PREVIOUSLY ON LKNA:
nella prosecuzione delle indagini sull’omicidio del barone De Loménie,
Bellocchio e Serena scoprono che Santiago, il cui vero nome è Adrien James, è un
esponente della Polizia Internazionale. Non è l’unica rivelazione della
giornata: il tesoro oggetto della contesa, denominato nelle leggende “stella di
fuoco”, pare essere legato alle siepi del giardino privato del Palais, tutte
raffiguranti Pokémon di tipo Fuoco a parte una.
Attraverso una conversazione con il maggiordomo Laurent emergono altre
agghiaccianti verità: anche il granduca Chaydeuvre è perito in un incendio
decenni fa, e soprattutto De Loménie versava all’insaputa di chiunque in
condizioni economiche non brillanti, il che significa che se avesse casualmente
rinvenuto una somma di denaro non l’avrebbe condivisa con nessuno. Non c’è
nessun tesoro.
Riflettendo sulle implicazioni di ciò, Serena fa notare che i francobolli usati
per spedire gli inviti sono tre, contro quattro ospiti riscontrati in possesso
della lettera. Uno di loro deve averla falsificata, e proprio in quel momento
qualcuno entra nella camera della piccola Joanne, figlia del barone.
La Sala
Lettura, nome di fantasia assegnato da Marja a un ambiente senza nome, era un
boudoir allocato al primo piano del Palais Chaydeuvre, uno studio circondato da
scaffali zeppi di libri e periodici di ogni genere. La donna, però, l’aveva
scelto per tre fondamentali ragioni. Numero uno: era praticamente insonorizzato,
quindi nessuno l’avrebbe sentita confabulare con Charlotte nel cuore della
notte. Numero due: era caldo e confortevole, e dato l’innaturale gelo che
perdurava all’esterno faceva assai comodo. Numero tre: era posizionato in fondo
a un corridoio, quindi nessuno le avrebbe disturbate accidentalmente. L’unico
problema che poteva sorgere era il fatto che non fosse strettamente isolato: una
porticina lo connetteva a un androne buio che conduceva chissà dove. A parte
quello era perfetto per conversazioni notturne.
Il loro
dialogo di fronte alla statua di Zekrom le aveva avvicinate più di quanto si
sarebbero attese, il che si era aggiunto ad affinità pregresse: entrambe non
riuscivano a dormire e, dopo che il maggiordomo aveva liberato la zona, entrambe
avevano lasciato le loro camere e ora sorseggiavano da flûte cristallini lo
champagne avanzato dal rinfresco.
«
Perciò, vedi… Come… I ricchi non sono un buon partito, ecco. Penseranno sempre
che ami i suoi soldi e non lui » concluse il discorso la più giovane delle due,
avvinando il vetro mentre parlava. L’aveva sempre visto fare a sua madre, quindi
a qualcosa doveva servire.
«
Chissenefrega, intanto hai i soldi! » esclamò Charlotte, e le risate che
seguirono sovrastarono per un breve tempo il pianoforte che la faceva da padrone
nella stanza.
Avevano
sostato in precedenza all’ingresso per una breve tappa, il tempo per prelevare
bottiglia, bicchieri e grammofono per aggiungere un sottofondo musicale. Il
suono classico che risuonava accogliente nella sala fungeva come ottima
distrazione dalla finestra con le tende tirate al di là della quale i cecchini
attendevano solo un passo falso del più sprovveduto del gruppo. Eppure, forse
per l’alcool o per l’accattivante discussione, nessuna delle due vi aveva
pensato nemmeno un momento da quando si trovava in quella stanza.
« Non
si può togliere questo piano? È sempre uguale! ».
«
Figurati se so come si usa un giradischi! » reagì Marja sghignazzando.
« Oh, è
facile… In pratica… prendi il disco e–– ».
La
spiegazione di Charlotte fu bruscamente interrotta: la sopraccitata porta dalla
destinazione ignota si spalancò con un colpo secco e ne fuoriuscì un uomo. Né
l’una né l’altra donna inquadrarono però la sua identità: la loro attenzione fu
decisamente focalizzata sulla pistola che questi stringeva nella mano destra.
«
NON MUOVETEVI O SPARO!
».
Episodio 1x25
La stella di
fuoco
« Due più tre… Cinque! Uno, due… No, Viale dei
Giardini no! ».
Joanne vagliò la sua pila arruffata di cartemonete
fac-simile e assemblò i 500 P per l’imposta di transito sul terreno, spostando
solo successivamente la pedina corrispondente. « Ti odio ».
Kayden ridacchiò divertito dal lamento scherzoso
della bambina. « Va bene, tocca a me » annunciò allungando il braccio per
prendere i dadi.
Di colpo l’uscio della camera si spalancò con un
rombo e un ben noto individuo in completo marrone si gettò sull’uomo
atterrandolo, scomponendo nel processo la plancia di gioco su cui il match di
Monopoli si stava svolgendo. Una ragazza bionda seguì a ruota e si diresse verso
Joanne, circondandola con le braccia e prendendola da parte contro la parete,
quasi a porsi a scudo tra i due partecipanti. L’ultimo a entrare fu il
maggiordomo Laurent, rimasto indietro in quanto non più in grado di correre come
nel fiore degli anni.
«
NO, CHE STATE FACENDO? » protestò la baronessina a gran voce «
Avete rovinato tutto! ».
Cosa?, pensò
Bellocchio voltandosi verso di lei. L’attimo di distrazione seguente bastò a
Kayden per sferrargli un pugno allo zigomo destro e ribaltarlo, liberandosi così
dal blocco. « Si può sapere che ti prende? » gli domandò con veemenza.
« Credo che abbiamo commesso un grosso errore »
commentò Serena dopo un breve silenzio, una volta che ebbe analizzato due volte
la scena in cui si erano intromessi.
Joanne, approfittando del momento di sconcerto, la
aggirò e si trascinò al tabellone verde acqua rovesciato, con casette rosse e
carte Probabilità e Imprevisti sparpagliate sul pavimento. Bellocchio si liberò
dalla pressione del suo oppressore e, incontrando gli occhi della piccola, li
vide sul punto di piangere.
« State… giocando? ».
« Stavamo giocando » precisò Kayden « prima
che qualcuno ci interrompesse! ».
Laurent si avvicinò a Joanne per consolarla,
prendendola da parte e sedendosi sul letto a baldacchino. Contemporaneamente
Bellocchio scattò in piedi, per nulla pronto a desistere dopo le ultime
scoperte. « Ah, davvero? E come sapeva di questa stanza? ».
« Ho visto te e la signorina Scarlett venire da qua
dopo l'incendio, volevo sapere cosa c'era ».
Il finto agente dell’Interpol a quel punto parve a
corto di argomentazioni, e forse aveva per il ritmo concitato degli eventi
dimenticato perché si trovavano lì prima di tutto. In suo aiuto giunse
Serena « Bellocchio, i francobolli ».
« Bellocchio? » Kayden aggrottò la fronte «
Ora hai tre nomi diversi? ».
« Giusto! » esclamò l’interessato, ignorando
l’interpellanza « Kayden, mi dia la sua lettera. Busta inclusa ».
La reazione dell’uomo fu esitante, ma certo non
poteva tirarsi indietro. Sfilò dalla tasca posteriore l’oggetto della disputa,
in condizioni non perfette ma senz’altro leggibile. Dopo una rapida disamina
Bellocchio trovò ciò che cercava. O per meglio dire non trovò quello che
cercava.
« Nessuna affrancatura. È falsa ».
Lo sguardo di Kayden raggelò e le sue mani
iniziarono a strofinarsi l’una contro l’altra per il nervosismo. Il suo
interrogatore colse quella sfumatura e lanciò un’occhiata a Serena per dirle ti
tenersi pronta se avesse azzardato una fuga.
Invece non vi fu nessun tentativo, nessuno scatto. «
C'è una spiegazione, glielo garantisco ».
« Ora mi dà del lei? ».
« Il punto è–– ».
Bellocchio senza preavviso si portò l’indice alla
bocca « Sssh ».
« Il–– ».
« Sssh! » ripeté più aggressivo, estendendo
stavolta il gesto a tutti i presenti. A piccoli passi iniziò ad aggirarsi
nell’ambiente, girando la testa a scatti e facendo roteare le pupille in cerca
di qualcosa. Anche Serena se ne accorse a quel punto, e iniziò a seguire la
posizione dell’amico.
Un sibilo. Tra le mura risuonava una specie di
disturbo acustico, un rumore statico impercettibile. Dopo un’analisi mentale
l’uomo stabilì che proveniva dalla sezione sinistra della stanza, e un’altra
perizia consecutiva ne determinò l’altezza.
Era la radio. Vi si avvicinò per sicurezza, ma i
dubbi erano calati molto prima: era decisamente quell’apparecchio a produrre il
suono. C’era solo un problema con questa teoria, ovvero che la manopola era
impostata su spento.
« Cos’è? » chiese Serena corrucciata.
« Strano. È un'interferenza, come se qualcuno stesse
telefonando da qua ».
Non era l’unica opzione, però. La corrente indotta
poteva essere prodotta da qualsiasi segnale fosse trasmesso nelle vicinanze. Un
cellulare, un messaggio, oppure… ?
D’un tratto la porta si aprì nuovamente con un
fracasso infernale e Adrien, il piede ancora alzato dopo averle sferrato un
calcio, la varcò con un balzo. Prima che chiunque potesse parlare levò il
braccio di fronte a sé, rivelando stretta tra le dita una pistola semiautomatica
USP .45 pronta a fare fuoco.
«
NON MUOVETEVI O SPARO! ».
Il corridoio cui la porticina della Sala Lettura
dava accesso non era altro che un collegamento che faceva capolino a breve
distanza dalla camera della figlia del barone. Dopo l’immotivato raptus ostile
di Adrien, tutto il gruppo lo aveva inseguito proprio attraverso lo stretto
andito per terminare l’itinerario esattamente nell’ambiente dove Marja e
Charlotte stavano parlottando rilassate.
Adrien trascinò Kayden al centro del salotto mentre
quest’ultimo cercava invano di prendere parola. Le due donne scattarono in piedi
e si allontanarono rapidamente dalle loro poltrone, addossandosi al muro nel
terrore: sotto i loro occhi l’agente stava ora puntando un revolver alla nuca
dell’uomo dopo averlo costretto a voltarsi e ad alzare le mani. Bellocchio entrò
in quel momento dalla porta e si fiondò in avanti, ma Adrien gli rivolse contro
l’arma e lo minacciò stridente « Nemmeno tu ».
Serena e Laurent, spossati per la prima corsa nella
camera di Joanne, giunsero poco dopo con il fiatone per assistere alla scena; la
bambina invece era rimasta sul suo letto per ordine dell’anziano caposervizio.
Escludendo lei, ogni attuale residente del Palais Chaydeuvre si trovava nella
medesima stanza.
« Santo cielo, Adrien, che cosa fai? » gli domandò
Marja.
Lui la ignorò freddamente, portando tutta la sua
attenzione a Kayden. Si compiaceva immensamente nel vederlo tremare come una
foglia dopo che lo aveva strascicato per mezza villa in cerca degli altri
invitati. Tutti dovevano vedere quel ripugnante criminale implorare
pietà. « Dimmi dov'è il tesoro ».
« Lasciami parla–– ».
«
BASTA! DIMMI DOV'É!
» gli sbraitò. Ne aveva abbastanza dei suoi tentativi di discolpa, e non era mai
stato un uomo paziente.
« Per favore, Adrien, ascoltami! Non c'è nessun
tesoro! » lo invocò Bellocchio, cercando di farlo ragionare. Aveva perso il filo
degli avvenimenti, ma era evidente che quel poliziotto in erba sospettava di
Kayden e i nervi lo stavano tradendo.
« Davvero credi al maggiordomo? ».
Quelle parole fin troppo precise instillarono un
dubbio atroce nella mente del giovane. Sì, Laurent gli aveva detto del tesoro,
ma solo in presenza sua e di Serena. Se Adrien lo sapeva, allora c’era una sola
ipotesi che collimasse con l’interferenza alla radio.
« Da quanto mi hai messo addosso la microspia? ».
« Da abbastanza per sapere che non ti chiami né
Warren né John » ribatté quello con un sorriso, mentre non muoveva di un
centimetro la canna della USP dal cranio del luminopolese « Rispondimi,
Bellocchio o qualunque sia il tuo vero nome: se non c'è un tesoro perché De
Loménie ci ha convocati qui? ».
L’uomo tentennò. Non poteva contrattaccare in nessun
modo perché aveva ragione, e lui stesso l’aveva notato: quella storia non
aveva il minimo senso. « Non lo so ».
« Allora direi che hai fallito. Ora, se non ti
spiace, si fa a modo mio ».
« Tu non capisci! » protestò Kayden, ma la sua voce
andò a sbattere contro il solido muro mentale eretto dal suo aguzzino.
« Ho guidato io il gruppo di ritorno dalla camera
del barone dopo l’incendio, e non ho visto nessuno uscire dall'altro corridoio.
Quindi di certo non puoi averlo visto tu, quindi la storiella di come hai
scoperto la camera della bambina cade miseramente. Hai studiato la vita dei
membri della famiglia e pianificato il loro omicidio, e per questo sarai
arrestato. Ma prima rispondi » Adrien fece una pausa dopo l’esposizione, quindi
ripeté « Dov'è il tesoro? ».
« Io non stavo cercando di uccidere nessuno! ».
«
RISPONDI! ».
Bellocchio non era più certo nemmeno di che tasti
andare a toccare, il che per uno come lui era una novità. Se voleva avere
speranze doveva prima capire il suo avversario. « Cosa speri di ottenere in
questo modo, Adrien? Non è così che agisce l'Interpol! ».
« Chissenefrega dell'Interpol, ci sono cose
più importanti nella mia vita! » replicò risoluto l’agente, il suo capo che
scattava tra i suoi due interlocutori ignorando gli altri astanti, i quali non
facevano molto per farsi notare « Mia madre sta morendo, e non ho alcun modo di
pagare le sue cure senza quei soldi. Credi che mi importi qualcosa della vita di
un assassino? ».
La madre. Ora si ragionava, ora poteva
fare qualcosa di più. Bellocchio alzò le mani in un invito alla calma,
comprendendo che ciò che serviva a quel ragazzo confuso era ragionare. «
Ascolta, io so di ciò che parlo, ho letto le memorie di Chaydeuvre. Non ha mai
lasciato nessun tesoro! Spendeva tutto, era sempre sul lastrico! Questa storia è
nata solo dai suoi servitori, non c'è nulla di vero! ».
Seguì un silenzio che avrebbe potuto essere di
appena qualche secondo, ma a chiunque stesse partecipando alla scena parve
infinito. Solitamente quelle interruzioni erano segno di un’opinione che veniva
riconsiderata. Ma non quella volta: Adrien riprese con un tono ancora più gelido
e spazientito del precedente «
Dieci secondi. Parla o ti ammazzo ».
Tutti sobbalzarono colti dal panico, e persino lo
stesso uomo che a breve avrebbe ricevuto una pallottola nella tempia sembrava
essersi arreso. Come poteva anche solo pensare che uno che non reagiva sapesse
qualcosa?
« E cosa pensi di ottenere uccidendolo? » lo
interrogò Bellocchio, l’unico che ancora sperava di poter fare qualcosa.
« Giustizia, come minimo. Non pensare di essere
l'unico a cui importa della bambina. Cinque secondi ».
« Questa non è giustizia! ».
« Davvero, Bellocchio? E la tua idea di
giustizia qual è? Lasciare che questo assassino viva, se la cavi al processo e
se la spassi con il suo tesoro estorto al barone? ». La contestazione irruente
del poliziotto fece perdere definitivamente le speranze anche all’ultimo dei
combattenti nella stanza. Forse poteva convincere un civile dubbioso a non
sparare, ma non un soggetto addestrato e, più di ogni altra cosa, convinto fino
all’osso di avere ragione. Le persone più pericolose sono quelle convinte di
essere degli eroi.
«
IO NON SO DOVE SIA IL TESORO!
» gridò Kayden in un ultimo, disperato tentativo di salvarsi.
« Tempo scaduto » rispose asciutto Adrien, premendo
il grilletto senza remore.
Ma il suo indice andò a vuoto. Perplesso abbassò lo
sguardo e sgranò gli occhi sbalordito: il suo revolver era scomparso
proprio sotto al suo naso. Anche gli spettatori rimanenti furono attoniti di
fronte all’evento e iniziarono una silenziosa ricerca dell’arma con i loro
sguardi. Il primo a ritrovarla però fu Bellocchio, in quanto a differenza degli
altri sapeva dove indagare: non nei luoghi, ma nei volti.
La pistola non era semplicemente stata sottratta,
era svanita. E ora era ricomparsa fluttuante sopra la bianca e candida sagoma di
un piccolo Ralts, avvolta da un alone rosato.
« Perché in questi momenti tutti si scordano di
essere Allenatori? » domandò Serena con falsa modestia, la Poké Ball ancora
stretta in mano dopo aver invocato Karen in loro aiuto ordinandole di
teletrasportare lì l’arma. L’intuizione le era venuta in mente stranamente
tardi, ma quantomeno prima che il danno fosse irreparabile.
Adrien a quel punto si scagliò su Kayden a palmi
aperti, pronto a strangolarlo, ma Bellocchio fu pronto a rispondere e lo caricò
in corsa sospingendolo da un lato prima che raggiungesse il bersaglio. Il
poliziotto, sapendo ormai di non avere nulla da perdere, cercò di sferrare un
pugno all’uomo in completo, ma quest’ultimo lo bloccò facilmente e se ne liberò
lasciandolo ruzzolare a terra.
«
È UN ASSASSINO! » lamentò esasperato il giovane. Tutti gli si
erano schierati contro nonostante lui fosse il paladino dell’onestà, e
ciò andava oltre la sua comprensione.
«
E TU LO STAVI PER DIVENTARE!
» ribatté Bellocchio soffermandosi dopo per riprendere fiato dopo la successione
concitata degli ultimi eventi. Laurent fu il più sbigottito dalla brutalità
dello sfogo, perché nonostante tutto quell’individuo aveva sempre mantenuto i
nervi saldi. « Non sfidarmi, Adrien James. So essere un uomo molto peggiore di
quello che hai conosciuto finora ».
Il suo sguardo andò alla cintura, e sul passante
notò infine la microspia magnetica che, durante il loro dialogo serrato nello
studio degli interrogatori, l’agente doveva avergli apposto a sua insaputa.
Mentre gettava a terra la cimice e la schiacciava con la suola, Adrien era steso
al suolo in lacrime.
« Ti prego… Io voglio solo che mia madre non muoia…
».
« Sei un impiegato pubblico, comportati come tale ».
« Ci tiene ostaggi! E tu lo difendi! ».
« Non abbiamo le prove. Sapeva dov'era la camera di
Joanne, ma ci stava solo giocando ».
Le ultime parole scioccarono Adrien, che aveva
tagliato il collegamento ben prima che i tre facessero irruzione nella camera
della baronessina. Cionondimeno il turbamento durò una manciata di secondi, al
termine dei quali obiettò « E chi altro potrebbe essere stato? La sua lettera
era un falso! ».
Bellocchio esitò, nuovamente catturato nel colossale
dubbio già emerso prima. « Io… Io non lo so, non… ».
… Oppure sì? Forse il solo problema era che non ci
aveva riflettuto abbastanza. Come un geologo non aveva ancora scavato a
sufficienza per rinvenire il prezioso minerale. L’incongruenza si era palesata
in svariate occasioni: De Loménie non avrebbe mai diviso con nessuno un tesoro
se ne avesse avuto uno, e non c’erano dubbi a riguardo; eppure li aveva invitati
lì, e anche questo era indiscutibile. Avrebbe dovuto focalizzarsi su ciò molto,
molto prima, anziché trascurare la problematica bollandola come marginale.
Eccola, ora la soluzione era ovvia davanti ai suoi occhi.
A passi lenti Bellocchio si avvicinò a Kayden,
perforandolo con un’occhiata mentre quello non fiatava. Si chinò davanti a lui e
di colpo, senza che nessuno se lo aspettasse, gli assestò un violento schiaffo
sulla guancia destra. Laurent provò a intervenire, fermato però da Serena che,
pur non comprendendo la situazione, era certa che il suo amico avesse avuto le
sue buone ragioni. O meglio, certa non era il vocabolo più adatto. Lo
sperava, più che altro.
« Lei mi disgusta » gli sussurrò l’uomo sottovoce,
con un tono pregno di repulsione senza riserve « Poteva finirla in qualunque
momento, e l'ha protratta per soldi. Sua figlia non la merita ». I loro sguardi
si incrociarono scambiandosi informazioni silenziose; dopodiché Bellocchio si
alzò in piedi adirato.
« Sapevo che non mi avrebbe sparato, gli serviva
troppo il tesoro. Io so capire le persone ».
« Adrien aveva premuto il grilletto. Stare barricato
come un eremita nel Palais ha fatto male anche a lei, barone ».
Serena trasalì. Si sarebbe chiesta se avesse sentito
bene, ma il suo udito era perfetto. « Barone? ». Mentre gli altri
palesavano un’uguale reazione, il maggiordomo accanto a lei chinò il capo.
« Sì. Kayden è Étienne De Loménie ».
Un silenzio etereo calò sulla stanza. L’indiziato,
che ora aveva su di sé gli occhi di tutti, si issò sulle gambe accettando la sua
condizione: era il momento della sincerità. Le susseguenti parole avrebbero
provocato un putiferio.
« Sì, è vero. Sono io ».
Chiunque altro si sarebbe concesso un minuto per
assimilare la rivelazione, ma essendoci arrivato già da un minuto o più
Bellocchio non ne sentì il bisogno. Del resto, lasciarsi sconvolgere non era
decisamente cosa da lui. « Direi che adesso può anche dirci cosa sono veramente
i cecchini ».
« Fulmisguardi degli Espurr del Percorso 6. Jourdain
mi ha aiutato a catturarli e addestrarli per l'occasione ».
Laurent annuì, e nel gesto si notava una punta di
vergogna. Serena comprese che Jourdain doveva essere il suo nome, esattamente
come il suo datore di lavoro lo avrebbe chiamato. Kayden era davvero il barone.
Questo avrebbe spiegato perché nessuno degli ospiti lo conoscesse di persona:
era stato necessario da parte sua selezionare gli eleggibili tra completi
estranei per potersi amalgamare efficacemente tra loro.
E ciononostante non riusciva a crederci. « Ma…
Perché… ! Perché si è finto un invitato? ». Più cercava di capirci qualcosa, più
trovava incongrua la circostanza.
« Pensaci bene » la sollecitò direttamente
Bellocchio « Se escludiamo lui gli invitati erano un PR dalla vita sregolata,
una truffatrice e una soldatessa priva di morale e disoccupata. Tutta gente che
avrebbe fatto di tutto per i soldi ».
La ragazza mantenne le sue perplessità, ma un’altra
persona non fu altrettanto torpida a cogliere l’inferenza del giovane:
Charlotte. « Voleva che fossimo noi a trovare il tesoro! ».
« Scusate, mi sono persa… » intervenne Marja « La
lettera diceva che l'aveva già trovato, no? ».
De Loménie negò con il capo « Non ho la minima idea
di dove sia. In effetti non sapevo nemmeno se esistesse. La mia speranza era che
fingendomi morto vi sareste attivati per cercarlo, considerato quanto vi serviva
».
« E perché non l'ha cercato direttamente lei? ».
« Crede che non ci abbia provato? Ho passato sei
mesi a setacciare da cima a fondo questa villa, cercando di capire cosa
volessero da me quelle siepi ».
« Lei è pazzo » dichiarò senza alcuna insicurezza
Adrien, rimessosi in sesto dopo la colluttazione anteriore « Quando si è
ritrovato senza nulla in mano la sua prima idea è stata riunire dei poco di
buono sperando che loro riuscissero dove lei aveva fallito? ».
« Ero disperato. Volevo solo un futuro migliore per
Joanne ».
« No, no, non ci provi. Non provi a giustificare la
sua
INGORDIGIA
» lo assalì Bellocchio in uno scatto d’ira, facendolo arretrare nello
scombussolo « nel nome di sua figlia! ». L’accesso rabbioso atterrì anche tutti
i presenti nella Sala Lettura, che non osarono interromperlo per paura di
rimanerne vittime a loro volta. « Lei non ha capito assolutamente nulla del
granduca Chaydeuvre, come tutta la sua famiglia. Lui era il migliore dei vostri
».
« C-che cosa significa? ».
« Vada da Joanne, signor De Loménie. Le racconti
come si è finto morto nel nome del denaro. Le dica che non la merita. Le dica che nonostante tutto le vuole bene, anziché nascondersi dietro la
maschera di Kayden per giocare a Monopoli. E dopo che l'avrà fatto la copra per
bene e la porti nel giardino. Solo allora, forse, le dirò dove si trova il
tesoro ».
Il respiro pesante del barone echeggiò nell’ambiente
al ritmo dei suoi passi mentre si dirigeva verso la porta da cui poco prima era
entrato sotto copertura, ostaggio di Adrien James in pericolo di vita. Laurent
si offrì di accompagnarlo, ma lui alzò la mano a intendere che era una cosa che
doveva fare da solo. Per la prima volta in vita sua si era reso conto di aver
sbagliato, e ora aveva l’obbligo di rimediare.
Serena si accostò a Bellocchio, assicurandosi di
essere fuori dal rischio di un’eventuale aggressione nervosa. « Credevo non ci
fosse nessun tesoro » osservò dubbiosa.
L’uomo, anziché ignorarla o trattarla con
presunzione, inaspettatamente le rivolse uno dei suoi sorrisi sornioni, di
quelli che gli si stampavano sulla faccia quando risolveva un enigma. « Oh,
Serena… Davvero non l'hai ancora capito? ».
Le nuvole che avevano ottenebrato il cielo durante
la giornata si erano finalmente dissipate dopo il calar del sole, cedendo spazio
a un limpido firmamento stellato di mezzanotte. Bellocchio, recuperato il suo
cappotto, si trovava nel cortile retrostante del Palais Chaydeuvre, e più
precisamente sulla via centrale che tagliava il labirinto che fungeva da quarta
composizione botanica. Strisciava avanti e indietro sullo sterrato umido, quale
rapace a caccia del suo bottino. Serena, infreddolita, era appoggiata a una
delle siepi che delimitavano il dedalo di foglie a osservarlo. Quando finalmente
il suo amico si riportò in posizione eretta, prendendo a colpire con il tacco
della scarpa il suolo, pensò di rompere il silenzio che le era stato richiesto
per facilitare il pensiero e porre la domanda che teneva per sé da un po’.
Sfortunatamente fu anticipata da Étienne De Loménie,
che si era appena accostato al cespuglio dall’esterno « Ho fatto! E ora? ».
Bellocchio non si voltò nemmeno verso di lui,
continuando a lavorare in quella che sembrava un’operazione centralizzante «
Com'è andata? ».
« Lei non… ». Si interruppe e rivolse uno sguardo in
lontananza alla figlia, alla quale aveva raccomandato per sicurezza di
aspettarlo non molto distante. Anche se non voleva ammetterlo a se stesso,
temeva che certe azioni recenti di cui si vergognava venissero a galla nel
dialogo. « Non ha capito perché ne facessi una questione importante. Pensava
stessimo... giocando ».
L’uomo spartì un risolino appagato con Serena, la
quale notò che non pareva più furibondo come prima. « Come ho detto, non la
merita. Ora perché voi due non ci raggiungete qui al centro? ».
« ... Raggiungervi? Nel senso... ».
« Ha capito benissimo. Non vi preoccupate, non
potremmo iniziare senza di voi ».
Il barone si allontanò verso Joanne, indirizzandosi
poi nella direzione dell’ingresso del labirinto. Serena trovò finalmente il
tempo di parlare al suo compagno di viaggio, per quanto farlo mentre il suo
obiettivo si muoveva costantemente fosse cervellotico. Quantomeno la sua
iperattività si manifestava nuovamente, il che la confortava in un certo senso.
« Senti... ».
« E tutto è pronto! Scusa, dicevi? ».
« Hai parlato
delle memorie di Chaydeuvre prima, ad Adrien ».
« Sì, l'ho fatto. Non te l'avevo detto? » la
interpellò Bellocchio. Quando la ragazza reagì con un’efficiente espressione che
sostituiva adeguatamente un “tu che dici?”, il giovane si batté la mano
sulla fronte « Mi sono confuso, ne avevo solo parlato a voce alta tra me e me!
Ho letto il contenuto delle buste primo giorno mentre aspettavo che tu e Laurent
arrivaste allo studio privato ».
« Mi sono persa a buste ».
« Vediamo… Hai presente che il granduca faceva
collezione di francobolli, no? ».
Serena espose un cenno affermativo « Ho visto i
raccoglitori ».
« Tra i collezionisti c'è questa usanza di spedire a
se stessi delle buste con francobolli annullati nel giorno stesso
dell'emissione. Buste primo giorno, appunto ».
« Ma perché... Ah, ho capito! Come quelli che il
giorno d'uscita del PSS 5 sono andati a mezzanotte ai negozi! ».
« Esatto! » enfatizzò Bellocchio incoraggiante,
salvo poi ritrattare « No, aspetta, non c'entra niente, però se ti aiuta a
capire il concetto… ».
« Ma non capisco cosa c'entri con le memorie ».
« Il valore collezionistico è dato solo dalla busta,
ciò che c'è dentro è irrilevante. Nello specifico Chaydeuvre scriveva delle
memorie e se le spediva per poi custodirle e rileggersele di tanto in tanto ».
« E non poteva semplicemente... Tenere un diario? ».
L’uomo ci ragionò, convenendo poi gestualmente che
aveva ragione « Sono aristocratici, devono sempre fare le cose in grande ».
« E che cos'hai letto nelle lettere? ».
Bellocchio si rabbuiò d’un tratto, eppure pressoché
senza soluzione di continuità « Chaydeuvre era un uomo molto solo. I suoi soldi
l'avevano costretto all'isolamento per non dover avere a che fare con dei
profittatori. Negli ultimi mesi della sua vita arrivò a considerarli un peso e
fu determinato a liberarsene ».
« E quindi li nascose dando origine al tesoro ».
« Eh, quasi ». Prima di articolare meglio
quella risposta bizzarra, il giovane sogguardò De Loménie e Joanne, i quali
erano appena sopraggiunti dalla sezione inferiore della struttura arborea.
Immediatamente andò loro incontro, con tutta l’aria di voler affrettare i tempi
« Oh, siete stati veloci! ».
« Conosciamo bene il labirinto, ce la portavo quando
era ancora piccolina » spiegò il barone.
« Ci sarà tempo per parlare dopo, non si preoccupi »
troncò velocemente Bellocchio, che non pareva molto interessato a storie di vita
passata. Sospinse la coppia con precisione millimetrica lungo la stradicciola,
fino a dichiararsi soddisfatto della loro collocazione corrente « Prego, sì,
così, in questo punto esatto! ». Sbirciò in un baleno l’orologio da polso, non
cessando le raccomandazioni « Non vi azzardate a muovervi! ».
« Dove sono gli altri? ».
De Loménie si rivolse a colei che, nella sua mente,
ancora identificava come signorina Scarlett « Alla statua di Reshiram ».
« Poco male, sono vicini quanto basta » commentò
sibillino Bellocchio « Raccontavo a Serena della sorte del suo avo Chaydeuvre,
sicuramente la conosce ».
Étienne si sorprese e in qualche misura irritò per
quelle parole « Ho letto prima e più di lei ciò che ha scritto ».
« Ma non con adeguata attenzione, o non avrebbe
avuto bisogno di organizzare questa pantomima. Il granduca ha detto nella sua
ultima lettera tutto ciò che serve sapere ».
« L'ho analizzata parola per parola in cerca di un
indizio, signor Peace ».
« Allora continui con me. Molti anni fa, in questa
villa, viveva un uomo disperato, solo e oppresso dalla stessa fortuna che aveva
fatto tanta fatica per racimolare. Cosa avrebbe potuto fare? ». Il barone
tacque, totalmente incapace di trovare una risposta appropriata. « Non si
preoccupi, sono certo che sua figlia saprà rispondere subito » lo tranquillizzò
con velata ironia Bellocchio. Quindi si inginocchiò fino a raggiungere il
livello della bambina e, con voce bassa e dolce, le disse « Hai sognato di farlo
tante volte, vero? Quando volevi giocare con altri bambini, cosa avresti fatto?
».
Joanne inizialmente non parlò, titubante e anche
decisamente a disagio in quella situazione. Non aveva mai detto nulla di simile
nemmeno a suo padre. « Volevo scappare e andare al parco » dichiarò infine, e la
sua faccia arrossì.
« Scappare e andare al parco. Ecco dove sono finiti
i geni del granduca » sorrise Bellocchio con sincerità. Una volta alzatosi in
piedi aprì le braccia e alzò il capo al cielo « È proprio quello che fece
Chaydeuvre, non è così? Inscenò la sua morte con tanto di cospirazione allegata
per liberarsi del fardello che il suo nome gli imponeva... e fuggì, andando a
vivere altrove ».
« Non c'è nulla di simile nella lettera » obiettò De
Loménie.
« Ed è per questo che lei non l'ha mai scoperto.
Leggere tra le righe non è un privilegio esteso a tutti ».
Per quanto l’idea fosse assurda, il barone non
poteva negare di aver egli stesso appena finto un decesso, e che quindi così
improbabile non era. Decise dunque di ignorare almeno temporaneamente
l’irrazionalità di ciò, o avrebbe dovuto ammettere che egli stesso aveva mancato
di ragionevolezza. « E lei sostiene che abbia nascosto un tesoro prima di...
fuggire? ».
« Se lo immagini, il povero Chaydeuvre prima di
partire. Non capisce proprio cosa desiderasse, vero? » lo provocò l’uomo, solo
parzialmente stupito dal fatto che un esponente di una categoria a lui tanto
invisa riuscisse a essere così ottuso « Voleva conoscere qualcun altro. Voleva
non trascorrere il resto della sua vita da solo. Se lo immagini mentre si
promette di ritornare solo con un amico, o una moglie, o una figlia. Da
vincitore, da uomo rinnovato ».
« Dove vuole andare a parare? ».
« Chaydeuvre aveva capito che essere ricchi è
inutile se non puoi condividerlo con qualcuno. E nascose il suo tesoro di modo
da non poterlo riottenere da sconfitto ». Lanciò una scorsa complice a Joanne,
alzando e abbassando le sopracciglia « Che ne direbbe un meccanismo automatico?
».
« Un cosa? ».
« A me sarebbe piaciuto così! Una piattaforma, per
esempio. Un pulsante che non si attiva finché non c'è un peso sufficiente a fare
pressione su di esso. Un peso superiore a quello del granduca, dando vita a un
congegno attivabile solo se fosse riuscito a tornare con qualcuno ».
Il bersaglio dei suoi occhi fu questa volta Serena,
che comprese in un guizzo d’intuizione il frutto del suo ragionamento.
Istintivamente aprì la bocca come per scoppiare a ridere di meraviglia, ma non
emise un suono così da non rovinare l’atmosfera.
Bellocchio aggirò il barone e la baronessina fino a
trovarsi a un ridottissimo distacco dietro di loro, mettendo le mani sulle
rispettive spalle in una sorta di abbraccio indulgente « Ma ovviamente doveva
prendere precauzioni, non poteva rischiare che venisse azionato per sbaglio.
Personalmente avrei inserito una clausola di tempo. Non fare nulla finché il
bottone non è premuto per… ». Controllò una seconda volta l’orologio « Sì,
tre minuti e mezzo sarebbero stati sufficienti ».
Il terreno su cui i due nobili poggiavano i piedi si
abbassò con uno scatto, mandandoli in subbuglio per quanto fu inatteso.
Guardando in basso scoprirono che un rettangolo di pietra su cui erano rimasti
per tutto il tempo, sospinti dall’investigatore improvvisato, era appena
sprofondato di alcuni centimetri.
Contemporaneamente un sibilo giunse alle loro
orecchie, ma fu rapidamente obnubilato da un maestoso boato che assordò tutti.
Una sorgente luminosa si accese sopra le teste dei presenti rischiarando lo
sterrato, e quando si ripresero dallo spavento e alzarono gli occhi al cielo per
poco non vennero anche accecati: una prestigiosa conformazione a raggiera
brillava sotto le stelle, spargendo scintille auree sulla villa. Frattanto altri
missili filiformi decollavano dai lati del giardino e subentravano a quello
appena dissoltosi, esplodendo a loro volta in un tripudio di lampi e sconquasso.
Erano fuochi d’artificio. Il congegno innescato
dalla piattaforma aveva attivato dei lanciatori meccanici assopiti per un secolo
che ora scatenavano uno spettacolo indescrivibile. Marja, Charlotte e Adrien
raggiunsero in quel momento il centro della siepe, o meglio l’altezza
corrispondente del parco all’esterno del dedalo, ma Serena fece loro segno di
non parlare mentre ammirava la rappresentazione pirotecnica.
Bellocchio tornò in posizione frontale rispetto a De
Loménie. Joanne si turava le orecchie a ogni botto e non faceva che stringersi
alla gamba del padre, ma allo stesso tempo ammirava il concerto di luci
imprimendone ogni istante nella memoria; il barone, dal canto suo, stringeva a
sé la bambina prendendola sottobraccio in un atto protettivo. Nessuno dei due
aveva mai visto nulla di simile, asserragliati com’erano stati tutta la vita,
chi volente e chi nolente, nell’antica residenza di famiglia.
Il giovane si allontanò per lasciarli da soli e si
diresse dagli altri tre invitati, che definire perplessi sarebbe stato
minimizzare.
« Che cosa… » farfugliò a stento Marja, rapita da
quell’eccezionale armonia.
« La stella di fuoco » spiegò lui
compiaciuto. Non aveva indovinato fino all’ultimo la vera natura del segreto
delle quattro siepi, e quando l’aveva svelato si era sorpreso egli stesso di
come il nome tramandato nella tradizione dei maggiordomi fosse singolarmente
fedele alla realtà. « Il leggendario tesoro di Chaydeuvre ».
Adrien non trovò nulla che valesse la pena dire in
quella circostanza, arrendendosi alla magnificenza delle rose chimiche stagliate
nella notte; altrettanto non si può dire di Charlotte, la cui vena amareggiata
era facilmente leggibile nell’espressione del volto. « Era tutto qua? » commentò
disillusa.
« Ah, gli uomini! Convinti che l'unico tesoro sia
quello che luccica d'oro! Il granduca vi ha lasciato qualcosa di ben più
prezioso » proclamò Bellocchio con tono solenne, voltandosi verso Serena che
ricambiò lo sguardo « Vi ha lasciato un ricordo ».
La ragazza annuì senza parlare, limitandosi a un
autentico sorriso. Capiva bene le intenzioni di Chaydeuvre: fin dall’inizio
aveva pianificato di tornare per ammirare i fuochi d’artificio con chiunque
avesse legato nel suo viaggio. Del resto un ricordo ha valore solo se condiviso;
altrimenti, come un pregiato anello lasciato in un cassetto, si impolvera e
perde la vivacità che lo rendeva speciale fino a diventare insignificante.
Gli pneumatici varcarono il cancello spalancato e
rilucente d’oro del Palais Chaydeuvre e, solcando il fango rinsecchito dal sole
mattutino delle nove e un quarto, l’automobile svoltò a sinistra stringendo la
curva e prese a sfrecciare sull’asfalto in direzione di Luminopoli. A guidarla
era Marja, che stava incidentalmente seguendo la medesima rotta di Charlotte
dopo un saluto emozionante tenutosi poco prima nello spiazzo antistante la
villa.
De Loménie li aveva accolti per il resto della notte
e ora, il giorno successivo, era tempo di andare. Dopo le due donne giungeva ora
il turno di Adrien, già nell’abitacolo della sua vettura. Bellocchio gli si
avvicinò, parlandogli attraverso il finestrino calato. Sapeva più o meno cosa
dire, ma per qualche ragione le formule per esprimere il concetto continuavano a
incastrarglisi in gola. « Tutto bene? ».
« Adesso sì ».
« E per tua madre... ? ».
« Étienne mi ha offerto gentilmente parte dei suoi
soldi per pagarle le cure ». Il giovane era parso quasi scosso nel pronunciare
la frase; una rarità stante che, ignorando la crisi finale, aveva sempre
mantenuto un modo di porsi disinteressato.
A Bellocchio, invece, quelle parole avevano solo
instillato altro scetticismo: poteva essere che avesse sovrastimato la dolina
finanziaria del barone, ma era particolarmente convinto che non potesse
permettersi di elargire somme per anche nobili cause. Ma non avrebbe osato
turbare l’equilibrio di un’atmosfera così pacifica nemmeno se ne avesse avuto la
certezza.
« Tutto sommato è stato un piacere conoscerti »
commentò Adrien. Si strinsero rispettosamente la mano, dopodiché l’agente avviò
il motore e proseguì superando lo slargo della magione. Nonostante fosse appena
uscito da forse la sua notte peggiore dai tempi del granduca e a scapito della
volta turchina che lo sovrastava, il Palais appariva avvolto da un velo di
malinconia. Era trascorso meno di un giorno, eppure quei cinque inquilini
forzati avevano costruito legami già incredibilmente saldi. Chissà dove li
avrebbe condotti ora, la vita. Chissà se si sarebbero mai incontrati di nuovo.
Bellocchio si voltò verso il portone d’ingresso,
avvistando Serena che si intratteneva piacevolmente con il maggiordomo Laurent.
Frattanto un’altra figura gli stava venendo incontro: proprio il padrone di
casa, il fu Kayden che pareva quasi inadatto agli abiti signorili che ora
indossava.
« Non avete una macchina, voi? » domandò il barone,
affiancandosi all’uomo in cappotto. La temperatura era gradevole, un netto
miglioramento rispetto alla pioggia torrenziale che si lasciavano alle spalle.
« Solo le care vecchie gambe ».
« La ragazza mi ha detto che andate ad Altoripoli.
Viaggio da Allenatori? ».
« Lei sì, io... non ne sono ancora sicuro ». Il
giovane ripensò ai due frammenti celesti che teneva costantemente in tasca, e a
quanto terribilmente poco sapesse a riguardo. Era per loro che viaggiava, eppure
finora non aveva fatto nulla per indagare sulla loro natura. « Adrien mi ha
detto che lei finanzierà... le cure, ho capito bene? ».
« È il minimo che possa fare per sdebitarmi con lui.
L'ho quasi trasformato in un assassino ».
« Credevo che lei non avesse… ».
De Loménie gli si approssimò, visibilmente eccitato
sottopelle, e sussurrò all’orecchio « Ho usato i soldi che adibivo al
mantenimento del Palais Chaydeuvre. Io e Joanne ce ne andremo presto di qui ».
Bellocchio se ne rallegrò oltremisura, non fosse
altro perché egli stesso credeva fosse la scelta migliore. « Davvero? ».
« Ho pensato molto a quello che ha fatto il mio
antenato, ed è la cosa migliore. Soprattutto per Joanne ». Il barone si scostò
tornando alla posizione precedente, segno che il grande segreto era terminato «
Ma non gliel'ho ancora detto. Voglio che sia una sorpresa ».
E così, alla fine, anche un aristocratico poteva
imparare dai propri errori. Forse Serena aveva ragione, forse i suoi erano
sempre stati solo pregiudizi.
E a proposito di Serena, ecco che trotterellava
verso di lui pronta a ripartire. L’uomo strinse la mano anche a De Loménie, e
suscitato dal gesto gli tornò in mente il commiato di Adrien udito un minuto
prima, che si applicava perfettamente anche in quella situazione: tutto
sommato è stato un piacere conoscerti.
« Siete sicuri che non possa fare altro per voi? C'è
il nuovo PSS in uscita, magari... ».
« Non se ne parla neanche, Étienne » lo arrestò la
ragazza senza dubitare un istante.
« Allora non posso fare altro che augurarvi buon
viaggio. A buona speranza, am-- ».
«
FERMI!
».
Il grido echeggiato nel piazzale era tanto acuto
quanto dolce in un bizzarro contrasto melodico. Tutti posarono lo sguardo sulla
villa, da dove un corpo mingherlino in camicia da notte era appena uscito. La
sua corsa era scomposta e terminò con il fiatone, ma Joanne fu eccezionalmente
veloce per la sua età.
« Credevo che stessi dormendo! » esclamò il barone.
La figlia tuttavia lo ignorò completamente,
dichiarando a gran voce le sue intenzioni « Voglio venire con voi! ».
Gli occhi di Serena divennero due molle per quello
che ritenne una sorta di esilarante contrattempo. Il padre non fu dello stesso
avviso, sottintendendo un filo di sfiducia senza esplicitarlo « Tesoro, che
dici? ».
« Voglio viaggiare insieme a loro, papà! Voglio
vedere il mondo! » ribadì lei inamovibile, indirizzando poi le sue preghiere a
Bellocchio nella speranza che almeno lui si dimostrasse, secondo la sua visione
delle cose, raziocinante « Per favore... ».
L’uomo si abbassò fino a che i loro sguardi non si
incrociarono parallelamente al terreno e disse l’ultima cosa che ci si sarebbe
aspettati rispondesse. « Certamente ».
Sia la sua amica che De Loménie gli lanciarono
un’occhiataccia severa, ma quegli fece cenno di aspettare a giudicarlo e
proseguì il discorso « Ma vedi, andare in giro con me è pericoloso. È pieno di
fantasmi e Pokémon con pungiglioni. Non è adatto a una bambina ».
« Io non sono una bambina! Ho sette anni e
mezzo! ».
« Tra dieci anni » suggerì Bellocchio « Tra dieci
anni viaggeremo insieme. Affare fatto? ». Joanne s’imbronciò, ma era più una
finzione che non un capriccio vero e proprio. In fondo era intelligente, e per
quanto non accettasse le ragioni le capiva. « Su, vedrai che ti divertirai anche
con tuo padre ».
« Sì, come no ».
Il giovane le scompigliò i capelli, si alzò in piedi
e si esibì in una specie di saluto militare eseguito con due sole dita al posto
dell’intera mano, quasi in un intento demistificatore. « A buona speranza,
signor barone ».
Detto ciò iniziò a camminare verso l’uscita del
Palais Chaydeuvre. Serena si accodò senza pensarci due volte, più che mai
desiderosa di ripartire dopo la breve pausa che si erano controvoglia concessi.
Era un tiepido venerdì di aprile e Altoripoli distava ancora qualche giorno di
tragitto, oltre l’aggrovigliata Grotta Trait d’Union.
Étienne De Loménie attese che i due varcassero
l’inferriata subito diligentemente richiusa da Jourdain. Solo quando fu certo di
essere solo con sua figlia, sotto un sole mite che proiettava ombre oblunghe
verso sudovest, si girò verso di lei e le bisbigliò « Ho una sorpresa per te,
sai? ».
« Tra l'altro ho sentito che nella grotta c'è un
certo... Oregon il Loudred, se ho capito bene ».
« Mphh… Oregon? ».
« Non c'è nulla di divertente, dicono sia
pericoloso. Speriamo di non incontrarlo ».
« Serena, ormai mi conosci. Ovviamente lo
incontreremo ».
Bellocchio terminò l’usuale pratica di appunto degli
avvenimenti e ripose il suo taccuino nella giacca. I due percorrevano un
tracciato del Percorso 7 che fiancheggiava parallelamente il fiume Cher, corso
d’acqua che li avrebbe accompagnati per tutto il tragitto. Alla loro sinistra si
estendevano vasti prati fioriti smossi da una lieve brezza d’aprile. Nonostante
quest’ultima perdurava un caldo inusuale e Serena avvertì il bisogno di
togliersi la giubba scarlatta che aveva adottato per i giorni meno ameni, come
quelle poche ore nella nebbia a Castel Vanità. Mentre se la stava sfilando
scorse alla distanza un edificio troneggiante edificato proprio sul torrente, e
aguzzò la vista per inquadrarlo meglio.
« Ehi, quello laggiù è un castello? ».
« Per carità! » rispose il suo amico, ancora chiuso
nel cappotto nonostante la temperatura, e la ragazza ridacchiò. Effettivamente
di circoli altolocati ne avevano avuto abbastanza, almeno per ora.
Bellocchio d’un tratto si arrestò, iniziando a
guardarsi intorno per assicurarsi di essere solo e scrutando dietro di sé fino a
individuare il Palais Chaydeuvre.
« Cosa c’è? » lo interrogò Serena, imitandone la
frenata per non sorpassarlo.
« Volevo aspettare di essere lontano » rispose lui,
estraendo poi dalle tasche interne del soprabito un involucro cartaceo
ingiallito. Le sue dita si muovevano delicate su di esso, cercando il più
possibile di non rovinarla.
« Cos’è? ».
« L'ho trovata nel doppiofondo di un cassetto dello
studio privato del barone. È una busta primo giorno ».
« Come mai l'ha tolta dai raccoglitori? ».
« Non ci è mai stata. Sulla busta sono state
lasciate istruzioni su dove lasciarla, raccomandandosi di non aprirla, il che
significa che non è stata messa lì direttamente da Chaydeuvre. E inoltre la data
dell'annullamento è posteriore a quella dell'ultima lettera di circa tre anni ».
« Vuoi dire… ? ».
« Sì. Questa busta è stata spedita dal granduca
quando aveva già fatto sparire le sue tracce » spiegò l’uomo, senza aggiungere
l’ovvia conclusione: quella tra le sue mani era la vera missiva finale
del nobile. « Probabilmente aveva istruito il Laurent del tempo perché sapesse
che era lui ».
Serena lo canzonò sorniona « Quindi hai rubato un
cimelio ».
« Beh, non penso che quella cima di De Loménie
l'avrebbe trovata, in ogni caso » ribatté stando al gioco, ma la festosità svanì
presto in un’aura di compostezza impenetrabile. « Secondo te ce l'ha fatta? ».
« A fare cosa? ».
« A trovare qualcuno. Non sei curiosa di sapere che
vita abbia avuto dopo quella decisione tanto difficile? ». Bellocchio si rigirò
la busta tra i palmi, studiandola come un artefatto alieno. « Queste sono le sue
ultime memorie. Potremmo scoprirlo » suggerì con voce suadente, fissando
l’adolescente dritta negli occhi « Che ne dici, diamo una sbirciata? ».
La quiete fu interminabile. Serena gli restituì lo
sguardo intenso e prese prudentemente in mano la lettera. La esaminò centimetro
per centimetro, soppesando ogni aspetto della loro incredibile possibilità. Il
sigillo era intatto, segno che nessuno nella storia dell’umanità aveva ancora
letto le parole che si nascondevano dietro quel fine involto friabile. Avrebbero
potuto accedere a una conoscenza unica, essere i soli depositari del segreto di
uno dei più influenti abitanti della Kalos del passato.
Con un passo di danza si voltò e lanciò in aria
l’epistola, lasciando che dopo uno svolazzo controvento si depositasse
nell’acqua del Cher. Bellocchio sorrise, e Serena ebbe la conferma che la sua
ultima azione era quella che lui aveva desiderato anche prima di porle la
domanda. Nessuno ebbe bisogno di spiegare all’altro la decisione comune;
ripresero a camminare verso ovest, abbandonando alle spalle un passato ignoto
che, trascinato via dalla corrente, si liquefaceva fino a divenire illeggibile.
Caro Geoffrey,
ho ordinato espressamente che tu non apra questa
busta, ma mi rinfranca sperare che un giorno, credendomi ormai morto, tu trovi
nel lutto la forza di rompere la tua infinita e mai sufficientemente ringraziata
devozione di caposervizio e infranga il divieto.
Non tornerò più alla villa di mio padre. So che avevo
promesso il contrario, e spero capirai che anche per me è doloroso sapere che
non ti rivedrò. Il minimo che possa fare è spiegarti le ragioni di questa mia
infelice decisione.
Dopo aver cambiato il mio nome in William Grundy per
celare la mia identità mi sono inoltrato nelle montagne di Kalos e ho trovato
casa in un meraviglioso villaggio di nome Flusselles. Qui ho incontrato Meriam,
mia moglie da quando siamo convolati a nozze lo scorso giugno. Voglio che tu
sappia che stiamo vivendo una vita serafica e soddisfacente. Ho trovato impiego
in una piccola manifattura tessile locale, e la mia retribuzione, ancorché
misera raffrontata alle ricchezze di cui disponevo come granduca, è più che
sufficiente per mantenerci in maniera dignitosa.
Malauguratamente, la mia amata Meriam soffre di una
bronchite cronica di lunga data che le rende ostili le regioni dal clima secco.
Provo spesso nostalgia della mia vecchia villa, ma non posso rischiare che mia
moglie soffra di crisi respiratorie per causa mia. Pertanto ho a malincuore
preso la decisione di non fare ritorno. Spero che mi capirai, e sarai felice
quanto lo sono io.
Sei stato un meraviglioso caposervizio e un leale
amico, e te ne sarò grato in eterno. Spero di rincontrarti nel Regno dei Cieli.
I miei saluti,
Ludovic Chaydeuvre
P.S. La pietra incompleta è al sicuro nella mia
cassaforte qui a Flusselles. Non ti angustiare, ne avrò massima cura come tu hai
fatto in mia vece in questi anni.
NEXT TIME –
Lo chiamano “l’astronauta
del Solway”. È il nome dato a una figura comparsa in una fotografia scattata cinquant'anni fa da Jim Templeton, in cui dietro sua figlia fa capolino l’inquietante sagoma
di una tuta spaziale. Templeton dichiarò al tempo che non c’era nessun altro
nella piana oltre alla sua famiglia, e da allora l’opinione generale degli
esperti è che si sia trattato di un semplice caso di sovraesposizione.
Ma gli esperti si sbagliano.