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Autore: cuore di carta    12/12/2014    4 recensioni
Gwendolyn è una ragazza di sedici anni fisicamente nella norma, ama leggere e guardare film strappalacrime in compagnia della sua migliore amica Audrey Hepburn, una yorkshire. Ma non tutto è come sembra. Dall'età di nove anni soffre di una grave malattia che le ha impedito di vivere una normale vita, ed è proprio a causa di questo male che è costretta a trasferirsi nella grande città di Londra. La sua sola preoccupazione è quella di non far soffrire chi le sta intorno allontanando chiunque possa avvicinarsi al suo essere così distruttiva. Ma qualcosa cambierà, nel momento per lei più difficile, dove quel poco di felicità rimasta verrà messa a dura prova, avrà al suo fianco una piccola luce che la aiuterà regalandole un po' di quella vita che non ha mai potuto godere.
Riuscirà ad aprirsi mostrandosi in tutta la sua bellezza?
Ha messo un lucchetto nel suo cuore, chi sarà in grado di aprirlo?
A chiunque decida di immergersi nelle pagine della mia storia: buona lettura!
Tratto dalla storia.
[...] Vuoi sapere cosa sei Gwendolyn? Sei la debole e fragile margherita fiorita in un campo di rose rosse, così tanto invisibile, così tanto spettacolare.
COMPLETA.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Dolcetta, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Amo dormire. La mia vita tende a cadere in pezzi quando sono sveglio.
-Charles Bukowski.
CAPITOLO CINQUE.
Va proprio veloce e mi piace. Ho sempre amato la velocità, da piccola costringevo i miei genitori a portarmi al parco dei divertimenti solo per salire e risalire sulle montagne russe un milione di volte, la cosa strana è che soffro di vertigini.
Sono costretta a tenermi alla sua vita, non vorrei cadere. Noto dallo specchietto il suo sguardo concentrato sulla strada, ha la mia stessa espressione di quando mangio, o meglio, mangiavo un super gelato al cioccolato, correre gli deve piacere molto.
Noto solo dopo 3 minuti che non ci stiamo dirigendo verso casa mia, ma dove stiamo andando? Provo a chiamarlo ma non mi sente, o fà finta di non sentirmi. D'un tratto ci fermiamo vicino ad un piccolo parco molto carino, il colore dominante è il verde, con tante panchine e un piccolo laghetto dove tante papere riposano. Le papere non sono esattamente il mio animale preferito, una volta sono stata morsa da un'oca, le avevo tirato le piume è vero, ma è stato lo stesso scortese da parte sua, e siccome le papere sono parenti con le oche non sopporto neanche loro. Scendo dalla moto dandogli il casco, non ho voglia di iniziare a parlare io. Mi siedo sulla panchina marroncina più vicina in silenzio e aspetto. Non c'è molta gente, solo qualche coppietta di innamorati, degli anziani che lanciano del pane alle papere e dei ragazzi in compagnia dei propri cani.
-Sai perché mi sono arrabbiato con te? - Dice Castiel di colpo, dopo 10 minuti di pace.
Odio queste stupide domande dove è ovvio che devi rispondere di no. Come vuoi che lo sappia io? Ma non voglio dargli questa soddisfazione.
-Perché sei un coglione? - Dico infatti.
-Potresti farmi parlare due minuti senza insultarmi? - Mi chiede. Sta cercando di restare calmo, si nota davvero tanto.
-Parla. - Rispondo.
-Ricominciamo. - Si schiarisce la gola - sai perché mi sono arrabbiato con te? - Mi domanda di nuovo. 
-No - dico.
-Bene, mi sono arrabbiato con te perché mi hai detto la verità. Mi ha fatto riflettere Lysandro. Sei solo stata sincera. - Dice. 
E ora che gli rispondo? Sarebbe cattivo da parte mia dire "Sì è così, ho ragione io" ?
-Tratto male Ambra e molte altre ragazze. - Ammette. Adesso è seduto accanto a me.
-Perché? - Gli domando.
-Non lo so... è una specie di vendetta personale, capisci? Sono stato tradito in passato, quando amavo. Ora non amo, ho chiuso con queste cose. Non voglio mai più sentirmi così fragile e vulnerabile. Mi vedi no? Ti sembro così? - Si posiziona davanti a me e continua - non permetterò a nessuno di ridurmi di nuovo uno straccio, io non sono debole. - Fa una piccola pausa - Ma ho capito che sto riducendo così altre persone. - Conclude sedendosi di nuovo accanto a me.
Perché nei suoi occhi rivedo me stessa? E' stato così sincero con me... e neppure ci conosciamo.
-Perché? - Gli chiedo di nuovo.
-Cosa perché? - Risponde lui.
-Perché dici queste cose a me? Non siamo neanche amici... - Dico con tutta la sincerità che mi è rimasta nel corso della mia vita.
-Ne avevo voglia, non ti capita mai di aver bisogno di sfogarti con qualcuno? - Mi dice.
Non mi è ancora capitato. E non so se mi capiterà mai.
-Non sono una che parla molto di sé. - Gli rispondo.
-Neanche mio, ma ora è diverso, ne avevo un gran bisogno. - Dice.
-Ma perché proprio con me? - Gli domando.
-Non lo so, non lo so proprio, è successo e basta. - Mi risponde.
-Capisco - dico. 
-Bene credo che ti debba riaccompagnare a casa, non vorrei mai che i tuoi genitori inizino a vedere un cartone animato senza di te. - Dice cambiando tono e tornando a quello strafottente di sempre.
-Castiel? - Gli dico.
-Sì? - Mi domanda.
-E' un peccato smettere di amare, nessuna ferita dura per sempre. - Dico con il cuore.
Non dice niente, risaliamo sulla sua moto e andiamo verso casa mia, ha sempre quello sguardo felice. Nessuno aveva mai parlato così sinceramente in mia compagnia, è stata una sensazione completamente nuova per me. Ma io non riuscivo ad aprirmi con lui, ho davvero paura, non di ferirmi, ma di ferirlo. Potrei andarmene da un momento all'altro.
Arriviamo velocemente, scendo e scende anche lui, gli passo il casco.
-Non sono molto bravo con le smancerie anche perché le trovo assolutamente inutili, ma grazie. - Dice.
-Castiel Smith che dice Grazie a me? Quale grandissimo onore! - Dico divertita.
-Non l'ho mai detto a nessuno, e non devi farne parola con nessuno. - E' molto serio.
-Va bene, non dirò a nessuno che hai un cuore. - Gli faccio l'occhiolino.
-Ah cara Noce, ancora non sai nulla di me. - Mi dice.
Prima di andare mi lascia il suo numero e quello degli altri componenti del club di musica, poi sorride e se ne va. Entro in casa e subito Audrey mi viene incontro, sono le 19:00, ero stata due ore con Castiel. Mia madre mi abbraccia e appena si stacca mi chiede com'è andata la giornata, io mi limito ad un "tutto bene", le parlerò di Castiel quando ne avrò voglia, non ora. La cena sarà pronta tra un'oretta così salgo in camera mia e mi metto a mandare messaggi del tipo "Ehy sono Gwendolyn questo è il mio numero!" a Rosalya, Lysandro, Kentin, Armin, Alexy e Castiel. Ricevo subito le risposte di tutti, sbaglio o posso dire di avere degli amici? Perché quella voglia di tenere le persone lontane da me sparisce giorno dopo giorno? Stava uscendo la vera me stessa? Non lo so, non so niente. La serata passa tranquilla e senza che me ne accorga sono già sdraiata nel letto e mi addormento con Audrey accanto a me.
Arrivo a scuola sempre con netto anticipo, non avevo nulla da fare a casa quindi ho deciso di uscire alle 7:45. Vedo la chioma rossa di Castiel tra le foglie dell'albero che copre la "sua" panchina, inoltre da lì arriva una melodia meravigliosa, proviene sicuramente da una chitarra. Mi avvicino e noto che è proprio Castiel a suonarla, è bravissimo. Smette di suonare e mi accorgo che non è solo, c'è Lysandro con lui. 
-Amico che devo fare? - Chiede Castiel a Lys.
-Cass, ma da quando Gwendolyn è il tuo tipo di ragazza? A te piacciono le bionde piene di tette! - Risponde Lysandro.
Ehi! Sbaglio o mi stava offendendo? Ammetto di non avere chissà quale seno prorompente, ma la mia seconda coppa C mi basta.
-Lo so! Ma perché le ho parlato così? - Domanda ancora Castiel.
-Ti piace. - Dice Lysandro.
-Non è vero, non la amo. - Dice sicuro di sè il Rosso.
-E' normale che non la ami, amico! Vi conoscete da troppo poco, ma non provi indifferenza per lei. Il tuo cuore l'ha capito, la tua testa no. - Continua Lysandro.
-Non può essere possibile, lo sai, con Debrah...- Si ferma Castiel.
-Debrah è acqua passata! E' stata una stronza, non ti meritava fin dall'inizio! Prova con Gwendolyn, sembra una brava persona. - Dice Lysandro.
-E se non lo è? - Dice Castiel.
-Lo puoi scoprire! Devi avere solo il coraggio di chiudere quella dannata porta. Provare non costa niente. - 
-Non lo so Lys, e come dovrei fare? - Chiede Castiel.
-Chiedile di uscire, passa più tempo con lei, se sono rose fioriranno, no? - Gli risponde l'amico.
-...vado a fare due passi. - Si alza Castiel.
Mi allontano di corsa, pensando a tutto quello che ho sentito fin'ora. Non potevo piacere a Castiel. A me lui non piaceva, o sì? Sta accadendo tutto troppo in fretta, amore è una parola grossa, proviamo tutte e due un'attrazione?
Io amo l'idea dell'amore, ma non sono pronta a questo, non ho esperienza.
Meglio non pensarci e andare in classe. Kentin manca quindi mi siedo da sola, menomale, ne ho davvero bisogno. La sedia su cui sono seduta è tutta rovinata nella parte sotto il sedile, ma all'apparenza sembra perfetta, è un po' come il mio corpo, fuori sembro stare bene, ma dentro sto cadendo a pezzi. Ormai tutti i miei professori sono al corrente della mia situazione fisica, per questo motivo mi trattano sempre bene e non mi chiedono mai i compiti che ci assegnano. Odio i favoritismi, soprattutto questi. La giornata passa in fretta, Castiel non ha rivolto la parola a nessuno, vorrà stare solo a riflettere anche lui. Per la ricreazione rimango in classe a parlare con Melody, la ragazza dai capelli mori, sempre molto elegante, che mi racconta la noiosissima storia di come Nathaniel le ha raccolto il bracciale che le era caduto, lei è innamorata di lui e da quello che mi dice Melody anche Nathaniel, solo che sono troppo timidi per dichiararsi. Ho smesso di ascoltare, la noia mi sta mangiando viva, preferisco mettermi a contare quanti nei Melody ha in faccia, 23, sono tanti. Mi salva la campanella che ci avvisa della fine dell'intervallo. Grazie, campanella. Le lezioni continuano, prendo qualche appunto di scienze, ma la mia testa in questo momento è altrove, voglio fare solo una cosa adesso, tornare a casa e parlare con mia madre. 
Arrivo in 10 minuti, entro e la cerco subito.
-Mamma? - Urlo. 
La sento scendere di corsa le scale.
-Tesoro che c'è? Stai male? - E' visibilmente preoccupata.
-No, ma ho bisogno di parlarti. - Le dico.
-Certo amore, sediamoci. - Dice.
Ci mettiamo comode sul divano, ha 45 anni, ma ne dimostra molti meno, con i capelli biondi sempre sistemati, quegli occhi azzurri truccati alla perfezione, senza una ruga e un fisico perfetto dimostra sì e no 32 anni. E' una donna molto bella e da ragazza lo era di più, vorrei tanto essere come lei un giorno. Le racconto gli avvenimenti di ieri e di questa mattina.
-Gwen ma tu cosa provi? - Mi chiede.
-Non lo so mamma, è un bel ragazzo... - Mi blocco.
-Tesoro ti racconto una storia - continua mi madre - io ho conosciuto tuo padre il primo giorno di scuola superiore, lo notai subito e lui notò me. Probabilmente non ci crederai ma ci baciammo quello stesso giorno. E per mesi ci divertimmo come due ragazzini, stavo bene con lui ed ero molto attratta, ma solo quando finisce l'infatuazione inizia a germogliare il vero amore, tesoro tu devi provarci, se non ci provi non saprai mai se il tuo piacere diventerà amore. - Conclude.
Ero sorpresa, sapevo che i miei erano stravaganti, ma non fino a questo punto.
-Mamma, io sono malata... -
-No! Non ti permetto di dire questo. La tua malattia non ti deve fermare in niente! Vuoi innamorarti? Ti innamori! Vuoi scalare l'Everest? Lo scali! Vuoi andare sulla Luna? Ci vai. Hai sempre impedito a tutti di entrare nel tuo cuore per paura di ferirli, ma l'unica ad avere paura qui sei tu! Permetti a qualcuno di conoscerti, è la cosa più bella del mondo condividere se stessi. Sei una ragazza fantastica. E' un peccato non mostrarti al mondo. - Dice mia mamma.
Ha ragione, sono io ad aver paura di tutto.
Ho deciso, prenderò le cose come vanno. Non rinuncerò a niente.
Squilla il telefono. E' un messaggio di Castiel.
"Noce, oggi ti passo a prendere io."
Mi spunta il sorriso.
"Okay" Rispondo.
  
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