Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: saccuz    15/12/2014    1 recensioni
In un universo in cui magia e scienza convivono, un bambino proveniente dagli estremi confini della Galassia, in possesso di poteri che non credeva di avere, crescendo, dovrà riuscire a trovare il suo posto in essa, a qualunque costo.
Se questa storia vi piace, vi fa schifo, trovate che sia zeppa di errori o se anche solo non avete niente di meglio da fare: lasciate una recensione! Grazie
1 capitolo corretto il 22-12-2014
Genere: Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'Universo Inquieto'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 1
 
Il ragazzo, con i capelli cortissimi ed interamente vestito di bianco, passeggiava rapidamente su e giù nella sala di attesa, torcendosi nervoso le mani. Improvvisamente, con un sibilo, la porta si aprì.
Alast prese un profondo respiro e varcò la soglia. Si ritrovò in una grande sala con undici lati, inondata di luce. Intimorito, fece qualche passo in avanti sul lucido pavimento di marmo bianco. Sugli scranni che si innalzavano contro le pareti, uno per ogni angolo, sedevano i Dieci, chiusi nelle loro tuniche viola. Il ragazzo, volgendo lo sguardo attorno a se osservava i volti in penombra degli arcimaghi; diversi li conosceva di vista, altri di nome, ma alcuni erano per lui dei perfetti sconosciuti. Improvvisamente uno di questi, che Alast riconobbe come la reggente del consiglio dei Dieci, Urdra, parlò:
«Il sommo stregone - disse indicando lo scranno centrale, che era vuoto - si scusa per la sua assenza, ma impegni improrogabili lo hanno condotto lontano da questa sala.»
Il ragazzo si limitò a chinare la testa in segno di comprensione. Da una parte era contento della sua assenza, poiché il capo supremo del consiglio aveva fama di essere estremamente severo, ma dall'altra era profondamente deluso, il supremo arcimago infatti non si mostrava mai in pubblico, a eccezione di alcuni eventi particolari, come appunto gli esami finali dell'apprendistato.
La voce roca e burbera dell'Arcimago Quinn lo allontanò dai suoi pensieri:
«Sei tu Alast, della colonia mineraria di Ilmor 3?»
«Sì signore, sono io»
«Bene! Poiché i tuoi maestri ti hanno ritenuto sufficientemente abile da poter diventare novizio, sei stato convocato in questo giorno dinnanzi a tale consiglio che ha il compito, fra le altre cose, di giudicare gli aspiranti al passaggio di livello. Oggi non verrà testata la tua conoscenza della magia, che é compito dei tuoi maestri, ma la tua comprensione della medesima. La prova inizierà fra un minuto. Sfrutta questo tempo per fare, come dico io, mente locale, giovanotto!» Disse l'uomo, sottolineando l'ultima frase con una strizzata d'occhio.
 
Alast chiuse gli occhi, cercando di placare il grande flusso di pensieri che gli passavano per la mente. Fece come gli era stato insegnato, eliminando un pensiero alla volta: prima l'immediata simpatia che provava per Quinn, poi la preoccupazione per l’esame, e poi via via, sempre più a fondo, fino ad arrivare ai pensieri e ai sentimenti più remoti; riuscì a scacciare la felicità che aveva provato la prima volta che era arrivato sulla Terra, poi toccò al freddo dell'astronave, quindi alla simpatia dei due novizi che lo avevano recuperato. Quando arrivò a Dereb, come ogni volta, dovette fare uno sforzo intenso per riuscire a reprimere anche quel pensiero. Quell'uomo riusciva a far nascere in lui sentimenti molto forti, provava infatti per il mago un affetto fortissimo, tanto che talvolta si trovava a considerarlo come un padre, nonostante non lo vedesse ormai da molti anni. Infine appianò i ricordi precedenti, come ormai faceva da diverso tempo a quella parte prima di dormire (era infatti l'unico modo che aveva per non essere tormentato dagli incubi) e aprì gli occhi.
 
Tutta l'operazione non era durata un minuto, e adesso si sentiva la mente libera e leggera, pronta ad affrontare il test.
Un arcimago di cui non conosceva il nome, notando che aveva terminato di sedare i pensieri, batté una volta le mani:
«Bene, direi che possiamo iniziare!»
Subito i dieci membri sollevarono i bastoni, e Alast percepì i suoi occhi chiudersi, mentre dinanzi a lui, nella parte interna della sua palpebre, si dischiudeva un universo intero di sensazioni, emozioni, pensieri, fiamme scintillanti e oscuri blocchi di ghiaccio, che gli roteavano rapidissimi intorno, risultando quasi sfumati. Rimase a guardare ammaliato quello spettacolo straordinario, osservando le scie rosse delle fiamme intrecciarsi con quelle quasi nere del ghiaccio e formare arabeschi e disegni che neanche il più grande dei poeti avrebbe mai potuto descrivere, nè il più grande dei pittori rappresentare. Eppure era inquieto: sentiva la necessita di andare più a fondo, avvertiva che quello che “vedeva” altro non era che uno schermo, che un inganno, che “oltre” c’era qualcos’altro, e sapeva di volerlo raggiungere.
Si concentrò intensamente su tutto ciò che gli roteava intorno, cercando di mettere a fuoco. Subito tutte quelle “entità” rallentarono, andando a disporsi in modo più ordinato, alcuni più vicini ed altri più lontani. Alast percepì la loro quantità, era milioni, anzi miliardi, più guardava lontano e più ne vedeva comparire. Ogni tanto una di quelle fiamme, che splendeva meno delle altre, scompariva, sostituita da un blocco di ghiaccio, ma altrettanto spesso uno di quei blocchi veniva sostituito da una fiamma nuova e potente, che rischiarava e rinvigoriva i fuochi vicini. Percepiva però la presenza di qualcos’altro, celato più a fondo, non alla portata di tutti… Si concentrò di più, sentì il sudore iniziare a colargli per lo sforzo, la mente gli doleva, tutti i suoi muscoli tremavano, ma infine le fiamme e il ghiaccio iniziarono a sparire. Al loro posto comparvero dei cubi trasparenti: alcuni, pochissimi, circondati da una potente luce gialla, tutti gli altri invece contenenti la stessa luce, che premeva insistentemente contro le loro pareti, senza però riuscire a romperle.
Si concentrò più a fondo, cercando di andare ancora avanti, sentiva che c’era altro da vedere, da osservare, da imparare. Lentamente iniziò a muoversi, vedeva i cubi spostarsi ancora, assumere altre disposizioni, finchè non si trovò circondato da dieci cubi, circondati da una violenta luce gialla, che si estendeva per diverse decine di metri dal punto di origine…
Ed allora, finalmente, capì.
 
 
Il ragazzo si trovava nuovamente nella sala di attesa, appoggiato contro una parete. Era completamente esausto. Non aveva mai faticato tanto come in quel paio d'ore, per la prima volta aveva dovuto dare fondo a tutte le sue energie. Fosse dipeso da lui sarebbe già andato a letto, e invece doveva stare lì, ad aspettare la deliberazione del consiglio.
La porta si aprì con un sibilo. Alast, facendo leva sulle gambe e, appoggiandosi al muro, si tirò in piedi, cercando far rallentare i battuti del cuore, ancora velocissimi per lo sforzo di prima. Poi, un passo alla volta, entrò nella sala.
 
Al centro di questa era comparsa un’antica sedia di legno scuro, finemente lavorata, con intarsi di uno sconosciuto materiale chiaro che si diramavano dal centro del sedile e si avvolgevano attorno a tutta la sedia: lungo i braccioli, sullo schienale e anche nelle gambe.
«Siediti apprendista.» La secca voce della reggente Urdra risuonò nel silenzio della sala.
Alast, che si reggeva in piedi a fatica, fece come gli era stato ordinato. Dopo che si fu seduto la voce dell’Arcimaga riprese:
«Dopo una profonda riflessione questo consiglio, al quale si sono rivolti i tuoi maestri per domandare il tuo passaggio di livello, ha raggiunto una decisione»
A quelle parole Alast sentì un brivido corrergli lungo la schiena, e fissò intensamente le facce degli arcimaghi, cercando inutilmente di distinguere le loro espressioni nella penombra.
 
Improvvisamente gli Arcimaghi si alzarono all’unisono, battendo contemporaneamente i bastoni per terra.
Subito il legno scuro della sedia iniziò a risplendere, schiacciando Alast contro lo schienale, con le braccia incollate ai braccioli e la parte inferiore del corpo alle gambe del mobile. Infine la sedia smise di brillare, ma il ragazzo era comunque immobilizzato. Poi, lentamente, gli intarsi presero vita ed, emanando una tenue luce azzurrina, iniziarono a muoversi come se fossero dei tentacoli, avvolgendo in poco tempo tutto il suo corpo. Quando anche questi smisero di brillare Urdra tornò a parlare:
«Apprendista Alast di Ilmor, sei tu disposto ad applicarti anima e corpo allo studio della magia?»
«Sì!» rispose Alast, e subito i tentacoli bianchi emisero un tenue lampo di luce
«Apprendista Alast di Ilmor, giuri tu di non rivelare a nessuna altra persona non appartenente a questa fratellanza alcuna delle conoscenze che apprenderai qui?»
«Sì!» e di nuovo gli intarsi produssero un tenue bagliore
«Apprendista Alast di Ilmor, ti impegni ad ubbidire ai tuoi maestri, ai Dieci e a tutti i membri di rango superiore al tuo incondizionatamente?»
«Sì!» e di nuovo i vincoli che lo bloccavano sulla sedia brillarono
«Apprendista Alast di Ilmor, sei tu disposto a servire la fratellanza in ogni modo?»
«Sì!»  questa volta i tentacoli emisero un bagliore più forte
«Apprendista Alast di Ilmor, sei tu disposto a combattere per la fratellanza con tutta la tua forza e con il cuore saldo?»
«Sì!» gli intarsi produssero un lampo di luce molto più intenso, che fece sbattere gli occhi ad Alast
«Apprendista Alast di Ilmor, sei tu disposto a soccombere alla morte per il bene della fratellanza?»
«Sì!» questa volta i vincoli si illuminarono a tal punto da costringere Alast a chiudere gli occhi
«Ed ora, che il giuramento è stato sancito dai mistici vincoli, ALZATI, novizio Alast di Ilmor!»
 
E l’intera sala fu invasa dalla luce. Alast sentì il suo corpo staccarsi dalla sedia e, ad occhi chiusi per non essere accecato dalla luce, si alzò in piedi. Lì, nel centro della sala, avvolto dalla luce, percepì una grande ondata di energia investirlo in pieno. Era a metà fra l’essere immerso in una vasca d’acqua calda e l’essere fasciato da una coperta. Avvertì quella forza modellarsi attorno al suo corpo, mentre ogni stimolo esterno abbandonava la sua mente. Le sue palpebre non si muovevano più, le sue braccia non rispondevano ai comandi, le gambe erano immobili, mentre sentiva il respiro rallentare. Non percepiva più i suoi vestiti addosso, la pietra di Laren nella tasca, i capelli sulla testa. Improvvisamente sentì un forte dolore all’anulare, era come se qualcosa gli fosse entrato nel dito, fin dentro le vene, e che ora si stesse muovendo all’interno del suo corpo. Percepiva distintamente quella forza farsi largo nei suoi condotti interni, sentiva quel dolore risalire il braccio, lasciando un forte bruciore lungo tutto il suo cammino. Infine arrivò al cuore, e a quel punto avvertì quel suo organo come esplodere, rilasciando un’ondata di energia in tutto il corpo, dalla punta dei piedi fino alla punta dei capelli. Tutto era invaso da quell’energia, che si insinuava in ogni cellula, attraverso ogni membrana, arrivando fino al nucleo, per poi fondersi con esso. Si sentiva forte, potente, come mai lo era stato, si sentiva invincibile.
Poi, lentamente, le sue percezioni si fecero più confuse, i pensieri sconnessi. Le ginocchia gli cedettero, gli addominali non lo tennero più dritto, si afflosciò a terra, mentre sulla sua mente calava una spessa patina di tenebra.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: saccuz