Luci e
ombre.
Il Bosco Mormorante era avvolto da un’atmosfera
spettrale quella sera: le maestose querce oscuravano la pallida luce lunare con
le loro prosperose fronde e rendevano impervio il cammino dei pochi temerari
che si avventuravano in quel dedalo di rami e radici sporgenti. Ariel si
muoveva con cautela, facendo attenzione agli ostacoli che le si paravano
davanti, i sensi costantemente all’erta.
Erano trascorsi tre anni dalla strage che aveva
consumato la sua anima e da allora non aveva avuto un attimo di pace: aveva
consacrato la sua vita alla ricerca di Kamael, accorrendo in tutti i luoghi in
cui erano avvenuti misteriosi massacri nella speranza di trovare un modo per
scovare il suo nemico e compiere la sua vendetta. Tutto quello che chiedeva era
l’occasione per fronteggiare il demone e rispedirlo nell’infernale dimensione
da cui proveniva, così da poter riprendere in mano la sua esistenza oramai allo
sbando: non ricordava più cosa volesse dire “dormire serenamente”, aveva
dimenticato quali fossero i pensieri delle ragazze comuni...
Persino in un momento delicato come quello,
considerate le macabre leggende che ruotavano attorno a quel bosco, la sua
mente si ostinava a fomentare la sua collera facendo riemergere i dolorosi
ricordi di quello sterminio; sangue, urla e fiamme si alternavano a quelle
diaboliche iridi dorate, talmente intriganti da rendere vana qualunque
resistenza. Chissà quante altre persone
si saranno sentite così impotenti...
La giovane strega scosse la testa con una foga tale
da far ricadere il cappuccio nero sulla schiena, liberando la lunga chioma
corvina: non era il momento adatto per perdersi in simili elucubrazioni, si era
inoltrata in quella selva per un preciso motivo, trovare l’anziana Geudreth,
l’unica che avrebbe potuto aiutarla a scovare quell’immonda creatura. Infatti,
durante la sua visita al villaggio situato a est della foresta, un tale le
aveva raccontato di aver visto la donna parlare con il demone per poi
nascondersi in quel labirinto silvestre; quella poteva davvero essere
l’occasione che aveva tanto atteso, non si sarebbe tirata indietro proprio
adesso, nonostante si dicesse che quel luogo fosse maledetto poiché quei pochi
che erano riusciti ad uscirne vivi erano impazziti.
Un rumore secco e improvviso alle sue spalle la
costrinse a voltarsi e a stringere le dita affusolate attorno al suo fedele
arco, unico compagno di viaggio; con un sussurro concitato estese il suo campo
visivo fino a poter osservare nitidamente tutto ciò che si trovava a mezzo
chilometro da lei, in modo da poter scorgere qualunque movimento sospetto. Ciò
che vide le mozzò il fiato come un getto di acqua ghiacciata: centinaia di
ombre simili a delle locuste troppo cresciute le si stavano avvicinando, ognuna
delle quali possedeva una coda terminante con un pungiglione decisamente poco
rassicurante.
Ancora sconvolta, Ariel si volse per correre con
tutte le sue forze alla ricerca di un possibile rifugio, certa di non poter
avere la meglio su quel deforme esercito, tuttavia la sua fuga fu stroncata sul
nascere: davanti a sé si trovava colei che stava cercando, Geudreth. Il suo
aspetto era molto diverso da quello che si era immaginata: il suo viso ovale e
privo di rughe sembrava senza età, i suoi grandi occhi grigi erano accesi da
un’inattesa vivacità e i corti riccioli ramati le davano un’aria alquanto sbarazzina,
il tutto perfettamente in linea con la sua voce dolce e carezzevole come miele.
«Cosa ci fa una ragazzina tutta
sola in un bosco maledetto? I tuoi genitori non ti hanno insegnato che non si
va in giro di notte?» le chiese con finta cortesia, ogni parola pronunciata con
eccessiva lentezza, come se temesse di essere fraintesa. La giovane sbatté le
palpebre per riscuotersi dallo stupore, poi strinse con rinnovato vigore l’arco
e centrò subito il nocciolo della questione.
«Potrei farvi la stessa domanda,
onorevole Geudreth, ma temo di non avere molto tempo a disposizione: dove si
trova Kamael?»
L’anziana proruppe in una risata
argentina che riecheggiò in tutta la selva, richiamando a sé lo sciame di
ombre-locuste: queste ultime s’inchinarono al suo cospetto e puntarono le
venefiche code verso la povera Ariel, che deglutì a fatica di fronte a
quell’apparizione improvvisa. Come
avevano fatto quelle orride creature ad arrivare così in fretta e in direzione
opposta rispetto alla loro posizione iniziale?!
«Mi sembri turbata, mia cara:
qualcosa non va? Che fine ha fatto la sicurezza che ostentavi qualche secondo
fa?» la derise la nemica, socchiudendo serafica gli occhi prima di proseguire
il discorso. «Per quale motivo stai cercando un demone tanto potente?»
L’esile corpo di Ariel fu
attraversato da una gelida rabbia, tuttavia si sforzò di mantenere il controllo
di sé, sebbene la situazione fosse a dir poco critica e rischiasse di
degenerare rapidamente; appellandosi a tutta la sua pazienza, fissò il suo sguardo
in quello della rivale e le rispose a denti stretti.
«Perché ho intenzione di
vendicare lo sterminio del mio villaggio e sfrutterò qualunque occasione per
fare giustizia, per cui ve lo richiedo: dove si trova Kamael?»
«Dunque è di questo che si tratta,
di mera vendetta! Lascia che ti dica una cosa, ragazzina: so bene che quando
una freccia è incoccata sull’arco, prima o poi bisogna scoccarla, però devi
stare attenta a chi prendi di mira, altrimenti corri il rischio di trasformare
la tua freccia in un boomerang...» replicò Geudreth con sorriso falso dipinto
in volto, per poi fare un rapido cenno del capo verso la giovane, invitando
così l’orda di cavallette demoniache ad attaccarla.
Sebbene il desiderio di scagliare
un dardo contro l’anziana fosse forte, la giovane strega preferì darsi alla
fuga, non senza aver imprecato a denti stretti; quell’occasione si era
trasformata in una trappola mortale e lei non sapeva come venirne fuori,
stravolta com’era dalla frustrazione per aver fatto ancora una volta il gioco
del nemico. Kamael l’aveva volutamente attirata in quel bosco, così da poterla
eliminare senza concederle l’opportunità di riscattarsi fronteggiando il suo
avversario, bensì lasciandola in pasto alla sua servitrice e al suo esercito
inumano. La collera aveva ottenebrato a tal punto i suoi sensi da impedirle di
schivare uno dei letali pungiglioni che la stavano sovrastando.
Ariel gridò per l’acuto dolore
che avvertì alla spalla destra e che si diffuse in pochi secondi in tutto il
corpo, facendola stramazzare al suolo: ebbe appena il tempo di voltarsi prima
di sentire altre terribili punture infilzarla dappertutto, mozzandole il fiato.
Le sembrò di sentire quelle bestie ridere, mentre il sangue nelle sue vene
pareva trasformarsi in fuoco liquido: una violenta ondata di convulsioni la
travolse insieme a un incontrollabile accesso di tosse, mentre la vista si
annebbiava inesorabilmente. L’ultima cosa che riuscì a scorgere fu un lampo di
luce accecante, poi pensò che fosse giunta la fine e tutto divenne buio...
Spazio
di Chloe:
Sono
tornataaaaa!!!! * viene colpita da una
valanga di pomodori ammuffiti *
Ok,
lo so che è passato parecchio tempo, ma devo attenermi ai tempi del concorso
(senza contare che tendo a dilatare i tempi del concorso con le proroghe, ma
shhhhh!): spero che almeno il risultato possa essere soddisfacente, anche
perché le cose cominciano a complicarsi per la povera Ariel...
Se
la caverà? Quella luce cosa implicherà? Eh eh eh! Bella domanda! Lo scoprirete
nel prossimo capitolo; attendo con ansia le vostre impressioni, nel bene e nel
male! *^*