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Autore: Tigre Rossa    09/12/2014    1 recensioni
" “Leonardo!” gridò Raffaello, sconvolto, sollevandolo da terra e dal suo stesso sangue “Leo, Leo!”.
Leonardo posò lo sguardo, già molto lontano ed oscurato, sul volto del fratello e alzò con difficoltà e dolore la zampa destra per accarezzargli la guancia.
“Ra-raffaello . . .” sussurrò con le ultime forze che gli erano rimaste “. . . prendi gli altri e scappa . . . occupati della nostra famiglia e . . . e abbi cura di Yakumo e Yamiko anche . . . anche per me . . . io . . . io . . .”
L’ultimo respiro gli sfuggi tra le labbra prima che potesse terminare la frase e la sua zampa e cadde inerme nella pozza di sangue.
Gli occhi ramati non stavano più guardando quelli dorati e tremanti di Raffaello.
Né l’avrebbero più fatto.
. . .
Raffaello doveva essere forte, più forte della sofferenza e del dolore.
Doveva esserlo per suo padre, distrutto dal dolore e dalla vecchiaia, per i suoi fratelli, mutilati nel corpo e nello spirito, e per Yakumo e Yamiko, i figli di suo fratello, ancora feriti nel profondo per la sua morte.
Doveva esserlo per la sua famiglia, la sua amata famiglia, così terribilmente fragile e debole, più fragile e debole di quanto si sentisse lui stesso.
Doveva farlo."
Genere: Azione, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Karai, Nuovo personaggio, Raphael Hamato/ Raffaello, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Colazione
 

 
 
“Shaaaaaron!!!”
 
 
La ragazza dai capelli rossi, ridendo a crepapelle, attraversò di corsa il vasto salone inseguita da una tartaruga arrabbiatissima e bagnata fradicia.
“Deficiente! Ti faccio vedere io, ora!” urlava quest’ultima, incavolata nera, cercando di afferrare la piccola fuggitiva.
Quella però si infilò subito dentro la camera dei suoi zii e chiuse la porta a chiave, sempre ridendo.
Il ragazzo ringhiò, infuriato più che mai, e prese a prendere a pugni la porta “Esci da lì, codarda!”.
 “Cosa c’è?” domandò innocentemente dall’altra parte Sharon, prendendolo in giro “Non riesci a prendermi con la porta chiusa? Oh, poverino! Non dirmi che adesso ti metti anche a piangere!”.
“Tu . . .” il giovane stava letteralmente fumando di rabbia “ . . . aspetta solo che butti giù la porta e . . .”.
“Se la butti giù, Yamiko, sarai tu quello nei guai, e non Sharon.” disse una voce tranquilla alle sue spalle “Zio Raph non ti perdonerà un’altra porta scassata, non dopo la dozzina che hai distrutto solo nelle ultime due settimane.”.
Yamiko si voltò di scattò verso il fratello maggiore, che lo guardava divertito con i suoi grandi occhi ramati.
“Cos’è, stai cercando di proteggerla, Yakumo?” sbottò “Traditore! Dovresti essere dalla mia parte, e non dalla sua!”.
“Io non sono dalla parte di nessuno.” rispose Yakumo, avvicinandosi al minore e porgendogli un asciugamano con un leggero sorriso “Dai, lasciala perdere. Lo sai come è fatta. Si diverte solo con questi scherzi stupidi. E poi, se proprio vuoi vendicarti come si deve, ti conviene farlo durante il Tris.”
 
‘Tris’ era il soprannome che i ragazzi avevano dato ad una delle fasi del loro allenamento quotidiano, ed in realtà era più un gioco per loro.
Era stato ideato da Leonardo durante il loro primo anno di addestramento e consisteva in due combattimenti, uno iniziale tra Sharon e Yamiko e poi uno finale tra il vincitore della sfida precedente e Yakumo. Ogni volta che uno di loro otteneva tre vittorie, gli altri erano costretti a pagare pegno nel modo prescelto dal vincitore.
Era un ottimo modo per mettere un po’ di sana competizione tra i tre guerrieri –che comunque non era mai mancata- e per permettere a Splinter ed a Raffaello di giudicare in maniera più completa il loro stile di combattimento, e i ragazzi l’adoravano, visto che era un ottimo sistema per mettere fine alla loro varie liti. O per scatenarne nuove ancora peggiori.
 
Yamiko squadrò il fratello per una manciata di minuti, per poi sbruffare e prendergli sgarbatamente l’asciugamano dalle zampe.
“Bah.” fu il suo unico commento, prima di allontanarsi in direzione del bagno.
La tartaruga con la maschera blu sorrise lievemente ed aspettò che il fratello fosse sparito dalla sua visuale prima di bussare appena alla porta dietro alla quale si era rifugiata Sharon e sussurrare “Puoi uscire, ora.”.
Lentamente la ragazzina fece girare la chiave nella toppa e mise fuori la testa, guardandosi attorno con aria attenta. Solo quando fu certa che Yamiko fosse abbastanza lontano si decise ad uscire.
“Uau, Yakumo!” esclamò, guardando il ninja ammirata “Sei davvero incredibile! Un momento prima voleva spellarmi viva e subito dopo ecco che se ne va con la coda tra le gambe! Ma come diavolo fai?”.
 
Yakumo era sempre stato l’unico capace di calmare e far ragionare quel vulcano attivo che era suo fratello, fin da quando erano bambini.
Yamiko poteva infuriasi, rompere tutti gli oggetti presenti in un arco di cento chilometri, urlare fino a fare crollare le pareti, eppure bastava che lui gli si avvicinasse, lo guardasse negli occhi e gli sussurrasse qualche parola e si calmava di botto.
Era davvero stupefacente. Nemmeno loro padre, quando era ancora in vita, riusciva a controllarlo in quel modo.
 
Il ragazzo le fece l’occhiolino “Se te lo dicessi, non sarei più tanto incredibile, non credi?” scherzò “Dai, andiamo a mettere qualcosa sotto i denti, prima che torni e decida di voler fare i conti in anticipo.”.
Sharon annuì, allegra, e si mise a correre gridando “L’ultimo che arriva butta le candele consumate di Splinter per una settimana!”
 
 
La tavola era piena di ogni ben di Dio, come ogni giorno del resto.
Al centro del tavolo faceva mostra di sé una gigantesca crostata alla cioccolata, mentre intorno, disposti in vari vassoi, c’erano cereali, brioche alla crema, ciambelle, biscotti al cioccolato, uova strapazzate –la specialità di Michelangelo fin da quando era giovane- a più non posso ed i più svariati tipi di dolci. Uno spettacolo magnifico, soprattutto per gli eternamente affamati stomachi dei ragazzi.
 
Michelangelo era sempre stato un cuoco provetto, ma da quando era diventato zio aveva affinato molto le proprie abilità in cucina. Certo, cucinare senza l’ausilio della vista era un bel problema, ma con un po’ di organizzazione, pazienza e l’aiuto volenteroso e dolce di Donatello ormai se la cavava egregiamente.
Spesso Raffaello rimproverava i fratelli di esagerare e di viziare troppo i nipoti con tutte quelle prelibatezze, ma la tartaruga in arancione allontanava le sue critiche con un’alzata delle spalle.
Gli piaceva troppo cucinare. Ed inoltre, da quando aveva perso la capacità di vedere, credeva che fosse l’unico modo per essere ancora utile alla sua famiglia.
Comunque, i ragazzi non si lamentavano di certo.
 
Quella mattina ebbero tutto il tempo di fare fuori, tra una chiacchiera e l’altra con Don, Mich e Raph, tre fette di crostata, due ciambelle, tre porzioni di uova strapazzate e una mezza dozzina di biscotti prima che Yamiko, sbadigliando, li raggiungesse.
 
Yamiko somigliava a Raffaello tanto quanto Yakumo somigliava a Leonardo.
Alto esattamente come suo fratello maggiore gemello, era però molto più muscoloso e massiccio e trasmetteva forza da tutti i pori. La sua pelle era di uno splendido verde smeraldo e segnata da piccole e quasi invisibili cicatrici, che il giovane però mostrava con orgoglio. Alla cintura portava due Sai fasciati di nero ed al collo una sottile collanina di metallo con sopra inciso il suo nome. I suoi occhi verdi come la giada, così diversi da quelli dei suoi familiari, erano incorniciati da una maschera nera un po’ malandata, ed un’ eterna espressione corrucciata faceva bella mostra di sé sul suo volto.
Somigliava così tanto a Raffaello che quando questi lo guardava gli sembrava di vedere sé stesso a quindici anni. E ciò lo faceva rabbrividire.
 
“Scusate il ritardo.” disse la tartaruga, prendendo posto accanto al fratello ed afferrando una piatto pieno di uova strapazzate. “ Sarei arrivato prima, se qualcuno non mi avesse fatto fare una doccia gelata fuori programma.” sibilò, lanciando un’occhiataccia a Sharon.
La ragazza assunse un’aria da finta innocente così buffa che Yakumo si lasciò sfuggire una risatina.
“Che hai da ridere, tu?!” sbottò Yamiko, voltandosi verso il fratello che cercava disperatamente di tornare serio, senza però riuscirci, visto che Sharon prese imperterrita a fare facce buffe alle spalle del ninja in nero.
Prima che la situazione potesse degenerare, Raffaello scosse la testa e fermò sul nascere l’ennesimo litigo “Voglio proprio vedere se alla fine dell’allenamento che vi farò fare oggi avrete ancora l’energia di scherzare in questo modo.”.
D’un colpo tutti e tre i ragazzi spostarono la loro attenzione su di lui “Cosa? Ma . . . ma oggi non ci allena il maestro?” esclamò Sharon, diventando all’improvviso seria.
“Negativo.” rispose il ninja in rosso “Assisterà all’allenamento, ma sarò io ad organizzarlo. Mi ha lasciato carta bianca.”.
“Ca-carta bi-bianca?” balbettò la ragazza, per poi voltarsi e guardare i ragazzi, preoccupati quanto lei. Tutte le volte che Splinter aveva lasciato carta bianca a zio Raph, alla fine dell’allenamento si erano puntualmente ritrovati stesi a terra, senza la forza di muovere nemmeno un dito e con almeno una dozzina di ossa rotte.
“Ehm . . . cosa hai in programma, zio?” domandò cautamente Yakumo.
 “Oh, un po’ di tutto” disse l’altro con aria distratta “Un’ora o forse due di riscaldamento, altre due di kata, tre di lotta a mani nude e altrettante con le armi . . . si, credo che faremo così, per oggi.”.
I volti dei giovani guerrieri sbiancarono improvvisamente e le loro espressioni, che andavano dal disperato al terrorizzato, erano così buffe che il ninja dei Sai dovette trattenere a stento un sorrisetto.
Improvvisamente, però, la suoneria di un cellulare si intromise nella conversazione, facendo voltare tutti verso Donatello.
“Ehm, scusate” mormorò il genio, prima di prendere il suo tarta-cellulare e di rispondere.
“Ehi, ciao, dimmi pure. . . . cosa . . . si si, stai tranquilla, è qui da . . . aspetta. . .dai, è tutto a posto . . . come? Va bene, un momento . . .” si voltò verso Sharon e le porse delicatamente il telefonino, prima di mormorare con aria triste, quasi come se si stesse scusando per qualcosa “ è tua madre.”.
A quelle parole il viso della ragazza perse tutto il poco colore che gli era rimasto e Yakumo e Yamiko si lanciarono un’occhiata, mentre Raffaello alzava gli occhi al cielo sconfortato e Mich sospirava.
La rossa prese il telefono e lo portò con cautela all’orecchio, come se fosse una bomba sul punto d’esplodere.
“Dimmi.” La sua voce aveva perso ogni traccia dell’allegria che la caratterizzava ed anzi era spenta, fredda ed ostile. Sembrava che a parlare fosse un’altra persona, una persona completamente diversa. “Si, sono alla tana, come ogni sabato mattina da quindici anni a questa parte . . . come, ‘perché non ti ho avvertita’?. . . avevi dormito si o no tre ore stanotte, non volevo svegliarti . . . cosa? Non è certo colpa mia se ti chiudi tutto il tempo in quello stupido laboratorio! E . . . non sto alzando la voce . . . si, mi fermo fino a lunedì ed ho con me tutto l’occorrente e . . . scusa, ma adesso che centra? Se papà passa di qui certo che ci parlo! E poi . . . guarda che sei tu a non permettergli di vedermi nei giorni predefiniti! Io . . . aspetta, lasciami parlare . . .” la giovane guerriera rimase in silenzio per un manciata di minuti, attonita, per poi mormorare un paio di parole incomprensibili e chiudere la telefonata con aria cupa.
Poggiò il cellulare il più lontano possibile da sé e si alzò dalla tavola, dicendo con voce sommessa “Scusate, ma non ho più fame.”
Detto questo, afferrò il suo zaino militare e si diresse verso la camera dei ragazzi, che si alzarono a loro volta appena ebbe chiuso la porta e la seguirono sotto lo sguardo sconfortato degli zii.
Michelangelo sospirò “Povero bambina. Certe volte mi fa così pena.” mormorò tristemente.
Donatello annuì “Già. Non vorrei essere nei suoi panni.” commentò riprendendo il cellulare, mentre Raffaello continuava a guardare pensoso la porta chiusa della stanza dei giovani.
 
April O’ Neil e Casey Jones, i genitori di Sharon, avevano sempre avuto un rapporto molto difficile ed erano divorziati da quasi due anni.
Il loro rapporto incasinato aveva sempre fatto soffrire la ragazza, ma il divorzio era stato una vera e propria pugnalata al cuore che non aveva ancora smesso di farle male, benché cercasse di nasconderlo con i suoi grandi sorrisi e la sua gioia spensierata.
Come se non bastasse, dopo il divorzio il poco di buono che c’era precedentemente nel legame con i suoi genitori si era deteriorato.
April, a cui Sharon era stata affidata, oltre a chiudersi per giorni e giorni nella “O’Neil Tech” da lei fondata, lasciandola sola in continuazione, le impediva tutte le volte che poteva di incontrare suo padre e la due discutevano per qualsiasi cosa.
Casey, da parte sua, cercava di vedere la figlia il più spesso possibile, ma ciò lo portava a scontrarsi spesso e volentieri con la sua ex-moglie. Nonostante i loro mille litigi, però, l’uomo riusciva a vedere la figlia solo raramente e per poco tempo, e la maggior parte delle volte i loro incontri, sempre più freddi e distaccati, avvenivano proprio nella tana.
 
Sharon detestava quella situazione.
 
All’inizio, con l’aiuto dei suoi cugini e del resto della famiglia, aveva cercato di convincere i due a tornare insieme, ma con il passare del tempo aveva smesso di cercare di risolvere tutto.
Ora tutto quello che faceva era cercare di soffrire il meno possibile.
Stava lontana da casa sua e cercava di avere pochissimi contatti con entrambi i genitori. Occupava le sue giornate di mille interessi, allenamenti e risate, tentando di dimenticare tutto, e trascorreva ogni secondo libero nella tana con Yakumo e Yamiko. Ormai, aveva detto una volta alle due tartarughe, solo lì si sentiva a casa.
Il resto della famiglia comprendeva bene la tristezza ed il dolore che la giovane si portava dietro e cercava di starle vicino, di confortarla, di esserle d’aiuto, ma lei nascondeva tutto il suo dolore dietro quel eterno sorriso, misto di finzione e realtà, e si teneva ogni cosa dentro.
 
Yakumo e Yamiko, però, non demordevano.
Sharon gli era stata sempre vicina con la sua dolce allegria e la sua luce abbagliante, soprattutto quando avevano perso il padre, e loro non avevano alcuna intenzione di abbandonarla.
No, loro non l’avrebbero mai lasciata da sola.
Mai.
Dopotutto, erano una famiglia, no?
 
 
Le due tartarughe aprirono lentamente la porta della loro stanza, dopo essersi lanciati un altro sguardo d’intesa.
 
La loro camera da letto, la più grande della tana, era divisa in due parti completamente diverse tra loro.
 
La parte destra, dove dormiva Yakumo, era estremamente ordinata ed organizzata.
Un solido letto di legno di quercia e rifatto a regola d’arte era poggiato contro il muro, il quale era ricoperto da numerosi fogli pieni di scritte in kanji e katakana.
Ai piedi del letto una piccola cassapanca di bambù conteneva la maggior parte degli affetti personali del giovane ninja e poco lontano da questa era posizionata una piccola scrivania.
Su numerose mensole attaccate alla parete erano allineati volumi di vari generi, argomenti e lingue, mentre sullo scaffale più basso erano deposti con estrema cura un piccolo flauto, una spada di legno, una bandana blu scuro, un minuscolo bonsai, un vecchio leoncino di peluche ancora in buone condizioni ed una fotografia che raffigurava la loro famiglia dieci anni prima.
 
La parte sinistra della stanza, quella di Yamiko, era completamente diversa.
Al posto del letto c’era un’amaca mezza distrutta, ancora umida dopo lo scherzo di Sharon, e dietro di essa c’era una sorta di armadietto di metallo ricoperto da scritte e adesivi.
La parete era quasi completamente spoglia, a parte qualche poster dei Breaking Benkamin o degli Skillet, ed a terra erano buttate alcune riviste su armi e motociclette, che il ragazzo adorava.
Un grande stereo era posato poco lontano dall’armadietto, mentre un vecchio sacco un po’ malconcio pendeva dal soffitto. Un computer portatile d’ultima generazione o quasi era posato in bilico su uno sgabello, ma le uniche cose in ordine erano vari pesi e strumenti d’allenamento, posizionate con cura accanto all’amaca.
 
Esattamente al centro della camera era posizionato invece un lettino di ferro, il classico scomodo letto che si affibbia agli ospiti, per permettere a Sharon di dormire insieme ai ragazzi ogni qualvolta si fermava, e quindi praticamente sempre.
E proprio lì sopra la rossa si era raggomitolata, sospirando ed accarezzando l’elsa di Yuuki, come se questa potesse rassicurarla e tranquillizzarla.
 
Appena vide i suoi cugini entrare, la ragazza si raddrizzò e simulò la sua solita aria allegra, mentre afferrava lo zaino militare e iniziava ad estrarre gli abiti per l’allenamento mattutino.
“Come mai qui?” chiese, lanciandogli un’occhiata scherzosa “Gli zii vi hanno cacciato dalla tavola perché vi ingozzavate troppo?”.
 “Io a dire il vero non ho ancora toccato cibo, a causa di certe pesti di mia conoscenza.” sbruffò Yamiko, mentre il fratello gli rifilava una gomitata nel fianco “Ahi! Ma che c’è? è vero!”.
Il maggiore sospirò sconsolato e si sedette accanto a Sharon, che continuava a fare finta di niente. “Tutto ok?” chiese gentilmente.
“Si, certo! Perché non dovrebbe?” rispose la giovane, senza però guardarlo negli occhi e concentrando tutta la sua attenzione nella ricerca di una scarpa.
 “Forse perché hai appena litigato con tua madre?”
“E allora? Io e lei litighiamo sempre!” sbruffò la giovane “Possiamo cambiare argomento, ora? Lo sai che odio parlare di lei, tanto meno il sabato mattina! è come vedere un film horror che all’improvviso si blocca proprio nel momento in cui il cattivo sta uccidendo il protagonista!”.
“Ho presente la sensazione, ma non è poi tanto male. Per lo meno, si può fare una pausa per prendere i pop-corn.” commentò ironicamente dall’altra parte della stanza Yamiko, che nonostante lo sguardo disinteressato aveva ascoltato attentamente tutto. Anche se spesso e volentieri si mostrava insofferente o infastidito dalla sua pazza cugina, non riusciva a vederla triste o che si fingeva allegra per non farli preoccupare e, quando questo capitava, la lasciava nelle zampe esperte e delicate di Yakumo, che sapeva sempre come trattarla, a differenza di lui.
La ragazza trattenne un sorrisetto divertito, e Yakumo ne approfittò per tornare all’attacco.
“Lo so che lo detesti, ma non si può fare tutto ciò che ci piace. Allora, cosa ti ha detto?”.
La rossa sbruffò “E che cavolo, non demordi mai, eh?” si mise a giocherellare con il suo ciondolo “Se proprio lo vuoi sapere, si è lamentata delle solite cose. Dove ero finita, perché non l’avevo avvisata, di non azzardarmi a cercare papà o di parlargli se viene qui . . . contento adesso?”.
La tartaruga le accarezzò la testa “Dai, Sharon, lo so che è bruttissimo, ma ormai sai che è fatta così. Devi cercare di non starci male, anche se è molto difficile.”
“E chi ha detto che ci sto male? Hai fatto tutto da solo! Sto benissimo, davvero! Yamiko, a te sembra che sto male?” chiese, rivolgendosi al cugino minore.
“Oh si. Stai male dalla nascita. Infatti ancora mi chiedo perché non ti hanno mai rinchiusa in un manicomio.” ribatté il ragazzo, sorridendo ironicamente.
In tutta risposta, Sharon gli lanciò dritto in faccia il cuscino della sua brandina.
“Ohi! Ma di che è fatto sto cuscino, di cemento?” gemette Yamiko, massaggiandosi il volto.
La giovane sorrise vittoriosa, per poi voltarsi verso Yakumo “Allora, finita la seduta psichiatrica?”.
La tartaruga sospirò ed annuì sconfortato. Era inutile parlare con lei quando decideva di fare orecchie da mercante.
La rossa allora si alzò e si stiracchiò “Bene allora. Pronti per stasera?”.
Yamiko alzò gli occhi al cielo “Ti prego, non dirmi che hai scelto per l’ennesima volta Harry Potter o Il Signore degli Anelli, o ti strangolo seduta stante!”
 
Come era tradizione ormai da anni, infatti, il sabato sera era la ‘sera del cinema’. Visto che le tartarughe non potevano andare al cinema, o comunque erano costrette ad andare sotto copertura, ogni sabato, a turno, un membro della famiglia sceglieva un film da vedere tutti insieme con pop corn e coca cola. Era sempre stato un appuntamento fisso per tutti, ma con la morte di Leo, l’incidente di Mich e Don, il divorzio di April e Casey e la cattiva salute di Splinter era diventato essenzialmente una piccola tradizione continuata solo dai ragazzi e, occasionalmente, da Raph.
 
Sharon si mise le mani suoi fianchi “Come fai a dire una cosa del genere? Harry Potter e Il Signore degli Anelli sono dei capolavori inimitabili ed assolutamente perfetti.”
“D’accordo, ma dopo averli visti rispettivamente 1563 e 1781 volte, diventano seccanti, noiosi ed odiosi.” ribatté il ninja in nero.
“Questi film non potranno mai essere seccanti, noiosi od odiosi. E comunque, non mi stavo riferendo a loro.”
“No, non dirmi che tocca di nuovo ad Hunger Games! Cosa ci trovi di bello in un film così schifoso?”
“Schifoso? Schifoso?! Vogliamo parlare dei tuoi amati film dell’orrore o d’azione, eh?”
“Quelli sono perfetti sotto ogni punto di vista e, a differenza dei tuoi, hanno anche senso logico.”
“Senso logico? Che senso logico hanno un tizio che si butta da un grattacielo di 98 piani, un pazzo maniaco che prima di uccidere le vittime le telefona, uno che ammazza poveri sfortunati poliziotti in diretta streaming e un pazzo che si sogna una vita alternativa in una casa abbandonata?”
“Ok, adesso basta.” Yakumo si mise in mezzo, interrompendo al discussione “Ogni film ha i suoi aspetti negativi e positivi e può piacere come può non piacere, ma non bisogna farne una questione di Stato. E poi, i migliori film sono quelli storici, non c’è nulla da fare.”
Sharon e Yamiko guardarono la tartaruga come se fosse un alieno.
“Si, fratello, certo.” il mutante scosse la testa, mentre la ragazza continuava “Per i vecchi centenari, però.”.
Il ninja li fulminò con lo sguardo, mentre loro trattenevano a stento una risatina.
“Comunque” riprese a dire la rossa, mentre si scioglieva i capelli “Non era al film che mi riferivo.”.
Yamiko la fissò “E a cosa, allora?”.
“All’evento top secret di stasera, ovvio.” rispose con un sorriso Sharon.
“Ci vai davvero, quindi?” esclamò il cugino, con gli occhi che gli brillavano.
“Certo. Mi dispiace solo che voi non possiate venire.”
“A dire il vero, nemmeno tu potresti andarci.” Yakumo incrociò le braccia, mentre il suo volto assumeva la famosa espressione da ‘fratello maggiore’.
“Oh, andiamo, Ya’, ne abbiamo già parlato!” esclamò la kunoichi “è la mia grande occasione! Sono mesi che mi preparo.”
“I tuoi non vogliono, e lo sai fin troppo bene.”
“I miei non vogliono fin troppe cose. Voglio iniziare a fare ciò che voglio io, non solo ciò che vogliono loro. Non pensi che sia un po’ giusto?”
“Certo, ma non in questo modo.”
“Dai, andrà bene, vedrai. Non lo saprà nessuno, non mi succederà niente e avrò finalmente anche io una mia piccola soddisfazione. Certo, se nessuno di voi due mi tradirà.” Sharon sbatté in modo civettuolo le ciglia “Tu non mi tradirai, vero, Hamato Yakumo?”.
Yakumo divenne rosso come un peperone “Ecco . . .ehm . . .io . . .”.
La ragazza gli sorrise dolcemente e lo abbracciò, stampandogli un bacio gigante sulla guancia “Sapevo che eri dalla mia parte.” gli mormorò sensualmente all’orecchio, per poi allontanarsi da lui e riprendere a trafficare con la sua roba.
Yamiko scosse la testa, divertito. Sharon sapeva raggirare suo fratello, che non riusciva mai a dirle di no, con un’abilità pazzesca e convincerlo a fare ciò che voleva lei. Dopotutto, era una giovane kunoichi. Forse non ancora molto affascinante né particolarmente bella, ma era comune una kunoichi. Il fascino e l’inganno le scorrevano nelle vene.
“Ora uscite, che devo cambiarmi.” sbottò la rossa, indicando ad entrambi la porta.
“E perché mai? Tanto non c’è niente che valga la pena nascondere. Sei piatta come una tavola da surf.” la prese in giro il ninja in nero, che subito si abbassò per evitare il fendente della ragazza.
“Fuori!” urlò Sharon, impugnando con più forza la spada.
Yamiko seguì, ridacchiando, il fratello fuori dalla stanza.
  
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