana all’udito di quelle persone, tanto da suscitare domande.
Lui non vuole parlare. Non vuole condividere nulla con nessuno. Tanto meno ora che l’alcool allenterà le sue difese, abbandonandolo disarmato al dolore, che scardinando la porta lo azzannerà mortalmente, permettendogli forse, di cedere finalmente.
Il liquido ondeggia nel bicchiere che gli viene posato davanti agli occhi e Dean si ritrova a fissare i riflessi ambrati che giocano sui bordi di vetro.
Centinaia di flash iniziano ad accecare la sua mente, ma non è così che Dean vuole affrontare la realtà, sarebbe decisamente troppo facile. Dean vuole ripensare lucidamente ad ogni singolo momento, ad ogni singola parola, ad ogni singolo sguardo di Castiel. Ogni indizio che l’angelo gli aveva offerto e che lui aveva stupidamente calpestato, ogni mano tesa che lui aveva abbandonato nel baratro, troppo impegnato a crogiolarsi nel bagliore che il Marchio irradiava sul suo braccio maledetto. Troppo orgoglioso per ammettere di essere di nuovo sul ciglio della voragine, con il delirante desiderio di volerci saltare dentro.
Così mentre Castiel si spegneva, sacrificando quanto un angelo avesse di più prezioso, lui brillava nel suo delirio di onnipotenza, affondando le mani nel sangue.
Perchè Castiel, ancora volta, aveva dato priorità alla sua richiesta di redenzione, piuttosto che ricercare una soluzione, un incantesimo, un inganno che ingabbiasse l’inesorabile  scorrere del tempo, che ravvivasse la sua grazia sempre più flebile.
Dean beve tutto d’un fiato il liquore, che pizzica lungo la sua gola, lasciando che la prima zampata della bestia mostruosa lo sferzi in pieno viso.
“Mi dispiace, Dean”.
 
Sam sospira rimettendo il cellulare in tasca, il fratello sta perseguendo la sua politica di silenzio stampa totale e sa bene che è solo questione di tempo, che prima o poi vedrà l’Impala venirgli incontro e per quel momento vorrebbe avere maggior risposte da dargli, magari anche qualche speranza.
Claire gli poggia davanti una lattina di birra, abbandonandosi poi sulla poltrona di fronte a lui, tracannandosi la sua.
“Mio padre tornerà a breve, il fast food è giusto infondo alla strada…” esclama “…ma immagino che tu non ti sia voluto trattenere solo per del cibo spazzatura...”.
Sam abbozza un sorriso prendendo la lattina “Ebbene sì…credo che tu mi abbai scoperto…” mormora bagnando le labbra con il liquido biondo “Claire, senti…”.
La ragazza sospira visibilmente scocciata, ammutolendo Sam, che rimane in attesa di una risposta che sembra tardare a venire, ma che poi si palese vaga e incerta.
“State perdendo tempo Sam, Castiel se n’è andato per sempre” ammette candidamente fissandolo come se fosse un ingenuo. Quelle parole lo feriscono ancora, ma non si ritiene un sognatore o un illuso, perché l’esperienza gli ha insegnato che ogni situazione, fosse anche l’Apocalisse stessa, ha sempre una soluzione. Una strada non sempre priva di pericoli o sacrifici certo, ma non per questo da scartare o da rifiutare senza averla intrapresa, sperimentata e percorsa sino alla fine. Fosse anche un vicolo cieco, deve ancora esistere un ostacolo che lui e suo fratello non possano abbattere.
“Lo so, l’hai già detto. Ma noi conosciamo bene Cass, so per certo che una scelta del genere deve essere stata difficile anche per lui da prendere da solo, pertanto mi viene naturale pensare che ti abbia confidato qualcosa prima di…” Sam ancora si rifiuta di coniugare quel verbo così definitivo accanto al nome del loro amico.
“...di morire, di sparire, di ritornare tra le nuvole?” sospira Claire, scuotendo la testa “Sam lo so che ti posso sembrare stronza ma prima l’affronti meglio sarà. Credi che reagire come tuo fratello sia di qualche utilità?” si siede maggiormente composta, finendo la sua birra.
“No, ma questo non toglie che tu ti stia comportando da…vera stronza con noi…” ammette piccato fissandola, tornando poi calmo, sospirando “Claire, io so che hai passato un inferno... ma Cass, lui ha fatto cose meravigliose qui e le ha fatte proprio grazie a tuo padre…” ma Sam non può concludere il discorso, perché la ragazza salta in piedi, urlando.
“Non me ne frega un cazzo di chi ha aiutato! Io sono cresciuta da sola! Io sono finita in quella merda! Io avevo bisogno di lui!”.
Sam non ribatte, non ha giustificazioni o parole di conforto, Claire ha semplicemente ragione.
Castiel, l’angelo che ha salvato Dean dalla perdizione, che ha tentato di diventare Dio per rendere il mondo migliore, che ha voltato le spalle ai suoi fratelli per loro, che ha rinunciato alla sua stessa esistenza per salvare Dean, ha abbandonato sua figlia.
Castiel, semplicemente, ha creato la sua nuova famiglia, dimenticandosi del suo tramite.
“Jimmy ha accolto Castiel volontariamente e lui ti ha sempre protetta, nonostante fosse lontano da te, nonostante non rispondesse alle sue preghiere…”.
Claire lo guarda stranito “Preghiere? Che preghiere avrei mai dovuto rivolgere a qualcuno che mi ha portato via mio padre?”.
Sam non sa subito come rispondere, poi finalmente parla “Qualcuno che ti ha riportato a casa tuo padre sano e salvo dandoti nuove speranze”.
Claire non sa quanto è costato a Sam dire quelle parole e sorridere, ma il cacciatore ha sperimentato cosa significhi accettare la scomparsa di una persona a noi cara, soprattutto quando sei costretto a rinunciare all’idea di poterla riavere con te.
Perché Sam ormai l’ha capito: Castiel non ritornerà più, non negherà a nessun altro umano la possibilità di vivere la sua già fragile esistenza.
E questo fa ancora più male.
Claire rimane in silenzio per qualche istante, riflettendo che forse qualche spiegazione in più potrebbe concederla, così si siede aggiustandosi i capelli e poi inizia finalmente a raccontare.
 
Castiel era cambiato. Lui non era più l’angelo del Signore, che rimaneva sordo alle preghiere di chiunque non facesse parte della famiglia Winchester, ora, complici gli eventi e la grazia sempre più fievole, provava sentimenti ed emozioni tipicamente umane.
Pertanto, condannava la sua condizione di debolezza e impotenza di fronte a ciò che ha compiuto, ma aveva il desiderio umano di porre rimedio a tutte le sue mancanze, fino a quando le forze gli avrebbero permesso di farlo.
Non aveva più paura di soffrire né di gioire, quindi quando parlò a Claire del suo piano la sua voce era vagamente tremante, ma al tempo stesso cercava di mantenere un tono sicuro, insistendo sugli aspetti che avrebbero potuto maggiormente interessarla.
Dopotutto, angeli, demoni e umani seguono sempre il loro personale interesse, non curandosi degli effetti che il loro obiettivo possa avere sul resto del mondo, e anche Castiel non è estraneo da questo ragionamento.
Claire era dubbiosa, nonostante non potesse negare che avere nuovamente suo padre vicino, anche se relegato a banale tramite di un potente angelo, la facesse star bene, non riusciva ad accettare quel piano dai contorni sin troppo vaghi e nebulosi.
“Tuo padre tornerà, io te lo prometto…” aveva ammesso Castiel guardandola e accompagnando le parole con un sorriso che cominciava a sortire l’effetto sperato “…e io non tornerò mai più.”
Quell’ultima frase gli aveva fatto leggermente tremare la voce e il cuore, perché nonostante le sue condizioni fossero effimere, non era pronto a salutare Dean e Sam in maniera definitiva, non era così che aveva immaginato idillicamente il loro futuro.
Che poi a ben pensarci, era proprio un sogno assurdo, voler restare al loro fianco semplicemente per sempre. Salvare Dean dal suo istinto autodistruttivo e rassicurare Sam su quanto lui fosse umano, tanto quanto…lui?
Come se davvero Dean e Sam lo volessero tra i piedi da qui all’eternità.
Anche se lo continuavano a chiamare, anche se lo consideravano parte della famiglia.
Come se davvero lo considerassero una figura importante nelle loro complicate esistenze.
Anche se Castiel aveva bisogno di loro.
 
Claire aveva accettato di sottoporsi a quell’operazione dolorosa per prelevare quella piccola gemma di grazia che Castiel aveva lasciato dentro di lei quando l’aveva utilizzata come tramite, ma ancora non si capacitava del perché l’angelo volesse rinunciare a tutto per quell’umano.
“Io davvero non capisco, Castiel. E’ stato lui a decidere di ottenere quel lurido marchio, s e n’è fregato di te fino a ieri, quando tutto serio ti dice di farlo fuori se sclera? E’ così dannatamente egoista e nonostante tutto l’altruismo cristiano che uno possa provare, come puoi volergli salvare ancora il culo rinunciando a te stesso?” sbottò Claire passandosi una mano sul collo che pizzicava appena adesso, ma forse era solo un’impressione.
L’angelo aveva sorriso di cuore, rivolgendole quegli sguardi pieni di emozione, evento che accadeva quando parlava dei fratelli e soprattutto del maggiore.
“Dean ha un’anima meravigliosa” aveva esclamato con naturale sincerità, come se quella motivazione potesse davvero rispondere alla domanda formulata dalla ragazza, la cui espressione era ancor più stralunata, tanto da invitare l’angelo a proseguire.
“Anche quando era un Cavaliere Infernale, anche adesso, è luminosa e raggiante come quando l’ho vista per la prima volta, che mi implorava all’Inferno. E’ qualcosa che non si può descrivere, perché vedere un’anima non è un’azione che si compie solo con gli occhi, ma la si percepisce con tutti i sensi…ancor più se si entra in contatto con lei. E’ un esperienza…davvero incredibile”.
Claire sembrava leggermente più convinta, aveva imparato a fidarsi di quei discorsi così filosofici e densi di buoni sentimenti, quasi quanto quelli che faceva suo padre.
“Vedere la sua anima, conoscerla, dialogarci è un’esperienza per cui mi ritengo immensamente fortunato. Io vivevo nell’oscurità prima, incatenato a ordini che non capivo ma ai quali sottostavo per cieca ubbidienza, ma poi una luce ha iniziato a squarciare il mio buio. All’inizio era doloroso, i miei occhi non erano abituati ad un bagliore così intenso, ma poi lentamente, mi ha completamente avvolto e per la prima volta l’aria che ho respirato era leggera e densa di emozioni e sentimenti.”
Claire aveva sorriso, rapita da quei ricordi che Castiel condivideva con lei e che per empatia la facevano stare bene, come se improvvisamente non fosse più sola.
“Ho lottato all’inizio, mi sono opposto rimpiangendo la mia cieca oscurità, ma quando poi ho iniziato a volare in quella luce, a lasciarmi sopraffare, allora ho iniziato a vivere”.
Gli occhi di Castiel erano lucidi e colmi di affetto per quelle parole, tanta era l’emozione che provava nel confidarle così liberamente a qualcuno.
Claire si era morsa il labbro, mentre una domanda scalpitava per venir formulata, ma non era ben sicura che fosse la cosa giusta da fare in quel momento. Poi il cellulare di Castiel aveva trillato e il momento si era rotto.
Era Dean, l’aveva compreso ancor prima che l’angelo pronunciasse il suo nome. L’aveva letto da come la pupilla si era dilatata, appena la voce aveva iniziato a parlare nell’apparecchio, da come Castiel era concentrato e si torturasse nervosamente la stoffa del trench. Era Dean che aveva bisogno di lui.
 
Claire sapeva che gli angeli amano Dio sopra ogni cosa e Lui soltanto, per nessun altro è concesso questo sentimento, nemmeno per le creature create dall’argilla dal Padre, così le raccontava Jimmy quando era piccola. Ma la realtà a cui assiste è molto diversa: un angelo è disposto a rinunciare alla sua esistenza per salvare un uomo perduto.
Nonostante non l’abbia chiesto direttamente, non è difficile arrivare alla conclusione più semplice: Castiel è perdutamente innamorato dell’anima di Dean.
Per questo non ritornerà in Paradiso.
Per questo è disposto a morire.
 
Dean barcolla instabile verso la sua Impala, facendo scorrere le dita lungo la carrozzeria nero lucente, stordito da quel dolore che gli ha sconquassato il corpo e il cuore per quella notte, tanto quella morsa l’ha azzannato con ferocia, dilaniandolo, lasciandolo agonizzante e senza fiato per poi sparire.
L’alcool ha abbassato le sue difese, permettendo finalmente ai sentimenti di scorrere scalpitanti nelle vene, di distruggere ogni muro e barricata, attaccando e conquistando il suo cuore, travolgendo le sue difese.
All’improvviso ogni ricordo, immagine, parola, odore e sensazione legata a Castiel ha accecato la sua memoria mandando in tilt in suo cervello, rivivendo eventi che non ricordava o che aveva sepolto sotto cumuli di risentimento, rabbia e dolore.
Ricordare Castiel e ciò che avevano compiuto insieme, o l’uno contro l’altro, l’aveva fatto star bene, strappandogli anche qualche solitaria risata o qualche imprecazione colorita, riguardo alla testardaggine o all’ottusità dell’angelo contro la quale aveva dovuto combattere più volte. Ma quei ricordi, allora spiacevoli, ora apparivano felici, perché alla fine avevano sempre chiarito le loro posizioni, arrabbiandosi e perdonandosi a vicenda.
Quella notte Dean aveva sorriso continuamente, tanto da destare qualche preoccupazione nel barman, che però non era intervenuto, vedendo che oltre alle ordinazioni fioccavano puntuali anche i dollari.
Ma quando l’ora si era fatta troppo tarda e il locale era in procinto di chiudere, il panico si era impadronito di Dean, terrorizzato all’idea di dover affrontare da solo quel dolore, con il cervello sempre più dolorosamente lucido e la realtà che scalpitava, sfrigolando nelle sue orecchie.
Si chiude in macchina, sperando forse, di sprangare fuori oltre al freddo anche quel dolore di perdita e solitudine che stanno tracimando dentro di lui, provocandogli un respiro affannato e un tremore incontrollato alle mani.
Stringe il volante fissando il vetro, serrando i denti, come aveva sempre fatto, combattendo ancora, senza cedere, sentendosi sempre più vicino a crollare. Il freddo arriva sin dentro le ossa, ma artigliare la stoffa non porta giovamento.
Poi semplicemente accade.
Il dolore straripa travolgendolo completamente, gettandolo in oceano gelido, annientando ogni sua difesa, soffocandolo.
Lenta e solitaria scorre tagliandogli la guancia, seguendo quelle linee contratte, scivolando poi sul mento e poi precipitando sulla mano che stringe la stoffa della giacca.
Dean sussulta, come scottato e improvvisamente il volto è lacerato da gelide lame che copiose sgorgano dai suoi occhi, scendono inesorabili sul mento, cadendo poi nel vuoto.
Vorrebbe combatterle, trattiene il respiro, ma è tutto inutile adesso che il suo scudo è fracassato e l’armatura squarciata.
Si abbandona sul sedile, chiudendo gli occhi, passandosi una mano sul viso, raccogliendo le sue lacrime, rinnegandole e celandole il più rapidamente possibile.
Ma ha ancora senso nascondersi ora?
 
Ora che nessuno ucciderà i suoi demoni.
Ora che nessuno assolverà i suoi peccati.
Ora che nessuno risponderà alle sue preghiere.
 
Ora che Dean è solo.
 
Contro chi può scagliare la sua rabbia cieca? Dean singhiozza forte, arrabbiato con sé stesso, tirando la stoffa della maglia, volendosi strappare quasi quel terribile dolore che scorre impetuoso dentro di lui. Impreca contro di lui a mezza voce, lo maledice e gli augura tutto il suo odio.
Come ha osato abbandonarlo così?
Gettato in un fosso gelido e buio, lontano dalla luce, come il peggior mostro su questa terra, marchiato da una crudele entità che l’ha ripudiato.
“Cass…” geme riacquistando il respiro, mordendosi forte il labbro sino a percepirne il sapore ferroso, mentre il terrore lo attanaglia, temendo che gli insulti che ha immaginato abbiano raggiunto davvero l’angelo.
E il suo sguardo mortificato appare nitido davanti ai suoi occhi.
“Perdonami, Dean”.
 
Urla, sbraita colpendo forte il volante della sua baby, poi il respiro torna regolarizzarsi e il battito ritmico del suo cuore lo aiuta a calmarsi. Gli occhi ormai asciutti fissano il sedile vuoto al suo fianco e un’ultima speranza solca la sua mente.
Lentamente congiunge le mani, chiude gli occhi e mormora parole di perdono, iniziando a pregare quel Padre assente che ha abbandonato i suoi figli, che hanno rinnegato il suo amore, immolandosi per delle vili anime mortali.
Poi invoca Castiel, nel solo modo che lui conosce, un lungo monologo fatto di imprechi e frasi disperate, serrando maggiormente le mani, come se questo influisse sulla potenza delle sue parole.
La fine di quella preghiera stenta ad arrivare, con il terrore di aprire gli occhi e vedere ancora quel sedile vuoto e un silenzio assordante a inghiottirlo.
Poi un flebile soffio lo fa sobbalzare.
Si volta stranito con il cuore in gola, gonfio di speranze.
 
Un sedile vuoto e il rumore del vento.
  
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