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Autore: Lizzie_Lannister    12/12/2014    2 recensioni
Ashton aveva le risposte a tutte le domande di Bridgette, ma restava in silenzio per la sua sicurezza.
TRADUZIONE ITALIANA.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Prima di postare il prologo, volevo far presente che la storia non è assolutamente mia. L'autrice è americana e posta su wattpad, e dal momento che io ho amato questa storia, le ho chiesto il permesso di tradurla. Se avrà successo continuerò con la traduzione del sequel, ovvero "Laconic". Per chi volesse leggere in inglese la storia, qui c'è il link: http://www.wattpad.com/41357266-silence-%C2%BB-a-i-1-the-hemmings-house . E detto ciò, vi auguro buona lettura!



1 || The Hemmings House.

 
Trasferirmi era una cosa con cui avevo sempre avuto un bel problema.
Non per il fatto che avrei dovuto adeguarmi a nuove persone e ad un nuovo ambiente, bensì per tutti i cliché che si sentono quando una ragazza della mia età si trasferisce. Una diciassettenne si trasferisce in una nuova città e trova un ragazzo carino, si innamorano e passano attraverso tutti gli alti e bassi della relazione e bla, bla, bla… Questo, se aggiunto al fatto che avevo appena finito di guardare la prima stagione di American Horror Story, non mi rendeva per niente eccitata all’idea del trasferimento.
«Avete fatto tutti i controlli finali?»
Avevo controllato due volte con i miei genitori prima del trasferimento. «Nessuno è mai stato ucciso o trovato morto in questa casa, vero?»
«Bridgette, siamo completamente sicuri che la casa non sia infestata.» sospirò mio padre, posando sul bancone la tazza di caffè per poi nascondere la testa tra le mani.
«Ora va a finire di disfare i bagagli.» istruii mia madre, indicando le scale.
Così, adesso girovagavo per la mia nuova casa, controllando ogni stanza ed ogni porta, anche il sottoscala.
Nonostante ciò, ero un po’ spaventata di andare nel seminterrato, fin quando mio fratello non mi aveva colpita al braccio dicendomi, «E’ un normalissimo seminterrato, testa vuota.»
Pensavo davvero che nel mio seminterrato avrei potuto trovare un’Infantata, come in American Horror Story? No, effettivamente no. Ma credevo nei fantasmi, quindi c’era la possibilità che qualcun altro oltre noi vivesse nella casa.
«Questa casa ti farà impazzire per il semplice fatto che tu credi che lo farà.» mi aveva detto mio padre. Naturalmente, mi avrebbe dovuto semplicemente trovare mentre spulciavo vicino al ripostiglio. I miei genitori  avrebbero cominciato a farsi ancora più domande sulla mia sanità mentale, più di quante non se ne facessero già. Ma io ero solo prevenuta. Non mi sarebbe piaciuto essere scacciata dalla mia stessa casa, essere assassinata o cose così.
«Forse dovresti uscire a prendere un po’ d’aria,» suggerì mia madre con un sorriso dipinto sul viso. «Esplora il vicinato, stringi qualche amicizia.»
«Sì, così magari potrò trasformarmi in un cliché di Hollywood?» domandai.
«Cosa c’è di sbagliato nell’incontrare un ragazzo carino?» ammiccò lei.
Il fatto che mia madre stesse davvero provando a relazionarsi con me mi fece sopprimere un lamento. «Mamma, per favore, smettila. Uscirò, se servirà a farti smettere di comportarti come un’adolescente.»
Con i miei parenti soddisfatti, che si comportavano in maniera un po’ meno imbarazzante nei miei confronti, afferrai una giacchetta chiara ed aprii la porta, per poi ritrovarmi in strada. L’aria era calda, ma un po’ ventosa. Forse perché il sole stava iniziando a tramontare.
A circa tre case di distanza dalla mia, c’era una casetta piccola e gialla, con le rifiniture e le persiane bianche. C’era un enorme albero nel cortile, e appoggiato al tronco c’era un ragazzo con gli occhiali da sole e i capelli arruffati biondicci. Ero delusa da me stessa, perché lo avevo trovato attraente, nonostante avessi già deciso che non sarei diventata la protagonista di una tipica storiella d’amore. Dovevo solo tenere la testa bassa e continuare a camminare.
«Hey!» chiamò la voce di un ragazzo. Alzai lo sguardo, ma notai che non era il ragazzo contro l’albero. La voce apparteneva ad un ragazzo che si trovava dal lato opposto della strada. Aveva capelli biondo platino e una carnagione pallida. Anche i suoi occhi erano coperti da un paio di occhiali da sole. Mi fece cenno di raggiungerlo, ma io scossi la testa. Non ero una stupida – i miei genitori mi avevano messa in guardia dagli sconosciuti pericolosi. Lui, però, continuò a chiamarmi dal suo cortile. «Com’è che non ti ho mai vista in giro?»
«Mi sono appena trasferita.» risposi.
«Hai un nome?» domandò lui.
Perché avrei dovuto dire il mio nome ad un ragazzo qualunque? «Forse.»
Lui ridacchiò. «Forse? Strano nome, ma comunque sia…»
Ruotai gli occhi. Quel ragazzo credeva di essere carino o cosa? «E tu, un nome ce l’hai?»
«Michael,» sorrise. «Michael Clifford.»
Annuii, senza sapere cosa rispondere a quel Michael. Non volevo davvero andare a casa, ma di sicuro non volevo continuare la conversazione con lui. Si comportava così da idiota che avrei voluto stare kilometri lontana da lui.
«Allora, Forse…» cominciò lui, sorridendo tra sé. «Siete la famiglia che si è trasferita davanti alla casa degli Hemmings?»
«La che?»
Michael iniziò ad avvicinarsi a me. «Tu non sai della casa degli Hemmings?»
«N-no…» feci un passo indietro, ma Michael si fermò sul bordo del marciapiede. Mantenne un piede sulla strada, e si tolse gli occhiali. I suoi occhi erano di un verde luminoso, e molto belli.
«Beh, la storia è che la famiglia Hemmings viveva lì.» cominciò. «I signori Hemmings e i loro tre figli: Jack, Ben e Lucas. Un giorno, la signora Hemmings di ritorno a casa trovò il marito che la tradiva con la vicina. Allora, di punto in bianco gli sparò, e lo stesso fece con la vicina. Il maggiore dei tre figli, Ben, la scoprì e minacciò di raccontare tutto, così lei lo avvelenò e lui morì. Jack pensò che l’intera situazione fosse folle,  ed il nervosismo salì alle stelle. La sua ansia aumentò a tal punto che lui si sparò. Allora rimase il più piccolo, Lucas, e sua madre. Lucas aveva più o meno la nostra età quando successe ciò. Sapeva cosa sua madre aveva fatto, ma pensava che lei avesse ucciso anche Jack, il che lo portò al limite della sopportazione. Addormentò la madre e la trascinò nel seminterrato. Le ruppe la testa, prima di impiccarsi.»
Mi ci volle un bel po’ per metabolizzare il tutto. Ecco, quello era proprio il genere di cose di cui parlavo! Ed i miei genitori mi avevano anche ritenuta matta.
«Allora siete voi?» chiese Michael. «Intendo, siete voi che vi siete trasferiti nella casa lì avanti?»
«Qual è l’indirizzo di quella casa?» domandai io.
«Wesfield Drive, numero 30.» rispose.
Sbuffai. Certo che solo noi potevamo trasferirci davanti alla casa infestata della città. Cosa avrei dovuto aspettarmi? Sfortunatamente, stavo diventando esattamente il cliché di una storia hollywoodiana.  O magari una nuova puntata di American Horror Story. Chi poteva dirlo?
«Wesfield Drive, numero 31.» gli dissi, cominciando a tornare sui miei passi. « Dovrei fare delle ricerche su, uh... la Casa degli Hemmings? Sì. »
«Cerca di non morire,» fece un cenno con la testa, rimettendosi gli occhiali. Girò i tacchi e si riavviò verso la strada da cui era venuto. Feci per girarmi, ma lui mi richiamò. « Hey, Forse! »
«Cosa?»
«Cosa fai stasera verso... le sette e trenta? »
Avevo appena conosciuto Michael, e già mi chiedeva di uscire? Tutto ciò si stava decisamente trasformando in un cliché, no? Però io avrei voluto ascoltare di più di ciò che sapeva sulla casa degli Hemmings. Ma, allo stesso tempo, non ero totalmente sicura riguardo Michael. Sembrava… strano. Non perché aveva un comportamento da cazzone, ma per il modo in cui aveva parlato della casa. Sembrava come se fosse stato davvero lì, o qualcosa del genere. Come se ci fosse stato qualcosa di cui non avrebbe mai potuto parlare, perché era impressa nella sua mente. Ma sembrava star bene subito dopo averne parlato. Ero curiosa. Volevo sapere tutto ciò che potevo.

«Irwin!» chiamò Michael, strappandomi dai miei pensieri. Seguii lo sguardo di Michael dietro di me e vidi il ragazzo appoggiato all’albero. « Che ci fai ancora qui? Probabilmente stai spaventando Forse a morte.»
Il ragazzo – Irwin? – scrollò semplicemente le spalle, senza dire niente. Non si mosse nemmeno da dove stava. Dovevo ammetterlo, Michael ci aveva preso. Quel ragazzo era davvero strano.
«Quello è Ashton» spiegò Michael, indicandolo con un cenno della testa. «Non parla. Tipo mai.»
Ricambiai il suo sguardo. «Perché?»
Michael scrollò le spalle e fece uno strano verso, che probabilmente significava “non lo so”. Mi girai a guardare il ragazzo, Ashton. Feci un piccolo gesto con la mano per salutarlo e lui ricambiò con un cenno del capo. Almeno, mi avrebbe riconosciuta in futuro.
«Allora?» insistette Michael. Mi voltai a guardarlo. «Sei libera stasera?»
Sospirai. «Penso di sì.»
Michael mi sorrise. «Fantastico. Ci vediamo fuori casa tua, quindi?»
«Okay.» confermai, girandomi per andarmene. « A dopo. »
«Ci vediamo, Forse.»
Mi bloccai e mi girai nuovamente. «Bridgette. È Bridgette.»
« Bridgette...?»
«Cooper.»
«Allora ci vediamo dopo, Cooper.»
  
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