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Autore: Atharaxis    05/11/2008    9 recensioni
"Da quando Kaoru aveva aperto gli occhi per la prima volta, c’era stato lui a guardarlo: nel suo mondo Hikaru c’era da sempre e non riusciva ad immaginare che potesse essere diversamente." Song-fic introspettiva sul legame fra i due gemelli Hitachiin. Una strana domenica mattina, il tranquillo viso di Hikaru addormentato porta Kaoru a pensare... Sulle parole di "Riprendere Berlino" degli Afterhours.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hikaru Hitachiin, Kaoru Hitachiin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Luce del mattino…”

“Luce del mattino…”

 

Kaoru aprì gli occhi infastiditi dalla penetrante luce mattutina.

Niente di peggio che dimenticarsi di sbarrare le serrande la domenica mattina, pensò.

Sbuffò: di certo non si sarebbe alzato. Chiuse nuovamente gli occhi e nel silenzio pacato della grande villa ancora assopita sentì un unico sommesso e rassicurante rumore. Kaoru si voltò sospirando per avere davanti ai suoi occhi la serena copia di se stesso. La fissò a lungo ed attentamente, com’era solito fare ogni qualvolta lo sorprendeva addormentato: così diversi, così identici. Pur essendo il suo gemello Kaoru, guardando Hikaru, non sentiva mai la buffa sensazione di starsi guardando allo specchio. Erano due identità separate, lo percepiva chiaramente, e quell’uguaglianza fisica era per lui nient’altro che l’ennesima prova che ognuno fosse destinato irrevocabilmente all’altro.

Da quando Kaoru aveva aperto gli occhi per la prima volta, c’era stato lui a guardarlo: nel suo mondo Hikaru c’era da sempre e non riusciva ad immaginare che potesse essere diversamente.

 

“Non sarebbe strano, se capitasse a noi?”

 

Improvvisamente si spinse dolorosamente a riflettere su ciò che più lo atterriva: il futuro. Giorno dopo giorno, sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero dovuto entrambi diventare persone adulte, gestire il patrimonio degli Hitachiin, sposarsi, avere dei figli…

Quel letto matrimoniale dove adesso dormivano sembrava farsi ogni istante più evanescente.

Kaoru si raggomitolò su se stesso: ogni volta che pensava ad una famiglia pensava a lui, nient’altro che lui e non poteva far a meno di darsi dell’egoista al punto tale da pretendere che Hikaru fosse una sua esclusiva. Nient’altro che presunzione la sua: chi gli assicurava che la sua metà non sarebbe stata più felice quando, come tutti, avesse trovato la sua anima gemella?

Ma Kaoru non era egoista, sebbene si accusasse violentemente: aveva cercato di spronare Hikaru verso nuove possibilità, tentato di fargli intravedere un mondo dove ci sarebbe stato più che semplice divertimento… Ma in quel mondo non c’era soltanto Kaoru. Sarebbe stato il mondo di lei e di Hikaru, prima che di ogni altra cosa.

Scosse la testa: forse lo stava spingendo altrove per un semplice motivo d’orgoglio, ancora più meschino. Voleva essere scelto dal gemello, preferito ad un’alternativa valida com’era lei: consapevolmente voluto, non semplicemente assegnato dal destino, volente o nolente. Voleva essere la sua felicità, essere ufficialmente riconosciuto come l’unico capace di donargliela appieno, come nessun altro era in grado di fare.

Il flusso caotico dei pensieri aveva avvinto Kaoru da non fargli notare che il gemello si era ormai voltato e gli stava dando le spalle. Fissò la sua schiena candida, a contrasto con i capelli di fiamma: desiderò stringerlo a sé, con tutta la sua forza, farlo rimanere per sempre in quel grande, soffice, caldo letto. Si vergognò di se stesso, del suo amore egoista e possessivo. Si fece piccolo fra le coperte, e lasciò silenziosamente che le lacrime uscissero, senza che nessuno lo vedesse… come ogni volta.

 

“Non sarebbe bello non farci più del male?”

 

Hikaru rimase immobile: lo sentiva piangere, quasi impercettibile. Si era appena svegliato, intenzionato a restare ad oziare sotto le coperte finché Kaoru non si fosse alzato, ma aprire gli occhi e percepire che la sua metà piangeva lo riempì di angoscia. Sapeva che era particolarmente sensibile e facile al pianto, specialmente di notte: nell’ombra le paure diventano grandi a tal punto da annichilire chiunque, e tante volte l’aveva rassicurato e stretto a sé durante il sonno.

Quella luce mattutina non era in grado di scaldare il cuore di Kaoru, di scacciare il terrore di essere abbandonato. La fredda e strisciante prospettiva di un domani incerto non veniva intiepidita nemmeno dal calore familiare delle lenzuola di quel letto che nella mente del gemello in lacrime era già il passato, null’altro che un ricordo doloroso.

 

“Luce di un giorno strano…”

 

Hikaru continuò a fingere di dormire: sapeva che se Kaoru l’avesse sorpreso sveglio, avrebbe negato l’evidenza o peggio, avrebbe spacciato per lacrime finte una sofferenza fin troppo reale.

Era il fratello maggiore, era suo compito proteggerlo, ma non riusciva a pensare a che cosa avrebbe potuto dirgli per risollevarlo: temeva che una frase sbagliata avrebbe solo peggiorate le cose e turbato ancor di più l’anima tormentata del fratello.

Si intristì: a volte sentiva di non capirlo. Erano tanti i momenti in cui si sentiva lui il fratello piccolo, guidato da Kaoru, la mano stretta nella sua. Lo sapeva che in fondo al cuore del gemello c’erano dei tormenti che lui non conosceva e la sofferenza per questi suoi silenzi era alle volte insopportabile. Ma in quel momento Hikaru pensò che il gemello non avesse tutti i torti dal momento che l’unica cosa che era in grado di fare, mentre le lacrime di Kaoru cadevano sul cuscino, era fingere di non capire, continuando a pensare disperatamente ad una soluzione.

Strinse i pugni: non poteva farci nulla. La cosa che sapeva far meglio non era riflettere, era agire. Agire senza pensare alle conseguenze.

 

“Non sarebbe eroico non essere degli eroi?”

 

Kaoru si sentì avvolto da una stretta talmente intensa da togliergli il respiro. Smise di piangere, ma la vergogna lo sopraffò nuovamente: era stato colto in flagrante mentre i suoi sentimenti lottavano ferocemente, talmente agguerriti che non era in grado di proferir parola. Solo le lacrime continuavano a scorrere, ancora più copiose.

 

“Pensavi di esser perso e cambia il tuo destino…

 

“Sono qui, Kaoru

 

Due semplici parole, nient’altro, nulla più che la mera evidenza. Kaoru alzò gli occhi ed incontrò quelli preoccupati del gemello. Ed in quel momento capì che piangere non aveva alcun senso.

 

Hikaru…”

 

Si strinse a lui, talmente forte da sentir male. Era lì, accanto a lui.

Ciò che avrebbe riservato per loro il futuro, nessuno poteva dirlo, ma oggi, oggi era un dono.

Oggi Hikaru era lì, fra le sue braccia, ed era suo.

Nient’altro importava se non assaporare quel dolcissimo momento, con le guance ed il cuore bollenti, in quella calda domenica mattina.

 

“Se capitasse a noi…”

  
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