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Autore: Fragolina84    13/12/2014    0 recensioni
Sequel di "Legami di sangue"
Alexandra vive a New York con sua sorella Evelyn e ha completamente dimenticato la sua vita precedente e il suo grande amore, Damon Salvatore. Qualcuno sta cercando di allontanarli e di usare Alex per i propri scopi. Ma non si può chiudere la bocca ad un amore del genere e Damon smuoverà le montagne per ritrovare la sua donna.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Amaya è morta, distrutta dal potere di Alexandra.
Ora non c'è più nulla che impedisca 
a Damon e Alex di stare insieme.
E l'eternità si spalanca davanti a loro.

 
«Vuoi sbrigarti con quei drink?»
Damon sorrise e ripose la bottiglia al suo posto. Poi tornò da me che ero seduta sul divano della suite che aveva affittato, nello stesso albergo di Caroline e mi porse il mio Vodka Martini. Lo sorseggiai e quando lui sedette accanto a me, mi accoccolai al suo fianco.
«Non voglio lasciarti nemmeno per un istante» dissi. «Abbiamo perso più di un mese per colpa di quella stronza di Amaya».
«Siamo sicuri che è proprio morta?»
Posai il bicchiere e mi strinsi al suo petto. «Sì, siamo liberi» garantii e Damon mi cinse con un braccio e mi baciò la testa.
«E tu ricordi tutto, vero?»
Avevo passato le ultime ore a raccontargli ciò che mi era successo da quando io ed Evelyn eravamo inspiegabilmente scomparse sulla riva del lago Turner.
Evelyn era nella stanza accanto, sana e salva. Era spaventata per ciò che era successo, e non avrebbe voluto lasciarmi, ma c’erano cose che dovevo sistemare con Damon e, soprattutto, avevo un bisogno viscerale di stare sola con lui.
«Sì, ricordo tutto» affermai. «La mia vita da umana, Julian e la Legione, gli anni da nomade, Mystic Falls» elencai. «E ricordo tutto anche della mia finta vita qui a New York, dopo che Amaya mi aveva rapita».
Sentii il suo pugno stringersi e mi sollevai. Gli accarezzai la guancia con delicatezza. «E ricordo quanto mi piaceva fare questo» mormorai, accostando le labbra alle sue. Lo baciai, muovendo dolcemente le labbra sulle sue. Dio, quanto mi era mancato. Riuscivo a rendermene conto con chiarezza mentre gli prendevo il viso tra le mani e gli sfioravo le labbra con la lingua.
Mi mossi lentamente, sedendomi a cavalcioni su di lui. Le sue mani percorsero le mie cosce, in una lenta e voluttuosa carezza, risalendo verso i miei fianchi, dove si fermarono per un momento. Poi ripresero a muoversi, mentre la mia bocca s’inebriava della sua, così a lungo dimenticata.
Sentivo le sue dita scivolare sulla schiena, sopra la maglietta, finché la sua destra s’infilò fra i miei capelli. Ne strinse una ciocca fra le dita e mi tirò indietro la testa, aggredendomi il collo con il più dolce degli assalti.
Mi godetti quelle sensazioni ad occhi chiusi finché per la mente mi apparvero le immagini dei ragazzi che erano passati per il mio letto mentre eravamo separati. Mi divincolai e gli dissi di fermarsi.
Lui mi fissò con un’espressione perplessa.
«Mi dispiace» dissi in un sussurro, distogliendo gli occhi.
«Per cosa, tesoro?» chiese lui, cercando ancora il mio sguardo.
«Io non riuscivo a ricordarti, Damon» mormorai, sempre senza guardarlo.
«Lo so, ma non importa ora. Siamo insieme ed è questo che conta» rispose e cercò di baciarmi, ma io mi scostai.
«Cos’hai, Alex?» domandò, facendomi voltare verso di lui. Vide che piangevo e mi posò le mani sul viso, tenendomi ferma per guardarmi negli occhi. «Perché piangi, tesoro?»
«Ci sono stati altri uomini, Damon» confessai. «Umani che io ed Evelyn rimorchiavamo nei locali e ci portavamo a casa perché ci scaldassero il letto e fossero a portata di mano quando ci veniva fame».
Era talmente squallida detta in quei termini che me ne vergognai e cercai di nuovo di distogliere lo sguardo, ma lui mi trattenne con fermezza.
«Non mi importa, Alex» disse. «Non eri tu quella, i tuoi ricordi erano stati cancellati».
«Ma l’ho fatto e non avrei dovuto. Io…»
Non mi lasciò proseguire e mi baciò, muovendo le labbra con passione sulle mie. Quando si staccò, seguitò a guardarmi negli occhi.
«Sai bene che, prima di conoscerti, non è che io sia stato un modello di castità e moralità» disse. «Non ti rinfaccerò ciò che hai fatto in questi giorni a New York perché, di fatto, era prima di incontrare me».
Il che voleva dire che mi perdonava. Non ero certa di meritarmelo, ma Evelyn diceva sempre che ero troppo dura con me stessa.
Non dissi nulla, ma accostai la bocca alla sua e lui non si fece pregare. Mi baciò con dolcezza, asciugandomi le lacrime con i pollici, ma volevo di più. Lo spinsi indietro finché si appoggiò allo schienale del divano e schiacciai il seno contro il suo petto.
Ansimò nella mia bocca e mi strinse convulsamente a sé. La sua bocca era rovente e la sua lingua talmente affamata che fui lieta di non aver bisogno di respirare. Incapace di trattenermi, mi scostai appena e gli strappai la camicia, facendo poi scivolare le mani sotto di essa per accarezzare i muscoli lisci e sodi del suo petto.
Lui smise di baciarmi e mi allontanò per potermi guardare negli occhi. I suoi si erano scuriti e, nella passione di quel momento, l’azzurro era quasi del tutto sostituito dal nero della sua pupilla dilatata dalla voglia di me. Non aveva bisogno di dire nulla perché il suo desiderio era il mio, ed era più che evidente nei suoi occhi.
«Sì, anche io» sussurrai e tanto bastò.
Si alzò in piedi con un unico movimento fluido, tenendomi contro di lui. Gli cinsi la vita con le gambe e lui mi sostenne con le mani intrecciate sotto le natiche. Continuando a baciarmi, mi portò in camera e mi mise a terra con delicatezza.
Feci scivolare giù i resti della sua camicia, chinando la testa a baciare la pelle tesa nell’incavo del collo, aspirandone l’inebriante profumo. Damon afferrò il bordo della maglietta e fece per tirarla verso l’alto, ma lo fermai.
«Dammi un momento» lo pregai.
«Ma che sia davvero solo un momento» sussurrò, sbirciando in basso verso il rigonfiamento trattenuto dai pantaloni. «Non credo che potremo aspettarti di più».
Ridacchiai, gli schioccai un bacetto sulle labbra, e sfrecciai in bagno. Mi levai le scarpe e i jeans e mi diedi una veloce rinfrescata: in fondo avevo passato le ultime ore bloccata in un tunnel sotterraneo.
Tenni la maglietta, che comunque non riusciva a coprirmi le mutandine, ma mi levai il reggiseno. Mi bagnai le mani e le passai fra i capelli, tirandoli indietro, e alzai lo sguardo per osservarmi nello specchio.
Ciò che vidi mi bloccò. La mia aura era cambiata. Divampava con maggiore forza rispetto a quanto aveva fatto per tutta la mia vita vampira e non era più rossa. Era di un colore viola che non avevo mai visto prima di allora. Mi spaventò un po’, ma mi sentivo bene, anzi più che bene.
Un’idea mi si accese in testa come la più classica delle lampadine, e ricordai la strana sensazione che avevo provato quando l’aura di Amaya si era dissolta. E capii: i suoi poteri erano passati a me e la sua aura si era sovrapposta alla mia, creando quel nuovo colore.
Provai ad usare la magia e riuscii ad arrivare al centro del mio potere senza nemmeno concentrarmi. L’alone violetto che mi circondava si mosse e gli oggetti che erano sul ripiano del lavandino si misero a fluttuare a mezz’aria.
Non ero mai stata una vampira normale, ma questo faceva di me qualcos’altro, qualcosa che non comprendevo, qualcosa che quasi sicuramente non si era mai visto sulla faccia della terra. La responsabilità che derivava dall’avere un potere come quello di Amaya minacciava di schiacciarmi, ma chiusi la mente. Non volevo pensarci, non ancora. Non con Damon che mi aspettava nella stanza accanto.
Tornai in camera. Damon era steso sul letto, con ancora addosso i pantaloni. Aveva chiuso le tende scure, tanto per i nostri occhi c’era luce a sufficienza, e l’atmosfera che si era creata era romantica e sognante.
Schizzai verso di lui che ebbe appena il tempo per tendere le mani e afferrarmi per i fianchi prima che gli fossi sopra. I capelli scesero come una cortina scura su di noi e lui li afferrò con la mano sinistra, scostandoli da una parte, allungandosi per baciarmi la gola.
Le sue mani risalirono lungo la schiena e quando si accorse che non indossavo la biancheria, un ringhio soffocato gli vibrò in gola. Mi afferrò la maglietta, ma di nuovo lo bloccai.
«Oh no, dolcezza. Non riuscirai a fermarmi stavolta» sussurrò, la voce roca per il desiderio.
Fece per spingermi con il bacino, in modo da farmi rotolare sotto di lui, ma ero più forte e non ebbi difficoltà a resistere. Damon fissò quello sguardo famelico nei miei occhi, ma prima che potesse aprire bocca gli posai un dito sulle labbra.
«Non consentirò più a nessuno di dividerci, Damon» sussurrai. «Io voglio passare la mia eternità con te, se mi vorrai».
Lui sporse le labbra e mi baciò il dito.
«Sarò io a non permettere che qualcuno ti strappi via da me. Mai più. E comunque ciò che hai detto non mi va bene per niente» replicò. Poi sorrise di fronte alla mia espressione. «Ti voglio ben oltre l’eternità» aggiunse.
Sorrisi come una stupida. «Ti amo, Damon Salvatore».
«Ti amo, Alexandra Morgan».
Poi mi lasciai andare, abbandonandomi al suo abbraccio, alle sue mani, alla sua bocca, felice come non ero mai stata, certa che stavolta, sul serio, niente avrebbe potuto infrangere un amore eterno. E, qualsiasi cosa fosse successa nel nostro futuro, saremmo stati noi, per sempre.
  
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