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Autore: NoceAlVento    08/12/2014    3 recensioni
Cosa succede a Kalos? Forze oscure agiscono nell'ombra, perseguendo i loro ignoti obiettivi ai danni di innocenti; misteriosi frammenti di una gemma celeste sono apparsi nella regione dal nulla; una ragazza, anche se non ancora non lo sa, è stata tenuta sotto segreta osservazione per tutta la sua vita. E in tutto ciò c'è Bellocchio, appena precipitato da un'aeronave in fiamme e portato a scoprire che cela un passato lontano a Kalos, anche se non l'ha mai vista in vita sua. Nuovi capitoli ogni due settimane!
 
***
 
« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio chi? ».
« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti chiami davvero così? ».
« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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PREVIOUSLY ON LKNA: nella prosecuzione delle indagini sull’omicidio del barone De Loménie, Bellocchio e Serena scoprono che Santiago, il cui vero nome è Adrien James, è un esponente della Polizia Internazionale. Non è l’unica rivelazione della giornata: il tesoro oggetto della contesa, denominato nelle leggende “stella di fuoco”, pare essere legato alle siepi del giardino privato del Palais, tutte raffiguranti Pokémon di tipo Fuoco a parte una.

Attraverso una conversazione con il maggiordomo Laurent emergono altre agghiaccianti verità: anche il granduca Chaydeuvre è perito in un incendio decenni fa, e soprattutto De Loménie versava all’insaputa di chiunque in condizioni economiche non brillanti, il che significa che se avesse casualmente rinvenuto una somma di denaro non l’avrebbe condivisa con nessuno. Non c’è nessun tesoro.

Riflettendo sulle implicazioni di ciò, Serena fa notare che i francobolli usati per spedire gli inviti sono tre, contro quattro ospiti riscontrati in possesso della lettera. Uno di loro deve averla falsificata, e proprio in quel momento qualcuno entra nella camera della piccola Joanne, figlia del barone.

 

 

 

 

 

 

La Sala Lettura, nome di fantasia assegnato da Marja a un ambiente senza nome, era un boudoir allocato al primo piano del Palais Chaydeuvre, uno studio circondato da scaffali zeppi di libri e periodici di ogni genere. La donna, però, l’aveva scelto per tre fondamentali ragioni. Numero uno: era praticamente insonorizzato, quindi nessuno l’avrebbe sentita confabulare con Charlotte nel cuore della notte. Numero due: era caldo e confortevole, e dato l’innaturale gelo che perdurava all’esterno faceva assai comodo. Numero tre: era posizionato in fondo a un corridoio, quindi nessuno le avrebbe disturbate accidentalmente. L’unico problema che poteva sorgere era il fatto che non fosse strettamente isolato: una porticina lo connetteva a un androne buio che conduceva chissà dove. A parte quello era perfetto per conversazioni notturne.

Il loro dialogo di fronte alla statua di Zekrom le aveva avvicinate più di quanto si sarebbero attese, il che si era aggiunto ad affinità pregresse: entrambe non riuscivano a dormire e, dopo che il maggiordomo aveva liberato la zona, entrambe avevano lasciato le loro camere e ora sorseggiavano da flûte cristallini lo champagne avanzato dal rinfresco.

« Perciò, vedi… Come… I ricchi non sono un buon partito, ecco. Penseranno sempre che ami i suoi soldi e non lui » concluse il discorso la più giovane delle due, avvinando il vetro mentre parlava. L’aveva sempre visto fare a sua madre, quindi a qualcosa doveva servire.

« Chissenefrega, intanto hai i soldi! » esclamò Charlotte, e le risate che seguirono sovrastarono per un breve tempo il pianoforte che la faceva da padrone nella stanza.

Avevano sostato in precedenza all’ingresso per una breve tappa, il tempo per prelevare bottiglia, bicchieri e grammofono per aggiungere un sottofondo musicale. Il suono classico che risuonava accogliente nella sala fungeva come ottima distrazione dalla finestra con le tende tirate al di là della quale i cecchini attendevano solo un passo falso del più sprovveduto del gruppo. Eppure, forse per l’alcool o per l’accattivante discussione, nessuna delle due vi aveva pensato nemmeno un momento da quando si trovava in quella stanza.

« Non si può togliere questo piano? È sempre uguale! ».

« Figurati se so come si usa un giradischi! » reagì Marja sghignazzando.

« Oh, è facile… In pratica… prendi il disco e–– ».

La spiegazione di Charlotte fu bruscamente interrotta: la sopraccitata porta dalla destinazione ignota si spalancò con un colpo secco e ne fuoriuscì un uomo. Né l’una né l’altra donna inquadrarono però la sua identità: la loro attenzione fu decisamente focalizzata sulla pistola che questi stringeva nella mano destra.

« NON MUOVETEVI O SPARO! ».

 

 

 

Episodio 1x25

La stella di fuoco

 

 

 

« Due più tre… Cinque! Uno, due… No, Viale dei Giardini no! ».

Joanne vagliò la sua pila arruffata di cartemonete fac-simile e assemblò i 500 P per l’imposta di transito sul terreno, spostando solo successivamente la pedina corrispondente. « Ti odio ».

Kayden ridacchiò divertito dal lamento scherzoso della bambina. « Va bene, tocca a me » annunciò allungando il braccio per prendere i dadi.

Di colpo l’uscio della camera si spalancò con un rombo e un ben noto individuo in completo marrone si gettò sull’uomo atterrandolo, scomponendo nel processo la plancia di gioco su cui il match di Monopoli si stava svolgendo. Una ragazza bionda seguì a ruota e si diresse verso Joanne, circondandola con le braccia e prendendola da parte contro la parete, quasi a porsi a scudo tra i due partecipanti. L’ultimo a entrare fu il maggiordomo Laurent, rimasto indietro in quanto non più in grado di correre come nel fiore degli anni.

« NO, CHE STATE FACENDO? » protestò la baronessina a gran voce « Avete rovinato tutto! ».

Cosa?, pensò Bellocchio voltandosi verso di lei. L’attimo di distrazione seguente bastò a Kayden per sferrargli un pugno allo zigomo destro e ribaltarlo, liberandosi così dal blocco. « Si può sapere che ti prende? » gli domandò con veemenza.

« Credo che abbiamo commesso un grosso errore » commentò Serena dopo un breve silenzio, una volta che ebbe analizzato due volte la scena in cui si erano intromessi.

Joanne, approfittando del momento di sconcerto, la aggirò e si trascinò al tabellone verde acqua rovesciato, con casette rosse e carte Probabilità e Imprevisti sparpagliate sul pavimento. Bellocchio si liberò dalla pressione del suo oppressore e, incontrando gli occhi della piccola, li vide sul punto di piangere.

« State… giocando? ».

« Stavamo giocando » precisò Kayden « prima che qualcuno ci interrompesse! ».

Laurent si avvicinò a Joanne per consolarla, prendendola da parte e sedendosi sul letto a baldacchino. Contemporaneamente Bellocchio scattò in piedi, per nulla pronto a desistere dopo le ultime scoperte. « Ah, davvero? E come sapeva di questa stanza? ».

« Ho visto te e la signorina Scarlett venire da qua dopo l'incendio, volevo sapere cosa c'era ».

Il finto agente dell’Interpol a quel punto parve a corto di argomentazioni, e forse aveva per il ritmo concitato degli eventi dimenticato perché si trovavano lì prima di tutto. In suo aiuto giunse Serena « Bellocchio, i francobolli ».

« Bellocchio? » Kayden aggrottò la fronte « Ora hai tre nomi diversi? ».

« Giusto! » esclamò l’interessato, ignorando l’interpellanza « Kayden, mi dia la sua lettera. Busta inclusa ».

La reazione dell’uomo fu esitante, ma certo non poteva tirarsi indietro. Sfilò dalla tasca posteriore l’oggetto della disputa, in condizioni non perfette ma senz’altro leggibile. Dopo una rapida disamina Bellocchio trovò ciò che cercava. O per meglio dire non trovò quello che cercava.

« Nessuna affrancatura. È falsa ».

Lo sguardo di Kayden raggelò e le sue mani iniziarono a strofinarsi l’una contro l’altra per il nervosismo. Il suo interrogatore colse quella sfumatura e lanciò un’occhiata a Serena per dirle ti tenersi pronta se avesse azzardato una fuga.

Invece non vi fu nessun tentativo, nessuno scatto. « C'è una spiegazione, glielo garantisco ».

« Ora mi dà del lei? ».

« Il punto è–– ».

Bellocchio senza preavviso si portò l’indice alla bocca « Sssh ».

« Il–– ».

« Sssh! » ripeté più aggressivo, estendendo stavolta il gesto a tutti i presenti. A piccoli passi iniziò ad aggirarsi nell’ambiente, girando la testa a scatti e facendo roteare le pupille in cerca di qualcosa. Anche Serena se ne accorse a quel punto, e iniziò a seguire la posizione dell’amico.

Un sibilo. Tra le mura risuonava una specie di disturbo acustico, un rumore statico impercettibile. Dopo un’analisi mentale l’uomo stabilì che proveniva dalla sezione sinistra della stanza, e un’altra perizia consecutiva ne determinò l’altezza.

Era la radio. Vi si avvicinò per sicurezza, ma i dubbi erano calati molto prima: era decisamente quell’apparecchio a produrre il suono. C’era solo un problema con questa teoria, ovvero che la manopola era impostata su spento.

« Cos’è? » chiese Serena corrucciata.

« Strano. È un'interferenza, come se qualcuno stesse telefonando da qua ».

Non era l’unica opzione, però. La corrente indotta poteva essere prodotta da qualsiasi segnale fosse trasmesso nelle vicinanze. Un cellulare, un messaggio, oppure… ?

D’un tratto la porta si aprì nuovamente con un fracasso infernale e Adrien, il piede ancora alzato dopo averle sferrato un calcio, la varcò con un balzo. Prima che chiunque potesse parlare levò il braccio di fronte a sé, rivelando stretta tra le dita una pistola semiautomatica USP .45 pronta a fare fuoco.

 

 

« NON MUOVETEVI O SPARO! ».

Il corridoio cui la porticina della Sala Lettura dava accesso non era altro che un collegamento che faceva capolino a breve distanza dalla camera della figlia del barone. Dopo l’immotivato raptus ostile di Adrien, tutto il gruppo lo aveva inseguito proprio attraverso lo stretto andito per terminare l’itinerario esattamente nell’ambiente dove Marja e Charlotte stavano parlottando rilassate.

Adrien trascinò Kayden al centro del salotto mentre quest’ultimo cercava invano di prendere parola. Le due donne scattarono in piedi e si allontanarono rapidamente dalle loro poltrone, addossandosi al muro nel terrore: sotto i loro occhi l’agente stava ora puntando un revolver alla nuca dell’uomo dopo averlo costretto a voltarsi e ad alzare le mani. Bellocchio entrò in quel momento dalla porta e si fiondò in avanti, ma Adrien gli rivolse contro l’arma e lo minacciò stridente « Nemmeno tu ».

Serena e Laurent, spossati per la prima corsa nella camera di Joanne, giunsero poco dopo con il fiatone per assistere alla scena; la bambina invece era rimasta sul suo letto per ordine dell’anziano caposervizio. Escludendo lei, ogni attuale residente del Palais Chaydeuvre si trovava nella medesima stanza.

« Santo cielo, Adrien, che cosa fai? » gli domandò Marja.

Lui la ignorò freddamente, portando tutta la sua attenzione a Kayden. Si compiaceva immensamente nel vederlo tremare come una foglia dopo che lo aveva strascicato per mezza villa in cerca degli altri invitati. Tutti dovevano vedere quel ripugnante criminale implorare pietà. « Dimmi dov'è il tesoro ».

« Lasciami parla–– ».

« BASTA! DIMMI DOV'É! » gli sbraitò. Ne aveva abbastanza dei suoi tentativi di discolpa, e non era mai stato un uomo paziente.

« Per favore, Adrien, ascoltami! Non c'è nessun tesoro! » lo invocò Bellocchio, cercando di farlo ragionare. Aveva perso il filo degli avvenimenti, ma era evidente che quel poliziotto in erba sospettava di Kayden e i nervi lo stavano tradendo.

« Davvero credi al maggiordomo? ».

Quelle parole fin troppo precise instillarono un dubbio atroce nella mente del giovane. Sì, Laurent gli aveva detto del tesoro, ma solo in presenza sua e di Serena. Se Adrien lo sapeva, allora c’era una sola ipotesi che collimasse con l’interferenza alla radio.

« Da quanto mi hai messo addosso la microspia? ».

« Da abbastanza per sapere che non ti chiami né Warren né John » ribatté quello con un sorriso, mentre non muoveva di un centimetro la canna della USP dal cranio del luminopolese « Rispondimi, Bellocchio o qualunque sia il tuo vero nome: se non c'è un tesoro perché De Loménie ci ha convocati qui? ».

L’uomo tentennò. Non poteva contrattaccare in nessun modo perché aveva ragione, e lui stesso l’aveva notato: quella storia non aveva il minimo senso. « Non lo so ».

« Allora direi che hai fallito. Ora, se non ti spiace, si fa a modo mio ».

« Tu non capisci! » protestò Kayden, ma la sua voce andò a sbattere contro il solido muro mentale eretto dal suo aguzzino.

« Ho guidato io il gruppo di ritorno dalla camera del barone dopo l’incendio, e non ho visto nessuno uscire dall'altro corridoio. Quindi di certo non puoi averlo visto tu, quindi la storiella di come hai scoperto la camera della bambina cade miseramente. Hai studiato la vita dei membri della famiglia e pianificato il loro omicidio, e per questo sarai arrestato. Ma prima rispondi » Adrien fece una pausa dopo l’esposizione, quindi ripeté « Dov'è il tesoro? ».

« Io non stavo cercando di uccidere nessuno! ».

« RISPONDI! ».

Bellocchio non era più certo nemmeno di che tasti andare a toccare, il che per uno come lui era una novità. Se voleva avere speranze doveva prima capire il suo avversario. « Cosa speri di ottenere in questo modo, Adrien? Non è così che agisce l'Interpol! ».

« Chissenefrega dell'Interpol, ci sono cose più importanti nella mia vita! » replicò risoluto l’agente, il suo capo che scattava tra i suoi due interlocutori ignorando gli altri astanti, i quali non facevano molto per farsi notare « Mia madre sta morendo, e non ho alcun modo di pagare le sue cure senza quei soldi. Credi che mi importi qualcosa della vita di un assassino? ».

La madre. Ora si ragionava, ora poteva fare qualcosa di più. Bellocchio alzò le mani in un invito alla calma, comprendendo che ciò che serviva a quel ragazzo confuso era ragionare. « Ascolta, io so di ciò che parlo, ho letto le memorie di Chaydeuvre. Non ha mai lasciato nessun tesoro! Spendeva tutto, era sempre sul lastrico! Questa storia è nata solo dai suoi servitori, non c'è nulla di vero! ».

Seguì un silenzio che avrebbe potuto essere di appena qualche secondo, ma a chiunque stesse partecipando alla scena parve infinito. Solitamente quelle interruzioni erano segno di un’opinione che veniva riconsiderata. Ma non quella volta: Adrien riprese con un tono ancora più gelido e spazientito del precedente « Dieci secondi. Parla o ti ammazzo ».

Tutti sobbalzarono colti dal panico, e persino lo stesso uomo che a breve avrebbe ricevuto una pallottola nella tempia sembrava essersi arreso. Come poteva anche solo pensare che uno che non reagiva sapesse qualcosa?

« E cosa pensi di ottenere uccidendolo? » lo interrogò Bellocchio, l’unico che ancora sperava di poter fare qualcosa.

« Giustizia, come minimo. Non pensare di essere l'unico a cui importa della bambina. Cinque secondi ».

« Questa non è giustizia! ».

« Davvero, Bellocchio? E la tua idea di giustizia qual è? Lasciare che questo assassino viva, se la cavi al processo e se la spassi con il suo tesoro estorto al barone? ». La contestazione irruente del poliziotto fece perdere definitivamente le speranze anche all’ultimo dei combattenti nella stanza. Forse poteva convincere un civile dubbioso a non sparare, ma non un soggetto addestrato e, più di ogni altra cosa, convinto fino all’osso di avere ragione. Le persone più pericolose sono quelle convinte di essere degli eroi.

« IO NON SO DOVE SIA IL TESORO! » gridò Kayden in un ultimo, disperato tentativo di salvarsi.

« Tempo scaduto » rispose asciutto Adrien, premendo il grilletto senza remore.

Ma il suo indice andò a vuoto. Perplesso abbassò lo sguardo e sgranò gli occhi sbalordito: il suo revolver era scomparso proprio sotto al suo naso. Anche gli spettatori rimanenti furono attoniti di fronte all’evento e iniziarono una silenziosa ricerca dell’arma con i loro sguardi. Il primo a ritrovarla però fu Bellocchio, in quanto a differenza degli altri sapeva dove indagare: non nei luoghi, ma nei volti.

La pistola non era semplicemente stata sottratta, era svanita. E ora era ricomparsa fluttuante sopra la bianca e candida sagoma di un piccolo Ralts, avvolta da un alone rosato.

« Perché in questi momenti tutti si scordano di essere Allenatori? » domandò Serena con falsa modestia, la Poké Ball ancora stretta in mano dopo aver invocato Karen in loro aiuto ordinandole di teletrasportare lì l’arma. L’intuizione le era venuta in mente stranamente tardi, ma quantomeno prima che il danno fosse irreparabile.

Adrien a quel punto si scagliò su Kayden a palmi aperti, pronto a strangolarlo, ma Bellocchio fu pronto a rispondere e lo caricò in corsa sospingendolo da un lato prima che raggiungesse il bersaglio. Il poliziotto, sapendo ormai di non avere nulla da perdere, cercò di sferrare un pugno all’uomo in completo, ma quest’ultimo lo bloccò facilmente e se ne liberò lasciandolo ruzzolare a terra.

« È UN ASSASSINO! » lamentò esasperato il giovane. Tutti gli si erano schierati contro nonostante lui fosse il paladino dell’onestà, e ciò andava oltre la sua comprensione.

« E TU LO STAVI PER DIVENTARE! » ribatté Bellocchio soffermandosi dopo per riprendere fiato dopo la successione concitata degli ultimi eventi. Laurent fu il più sbigottito dalla brutalità dello sfogo, perché nonostante tutto quell’individuo aveva sempre mantenuto i nervi saldi. « Non sfidarmi, Adrien James. So essere un uomo molto peggiore di quello che hai conosciuto finora ».

Il suo sguardo andò alla cintura, e sul passante notò infine la microspia magnetica che, durante il loro dialogo serrato nello studio degli interrogatori, l’agente doveva avergli apposto a sua insaputa. Mentre gettava a terra la cimice e la schiacciava con la suola, Adrien era steso al suolo in lacrime.

« Ti prego… Io voglio solo che mia madre non muoia… ».

« Sei un impiegato pubblico, comportati come tale ».

« Ci tiene ostaggi! E tu lo difendi! ».

« Non abbiamo le prove. Sapeva dov'era la camera di Joanne, ma ci stava solo giocando ».

Le ultime parole scioccarono Adrien, che aveva tagliato il collegamento ben prima che i tre facessero irruzione nella camera della baronessina. Cionondimeno il turbamento durò una manciata di secondi, al termine dei quali obiettò « E chi altro potrebbe essere stato? La sua lettera era un falso! ».

Bellocchio esitò, nuovamente catturato nel colossale dubbio già emerso prima. « Io… Io non lo so, non… ».

… Oppure sì? Forse il solo problema era che non ci aveva riflettuto abbastanza. Come un geologo non aveva ancora scavato a sufficienza per rinvenire il prezioso minerale. L’incongruenza si era palesata in svariate occasioni: De Loménie non avrebbe mai diviso con nessuno un tesoro se ne avesse avuto uno, e non c’erano dubbi a riguardo; eppure li aveva invitati lì, e anche questo era indiscutibile. Avrebbe dovuto focalizzarsi su ciò molto, molto prima, anziché trascurare la problematica bollandola come marginale. Eccola, ora la soluzione era ovvia davanti ai suoi occhi.

A passi lenti Bellocchio si avvicinò a Kayden, perforandolo con un’occhiata mentre quello non fiatava. Si chinò davanti a lui e di colpo, senza che nessuno se lo aspettasse, gli assestò un violento schiaffo sulla guancia destra. Laurent provò a intervenire, fermato però da Serena che, pur non comprendendo la situazione, era certa che il suo amico avesse avuto le sue buone ragioni. O meglio, certa non era il vocabolo più adatto. Lo sperava, più che altro.

« Lei mi disgusta » gli sussurrò l’uomo sottovoce, con un tono pregno di repulsione senza riserve « Poteva finirla in qualunque momento, e l'ha protratta per soldi. Sua figlia non la merita ». I loro sguardi si incrociarono scambiandosi informazioni silenziose; dopodiché Bellocchio si alzò in piedi adirato.

« Sapevo che non mi avrebbe sparato, gli serviva troppo il tesoro. Io so capire le persone ».

« Adrien aveva premuto il grilletto. Stare barricato come un eremita nel Palais ha fatto male anche a lei, barone ».

Serena trasalì. Si sarebbe chiesta se avesse sentito bene, ma il suo udito era perfetto. « Barone? ». Mentre gli altri palesavano un’uguale reazione, il maggiordomo accanto a lei chinò il capo.

« Sì. Kayden è Étienne De Loménie ».

Un silenzio etereo calò sulla stanza. L’indiziato, che ora aveva su di sé gli occhi di tutti, si issò sulle gambe accettando la sua condizione: era il momento della sincerità. Le susseguenti parole avrebbero provocato un putiferio.

« Sì, è vero. Sono io ».

Chiunque altro si sarebbe concesso un minuto per assimilare la rivelazione, ma essendoci arrivato già da un minuto o più Bellocchio non ne sentì il bisogno. Del resto, lasciarsi sconvolgere non era decisamente cosa da lui. « Direi che adesso può anche dirci cosa sono veramente i cecchini ».

« Fulmisguardi degli Espurr del Percorso 6. Jourdain mi ha aiutato a catturarli e addestrarli per l'occasione ».

Laurent annuì, e nel gesto si notava una punta di vergogna. Serena comprese che Jourdain doveva essere il suo nome, esattamente come il suo datore di lavoro lo avrebbe chiamato. Kayden era davvero il barone. Questo avrebbe spiegato perché nessuno degli ospiti lo conoscesse di persona: era stato necessario da parte sua selezionare gli eleggibili tra completi estranei per potersi amalgamare efficacemente tra loro.

E ciononostante non riusciva a crederci. « Ma… Perché… ! Perché si è finto un invitato? ». Più cercava di capirci qualcosa, più trovava incongrua la circostanza.

« Pensaci bene » la sollecitò direttamente Bellocchio « Se escludiamo lui gli invitati erano un PR dalla vita sregolata, una truffatrice e una soldatessa priva di morale e disoccupata. Tutta gente che avrebbe fatto di tutto per i soldi ».

La ragazza mantenne le sue perplessità, ma un’altra persona non fu altrettanto torpida a cogliere l’inferenza del giovane: Charlotte. « Voleva che fossimo noi a trovare il tesoro! ».

« Scusate, mi sono persa… » intervenne Marja « La lettera diceva che l'aveva già trovato, no? ».

De Loménie negò con il capo « Non ho la minima idea di dove sia. In effetti non sapevo nemmeno se esistesse. La mia speranza era che fingendomi morto vi sareste attivati per cercarlo, considerato quanto vi serviva ».

« E perché non l'ha cercato direttamente lei? ».

« Crede che non ci abbia provato? Ho passato sei mesi a setacciare da cima a fondo questa villa, cercando di capire cosa volessero da me quelle siepi ».

« Lei è pazzo » dichiarò senza alcuna insicurezza Adrien, rimessosi in sesto dopo la colluttazione anteriore « Quando si è ritrovato senza nulla in mano la sua prima idea è stata riunire dei poco di buono sperando che loro riuscissero dove lei aveva fallito? ».

« Ero disperato. Volevo solo un futuro migliore per Joanne ».

« No, no, non ci provi. Non provi a giustificare la sua INGORDIGIA » lo assalì Bellocchio in uno scatto d’ira, facendolo arretrare nello scombussolo « nel nome di sua figlia! ». L’accesso rabbioso atterrì anche tutti i presenti nella Sala Lettura, che non osarono interromperlo per paura di rimanerne vittime a loro volta. « Lei non ha capito assolutamente nulla del granduca Chaydeuvre, come tutta la sua famiglia. Lui era il migliore dei vostri ».

« C-che cosa significa? ».

« Vada da Joanne, signor De Loménie. Le racconti come si è finto morto nel nome del denaro. Le dica che non la merita. Le dica che nonostante tutto le vuole bene, anziché nascondersi dietro la maschera di Kayden per giocare a Monopoli. E dopo che l'avrà fatto la copra per bene e la porti nel giardino. Solo allora, forse, le dirò dove si trova il tesoro ».

Il respiro pesante del barone echeggiò nell’ambiente al ritmo dei suoi passi mentre si dirigeva verso la porta da cui poco prima era entrato sotto copertura, ostaggio di Adrien James in pericolo di vita. Laurent si offrì di accompagnarlo, ma lui alzò la mano a intendere che era una cosa che doveva fare da solo. Per la prima volta in vita sua si era reso conto di aver sbagliato, e ora aveva l’obbligo di rimediare.

Serena si accostò a Bellocchio, assicurandosi di essere fuori dal rischio di un’eventuale aggressione nervosa. « Credevo non ci fosse nessun tesoro » osservò dubbiosa.

L’uomo, anziché ignorarla o trattarla con presunzione, inaspettatamente le rivolse uno dei suoi sorrisi sornioni, di quelli che gli si stampavano sulla faccia quando risolveva un enigma. « Oh, Serena… Davvero non l'hai ancora capito? ».

 

 

Le nuvole che avevano ottenebrato il cielo durante la giornata si erano finalmente dissipate dopo il calar del sole, cedendo spazio a un limpido firmamento stellato di mezzanotte. Bellocchio, recuperato il suo cappotto, si trovava nel cortile retrostante del Palais Chaydeuvre, e più precisamente sulla via centrale che tagliava il labirinto che fungeva da quarta composizione botanica. Strisciava avanti e indietro sullo sterrato umido, quale rapace a caccia del suo bottino. Serena, infreddolita, era appoggiata a una delle siepi che delimitavano il dedalo di foglie a osservarlo. Quando finalmente il suo amico si riportò in posizione eretta, prendendo a colpire con il tacco della scarpa il suolo, pensò di rompere il silenzio che le era stato richiesto per facilitare il pensiero e porre la domanda che teneva per sé da un po’.

Sfortunatamente fu anticipata da Étienne De Loménie, che si era appena accostato al cespuglio dall’esterno « Ho fatto! E ora? ».

Bellocchio non si voltò nemmeno verso di lui, continuando a lavorare in quella che sembrava un’operazione centralizzante « Com'è andata? ».

« Lei non… ». Si interruppe e rivolse uno sguardo in lontananza alla figlia, alla quale aveva raccomandato per sicurezza di aspettarlo non molto distante. Anche se non voleva ammetterlo a se stesso, temeva che certe azioni recenti di cui si vergognava venissero a galla nel dialogo. « Non ha capito perché ne facessi una questione importante. Pensava stessimo... giocando ».

L’uomo spartì un risolino appagato con Serena, la quale notò che non pareva più furibondo come prima. « Come ho detto, non la merita. Ora perché voi due non ci raggiungete qui al centro? ».

« ... Raggiungervi? Nel senso... ».

« Ha capito benissimo. Non vi preoccupate, non potremmo iniziare senza di voi ».

Il barone si allontanò verso Joanne, indirizzandosi poi nella direzione dell’ingresso del labirinto. Serena trovò finalmente il tempo di parlare al suo compagno di viaggio, per quanto farlo mentre il suo obiettivo si muoveva costantemente fosse cervellotico. Quantomeno la sua iperattività si manifestava nuovamente, il che la confortava in un certo senso. « Senti... ».

« E tutto è pronto! Scusa, dicevi? ».

 « Hai parlato delle memorie di Chaydeuvre prima, ad Adrien ».

« Sì, l'ho fatto. Non te l'avevo detto? » la interpellò Bellocchio. Quando la ragazza reagì con un’efficiente espressione che sostituiva adeguatamente un “tu che dici?”, il giovane si batté la mano sulla fronte « Mi sono confuso, ne avevo solo parlato a voce alta tra me e me! Ho letto il contenuto delle buste primo giorno mentre aspettavo che tu e Laurent arrivaste allo studio privato ».

« Mi sono persa a buste ».

« Vediamo… Hai presente che il granduca faceva collezione di francobolli, no? ».

Serena espose un cenno affermativo « Ho visto i raccoglitori ».

« Tra i collezionisti c'è questa usanza di spedire a se stessi delle buste con francobolli annullati nel giorno stesso dell'emissione. Buste primo giorno, appunto ».

« Ma perché... Ah, ho capito! Come quelli che il giorno d'uscita del PSS 5 sono andati a mezzanotte ai negozi! ».

« Esatto! » enfatizzò Bellocchio incoraggiante, salvo poi ritrattare « No, aspetta, non c'entra niente, però se ti aiuta a capire il concetto… ».

« Ma non capisco cosa c'entri con le memorie ».

« Il valore collezionistico è dato solo dalla busta, ciò che c'è dentro è irrilevante. Nello specifico Chaydeuvre scriveva delle memorie e se le spediva per poi custodirle e rileggersele di tanto in tanto ».

« E non poteva semplicemente... Tenere un diario? ».

L’uomo ci ragionò, convenendo poi gestualmente che aveva ragione « Sono aristocratici, devono sempre fare le cose in grande ».

« E che cos'hai letto nelle lettere? ».

Bellocchio si rabbuiò d’un tratto, eppure pressoché senza soluzione di continuità « Chaydeuvre era un uomo molto solo. I suoi soldi l'avevano costretto all'isolamento per non dover avere a che fare con dei profittatori. Negli ultimi mesi della sua vita arrivò a considerarli un peso e fu determinato a liberarsene ».

« E quindi li nascose dando origine al tesoro ».

« Eh, quasi ». Prima di articolare meglio quella risposta bizzarra, il giovane sogguardò De Loménie e Joanne, i quali erano appena sopraggiunti dalla sezione inferiore della struttura arborea. Immediatamente andò loro incontro, con tutta l’aria di voler affrettare i tempi « Oh, siete stati veloci! ».

« Conosciamo bene il labirinto, ce la portavo quando era ancora piccolina » spiegò il barone.

« Ci sarà tempo per parlare dopo, non si preoccupi » troncò velocemente Bellocchio, che non pareva molto interessato a storie di vita passata. Sospinse la coppia con precisione millimetrica lungo la stradicciola, fino a dichiararsi soddisfatto della loro collocazione corrente « Prego, sì, così, in questo punto esatto! ». Sbirciò in un baleno l’orologio da polso, non cessando le raccomandazioni « Non vi azzardate a muovervi! ».

« Dove sono gli altri? ».

De Loménie si rivolse a colei che, nella sua mente, ancora identificava come signorina Scarlett « Alla statua di Reshiram ».

« Poco male, sono vicini quanto basta » commentò sibillino Bellocchio « Raccontavo a Serena della sorte del suo avo Chaydeuvre, sicuramente la conosce ».

Étienne si sorprese e in qualche misura irritò per quelle parole « Ho letto prima e più di lei ciò che ha scritto ».

« Ma non con adeguata attenzione, o non avrebbe avuto bisogno di organizzare questa pantomima. Il granduca ha detto nella sua ultima lettera tutto ciò che serve sapere ».

« L'ho analizzata parola per parola in cerca di un indizio, signor Peace ».

« Allora continui con me. Molti anni fa, in questa villa, viveva un uomo disperato, solo e oppresso dalla stessa fortuna che aveva fatto tanta fatica per racimolare. Cosa avrebbe potuto fare? ». Il barone tacque, totalmente incapace di trovare una risposta appropriata. « Non si preoccupi, sono certo che sua figlia saprà rispondere subito » lo tranquillizzò con velata ironia Bellocchio. Quindi si inginocchiò fino a raggiungere il livello della bambina e, con voce bassa e dolce, le disse « Hai sognato di farlo tante volte, vero? Quando volevi giocare con altri bambini, cosa avresti fatto? ».

Joanne inizialmente non parlò, titubante e anche decisamente a disagio in quella situazione. Non aveva mai detto nulla di simile nemmeno a suo padre. « Volevo scappare e andare al parco » dichiarò infine, e la sua faccia arrossì.

« Scappare e andare al parco. Ecco dove sono finiti i geni del granduca » sorrise Bellocchio con sincerità. Una volta alzatosi in piedi aprì le braccia e alzò il capo al cielo « È proprio quello che fece Chaydeuvre, non è così? Inscenò la sua morte con tanto di cospirazione allegata per liberarsi del fardello che il suo nome gli imponeva... e fuggì, andando a vivere altrove ».

« Non c'è nulla di simile nella lettera » obiettò De Loménie.

« Ed è per questo che lei non l'ha mai scoperto. Leggere tra le righe non è un privilegio esteso a tutti ».

Per quanto l’idea fosse assurda, il barone non poteva negare di aver egli stesso appena finto un decesso, e che quindi così improbabile non era. Decise dunque di ignorare almeno temporaneamente l’irrazionalità di ciò, o avrebbe dovuto ammettere che egli stesso aveva mancato di ragionevolezza. « E lei sostiene che abbia nascosto un tesoro prima di... fuggire? ».

« Se lo immagini, il povero Chaydeuvre prima di partire. Non capisce proprio cosa desiderasse, vero? » lo provocò l’uomo, solo parzialmente stupito dal fatto che un esponente di una categoria a lui tanto invisa riuscisse a essere così ottuso « Voleva conoscere qualcun altro. Voleva non trascorrere il resto della sua vita da solo. Se lo immagini mentre si promette di ritornare solo con un amico, o una moglie, o una figlia. Da vincitore, da uomo rinnovato ».

« Dove vuole andare a parare? ».

« Chaydeuvre aveva capito che essere ricchi è inutile se non puoi condividerlo con qualcuno. E nascose il suo tesoro di modo da non poterlo riottenere da sconfitto ». Lanciò una scorsa complice a Joanne, alzando e abbassando le sopracciglia « Che ne direbbe un meccanismo automatico? ».

« Un cosa? ».

« A me sarebbe piaciuto così! Una piattaforma, per esempio. Un pulsante che non si attiva finché non c'è un peso sufficiente a fare pressione su di esso. Un peso superiore a quello del granduca, dando vita a un congegno attivabile solo se fosse riuscito a tornare con qualcuno ».

Il bersaglio dei suoi occhi fu questa volta Serena, che comprese in un guizzo d’intuizione il frutto del suo ragionamento. Istintivamente aprì la bocca come per scoppiare a ridere di meraviglia, ma non emise un suono così da non rovinare l’atmosfera.

Bellocchio aggirò il barone e la baronessina fino a trovarsi a un ridottissimo distacco dietro di loro, mettendo le mani sulle rispettive spalle in una sorta di abbraccio indulgente « Ma ovviamente doveva prendere precauzioni, non poteva rischiare che venisse azionato per sbaglio. Personalmente avrei inserito una clausola di tempo. Non fare nulla finché il bottone non è premuto per… ». Controllò una seconda volta l’orologio « Sì, tre minuti e mezzo sarebbero stati sufficienti ».

Il terreno su cui i due nobili poggiavano i piedi si abbassò con uno scatto, mandandoli in subbuglio per quanto fu inatteso. Guardando in basso scoprirono che un rettangolo di pietra su cui erano rimasti per tutto il tempo, sospinti dall’investigatore improvvisato, era appena sprofondato di alcuni centimetri.

Contemporaneamente un sibilo giunse alle loro orecchie, ma fu rapidamente obnubilato da un maestoso boato che assordò tutti. Una sorgente luminosa si accese sopra le teste dei presenti rischiarando lo sterrato, e quando si ripresero dallo spavento e alzarono gli occhi al cielo per poco non vennero anche accecati: una prestigiosa conformazione a raggiera brillava sotto le stelle, spargendo scintille auree sulla villa. Frattanto altri missili filiformi decollavano dai lati del giardino e subentravano a quello appena dissoltosi, esplodendo a loro volta in un tripudio di lampi e sconquasso.

Erano fuochi d’artificio. Il congegno innescato dalla piattaforma aveva attivato dei lanciatori meccanici assopiti per un secolo che ora scatenavano uno spettacolo indescrivibile. Marja, Charlotte e Adrien raggiunsero in quel momento il centro della siepe, o meglio l’altezza corrispondente del parco all’esterno del dedalo, ma Serena fece loro segno di non parlare mentre ammirava la rappresentazione pirotecnica.

Bellocchio tornò in posizione frontale rispetto a De Loménie. Joanne si turava le orecchie a ogni botto e non faceva che stringersi alla gamba del padre, ma allo stesso tempo ammirava il concerto di luci imprimendone ogni istante nella memoria; il barone, dal canto suo, stringeva a sé la bambina prendendola sottobraccio in un atto protettivo. Nessuno dei due aveva mai visto nulla di simile, asserragliati com’erano stati tutta la vita, chi volente e chi nolente, nell’antica residenza di famiglia.

Il giovane si allontanò per lasciarli da soli e si diresse dagli altri tre invitati, che definire perplessi sarebbe stato minimizzare.

« Che cosa… » farfugliò a stento Marja, rapita da quell’eccezionale armonia.

« La stella di fuoco » spiegò lui compiaciuto. Non aveva indovinato fino all’ultimo la vera natura del segreto delle quattro siepi, e quando l’aveva svelato si era sorpreso egli stesso di come il nome tramandato nella tradizione dei maggiordomi fosse singolarmente fedele alla realtà. « Il leggendario tesoro di Chaydeuvre ».

Adrien non trovò nulla che valesse la pena dire in quella circostanza, arrendendosi alla magnificenza delle rose chimiche stagliate nella notte; altrettanto non si può dire di Charlotte, la cui vena amareggiata era facilmente leggibile nell’espressione del volto. « Era tutto qua? » commentò disillusa.

« Ah, gli uomini! Convinti che l'unico tesoro sia quello che luccica d'oro! Il granduca vi ha lasciato qualcosa di ben più prezioso » proclamò Bellocchio con tono solenne, voltandosi verso Serena che ricambiò lo sguardo « Vi ha lasciato un ricordo ».

La ragazza annuì senza parlare, limitandosi a un autentico sorriso. Capiva bene le intenzioni di Chaydeuvre: fin dall’inizio aveva pianificato di tornare per ammirare i fuochi d’artificio con chiunque avesse legato nel suo viaggio. Del resto un ricordo ha valore solo se condiviso; altrimenti, come un pregiato anello lasciato in un cassetto, si impolvera e perde la vivacità che lo rendeva speciale fino a diventare insignificante.

 

 

Gli pneumatici varcarono il cancello spalancato e rilucente d’oro del Palais Chaydeuvre e, solcando il fango rinsecchito dal sole mattutino delle nove e un quarto, l’automobile svoltò a sinistra stringendo la curva e prese a sfrecciare sull’asfalto in direzione di Luminopoli. A guidarla era Marja, che stava incidentalmente seguendo la medesima rotta di Charlotte dopo un saluto emozionante tenutosi poco prima nello spiazzo antistante la villa.

De Loménie li aveva accolti per il resto della notte e ora, il giorno successivo, era tempo di andare. Dopo le due donne giungeva ora il turno di Adrien, già nell’abitacolo della sua vettura. Bellocchio gli si avvicinò, parlandogli attraverso il finestrino calato. Sapeva più o meno cosa dire, ma per qualche ragione le formule per esprimere il concetto continuavano a incastrarglisi in gola. « Tutto bene? ».

« Adesso sì ».

« E per tua madre... ? ».

« Étienne mi ha offerto gentilmente parte dei suoi soldi per pagarle le cure ». Il giovane era parso quasi scosso nel pronunciare la frase; una rarità stante che, ignorando la crisi finale, aveva sempre mantenuto un modo di porsi disinteressato.

A Bellocchio, invece, quelle parole avevano solo instillato altro scetticismo: poteva essere che avesse sovrastimato la dolina finanziaria del barone, ma era particolarmente convinto che non potesse permettersi di elargire somme per anche nobili cause. Ma non avrebbe osato turbare l’equilibrio di un’atmosfera così pacifica nemmeno se ne avesse avuto la certezza.

« Tutto sommato è stato un piacere conoscerti » commentò Adrien. Si strinsero rispettosamente la mano, dopodiché l’agente avviò il motore e proseguì superando lo slargo della magione. Nonostante fosse appena uscito da forse la sua notte peggiore dai tempi del granduca e a scapito della volta turchina che lo sovrastava, il Palais appariva avvolto da un velo di malinconia. Era trascorso meno di un giorno, eppure quei cinque inquilini forzati avevano costruito legami già incredibilmente saldi. Chissà dove li avrebbe condotti ora, la vita. Chissà se si sarebbero mai incontrati di nuovo.

Bellocchio si voltò verso il portone d’ingresso, avvistando Serena che si intratteneva piacevolmente con il maggiordomo Laurent. Frattanto un’altra figura gli stava venendo incontro: proprio il padrone di casa, il fu Kayden che pareva quasi inadatto agli abiti signorili che ora indossava.

« Non avete una macchina, voi? » domandò il barone, affiancandosi all’uomo in cappotto. La temperatura era gradevole, un netto miglioramento rispetto alla pioggia torrenziale che si lasciavano alle spalle.

« Solo le care vecchie gambe ».

« La ragazza mi ha detto che andate ad Altoripoli. Viaggio da Allenatori? ».

« Lei sì, io... non ne sono ancora sicuro ». Il giovane ripensò ai due frammenti celesti che teneva costantemente in tasca, e a quanto terribilmente poco sapesse a riguardo. Era per loro che viaggiava, eppure finora non aveva fatto nulla per indagare sulla loro natura. « Adrien mi ha detto che lei finanzierà... le cure, ho capito bene? ».

« È il minimo che possa fare per sdebitarmi con lui. L'ho quasi trasformato in un assassino ».

« Credevo che lei non avesse… ».

De Loménie gli si approssimò, visibilmente eccitato sottopelle, e sussurrò all’orecchio « Ho usato i soldi che adibivo al mantenimento del Palais Chaydeuvre. Io e Joanne ce ne andremo presto di qui ».

Bellocchio se ne rallegrò oltremisura, non fosse altro perché egli stesso credeva fosse la scelta migliore. « Davvero? ».

« Ho pensato molto a quello che ha fatto il mio antenato, ed è la cosa migliore. Soprattutto per Joanne ». Il barone si scostò tornando alla posizione precedente, segno che il grande segreto era terminato « Ma non gliel'ho ancora detto. Voglio che sia una sorpresa ».

E così, alla fine, anche un aristocratico poteva imparare dai propri errori. Forse Serena aveva ragione, forse i suoi erano sempre stati solo pregiudizi.

E a proposito di Serena, ecco che trotterellava verso di lui pronta a ripartire. L’uomo strinse la mano anche a De Loménie, e suscitato dal gesto gli tornò in mente il commiato di Adrien udito un minuto prima, che si applicava perfettamente anche in quella situazione: tutto sommato è stato un piacere conoscerti.

« Siete sicuri che non possa fare altro per voi? C'è il nuovo PSS in uscita, magari... ».

« Non se ne parla neanche, Étienne » lo arrestò la ragazza senza dubitare un istante.

« Allora non posso fare altro che augurarvi buon viaggio. A buona speranza, am-- ».

« FERMI! ».

Il grido echeggiato nel piazzale era tanto acuto quanto dolce in un bizzarro contrasto melodico. Tutti posarono lo sguardo sulla villa, da dove un corpo mingherlino in camicia da notte era appena uscito. La sua corsa era scomposta e terminò con il fiatone, ma Joanne fu eccezionalmente veloce per la sua età.

« Credevo che stessi dormendo! » esclamò il barone.

La figlia tuttavia lo ignorò completamente, dichiarando a gran voce le sue intenzioni « Voglio venire con voi! ».

Gli occhi di Serena divennero due molle per quello che ritenne una sorta di esilarante contrattempo. Il padre non fu dello stesso avviso, sottintendendo un filo di sfiducia senza esplicitarlo « Tesoro, che dici? ».

« Voglio viaggiare insieme a loro, papà! Voglio vedere il mondo! » ribadì lei inamovibile, indirizzando poi le sue preghiere a Bellocchio nella speranza che almeno lui si dimostrasse, secondo la sua visione delle cose, raziocinante « Per favore... ».

L’uomo si abbassò fino a che i loro sguardi non si incrociarono parallelamente al terreno e disse l’ultima cosa che ci si sarebbe aspettati rispondesse. « Certamente ».

Sia la sua amica che De Loménie gli lanciarono un’occhiataccia severa, ma quegli fece cenno di aspettare a giudicarlo e proseguì il discorso « Ma vedi, andare in giro con me è pericoloso. È pieno di fantasmi e Pokémon con pungiglioni. Non è adatto a una bambina ».

« Io non sono una bambina! Ho sette anni e mezzo! ».

« Tra dieci anni » suggerì Bellocchio « Tra dieci anni viaggeremo insieme. Affare fatto? ». Joanne s’imbronciò, ma era più una finzione che non un capriccio vero e proprio. In fondo era intelligente, e per quanto non accettasse le ragioni le capiva. « Su, vedrai che ti divertirai anche con tuo padre ».

« Sì, come no ».

Il giovane le scompigliò i capelli, si alzò in piedi e si esibì in una specie di saluto militare eseguito con due sole dita al posto dell’intera mano, quasi in un intento demistificatore. « A buona speranza, signor barone ».

Detto ciò iniziò a camminare verso l’uscita del Palais Chaydeuvre. Serena si accodò senza pensarci due volte, più che mai desiderosa di ripartire dopo la breve pausa che si erano controvoglia concessi. Era un tiepido venerdì di aprile e Altoripoli distava ancora qualche giorno di tragitto, oltre l’aggrovigliata Grotta Trait d’Union.

Étienne De Loménie attese che i due varcassero l’inferriata subito diligentemente richiusa da Jourdain. Solo quando fu certo di essere solo con sua figlia, sotto un sole mite che proiettava ombre oblunghe verso sudovest, si girò verso di lei e le bisbigliò « Ho una sorpresa per te, sai? ».

 

 

« Tra l'altro ho sentito che nella grotta c'è un certo... Oregon il Loudred, se ho capito bene ».

« Mphh… Oregon? ».

« Non c'è nulla di divertente, dicono sia pericoloso. Speriamo di non incontrarlo ».

« Serena, ormai mi conosci. Ovviamente lo incontreremo ».

Bellocchio terminò l’usuale pratica di appunto degli avvenimenti e ripose il suo taccuino nella giacca. I due percorrevano un tracciato del Percorso 7 che fiancheggiava parallelamente il fiume Cher, corso d’acqua che li avrebbe accompagnati per tutto il tragitto. Alla loro sinistra si estendevano vasti prati fioriti smossi da una lieve brezza d’aprile. Nonostante quest’ultima perdurava un caldo inusuale e Serena avvertì il bisogno di togliersi la giubba scarlatta che aveva adottato per i giorni meno ameni, come quelle poche ore nella nebbia a Castel Vanità. Mentre se la stava sfilando scorse alla distanza un edificio troneggiante edificato proprio sul torrente, e aguzzò la vista per inquadrarlo meglio.

« Ehi, quello laggiù è un castello? ».

« Per carità! » rispose il suo amico, ancora chiuso nel cappotto nonostante la temperatura, e la ragazza ridacchiò. Effettivamente di circoli altolocati ne avevano avuto abbastanza, almeno per ora.

Bellocchio d’un tratto si arrestò, iniziando a guardarsi intorno per assicurarsi di essere solo e scrutando dietro di sé fino a individuare il Palais Chaydeuvre.

« Cosa c’è? » lo interrogò Serena, imitandone la frenata per non sorpassarlo.

« Volevo aspettare di essere lontano » rispose lui, estraendo poi dalle tasche interne del soprabito un involucro cartaceo ingiallito. Le sue dita si muovevano delicate su di esso, cercando il più possibile di non rovinarla.

« Cos’è? ».

« L'ho trovata nel doppiofondo di un cassetto dello studio privato del barone. È una busta primo giorno ».

« Come mai l'ha tolta dai raccoglitori? ».

« Non ci è mai stata. Sulla busta sono state lasciate istruzioni su dove lasciarla, raccomandandosi di non aprirla, il che significa che non è stata messa lì direttamente da Chaydeuvre. E inoltre la data dell'annullamento è posteriore a quella dell'ultima lettera di circa tre anni ».

« Vuoi dire… ? ».

« Sì. Questa busta è stata spedita dal granduca quando aveva già fatto sparire le sue tracce » spiegò l’uomo, senza aggiungere l’ovvia conclusione: quella tra le sue mani era la vera missiva finale del nobile. « Probabilmente aveva istruito il Laurent del tempo perché sapesse che era lui ».

Serena lo canzonò sorniona « Quindi hai rubato un cimelio ».

« Beh, non penso che quella cima di De Loménie l'avrebbe trovata, in ogni caso » ribatté stando al gioco, ma la festosità svanì presto in un’aura di compostezza impenetrabile. « Secondo te ce l'ha fatta? ».

« A fare cosa? ».

« A trovare qualcuno. Non sei curiosa di sapere che vita abbia avuto dopo quella decisione tanto difficile? ». Bellocchio si rigirò la busta tra i palmi, studiandola come un artefatto alieno. « Queste sono le sue ultime memorie. Potremmo scoprirlo » suggerì con voce suadente, fissando l’adolescente dritta negli occhi « Che ne dici, diamo una sbirciata? ».

La quiete fu interminabile. Serena gli restituì lo sguardo intenso e prese prudentemente in mano la lettera. La esaminò centimetro per centimetro, soppesando ogni aspetto della loro incredibile possibilità. Il sigillo era intatto, segno che nessuno nella storia dell’umanità aveva ancora letto le parole che si nascondevano dietro quel fine involto friabile. Avrebbero potuto accedere a una conoscenza unica, essere i soli depositari del segreto di uno dei più influenti abitanti della Kalos del passato.

Con un passo di danza si voltò e lanciò in aria l’epistola, lasciando che dopo uno svolazzo controvento si depositasse nell’acqua del Cher. Bellocchio sorrise, e Serena ebbe la conferma che la sua ultima azione era quella che lui aveva desiderato anche prima di porle la domanda. Nessuno ebbe bisogno di spiegare all’altro la decisione comune; ripresero a camminare verso ovest, abbandonando alle spalle un passato ignoto che, trascinato via dalla corrente, si liquefaceva fino a divenire illeggibile.

 

 

 

 

Caro Geoffrey,

ho ordinato espressamente che tu non apra questa busta, ma mi rinfranca sperare che un giorno, credendomi ormai morto, tu trovi nel lutto la forza di rompere la tua infinita e mai sufficientemente ringraziata devozione di caposervizio e infranga il divieto.

 

Non tornerò più alla villa di mio padre. So che avevo promesso il contrario, e spero capirai che anche per me è doloroso sapere che non ti rivedrò. Il minimo che possa fare è spiegarti le ragioni di questa mia infelice decisione.

 

Dopo aver cambiato il mio nome in William Grundy per celare la mia identità mi sono inoltrato nelle montagne di Kalos e ho trovato casa in un meraviglioso villaggio di nome Flusselles. Qui ho incontrato Meriam, mia moglie da quando siamo convolati a nozze lo scorso giugno. Voglio che tu sappia che stiamo vivendo una vita serafica e soddisfacente. Ho trovato impiego in una piccola manifattura tessile locale, e la mia retribuzione, ancorché misera raffrontata alle ricchezze di cui disponevo come granduca, è più che sufficiente per mantenerci in maniera dignitosa.

 

Malauguratamente, la mia amata Meriam soffre di una bronchite cronica di lunga data che le rende ostili le regioni dal clima secco. Provo spesso nostalgia della mia vecchia villa, ma non posso rischiare che mia moglie soffra di crisi respiratorie per causa mia. Pertanto ho a malincuore preso la decisione di non fare ritorno. Spero che mi capirai, e sarai felice quanto lo sono io.

 

Sei stato un meraviglioso caposervizio e un leale amico, e te ne sarò grato in eterno. Spero di rincontrarti nel Regno dei Cieli.

 

 

I miei saluti,

Ludovic Chaydeuvre

 

 

P.S. La pietra incompleta è al sicuro nella mia cassaforte qui a Flusselles. Non ti angustiare, ne avrò massima cura come tu hai fatto in mia vece in questi anni.

 

 

 

 

 

 

NEXT TIME Lo chiamano “l’astronauta del Solway”. È il nome dato a una figura comparsa in una fotografia scattata cinquant'anni fa da Jim Templeton, in cui dietro sua figlia fa capolino l’inquietante sagoma di una tuta spaziale. Templeton dichiarò al tempo che non c’era nessun altro nella piana oltre alla sua famiglia, e da allora l’opinione generale degli esperti è che si sia trattato di un semplice caso di sovraesposizione.

Ma gli esperti si sbagliano.

 

 

Looker’s New Adventures ritorna con lo speciale di Natale il 25 dicembre 2014!
   
 
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