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Autore: Shetani Bonaparte    08/12/2014    0 recensioni
Ecco una storiella creata da me, ove narro a modo mio le origini dell'Uomo Snello e del perché faccia ciò che fa. Origini un po' inventate, magare nemmeno belle, ma io amo questa mia storia.
(Dal testo) "Girò il viso, un giovane in manette lo vide"
Genere: Dark, Horror, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Slender man
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Salve!
Siamo arrivati alla fine della ‘raccolta’ FOLLOWS! Yeeeeee!!!!
Dalla prossima volta, si incomincerà con ALWAYS WATCHES, NO EYES!
Devo darvi una piccola nota su questo capitolo:
1: spero che, anche nei precedenti capitoli, si sia capito che le parti in corsivo (tranne quella dell’ultimo capitolo) sono dedicate allo Slender.
2: per capire chi sono Alex, Brian e Tim dovreste aver visto i video (entry) del canale You Tube ‘MarbleHornets’. In caso contrario, fatelo. Vi sono i video d’accompagnamento del canale ‘totheark’, anche. È tutto in inglese, quindi vi consiglio il canale ‘SCP MarbleHornets ITA’, dove ci sono sia le entry che i video di ‘totheark’ (inseriti cronologicamente correttamente) con sottotitoli italiani.
 
Un bacione,
Shetani
 
 
FOLLOWS – parte finale: Hoody, Masky, Ticci Toby, piani.
 
Hoody si avvicinò a Masky.
“Daniele”, gli disse, “cosa c’è che non va?”
“Luca, dovresti proprio smetterla di infastidirmi” sbottò l’altro. “E Lui non vuole che ci chiamiamo per nome”
“Lo so, lo so”
Hoody si sedette accanto all’amico, su quella pendenza erbosa e graffiata dal vento.
“Non mi hai ancora detto che succede”
“Non lo so. Quel tizio, quello che ho disegnato, mi pareva famigliare. A volte mi chiedo se mi avrebbe amato”
Tacquero per un istante.
“Secondo te, Lui ci vuole bene davvero?”
 
Li amava davvero?
Quella domanda, origliata grazie al vento, quella domanda posta in quei rari momenti di libertà che Lui concedeva, lo lasciò perplesso.
Masky davvero dubitava?
 
“Non lo so. Immagino di sì, dice di essere nostro padre, dopotutto”
“Però… alle volte mi sveglio e non so nemmeno come ci sono arrivato, nel posto ove dormo. E poi… so che ho quasi sedici anni, ma prima di Lui cosa c’era? Il niente? Lo conosciamo da così poco, eppure è tutto ciò che abbiamo. È strano”
 
No.
Non voleva perdere altri figli.
Con i due precedenti Hoody e Masky gli era bastato.
 
“Sarebbe in grado di… che ne so… ucciderci?”
 
Era stato orribile dover uccidere Brian, il primo Hoody. Orribile. Ma aveva dovuto: dubitava del suo amore, del suo obbiettivo. Si ribellava.
E Tim non aveva sopportato la sua morte. E lo aveva abbandonato.
Aveva perso anche Alex, ma non importava.
Slenderman ripensò a Tim. Ogni tanto lo guardava. Non poteva far altro.
 
“Ucciderci? Masky, non credo proprio!”
 
Invece sì.
Brian lo aveva provato sulla propria pelle.
 
“Mi spaventa”
 
Masky lo temeva.
Perché?
Aveva imparato a controllarli senza farli star male, quindi perché?
 
“Ho una fottuta paura. E quando ha ammazzato quell’uomo è stato come se... se uccidesse una parte di me. Volevo fermarlo ma non me lo ha lasciato fare. Ci controlla, Hoody, ci controlla…”
“Ti ha fermato perché ti vuole bene”
“Il controllo non è amore, idiota!” urlò Masky. Singhiozzava pesantemente, così l’altro sollevò appena la bianca maschera e, con una mano inguantata, gli asciugò qualche lacrima.
“Ma per Lui lo è”
 
Controllare le persone era sempre stato l’unico modo per tenerle al sicuro e averle accanto. Per averle come figli.
Faceva così sin da quando aveva memoria. Da quando era ciò che era.
Era stato un errore?
Era per quello che Brian si era ribellato?
 
“Dovresti smetterla con queste paranoie, sai?” mormorò Hoody.
“F-forse hai ragione”
Hoody s’alzò, stiracchiandosi abbondantemente e sistemandosi la felpa arancione sbiadito. Era nascosto dalla nera maschera con quell’enigmatico smile triste marrone, ma Masky lo sapeva, stava sorridendo.
Spensierato come al suo solito.
“Vieni al fiumiciattolo con me?” chiese.
Masky fece cenno di no col capo. “Preferisco star lontano da quel posto per un po’”
“Okay. Se vuoi raggiungermi, mi trovi là”
Non appena Hoody uscì dal suo campo visivo, il giovane si diresse verso il limitare del bosco.
 
Mi dispiace.
 
“Oh, ciao Toby!”
“Ciao”
“Ti senti bene? Mi sembri strano”
“Sto benissimo” rispose lui in maniera meccanica, grattandosi il mento. Il bavaglio raffigurante un’enorme bocca dentata pendeva morbidamente sul suo petto.
 
Mi dispiace tanto.
 
“Dove stai andando?”
“A fare un giro” mentì Masky, inconsapevole di non poter farlo.
Non senza conseguenze.
“Ti spiace se vengo anch’io?”
L’altro esitò un attimo: da quando aveva memoria, lui, Toby e Hoody erano praticamente fratelli, però aveva una pessima sensazione.
 
Mi dispiace, ma te la sei cercata.
 
“A dire il vero vorrei stare un po’ da solo”
Ticci Toby fece spallucce, poi si sedette.
Masky s’incamminò verso Alvese, irrequieto, mentre il sole morente lo bagnava con i suoi ultimi raggi.
 
Mi dispiace.
 
Sarebbe andato nella stazione di polizia, avrebbe indagato su Renato Sandri. E su se stesso.
Alvese era a circa cinque minuti di strada da lì, quindi camminò con calma. Quando s’intrufolò nella caserma, entrò nell’ufficio del commissario Giordani.
Veloce, doveva essere veloce, avrebbero potuto vederlo da un momento all’altro.
Aprì i cassetti della disordinata scrivania, vi frugò dentro ma non trovò niente. Adocchiò alcune cassettiere colme di cartelle, alcune delle quali attirarono la sua attenzione: erano disordinate, come se venissero guardate o aggiornate di continuo.
Le prese e lesse le etichette che le contrassegnavano: ‘Daniele Sandri’, ‘Renato Sandri’ – la più esile -, ‘Luca Cerrato’ ed, infine, ‘Matteo Giusti’. Le infilò nella propria felpa arancione assieme a qualche altra cartella di casi classificati come risolti che, però, gli sembravano famigliari.
Uno di essi era etichettato con ‘Tobia Fochesato’.
 
Mi dispiace.
 
Fu visto da un poliziotto mentre usciva da una finestra, ma corse come mai aveva fatto in vita sua e si nascose in una minuscola grotta nel bosco. Lì, in quel posto che a malapena riusciva a contenerlo, amava rifugiarsi quando stava male od era triste. Nessuno ci era mai stato oltre a lui, tranne Hoody.
 
Mi dispiace, ma non ho scelta. Devo ritrovare il mio bambino. Non posso permettere che tu rovini tutto.
Ticci Toby, tocca a te.
 
“Ti prego, no”
Masky si voltò verso quel mormorio, giusto in tempo per vedere un’accetta conficcarsi nella sua spalla destra, una bocca da cannibale e due occhi spenti, colmi però di dolore.
“Lui ha dei piani per te” si sentì dire.
 
Mi dispiace.
Ma la ricerca della verità ha un prezzo.
 
Hoody sentì il cuore scoppiarli nel petto e la rabbia trapanarli l’anima; l’adrenalina gli circolò in corpo, dilatando le arterie.
Corse verso Ticci Toby, che da quanto sapeva era il fratello maggiore suo e di Masky.
Masky… che ora gemeva e si contorceva…
Hoody passò un braccio attorno al collo di Toby e strinse, strinse forte. L’altro tossì e, stremato, si accasciò a terra.
“Oddio… o mio Dio… Dan! Svegliati! Dan…” mormorò.
Abbracciò il corpo del ragazzo mascherato dopo avergli tolto la felpa e la maglietta: era stato colpito alla spalla destra, al bicipite sinistro, e alla gamba destra con le due accette del maggiore ed era pieno di lividi probabilmente lasciati da dei pugni.
Correndo spesso dei rischi, i tre figli dello Slender erano abituati a portarsi sempre dietro delle bende mediche, così Hoody le estrasse dalla tasca dei jeans e, frettolosamente, le applicò sul corpo dell’amico per poi prenderlo in braccio ed alzarsi in piedi.
“Sei un illuso” mormorò Toby. “Sai perché sono durato ben cinque anni? Perché io ho capito… Lui controlla pensando di amare, ma alla fine rivela la sua vera natura, e ci fa ammazzare tra di noi”. Ridacchiò. “Corri, se vuoi salvarlo. Io sono stanco. Voglio solo riposare”
Hoody non se lo fece ripetere due volte.
 
Mi dispiace. Ma mi hai deluso.
 
Toby rise. Continuò a ridere anche in preda alla tosse di sangue, al mal di testa.
Durante le convulsioni rise ancora più forte: pensò che ora avrebbe dormito per sempre.
“Ma non me lo permetterai, sono il più efficiente, hai altri piani per me, vero? Mi obbligherai a rifare il tour del tunnel degli orrori, vero?”
 
Mi dispiace. Sì.
 
Il giorno dopo, Matt trovò, sul tavolo da cucina, la stessa pagina ricevuta con la cassetta. Ed un post-it: ‘Lui ti segue’.
Scoprì così di non essere mai veramente solo.
  
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