Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: ManuFury    10/12/2014    4 recensioni
Elias B. Rain viene dal Distretto 7.
Elias ha sedici anni e ha smesso da tempo di credere nelle persone; vede la vita in bianco come i cartoncini su cui sono scritti i nomi dei Tributi e in nero come la morte che spetta loro nell'Arena.
Eppure, qualcosa cambia improvvisamente e, aprendo gli occhi, il ragazzo si accorge che non esistono solo quei due colori...
#1: VERDE ~ come la speranza
#2: ROSSO ~ come l’amore
#3: ARANCIONE ~ come la concentrazione
[Partecipa al Contest: "Hunger Games Contest" indetto da Triz93]
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Altri tributi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
[Partecipa Secondo Turno del Contest: “Hunger Games Contest” indetto da Triz93.
Traccia: “Ora i tributi devono prepararsi. In questo turno troverete otto pacchetti, ognuno con il nome di un’arma o una specializzazione dell’addestramento in Hunger Games.
Pacchetto Scelto: PIANTE COMMESTIBILI]
 
 
Tutti i colori degli Hunger Games
 
 
Cap. 2: ROSSO ~ come l’amore
 
 
 
Forse dovrei ascoltare ciò che questo idiota dalla capigliatura a dir poco ridicola mi sta spiegando, ma la mia testa è altrove, come sempre del resto.
Vago con lo sguardo per la Sala d’Addestramento soffermandomi per più di qualche istante sulla Postazione del Mimetismo: è dal primo giorno che ambisco a quella Postazione, ad affondare le mani in quei colori per dipingere il mio corpo alla perfezione, proprio come quando, da piccolo, giocavo a nascondino con i miei compagni; ma devo trattenermi.
Mai svelare agli altri quello che sei in grado di fare, mi ricorda la voce di Johanna Mason, la mia mentore. Me l’ha ripetuto più volte in questi giorni ed io, oltre a darle fiducia, cerco di ascoltare ogni suo prezioso consiglio, so che farà di tutto per tirarmi fuori di qui, lo farà in memoria dell’amicizia che c’era tra me e suo fratello Pado.
Scuoto un po’ la testa per liberarla dai pensieri del mio ormai defunto amico e sposto lo sguardo verso il gruppo dei Favoriti che si esercitano dal primo giorno alla Postazione delle Armi da Taglio, a guardarli non posso fare a meno di sorridere: li trovo patetici, pompati come bambole gonfiabili solo per dimostrare di essere forti, senza sapere che la vera forza non sta nel fisico, ma nella testa, nel saper ragionare, come mi ha sempre insegnato mio fratello. Certo, saranno avversari pericolosi e senza dubbio sarà meglio non sottovalutarli una volta giunti nell’Arena, però non mi spaventano solo perché il loro fisico è più scolpito del mio e i loro muscoli meglio disegnati.
Mi guardo attorno ancora per qualche attimo prima di tornare a concentrarmi sul mio istruttore di Piante Commestibili, non che ne abbia bisogno, sapevo riconoscere le piante l’una dall’altra ancora prima di saper camminare, però è un modo come un altro per passare il tempo.
Sta spiegando con grandi paroloni l’importanza di saper distinguere le parti commestibili del Tasso o Albero della Morte da quelle velenose quando avverto come un formicolio: lo conoscono bene, è lo stesso che provavo al Distretto, quando qualcuno posava gli occhi su di me.
Con la coda nell’occhio faccio ballare lo sguardo per la stanza notando quasi subito, alla Postazione a fianco della mia, una ragazzina dai lunghi capelli color del mogano, occhi scuri come ebano. La conosco di vista, è la ragazzina del Distretto 10, tredici anni, se ben ricordo, figlia unica con zero chance di sopravvivere così giovane.
Lei si aggiusta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, appena si accorge che il mio sguardo è per il suo viso, mi sorride timidamente, arrossendo violentemente mentre cerca invano di accendere un fuoco con due bastoncini. Le rivolgo un’occhiata gelida, senza nemmeno sapere bene il perché, lei si pizzica i capelli dietro l’orecchio con più nervosismo e una punta di delusione, abbassando lo sguardo scuro. Non ho bisogno di alleati o di ragazzine tra i piedi, non voglio soffrire e piangere su altri corpi, l’ho già fatto troppe volte.
La giovane del 10 scuote il capo e torna a concentrarsi nella sua attività: sfrega con più forza i bastoncini tra loro e, nel farlo, solleva un po’ il gomito, permettendomi così di scorgere una grossa rosa rossa che cresce indisturbata alle sue spalle.
Osservo rapito quel fiore che punteggia di rosso il grigiore di quella Postazione e, per un attimo, me ne ricordo un altro che considero appartenere a una vita ormai troppo distante e diversa da questa…
 
*
 
Mi mordo con forza le labbra screpolate, stringendomi le spalle con le mani, lacrime di rabbia mi pizzicano gli occhi come piccoli insetti, ma non voglio lasciarle correre.
Sento l’ira bollire nel mio corpo, tanto da farmi battere con forza i piedi su questa terra smossa da poco e così ingiustamente spoglia, priva di ogni forma di vita.
Sono così preso dai miei pensieri, dalla rabbia che mi fa tremare il corpo da non avvertire dei passi dietro di me finché due braccia conosciute non mi cingono le spalle con fare protettivo.
Tento di difendermi da questo abbraccio, non voglio che Eugene mi veda in questo stato: con le lacrime agli occhi e il viso rosso per la collera, non voglio che mi veda così debole, perché gli ho promesso che sarei stato forte e sicuro proprio come lui. Provo ad allontanarlo debolmente con le mani, ma senza risultati concreti.
“Non è giusto. Non è giusto.” Ripeto mentre ancora provo a ribellarmi, ma queste braccia forti si stringono sempre di più a me, avvolgendomi come delle calde coperte invernali.
“Shhh. Shhh. Elias, va tutto bene.” Sussurra mio fratello, una sua mano è salita a obbligarmi dolcemente con il viso contro il suo petto robusto.
“Non è vero.” Protesto a fior di labbra, sentendo lacrime gelide scorrere sulla pelle. L’abbraccio perde forza fino a sciogliersi completamente, Eugene si china e si porta di fronte a me, i suoi occhi ancora verdissimi piantati nei miei con energia inaudita, la stessa che usano i fiori per spaccare il terreno e nascere.
“Spiegami che succede, su.” Mormora guardandomi intensamente, come faceva quando eravamo più piccoli e doveva farmi passare la paura del buio o dei mostri nell’armadio; ricordo che appoggiava la sua fronte alla mia, mi accarezzava i capelli e mi abbracciava dolcemente, cullandomi fino a far scomparire ogni timore. Io lo fisso, tirando su con il naso e passandomi una manica della giacchetta troppo grande per la mia età sul viso, per asciugare le lacrime traditrici che hanno lasciato i miei occhi.
“Ho piantato dei semi la settimana scorsa. – Affermo indicando la terra con gli occhi di nuovo lucidi. – Ma non è cresciuto niente! Niente!”
Singhiozzo energicamente, tirando su con il naso. Eugene mi guarda ancora, anche il suo sguardo si è velato di tristezza, ma si sforza lo stesso di sorridermi, di dimostrarsi forte per me.
“Ti rivelerò un segreto, Elias. Sai, le piante e i fiori sono come i nostri progetti: alcuni non si sviluppano, altri crescono quando meno ce lo aspettiamo.”
Ascolto le sue parole attentamente, abbassando il viso a quella terra che credevo così poco fertile da poter ospitare solo la morte e non la vita, magari ho avuto troppa fretta, ho preteso troppo in troppo poco tempo. A scuola sono sempre stato bravo nel ricordare i tempi di semina e le stagioni in cui i fiori sbocciano, ma da qualche tempo a questa parte ogni cosa imparata è scivolata via, attratta da un gorgo apertosi all’altezza del petto che inghiotte ogni cosa e mi porta via calore da dentro.
“Cosa hai piantato?” Chiede mio fratello, stringendomi di nuovo in quel suo abbraccio che mi fa sentire protetto e al sicuro, non come gli abbracci rari di papà, troppo preso dal suo lavoro o troppo stanco per darmi attenzioni, oppure a quelli timidi che un tempo mi dava la mamma. No, il suo abbraccio è forte, resistente e mi fa sentire amato in tutto e per tutto; le sue braccia sono come i rami degli alberi: che si abbattono solo sotto i colpi dell’ascia e che trasmettono tutta l’energia della terra.
“Una rosa… rossa. Le preferite di mamma.”
“Le preferite di mamma. – Ripete lui con un sorriso. – Rosse come i suoi capelli e come i tramonti che amava guardare con noi. Sai che il rosso è il colore dell’amore?”
Scuoto la testa, questo non lo sapevo. Eugene annuisce e mi sorride ancora.
“Sì. L’amore è rosso come le rose. E lei ci amava tanto, così come noi amavamo tanto lei, giusto?”
Annuisco con vigore, ricambiando finalmente il suo abbraccio, tuffandomi con foga tra le sue braccia muscolose in cerca di riparo e di quell’amore che mi manca così tanto da quando la mamma non c’è più.
Eugene non dice niente, solo mi stringe a sé: per proteggermi dal freddo, dalla delusione e da tutte quelle altre cose che cercano di abbattere il nostro morale e la nostra gioia.
Non sono certo che quel seme di rosa possa, un giorno sbocciare, ma sono certo che qualcosa è germogliato nel mio petto e so come si chiama: amore.
Amore per mio fratello, per la mamma che non c’è più e per papà che soffre in solitudine.
 
*
 
Ripenso a quei momenti di vita quotidiana con una forte nostalgia: penso ai giorni passati nei boschi con i miei famigliari, al rossore sulle mie gote a ogni bacio dato e ricevuto dalla mia Rosie prima che una polmonite la stroncasse a dodici anni, alle parole di conforto di mio fratello, ai suoi abbracci protettivi che più di ogni altra cosa mi mancano.
Le piante e i fiori sono come i nostri progetti: alcuni non si sviluppano, altri crescono quando meno ce lo aspettiamo.
Sento le sue parole in testa, come se me le dicesse adesso, come se le sue braccia fossero sulle mie spalle e avverto quel qualcosa germogliato anni prima nel mio petto crescere di colpo: amore e speranza. Perché è vero: il mio progetto di vivere felice al Distretto 7 non si è sviluppato, è morto ancora prima di nascere, ma qualcos’altro è cresciuto al suo posto, senza che me ne rendessi conto, la forza di andare avanti.
Mi volto verso la ragazzina del 10, ancora intenta a torturarsi i lunghi capelli. Alza lo sguardo su di me ed io le sorrido. È un attimo e lei timidamente ricambia. Forse non è molto, ma credo di avere un’alleata per quanto scenderò nell’Arena, un progetto a cui non pensavo fino a pochi istanti prima, ma che si è sviluppato senza che me ne accorgersi proprio come quella rosa rossa che, con il tempo, è diventata un bellissimo ornamento per la tomba di mamma.
 

 
***
 
HOLA! ^_^
 
Miei adorati capitolini, ben ritrovati! ^^
Ecco uno spaccato della vita quotidiana del mio adorato Elias, come potete vedere non è solo, ma ha un fratello maggiore di ben nove anni più grande, circa.
Come già accennato questa storia partecipa a un Contest e, in questo turno, c’era da scegliere tra dei pacchetti, il mio, in particolare conteneva la seguente scaletta:
 
> Citazione: “Le piante e i fiori sono come i nostri progetti: alcuni non si sviluppano, altri crescono quando meno ce lo aspettiamo.” Di Romano Battaglia
> Genere: Slice of Life (che credo di aver usato malissimo! >.<)
> Lunghezza: One Shot (rispettata, credo… ^^’’
 
Diciamo che ho provato a interpretare il Pacchetto in maniera un po’ originale, spero di esserci riuscita… e pensate che ho scritto il tutto in tipo venti minuti perché all’inizio la storia era incentrata sul ricordo di Rosie (la fidanzatina di Elias), poi ho deciso di cambiarlo, perché se non metto un po’ di Angst non sono contenta! XD
 
Mi auguro di avervi intrattenuto un po’ e di avervi incuriosito con Pado, uno dei fratelli di Johanna e migliore amico di Elias, spero un giorno di postare la storia dei fratelli Mason, chissà, vi terrò aggiornati. ;)
 
Per ultime cose, ma non meno importanti, ho i ringraziamenti alle mie solite fonti d’ispirazione, le Challenge:
 
 
E niente, dovrei aver detto tutto e ringraziato tutti! ^^
Ci si sente possibilmente presto! ;)
ByeBye
 
ManuFury! ^_^
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: ManuFury