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Autore: simore    14/12/2014    1 recensioni
Quel giorno avrei voluto urlare, piangere a dirotto, strapparmi la pelle per far uscire quell’apatia che mi affliggeva; invece non feci nulla, rimasi immobile a fissare il vuoto, mentre la testa mi si riempiva delle urla disperate di mio padre. Il mondo aveva perso tutti i suoi colori e la vita appariva grigia ai miei occhi.
Eppure il tempo scorre, la vita va avanti e qualche volta nel buio si riaccende una piccola luce capace di tornare a colorare le splendide sfumature della vita.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uscita da scuola, ero decisa a cercare, come da consiglio di Ken, una palestra, così cominciai la mia ricerca aggirandomi per la cittadina.
Dopo che, per la terza volta, passai davanti allo stesso negozio d’abbigliamento, ero già pronta a rinunciare alla mia ardua impresa e tornare a casa, quando una bellissima ragazza dai capelli argentei mi si avvicinò…
“Ehi! Tutto bene?”
Spaesata mi guardai intorno “Io???”
Scoppiò in una splendida risata “E chi se no?! Pare ci sia solo tu davanti a me”
“Oh sì… Tutto bene, grazie!” diventai rossa come i capelli del watusso;
“Beh… E’ la terza volta che ti vedo passare di qui… Ti sei persa?”
Uno: Ma chi la conosce?!
Due: Si mette a contare tutte le volte che vede passare una persona?!
Tre: Ma non ha nient’altro da fare che guardare chi passa per la strada?!
Quattro: E… Gli affari suoi?!?
Possibile che in questa città siano tutti così strani?!?
“Ehm… Cercavo una palestra, ma…”
M’interruppe. Mai una volta che riuscivo a finire un discorso!
“Io ci stavo giusto andando! Se vuoi ti faccio strada!”
Il suo modo di fare così vivace e impetuoso era quasi inquietante!
“O – ok… Grazie…”
“Ma figurati! Il fatto è che è così triste fare la strada da sola! Così quando trovo compagnia sono così felice! Comunque mi chiamo Rosalya!”
Era una ragazza davvero bellissima: i suoi capelli argentei brillavano al sole ed esaltavano il caldo oro dei suoi occhi. Mi sentivo una specie di scarafaggio accanto a lei.
“Io sono Hevelyn” le dissi sforzandomi di sfoderare il miglior sorriso che avevo, ma sentendomi sempre più goffa ed impacciata.
Nonostante la prima impressione non fosse stata delle migliori, Rosalya si dimostrò socievole e spigliata e la presi immediatamente in simpatia: in un certo senso mi ricordava Iris. Contenta della nuova conoscenza, m’iscrissi agli stessi suoi corsi e mi divertii un mondo. Dopo tutto Ken aveva ragione: dopo quell’ora di intensa attività fisica, mi sentii subito meglio. Ero in pace con me stessa e tornai a casa serena.
Cenai e dopo aver riordinato la cucina mi diressi in camera con il mio gatto alle costole.
Quella palla di pelo è sempre stata tutto tranne che un gatto.
Mi seguiva ovunque andavo e appena mi sedevo si accucciava accanto a me, proprio come un grosso, dolce, fedele… cane! Il suo comportamento era, infatti, del tutto diverso da quello di un comune gatto!
Chiedeva continuamente da mangiare e quando non lo faceva, dormiva…
Ben presto assunse una forma “sferica” e fu proprio questa caratteristica a dargli il suo nome: Polpetta.
Quella sera era particolarmente appiccicoso: probabilmente non vedeva l’ora che mi sedessi per posizionarsi accanto a me a farsi grattare la pancia…
“Polpetta… Devo ancora preparare tutto per domani, quindi dovrai aspettare ancora un bel po’ per le coccole! Da bravo… Togliti da in mezzo alle scatole!”
Per tutta risposta mi si aggrappò su per una gamba per farsi prendere in braccio.
Questo animale non capiva davvero un tubo!
Lo presi in braccio per coccolarlo un po’ e nel mentre squillò il telefono…
“Pronto?”
“Ehi Ivy! Sono Iris.”
Tutta pimpante la salutai “Ehi Iris! Non sai quanto aveva ragione Ken riguardo la palestra! Ma un momento… Con che numero stai chiamando??” chiesi notando il numero sconosciuto;
“E’ un telefono pubblico”
“Un telefono pubblico?”
“Sì… Dove andremo non useremo i telefoni, quindi li abbiamo lasciati dalla nonna: era inutile portarli dietro”
“Iris non capisco! Dove siete? E dove state andando?”
“Siamo in aeroporto, Ivy, ti avevamo detto che Ken sarebbe andato all’accademia militare e… beh… Papà è stato trasferito in una città a nord, non ho capito bene il motivo… Comunque io e la mamma ci trasferiamo con lui e in quella zona non prendono i cellulari e non ci sono collegamenti a internet… e…- la sentii singhiozzare – temo che non ci sentiremo per un po’…”
Il cuore si fermò per un istante e poi prese a palpitare alla velocità della luce.
“Iris! M – Ma … Non… E’… Possibile!!! Voi… Siete la mia famiglia! Sempre insieme! Qualunque cosa accada! Era una promessa!!!”
Ci fu un momento di silenzio durante il quale Iris prese a singhiozzare più forte…
“Lo so Ivy… Non dipende da noi… E dispiace tantissimo anche a me…”
La sentivo piangere e mi si strozzò la voce in gola…
“Almeno… Mi scriverete delle lettere come si faceva una volta?” ormai la voce aveva raggiunto un tono supplichevole;
“Ogni volta che ci sarà possibile… Te lo giuro… Ti voglio bene”
“Anch’io” piagnucolai, poi sentii la voce di Ken…
“Mi dispiace davvero! In accademia ci è vietato usare telefoni, computer, eccetera… Ma ti scriverò… Te lo prometto!”
“Grazie Ken…”
“A presto Ivy” anche lui aveva la voce strozzata;
“A presto ragazzi”
Riattaccarono.
Dovetti sedermi perché quella vecchia sensazione di ansia, tristezza, rabbia e solitudine tornò a farmi visita.
Non volevo ricadere in quel grigio dell’animo! Questa volta avrei dovuto reagire… Distrarmi per bene… Ma come??? La risposta arrivò all’istante: con il mio passatempo più estremo.
 
Le fiamme, vorticando rapidamente intorno a me, creavano lunghe lingue di luce: un caldo e lucente scudo dentro al quale nessuno poteva entrare. Mi sentivo protetta, sicura… La concentrazione era tale da impedirmi di pensare e quindi ero serena e tranquilla.
Ero andata in spiaggia per dedicarmi al mio passatempo, e il luogo si rivelò ben presto la perfetta rappresentazione del mio stato d’animo: il buio inghiottiva ogni più piccolo punto di riferimento e l’unico bagliore di luce proveniva dalla fine sabbia bianca e dalle stelle lucenti che “puntinavano” il cielo. Paradossalmente chiudendo gli occhi, riacquistai la consapevolezza di me stessa e dell’ambiente che mi circondava.
Il vento…
Il regolare infrangersi delle onde del mare…
L’odore di salsedine…
Il caldo del fuoco che, veloce, ruotava attorno a me…
Il profumo dei fiori selvatici del bosco…
“Trasgressiva la ragazza!”
Chi osava spezzare l’incanto di quell’istante?
Aprii gli occhi e mi trovai di fronte al watusso rosso…
“Eh? Cosa?” cascavo dalle nuvole;
“Non ti hanno detto che non si gioca con il fuoco?” ghignava il balordo;
“E a te non hanno detto che chi si fa gli affari suoi campa fino a cent’anni?”
“Ma che simpatica questa piccoletta! Ed io che ti volevo avvisare che il cappuccio della tua felpa sta prendendo fuoco!”
Gettai lo sguardo alle mie spalle e vidi la fiammella clandestina. Presa dall’agitazione gettai all’istante i miei “speciali” kiwido sulla sabbia e, in meno di due secondi, mi tuffai in mare. Ne uscii poco dopo fradicia e con le scarpe scricchiolanti, mentre il watusso era piegato in due dal ridere…
“Non c’è proprio niente da ridere!!!” gli dissi imbronciata mentre svuotavo una delle mie scarpe dall’acqua intrappolata;
“Ahahah! Oh sì invece! Ahahah! Sembrava la scena di un film comico!”
“Non c’era niente di comico! E comunque avresti potuto dirmelo prima, invece di prendermi in giro!”
“Non è colpa mia se sei sempre così acida!”
“Io acida??? Ma cosa… Uff! Nemmeno ti conosco! Chi te l’ha data tutta sta confidenza?!”
Si avvicinò a me con sguardo languido e alzò il mio viso verso il suo…
“Perchè? Ti interessa conoscermi?” me lo disse quasi sussurrando;
“Proprio per niente! Non voglio avere niente a che fare con i watussi!!!” dissi divincolandomi per allontanarmi;
“Ed io invece, pensi che voglia farmi vedere in giro con i pigmei?” alzò un sopracciglio e gli si stampò in faccia il suo solito ghigno malefico;
“Io pigmea??? Sei tu che sei troppo alto, la mia altezza è normale! E poi non ti ho chiamato io, sei tu che sei arrivato a importunarmi!”
“Beh… Dovresti ringraziarmi… Ti ho salvato la vita!”
Mi aveva veramente scocciata: non aveva fatto altro che prendermi in giro!
“Vai al diavolo!” volevo soltanto tornare a casa;
“A presto… Dolcezza!” mi rispose scoppiando a ridere.
Grrrr… Quant’era odioso sto tipo!!!
Cominciai a camminare verso casa, ma, completamente bagnata, l'aria frizzante della notte cominciava ad aggredirmi violentemente, provocandomi brividi e tremolii sempre più frequenti: ma che freddo faceva!
“Uff... Smettila di tremare! Quanto sei pappamolle!” quell'irritante individuo mi parlava con un sopracciglio inarcato;
“Nessuno ti ha detto niente!!!” ma che voleva?!? Grrrrr!
“Sah... Sali in macchina. Ti do un passaggio io fino a casa...”
“Io non salgo in macchina con gli sconosciuti!”
“Ma se ti ho appena salvato la vita...!” mi disse esasperato;
“Sentimi bene... La tua aria da buon samaritano che vuole aiutarmi, non m'inganna per niente!”
“Bene! Ed ora ascoltami tu... Io non ti voglio avere sulla coscienza per una stupida polmonite! Quindi sali immediatamente in macchina o ti ci carico di peso!!!”
“Scusa?! Ma cosa sei, mio padre?!?” chi cavolo era per darmi ordini? Nemmeno sapevo il suo nome!
“Sali!” mi disse con un tono che non ammetteva repliche e rassegnata mi diressi verso la macchina;
“Sappi che al minimo dubbio, chiamo la polizia... Quindi fai attenzione!” presi il telefono e digitai già il numero, pronta a dare soltanto l'ok...
“Che paura, pigmea!” il tono di voce, però, diceva tutto il contrario della sua affermazione.
  
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