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Autore: PiGreco314    09/12/2014    6 recensioni
Dopo aver letto Hunger Games sono totalmente impazzita. L'ho amato, ma una domanda continuava ad assillarmi: (mini-spoiler) "come hanno fatto Katniss e Peeta a riavvicinarsi?"
Metto a vostra disposizione una mia personale risposta a questa domanda e spero vi piaccia :3
A chi dunque sia interessato ai fatti che potrebbero essere accaduti dal rientro nel distretto 12 all'epilogo auguro buona lettura :3
P.S. È la mia prima ff, siate buoni!
Tratto dal primo capitolo:
"Riesco a stento a ricordare l'ultima volta che le sue labbra hanno sfiorato le mie. Poi il tepore della coperte mi assorbe completamente e io scivolo di nuovo nel sonno, mentre sento il tocco leggero della mano di Peeta e il suo profumo. Haymitch ha ragione - è l'ultima cosa che risco a pensare, insieme alla risposta all'ultima domanda che mi ha rivolto.
- No, non c'è bisogno che mi ricordi che ho un motivo più che valido per andare avanti. Peeta. -"
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Gale Hawthorne, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Peeta mi guarda con sospetto, indugiando sulla porta quasi a nascondersi, come se avesse paura .
- Devo parlarti – esordisco mentre sento abbandonarmi la sicurezza di qualche minuto prima e premere l’istinto di scappare via per rifugiarmi in qualche angolo buio di casa mia.
- È una pessima idea. Gale ha ragione. Corri da lui prima che… - mi risponde, senza terminare la frase.
- È per la Paylor. Vuole organizzare gli Hunger Games della pace. –
Rapida e priva di ogni tatto, la risposta mi sfugge prima che possa rendermi conto di quello che ho detto.
Vedo Peeta spalancare i suoi occhi azzurri per la sorpresa e lasciare andare il braccio che teneva la porta semichiusa. Si allontana di qualche passo e attraverso i suoi occhi vedo scorrere nella sua testa un’infinità di pensieri e, per la seconda volta questa mattina, rivedo in lui la mia stessa reazione.
Entro dentro chiudendo la porta alle mie spalle, sperando con tutto il cuore che Peeta capisca. Ho bisogno di lui ora come nell’arena, come quando l’ho trovato nella stanza di Prim, come quando mi ha lanciato quelle pagnotte bruciate. Ho bisogno del suo aiuto, del suo supporto, del suo coraggio.
- È impossibile. Era la Coin a volere quei Giochi.-
La sua voce è ferma ma dubbiosa, come se stesse provando a convincersi di una cosa di cui non è completamente certo.
- Lo so ma… - provo a spiegargli ma vengo interrotta.
- Era la Coin a volere quei Giochi. Vero o falso? -
Le ultime parole mandano in frantumi l’ultimo briciolo di sicurezza; la riunione è avvenuta dopo il suo depistaggio, non fa parte dei ricordi impiantati o modificati dal veleno degli aghi inseguitori.
- È vero. Ma la Paylor ha deciso di riorganizzarli. Non so di preciso cosa sia successo ma… -
- E tu… Tu hai votato di sì. Anche tu li volevi. E anche Haymitch. Eravate favorevoli. Hai detto che era per Prim. –
Distolgo lo sguardo dal suo viso, provando a respingere il senso di accusa che provo nel sentire le sue parole.
- Vero o falso? –
- Vero – sussurro, sollevando di nuovo lo sguardo.
Non so cosa mi aspettavo di vedere, probabilmente credevo che ad osservarmi ci fossero due occhi neri o una mano tesa pronta a strangolarmi, ma non c’è nulla di tutto ciò.
C’è Peeta con i suoi occhi limpidi, interdetto e deluso. Credeva gli avrei risposto che era falso, che non era vero fossi favorevole. Credeva fossi una persona migliore ma non ho potuto dargli la conferma che lui cercava.
- Chi ti ha detto dei Giochi? – mi chiede quando vede che non accenno a parlare.
- Gale, anche se pensava che io già lo sapessi. Haymitch sapeva già tutto – rispondo, la voce leggermente roca.
Peeta si limita a scuotere la testa, non ancora convinto della faccenda.
- E ha detto anche che non intende aiutarmi – concludo.
Il fornaio ferma il movimento della sua testa .
- Aiutarti a fare cosa? – mi dice mentre stringe le braccia al petto, a disagio.
- Ad annullare i Giochi –
Ora Peeta appare ancora più confuso e, in cuor mio, non riesco a dargli torto così provo a spiegarmi meglio.
- Ho fatto uno sbaglio Peeta. Vorrei essere abile come te con le parole e trovare quelle giuste ma non penso che riuscorei comunque a nascondere di aver pensato ai Giochi come a un’occasione per vendicarmi. Mi dispiace. Ho capito di aver sbagliato solo ora che la faccenda si è presentata di nuovo, insieme alla notizia del bambino di Annie e… -
Non termino la frase. Il nome di Finnick mi si strozza in gola, senza un preciso motivo.
- Il bambino? Katniss ma cosa stai dicendo? –
Peeta ormai è nella confusione più totale ed è stranamente inquieto. Provo ad assumere un tono calmo nonostante ora sia anch’io visibilmente agitata e a spiegargli tutto d’accapo, cercando di essere chiara e dando ancora qualche minuto al ragazzo del pane per riflettere.
Noto che ha indossato una maglia pulita, di un arancione sbiadito che mi riporta in mente un certo discorso fatto molto tempo fa, quando Peeta mi confessò il suo colore preferito. Sembra una maglia molto vecchia ma non ricordo di averla mai vista.
- Sono confuso, sembra tutto così irreale. Che hai intenzione di fare Katniss? – mi dice alla fine il ragazzo del pane.
- Non lo so. Non ne ho la più pallida idea Al momento credo ci aspettino al distretto quattro.Per il resto non so quanto siano andati avanti con questa idea, immagino che dopo dovremo andare a Capitol per capire com'è la situazione - rispondo con tono fintamente risoluto.
Solo ora che l'ho detto ho realizzato il fatto che dovrei tornare nello stesso posto dove Prim è morta. Sento improvvisamente l'aria farsi più pesante, soprattutto quando Peeta si allontana velocemente da me.
- NO! - esclama, spaventato.
Mi occorre ancora qualche secondo per capire di non aver considerato ancora un'altra cosa: Capitol è il posto dove Peeta è stato torturato. Dove è stato depistato. Dove ha desiderato la morte.
Come posso essere stata così insensibile? Come ho fatto a pensare che Peeta mi avrebbe appoggiato ciecamente ? Come ho fatto a non pensare ancora una volta a cosa significa per lui tutto questo?
Guardo in silenzio il ragazzo del pane voltarmi le spalle mentre prova a calmarsi e stringe forte i pugni.
- È una trappola - è tutto quello che dice, dopo un'eternità.
- Cosa? -
- Volete portarmi di nuovo a Capitol con l'inganno. Hai inventato tutto questo. Tu e Gale aspettavate solo il  momento giusto. -
Una alla volta, le sue parole mi trafiggono mentre sento crollare via in un solo istante tutto quello che io e Peeta abbiamo costruito dal nostro rientro al distretto Dodici.
Rivedo Peeta a Capitol, i segni delle manette sui polsi, gli occhi scuri, la sua espressione implorante mentre mi chiede di ucciderlo.
Corro ad abbracciarlo prima che sia troppo tardi e Peeta si allontani di nuovo da me, per sempre. Le mie braccia non rescono a circondarlo tutto ma vi si aggrappano disperatamente.
- È tutto falso Peeta. Tutto falso. Non è reale - ripeto con voce tremante almeno una decina di volte.
- Non ce la faccio Katniss. Non ce la faccio. È nella mia testa. Come faccio a sapere sempre a cosa credere? Come? -
Peeta si volta verso di me, gli occhi lucidi pronti alle lacrime che si schiariscono.
- Mi stai chiedendo troppo Katniss. Capitol è... Non ce la faccio a tornarci. Mi dispiace. -
La sua voce ora si indurisce e le mani, ferme, spazzano via le lacrime che non ha ancora versato.
- Capisco - gli dico, e una piccola parte di me lo crede davvero. L'altra, egoista, non riesce nemmeno a immaginare un simile rifiuto, probabilmente perchè non se l'aspettava minimamente.
- Devo andare - dico ancora, schiarendomi la voce, provando a non far trapelare niente, nessun pensiero, nessuna emozione. La cosa, stranamente risulta più facile di quanto mi aspettassi: per la seconda volta nella giornata mi sento vuota, il che è assurdo se penso a tutto quello che è accaduto intanto.
Peeta si limita ad osservarmi senza dirmi una parola.
L'aria si fa ancora più pesante.
Quelle due parole erano un'ultimo e disperato  'Resta' ma questa volta non c'è stato nessun 'Sempre'.
C'è solo il vuoto.

Guardo Haymitch prendere abiti alla rinfusa dal mio armadio per riporli a casaccio in una valigia. Non ho avuto il coraggio di parlargli, nonostante mi abbia tempestato di domande.
Sono semplicemente corsa nella mia stanza per tuffarmi di nuovo nel letto, facendo finta di ignorare l'enorme vassoio su cui c'era la colazione preparata da Peeta.
Mi giro dall'altro lato in modo da non guardarlo e mi copro con la coperta fino al mento.
Varcata la soglia di casa ho pensato che forse ero ancora in tempo per tornare a letto e far finta che non fosse successo nulla.
Haymitch mi raggiunge in stanza qualche istante dopo; probabilmente aspettava che rientrassi, ma so per certo che non ho intenzione di parlargli del ragazzo del pane e di come anche lui non mi abbia voluto aiutare. O peggio, di quanto sia stata insensibile ancora una volta nei suoi confronti.
Alla fine Haymitch mi rivolge uno sguardo truce e scompare dalla stanza per riapparire solo più tardi con la valigia in mano. Quando vede che non accenno a muovermi impreca e si mette a lavoro, facendo cadere la "conversazione".
Provo a mettere a tacere i miei pensieri osservando il mio mentore per un paio di minuti, giusto il tempo che mi guardi a metà tra l'arrabbiato e l'annoiato per dirmi:
- Il primo treno utile per il distretto quattro è tra un paio d'ore.  Arriveremo in nottata. Ti passo a prendere un po' prima per andare in stazione. E per l'amor del cielo, la biancheria te la prendi da sola! -
Quando Haymitch se ne va controllo l'ora per poi abbandonarmi ancora un po' al tepore della coperta. Senza che me ne accorga cado in una sorta di dormiveglia mentre davanti ai miei occhi compaiono immagini dai contorni confusi. Mi sveglio prima che la mia mente possa mettere a fuoco quelle immagini e scoprire cosa raffigurano; non posso avere altri incubi, non ora che sono sola. Anche se qualcosa mi dice che proprio per questo, tornerrano presto.
Mi preparo in fretta e furia facendo una doccia veloce per poi aspettare Haymitch in salotto, fissando il vuoto, concentrandomi unicamente sulla mia prima destinazione e pensando per la prima volta alla possibilità di incontrare mia madre. Mi rincuora solo il fatto che sia una possibilità: in fondo c'è sempre una probabilità che decida di non farsi vedere, il che forse è meglio.
Non sono pronta a rivederla. Non ho la forza di affrontare anche lei e il suo dolore; ho già il mio da sopportare. Ho già il mio da preparare per quando sarò a Capitol, da sola.
Il suo pensiero però mi riporta al libro delle piante che è ancora nella mia camera e corro a prenderlo, trovando un po' di sollievo nel rileggere ancora le sue pagine.
Quando Haymitch bussa alla mia porta, solo, do un'ultima occhiata al salotto e all'ingresso, entrambi scuri e silenziosi, prima di uscire fuori con la mia valigia, dentro cui ho infilato con forza anche il libro.
- Hai preso tutto? - mi chiede annoiato e io gli rispondo annuendo.
- Immagino sia un passo in avanti - conclude.
Mi chiedo se abbia parlato con Peeta. Il fatto che sia venuto a bussare alla mia porta da solo e che non accenni a dirigersi verso la porta del fornaio me ne dà la conferma.
Mentre camminiamo per le strade del distretto veniamo fermati un paio di volte da alcune persone che si mostrano preoccupate: fortunatamente Haymitch risponde per entrambi e riferisce la notizia del bimbo di Annie. Vorrei poter ricambiare i loro sorrisi mentre ci salutano ma la cosa mi risulta difficile; mi limito a salutarli con un cenno della testa e tiro dritto, sperando allo stesso tempo di arrivare il più presto possibile al distretto quattro e di non arrivarci mai.
Nei pressi della stazione veniamo fermati infine da una voce familiare.
- Katniss! -
Thom corre verso di me e afferra la mia valigia.
- Lascia, la porto io. Ho provato a raggiungerti a casa ma eri già uscita. So tutto, ho parlato con... -
Thom si zittisce improvvisamente con aria colpevole.
- Mi dispiace Katniss, avrei dovuto parlartene - sossurra alla fine guardandosi i piedi.
- Avresti dovuto - gli dico mentre riprendo la mia valigia.
- Andiamo Katniss, non sapevo niente di quest'ultima sua idea. Ok, è da circa un mese che aveva in programma di venire qui al dodici ma l'ho sempre persuaso a rimandare. Non volevo metterti altri pensieri per la testa. Nè volevo far soffrire ancora lui visto che le cose con Peeta... -
Thom lascia di nuovo la frase in sospeso ma questa volta è Haymitch a prendere la parola mostrando un raggiante quanto ironico sorriso:
- Le cose con Peeta...? Su giovanotto, continua, sono curioso. -
- Thom lascia stare - dico in tono brusco, in parte perchè non mi va di parlarne, in parte per zittire Haymitch.
- Dai Katniss, abbiamo ancora un po' di tempo e ci tengo ad essere aggiornato. Vediamo... Ti riferisci al fatto che nell'ultimo mese i due hanno praticamente vissuto insieme? Colazioni, pranzi, cene e notti comprese? O al fatto che lei sta facendo ricostruire la panetteria di famiglia? -
Lancio a Haymitch un'occhiata collerosa cercando di reprime la sorpresa nell'apprendere che è a conoscenza dei miei piani riguardo la vecchia panetteria Mellark, anche se più che rabbia il mio è principalmente dolore.
- Come potrai notare la convivenza è finita: Peeta non è qui - rispondo.
Thom è senza parole e ha la faccia di una persona che si scaverebbe volentieri una fossa nel terreno. Mi sento quasi in colpa per essere stata così brusca con lui; in fondo so che non è colpa sua se Gale è tornato e so che non avrebbe comunque potuto evitarlo.
- Ci vediamo - lo saluto provando ad addolcire il mio tono fin troppo tagliente,  per poi allontanarmi, seguita  a ruota dal mio mentore che ora sembra meno in vena di risate.
Risate che sono decisamente ben lontane dalla sua testa alla vista del treno. Tuttavia a me basta ancor meno e sento una strana angoscia farsi avanti già solo osservando la stazione. O quel che ne rimane. L'edificio che prima permetteva l'accesso ai binari infatti non c'è più e ne rimangono ormai solo dei detriti allontanati dai binari e, al suo posto, una specie di tendone, grigio quasi quanto il cielo che lo sormonta.
Al mio rientro da Capitol non vi avevo fatto quasi caso. La distruzione dentro e fuori di me non mi ci hanno fatto prestare troppa attenzione immagino.  Il treno però desta un'inquietudine ancora più grande; stringo la presa attorno all'impugnatura ruvida della valigia desiderosa che al suo posto vi sia la mano del ragazzo del pane, calda e solida e sospiro. Una, due, tre volte.
Haymitch non muove un passo. Sembra entrato in una sorta di trance da cui si risveglia solo quando una folata di vento alza un enorme polverone che ci costringe a riparare i nostri occhi.
- Che fortuita combinazione - commenta borbottando -Muoviamoci, il nostro treno ci attende. -
Il nostro treno. Il treno che ha accompagnato per molti anni i tributi del distretto dodici verso la morte. Eccetto tre.

Siamo soli nel treno, fatta eccezione dei due macchinisti che fanno cenno ad Haymitch al nostro arrivo. A quanto pare il treno ora viene usato come treno merci.
- Ogni risorsa rimasta al paese è essenziale. Mi dispiace per la vostra sfortunata coincidenza - ci dice uno dei due mentre ci accompagna verso le prime carrozze. Ci spiega che solo le prime due conservano ancora qualche poltroncina, mentre le altre, ora vuote, servono al trasporto di merci provenienti dagli altri distretti. Vedo Haymitch fare una strana smorfia ma non aggiunge nulla e io non chiedo spiegazioni.
La mia voglia di parlare, già bassa, si è del tutto azzerata.
Una volta saliti a bordo del treno deposito la mia valigia in un angolo del vagone, ora molto più spoglio di come lo ricordavo; tutto quello che rimane infatti sono quattro poltroncine e un tavolo scuro e lucido, circondato da quattro sedie. Quando mi ci avvicino noto un piccolo ma deciso solco che sfioro con le dita.
- Attenta dolcezza - mi dice Haymitch osservandomi - quello è mogano! -
Il ricordo di Effie rievocato dall'imitazione del mentore riesce a strapparmi un debole sorriso, troppo teso per poter essere definito vero.
Seguo Haymitch che intanto ha mollato il suo zaino accanto al mio per poi recarsi verso le poltroncine.
Prendo posto anch'io e mi stringo nella giacca, osservando il paesaggio fuori al finestrino.
L'altro macchinista ci raggiunge poco dopo.
- Due minuti e partiamo. Arriveremo al distretto quattro poco dopo la mezzanotte - ci informa.
Annuisco in risposta, anche se sento aggiungersi ulteriore nervosismo al mio stato d'animo già fortemente instabile.
Haymitch fa un cenno con la mano e li ringrazia per poi portarla, una volta che i due escono, al petto, sotto la giacca, per estrarre la sua amata bottiglietta.
Tira giù un lungo sorso e la rimette a posto per estrarre, con mia sorpresa, un piccolo libro che inizia a leggere. Sono curiosa di sapere di cosa si tratti ma una breve occhiata del mentore mi convince ancora una volta a non porre domande e a restare zitta al mio posto con le ginocchia al petto, mentre tormento nervosa la fine della mia treccia fino a quando sento accendersi i motori del treno.
Fisso un punto indistinto tra le case del distretto e le macerie ancora presenti iniziando a tremare.
Provo a bloccare le mie mani afferrando i braccioli della poltrona ma è del tutto inutile, soprattutto quando il treno inizia finalmente a muoversi facendomi sussultare.
Ma il mio sussulto è dovuto anche alla strana immagine che compare improvvisamente davanti ai miei occhi.
In fondo al treno infatti, vicino al tendone che sostituisce la stazione, c'è Peeta che corre arrancando, trascinando una borsa. Mi ci vuole qualche secondo per riuscire a trovare il pieno controllo del mio corpo e alzarmi per poter aprire con difficoltà il finestrino.
- Katniss! -
La voce di Peeta è come un balsamo; sento la tensione di prima esplodere in lacrime che senza preavviso solcano il mio viso. Ma il treno inizia a muoversi più in fretta e Peeta, che ha quasi raggiunto il vagone inizia a strillare qualcosa sul fermare il treno.
Come un fulmine mi allontano dal finestrino nello stesso istante in cui Haymitch invece lo raggiunge, in direzione della cabina di guida.
Attraverso correndo il vagone che la separa del mio lanciando uno sguardo disperato ai finestrini per scorgere Peeta solo alla fine, quando batto forte i miei pugni contro la porta della cabina e unisco la mia voce alle grida di Peeta.
- Fermate il treno! Fermate subito il treno! -
Le mie parole, fortunatamente vengono ascoltate e il treno inizia a rallentare mentre la porta viene aperta e ne esce un macchinista con sguardo sconcertato.
- Peeta. Deve salire a bordo - è tutto quello che riesco a dire, trafelata e in lacrime mentre ricevo un'occhiataccia.
Probabilmente si sta preparando a farmi una ramanzina ma non ci bado e, mentre il treno rallenta ancora, corro alla porta della carrozza inseguita da Peeta.
Attraverso il vetro della porta vedo il suo viso arrossato e sudato per lo sforzo, i suoi capelli biondi arrufati dal vento e i suoi occhi che si incatenano ai miei, ancora bagnati.
Non mi ha abbandonato - penso, mentre un'altra lacrima si fa spazio.
Quando finalmente il treno si ferma e le porte si aprono allungo una mano verso il ragazzo del pane e lo attirò a me , buttandogli le braccia al collo e piangendo.
Non lo meriterò mai. Non meriterò mai il suo affetto, la sua cura, le sue attenzioni, la sua infinità bontà eppure lui è qui, tra le mie braccia.
- Potrei vivere mille vite... - balbetto afferrando il suo viso tra le mie mani ma uno strano imbarazzo mi blocca e lascio ancora una volta che sia il silenzio a parlare.
Stringo la sua testa al mio petto sfruttando la differenza di altezza creata dai gradini per raggiungere la carrozza mentre affondo il volto tra i suoi capelli.
Peeta, che fino ad ora è stato zitto mi stringe più forte e posso solo sperare che abbia capito quello che volevo dirgli.
Non sarò mai abbastanza per lui ma so che la mia vita non ha alcuna speranza senza il ragazzo del pane, senza il mio dente di leone.
Peeta si allontana un po' per asciugarmi il viso con le sue mani e nei suoi occhi vedo un turbinio di emozioni.
- Stai tranquilla Kat. Sono qui. -
- Grazie - sussurro in risposta mentre la porta dietro Peeta si richiude e penso che non ci sia nulla, ora, che potrei desiderare di più del contatto rassicurante della sua mano contro la mia guancia.

*******

Ma saaalve!
Eccomi qui, incredibile ma vero, dopo mesi di pura follia!
Sono stata davvero impegnatissima e, come al solito, ho dovuto trascurare - con mio dispiacere - questa storia a cui, nonostante la mediocrità ahimè,  tengo veramente molto.
Potrei raccontarvi le mie fantabulose avventure di questi mesi (studiostudiostudioprovafebbrestudiostudiostudio) ma vi "evito" la scocciatura :P
Piuttosto, parliamo del capitolo... Come vi sembra?
La mia Ccchh dice che è uno dei migliori che ho scritto finora ma probabilmente è di parte :P ♥
Personalmente non so che pensare; ci sono cose che mi piacciono molto, altre che boh... Sono uscite così e quindi tanti saluti.
Vi prego, anche se non lo merito per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare *l'umiltà di dare per scontato che alla gente importi della tua storia*, fatemi sapere quello che ne pensate *^*
E vabè. Scusate. Non mi odiate.
Comunque, tanto per intenderci... Peeta ♥ Aw ♥ Dolcezza ♥

(follia)

Anyway, gente bella, se volete leggere un'altra storia mentre aspettate i miei aggiornamenti, vi suggerisco quella della mia Ccchhh, che è proprio questa qui: http://www.efpfanfic.net/viewstoryv.php?sid=2494551
Che poi ripensandoci non vi ho mai detto nè il nome nè il titolo, che forse è meglio XD
Quindi correte tutti a leggere "
Mentre cadevo mi hai preso la mano" di "flajeypi" ♥

Ultime note dolenti e vi saluto: quando aggiornerò? Non lo so T_T
Proverò a farlo entro Natale ma non so proprio come si metteranno le cose quindi abbiate pazienza e aspettatemi please!
Intanto vi saluto e vi ringrazio per avermi aspettato tutto questo tempo ♥

Un bacio,
Sara :)

May the odds be ever in your favor.
  
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