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Autore: Lizzie_Lannister    15/12/2014    2 recensioni
Ashton aveva le risposte a tutte le domande di Bridgette, ma restava in silenzio per la sua sicurezza.
TRADUZIONE ITALIANA.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Hello! Abbastanza in tempo, ecco a voi anche il nuovo capitolo. Volevo ringraziare chi ha messo tra i preferiti la storia, ci terrei tanto a leggere qualche vostro parere! So che può sembrare una bazzecola, ma tradurre non è affatto un affare facile:c però continuerò a farlo, perché questa storia merita tanto. Ora vi lascio alla lettura, bye.x


2. || Stories and Silence


Rientrai in casa, e sentii il profumo del pesce invadermi le narici. Amavo il pesce cucinato da mia madre così tanto che mi fece dimenticare completamente della conversazione con Michael e della casa apparentemente infestata, appena dall’altra parte della strada. Seguii il mio naso fino alla cucina, dove trovai mia madre intenta a frullare il purè di patate.
«Hey mamma.» salutai, sbirciando oltre lei quello che c’era in pentola.
«Com’è andata la passeggiata?» mi domandò lei, chiudendo la pentola con il coperchio in acciaio per poi girarsi verso di me.
Quello mi fece definitivamente ricordare della mia conversazione con Michael. Feci spallucce, appoggiandomi al ripiano dell’isola. «Bene.»
«Hai incontrato qualcuno, nel vicinato?»
«Sì, un ragazzo. A dire il vero… due ragazzi.»
Sul viso di mia madre si fece spazio un sorriso ammiccante. «Oh, davvero?»
«Mamma, non è niente di che, okay?» sospirai. «Uno era pressappoco un’idiota, e l’altro nemmeno parlava.»
L’espressione allegra scomparve dal viso di mia madre. «Beh, sono sicura che ci siano persone migliori in città. Vedrai.»
«Oh, esco con uno di loro stasera.» la avvisai.
Lo sguardo che mi rivolse mi fece quasi ridere. Mi guardò come se le avessi appena chiesto di elencarmi i diversi tipi di cibo per cani. Sospirò e ruotò gli occhi, per poi tornare ad occuparsi del cibo nella pentola.
«Va bene.» accettò finalmente. «Devi essere a casa prima delle dieci, però.»
Lasciai la cucina e salii in camera mia per fare qualche ricerca prima di cena. Accesi la lampada sul comodino e mi misi sul letto, prendendo il portatile sulle gambe. Sistemai i cuscini sulla testiera del letto e vi sprofondai. Aprii il portatile, e cercai su Google “Westfield Drive” nella mia città. Spuntarono un sacco di articoli di giornali. Cliccai sul primo risultato, e subito il titolo catturò la mia attenzione.
Intera famiglia trovata morta al numero 30 di Westfield Drive. Doveva di sicuro essere la casa degli Hemmings. L’articolo raccontava esattamente ciò che Michael mi aveva già spiegato. Passai all’articolo seguente, che recitava “Ragazzo morto in un incidente in moto”. Quello di sicuro non riguardava la Casa degli Hemmings.
Un ragazzo è rimasto ucciso in un incidente in moto del 23 settembre 2013 in Westfield Drive. La famiglia ha richiesto di mantenere l’identità segreta, ma è stato detto che fosse appena diciottenne. Nessuno ha assistito all’incidente, o sa cosa abbia potuto scatenarlo. Il ragazzo è stato trovato a cinque passi di distanza dal motorino, che è scivolato lungo la strada.”
«Bridgette, la cena!» chiamò mia madre dal piano di sotto.
Avrei dovuto chiedere a Michael più tardi. Chiusi il portatile e scesi in cucina per cenare.
Erano le 7:03 secondo l’orologio del forno. Dopo cena avrei dovuto incontrarmi con Michael. Mi sedetti di fronte a mio fratello, ed incrociai le braccia sul tavolo.
«Così tua madre mi ha detto che uscirai con un ragazzo, più tardi?» investigò mio padre.
«Un ragazzo?» mio fratello, Jeremy, ridacchiò. «Quale ragazzo uscirebbe con te?»
Mi strinsi nelle spalle. «Si chiama Michael. L’ho incontrato dopo che mamma e papà mi hanno praticamente scacciata di casa.»
«Deve esserci qualcosa di sbagliato in questo ragazzo se è intenzionato ad uscire con te.» rise mio fratello. «Andiamo, è uno spacciatore? Un rapinatore? Un serial Killer?»
«Jeremiah!» lo riprese mia madre. Jeremy fece spallucce e prese la sua forchetta.
«La sto solo avvisando a fin di bene.»
«Se “solo avvisarmi a fin di bene” significa prenderti gioco di me, allora lo stai facendo alla perfezione» gli assicurai.
«Zitti e mangiare il vostro pesce.» brontolò mio padre.
 
***

Mi tirai su la zip della giacca non appena mi chiusi la porta alle spalle e attraversai la veranda. Mi sedetti sul bordo del marciapiede in parte a casa mia e aspettai che Michael mi venisse incontro. Fissai per terra, e spostai un mucchietto di terra con la pianta della scarpa. All’improvviso notai un’ombra scura incombere su di me. Alzai lo sguardo, ed i miei occhi incontrarono quelli di Michael.
«Ti diverti, Cooper?» sogghignò.
«Moltissimo.» dissi e mi alzai, spazzolando via la terra dai pantaloni. «Quindi, dove siamo diretti?»
«Solo una passeggiata.» Michael sospirò. «va bene per te, Cooper?»
«C’è qualche problema con il mio nome?» domandai, non appena cominciammo ad incamminarci sulla strada verso casa sua.
Lui si limitò a fare spallucce. «Mi piace chiamarti Cooper. C’è qualche problema con il tuo cognome?»
«No, me lo stavo semplicemente chiedendo.» risposi, e poi aggiunsi, «Clifford.»
Michael rise. «Carino, Cooper. Ma nessuno ama i copioni.»
Camminammo per la strada finché non raggiungemmo la casa che aveva quell’albero enorme in cortile, quello dove era appoggiato Ashton quel pomeriggio. Michael mi guidò nel piccolo vialetto fino alla porta principale. Bussò due volte e poi aspettammo.
« Spero non ti dispiaccia se Ashton si unisce a noi.» disse mentre aspettavamo che ci raggiungesse.
«Oh, quindi lui lo chiami per nome!» lo accusai, puntandogli il dito.
Michael fece un sorrisetto. «Volevo solo essere sicuro che capissi di chi stavo parlando.» si girò e bussò altre tre volte. «Hey, Irwin, andiamo!»
«Perché non parla?» sussurrai.
Michael scrollò le spalle e disse «Non lo so» svogliatamente. «Non parla neanche con me
Ashton aprì la porta e uscii di casa, indossava ancora i suoi occhiali da sole. Michael si girò e prese il mio polso e mi riportò sui nostri passi, finché non raggiungemmo la strada. Ashton si mise al fianco di Michael e cominciò a camminare silenziosamente con noi.
«Irwin, ti ricordi di Cooper, vero?» Michael domandò, indicandomi.
Ashton guardò oltre Michael per rivolgermi un cenno del capo, come aveva fatto prima, quel pomeriggio. Ricambiai il cenno, con un piccolo sorriso, prima di abbassare lo sguardo sui miei piedi. Dovevo chiedere a Michael dell’incidente, ma come avrei potuto farlo senza sembrare inquietante? “Hey, vorresti parlarmi del tipo che è morto in mezzo alla strada?” Non era esattamente il modo migliore per chiederglielo.
« Allora Cooper, » cominciò Michael. « Quanti anni hai? »
« Diciassette, » replicai. « Avrò diciotto anni tra due settimane. Perché, quanti anni hai tu? »
« Ahw, sei una bambina! Io ho già diciotto anni, » sorrise orgoglioso. Ashton grugnì e Michael quasi inciampò sui suoi stessi piedi. « Cosa? Ah, sì, Ashton ha diciannove anni. »
« Ahw, sei un bambino! » lo imitai e Ashton mi sorrise, mostrando due fossette agli angoli della bocca.
« Non incoraggiarlo. » borbottò Michael, tirando fuori gli occhiali da sole dalla tasca e mettendoseli.
« Perché indossate costantemente gli occhiali da sole? » chiesi. « Sta facendo buio. »
« Perché siamo fighi, ecco perché. » disse Michael, a testa alta.
Alzai gli occhi al cielo. Bene, era giunto il momento di fare le cose sul serio prima che Michael se ne tornasse a casa. « Hey, posso farti una domanda? »
« Spara, Cooper. » disse Michael, fermandosi sulle strisce pedonali. Guardò da entrambe le parti prima di lasciare che io e Ashton attraversassimo la strada.
« Ho fatto qualche ricerca, » iniziai lentamente. « E apparentemente qualcun altro è morto in questa via. Non sono riuscita a leggere tutto, ma diceva che si è trattato di un incidente in modo. »
Michael si fermò di botto. Ashton mi guardò prima di strattonare Michael con un braccio e spostarlo dietro di lui, per poi ritrovarsi in mezzo a noi. Ashton guardò Michael e tenne le braccia spalancate, come se stesse cercando di proteggermi da Michael, la cui faccia era pallida non appena si tolse gli occhiali. Guardò nella mia direzione, ma era come se stesse fissando un punto oltre di me.
« Devo andare a casa. » disse, quasi in un sussurro.
Ashton si rilassò e lasciò che Michael si girasse e si allontanasse da noi. Superai Ashton gentilmente. « Che vuol dire che te ne devi andare? »
Michael si girò improvvisamente, sembrava furibondo « Lascia perdere, Bridgette, » feci un passo indietro, abbassando la testa. Michael sembrò calmarsi un poco. Si girò ancora. « Ci vediamo domani, Cooper. »
Rimasi a guardare Michael attraversare di nuovo la strada e continuare a camminare, mettendosi di nuovo gli occhiali a coprire i suoi occhi verdi. Ashton toccò delicatamente il mio braccio e mio mi girai a guardarlo. Aprì la bocca come se volesse dire qualcosa, ma poi la chiuse subito. Puntò il dito nella direzione in cui Michael era appena sparito.
«Giusto, vorrai tornare a casa.» annunciai e lui annuii. Iniziò a camminare, ma poi si fermò e mi fece cenno di seguirlo. Mi affrettai e cominciai a camminare insieme a lui. Non riuscivo a pensare a niente per riempire quel silenzio, allora feci notare l’ovvio.  «Quindi... tu non parli?»
Ashton ridacchiò e scosse la testa.
«Da quanto tempo va avanti?» domandai.
Ashton alzò lo sguardo e mi mostrò le dita, come se stesse contando. Sollevò sei dita.
« Sei anni? » esclamai. Lui scosse la testa. «Sei... mesi?»
Annuì.
«Ti stanchi mai di non poter parlare a nessuno?»
Lui scrollò le spalle e annuì un po’.
«Da quanto tempo sei amico di Michael?»
Ashton fece di nuovo la sua conta e alzò due dita.
«Due mesi? » chiesi, e lui scosse la testa. «Due anni?»
Annuì.
«Hai altri amici?»
Lui annuì nuovamente.
«Una famiglia?»
Annuì.
«Con loro ci parli?»
Ashton fece una piccola pausa, poi annuì ancora.
«E perché con loro sì e con gli altri no?»
Sospirò e scosse la testa.
« Giusto, probabilmente non riesci a spiegarlo. Sai, non parlando è un po’ difficile.»
Ashton rise e si passò una mano tra i capelli. Mi diede una pacca sulla spalla prima di mettersi le mani in tasca.
«Quindi... ti sembro simpatica?» tirai ad indovinare.
Lui sorrise e annuì.
«Bene.» ricambiai il sorriso. «Anche tu mi sei simpatico. Così forse un giorno mi parlerai.»
Ashton fece spallucce, ma continuò a sorridere.

 
  
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