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Autore: Respiro_di_Primavera    15/12/2014    3 recensioni
"-Ripetilo se ne hai il coraggio.
-Non ho provato nulla...- sussurrai a pochi centimetri dal suo viso
e lo vidi alzare un sopracciglio, mentre le sue mani mi accarezzavano.
-Allora perché hai la pelle d'oca?
-Sono bloccata qua fuori in piena notte, con solo un asciugamano
e i capelli bagnati: ho freddo.
-Risposta errata, Kiss.- sorrise, sollevandomi il mento con le sue dita calde
e lasciandomi un lieve bacio nell'incavo del collo aggiunse -Ma se hai freddo,
non ti preoccupare. Ci sono qua io e ti prometto che ti scalderò per tutta la notte,
se me lo permetterai..."
Jess è una ragazza che nasconde tutta se stessa dietro a una maschera
ed è diventata tanto testarda da credere che quella ormai sia la sua vera faccia.
Finché non arriva qualcuno a farle vedere che dentro di lei c'è molto di più...
Questa è la prima storia che pubblico in assoluto, quindi la vostra opinione
è importante per migliorarmi! ;)
Avverto che è tratta da un sogno e che presenta elementi non veritieri, di mia invenzione.
Genere: Erotico, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Threesome, Triangolo
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****ANGOLO AUTRICE****
Scusate il ritardo, sono stata davvero motlo impegnata! 
Ho scritto il mio angolo prima del solito perchè devo avvisarvi che questo capitolo presentaun po' di violenza e atti che non vanno in alcun modo imitati.
Spero che mi diciane cosa ne pensate!
Grazie mille a coloro che continuano a seguirmi e alle mie recensitrici,
che adoro con tutto il cuore e a cui voglio dire GRAZIE!
Spero che non mi abbiate abbandonata>.<
Un grosso bacio
Respiro_di_Primavera:* 






BLOOD 
 
 



La musica alta pulsava in modo intenso nella mia testa, mentre le luci saettavano da una parte all’altra
del locale, tra quelle facce sconosciute così diverse tra loro, ma allo stesso tempo accumunate dalle
stesse voglie.
Divertirsi.
Distruggersi.
Dimenticare.
La maggior parte di quelle persone aveva il segno di quelle tre “D” stampate in fronte, negli occhi,
marchiati sulla pelle sudata e bollente. Le potevo vedere distintamente. Come? Perché è scienza, è filosofia,
è destino che i simili si riconoscano tra i loro simili, senza neppure il bisogno di parlare, bastavano gli occhi
per comunicare tutta la perdizione che ormai ci aveva corrotti.
I volti della massa erano illuminati a tratti, e a tratti cadevano nel buio più profondo, nelle tenebre più
distruttive. Auto-combustibili. Degeneranti.
E io ero una parte minuscola, un punto rivestito a malapena di tessuto, in quella folla scatenante. Mi ero
allontanata dalla zona Vip, dalla pista rialzata con i divanetti in pelle, i pali lucidi, gli alcoolici gratis…e dagli
occhi di Marco che in quel momento sondavano il locale senza trovarmi, stringendo il drink in una mano,
quasi a romperlo, mentre Lucy, sbuffava infastidita.
Io li vedevo, ma loro no.
Chiusi gli occhi, facendo oscillare il capo all’indietro e muovendo verso l’alto le mani, sospinta dalla musica e
dal desiderio di sparire. Se chiudevo gli occhi era davvero come non esserci.
Ero solo musica, un corpo pervaso da musica, senza limiti, senza necessità, senza pericoli.
Qualcuno si strusciò sul mio fianco e io schiusi gli occhi, focalizzando una ragazza dalla pelle scura e con un
magnifico sorriso così bianco e in contrasto con la sua pelle che mi incantò per un attimo. Le sorrisi, e sapevo
che non era un vero sorriso, era come il suo.
Un sorriso sbilenco, rotto.
Mi porse un bicchiere, gridando per farsi sentire, ma non percepii niente.
Lo presi e osservai il contenuto, probabilmente alcoolico.
Poi lei allungò di nuovo la mano e mise nella mia libera qualcosa di piccolo e chiaro come il suo sorriso. Studiai la pillola, prendendola tra il pollice e l’indice, facendola scivolare sui polpastrelli per un secondo,
chiedendomi che cosa avrei dovuto fare. La mia testa era un tale casino, non c’era spazio per riflettere.
I miei occhi improvvisamente furono attirati da altri scuri e intensi, che mi avevano vista. Marco mi fissava,
mentre faceva un cenno a un suo amico per bisbigliargli qualcosa all’orecchio.
-Inghiottila!- finalmente la voce della ragazza mi arrivò alle orecchie e senza pensarci eseguii.
In quella pillola c’era il corrispondente delle tre “D” in un secondo, una risposta momentanea, ma che mi sarei
fatta bastare.
Bevvi in un solo sorso tutto il contenuto del bicchiere e fissai il volto della ragazza accanto a me, che aveva
fatto le stesse cose. I suoi occhi erano così scuri, ma non più profondi, qualcosa vi galleggiava in superfice,
qualcosa che non afferrai, ma entrambe scoppiammo a ridere.
Non era una risata sana, vera, ma non ci importava, era qualcosa fatta di chimica, di sintetizzata, di sbagliata.
Ma in quel momento capii che di sbagli ne avevamo fatte entrambi tanti, uno in meno o uno in più non
importava. Mi prese la mano e iniziammo a ballare insieme, con i volti rivolti verso l’alto, gli occhi chiusi,
l’ombra di quel sorriso sbilenco sui nostri visi.
Chi se ne fregava che non sapevo che stavo facendo, che non ricordavo dove fossi, che ero scappata e ora
probabilmente non sarei tornata in tempo per fingere di non averlo fatto.
Chi se ne frega se poi Marco si sarebbe arrabbiato.
Non me ne fregava niente.
Ero libera, rinchiusa in quell’aura di leggerezza sintetica in cui si era avvolta la mia mente.
 
 
 
 








 
POV. ZAYN
 
Era mercoledì sera e io mi stavo annoiando, come sempre.
Louis e Niall si erano impossessati della mia camera per giocare con qualche video gioco di quelli del
biondino, tipo preparare torte e altre robe da mangiare…Ultimamente si erano proprio fissati.
Liam era uscito a fare commissioni, anche se l’ora tarda mi diceva ben poco…
E ovviamente Harry era troppo intento a fare il misterioso e associale per stare con me. Non sapevo che gli
prendeva, ma da una settimana, da quando aveva riaccompagnato a casa Jess, non parlava più molto e ci
evitava. E quando dico “evitava” intendevo proprio che non riuscivo neppure a intercettarlo in bagno che lui
se la dava a gambe. Manco avessi qualche malattia virale.
Perciò io mi ero dovuto spaparanzare sul divano a sperare di trovare qualcosa di interessante, visto che avevo
letto tutto ciò che avrei potuto trovare di interessante nel dizionario di inglese-italiano.
Ma la serata procedeva a rilento e già pensavo che sarebbe stata una noiooosa serata come tutte le altre quando
qualcuno iniziò a imprecare furiosamente,  scendendo le scale.
Mi alzai tutto allegro per la novità e mi fermai ad osservare un incazzoso Harry che si arrotolava una sciarpa
intorno al collo e si ficcava un cappellino di lana in testa, pronto a uscire di casa così.
Senza giubbotto e con le pantofole con la faccia di topolino.
Avrei dovuto dirglielo?
-Dove vai?- mi anticipò uno sbigottito Liam, che stava rientrando e aveva appena rischiato di cadere a terra
per via dello scontro con il ricciolino.
-Kiss.- lo sentii mormorare appena, stringendo i denti.
-La principessina di casa è uscita senza il bodyguard?- sbuffai annoiato. Di nuovo.
Harry si voltò con gli occhi che brillavano di un fuoco verde bruciante, se avesse potuto mi avrebbe
incenerito, ne ero certo. Ma cosa pretendeva? Quella ragazza avrebbe comunque fatto di testa sua anche con
tutta la polizia italiana alle calcagne. Perciò dovevamo prenderla con filosofia, no?
Dalla faccia di Harry era evidente che non la pensasse esattamente come la pensavo io…
-HAI VISTO CHE USCIVA E NON L’HAI FERMATA?????
-Ha 17 anni, ha tutto il diritto di uscire se vuole.
-ZAYN! CAZZO!
-Harry, alla sua età facevi esattamente come fa ora lei, e lo fai anche ora, no?
-MA IO AVEVO VOI, LEI NON HA NESSUNO!- e dopo averlo urlato cercò di prendere fiato, mentre Liam
gli porgeva la giacca con uno sguardo solidare.
-Vieni, andiamo a cercarla.
Sbuffai, infilandomi il chiodo e alzando il colletto:-Dai, so io dove andava.
Uscimmo in fretta, mentre Liam prendeva la macchina e Harry finiva di infilarsi le scarpe.
Quei due l’avevano presa davvero a cuore e non era solo perché era una loro responsabilità, sapevo che c’era
qualcos’altro sotto che non ci avevano detto e mi rodeva il non saperlo. Ovviamente avevano le loro buone
ragioni, ma eravamo una famiglia.

E si sa che in una famiglia i segreti non durano allungo.
 
 
 
 








POV. JESS
 
La testa continuava a girare, mentre i contorni delle cose sfocavano e pulsavano a ritmo con la musica.
Mi sentivo persa, il senso di orientamento era andato a farsi fottere come la ragione e ciò mi portava a uno
stato di estasi e felicità.
Perché sono le persone che non pensano quelle che possono davvero essere felici.
E io ora ero in un mondo di felicità artificiale, insieme alla mia nuova amica.
Quella con il sorriso storto e la pelle scura come il carbone, lucida di sudore.
Urlammo all’unisolo e ci mettemmo a ridere.
-Che sballo! Vero?- gridò, mentre ci sorreggevamo a vicenda.
-Dio, non mi sono mai sentita così…- mormorai, alzando gli occhi verso l’alto e ridendo, chissà mai perché,
senza motivo, era solo l’ebrezza di averlo dimenticato.
Dimenticato cosa?
Non lo ricordavo neppure più. Era tutto così perfettamente sbagliato.
Qualcuno mi afferrò per un braccio e voltandomi notai che era il ragazzo che poco prima (o diverse ore
prima?) stava parlando con Marco. Era molto più alto di me, con le spalle larghe, il viso sfocato come tutti in
quel posto caotico e privo di senso, capelli scuri spettinati e incollati alla fronte per il caldo.
Gridò qualcosa, ma non m’importava di cosa stesse dicendo.
Non mi importava di niente.
Mi strattonò e io mi aggrappai alla sua maglia per non cadere, chiedendomi perché mi volesse portare via da
qual posto così giusto per me.
Ero stufa di oppormi agli eventi, stufa di dover cercare di non far crollare tutto…ma ormai non avevo niente
da sorreggere, niente da perdere, niente da guadagnare.
Ero il niente, e il niente non ha ne ragione ne  il diritto di opporsi.
Lasciai che mi trascinasse via, mentre la ragazza cercava di chiamarmi, ma l’effetto della pillola magica non
poteva niente contro la forza di quel ragazzo che mi chiuse con lui in una stanza buia, lontano da tutti.
Probabilmente era il magazzino dove tenevano le bevande al fresco.
Non capivo cosa ci facessi lì, finchè il tipo non fece cenno di voltarmi.
Marco mi guardava, la sua figura elegante seduta su una cassa sigillata, i suoi occhi roventi di rabbia.
-Cosa cazzo stai facendo?
A quella domanda  non potei evitare di ridere, non sapendo se fosse stupido o altro. Non era evidente? Non era
lampante? Dovevo fare cartelloni o scriverlo sui muri? Non bastava mostrarlo per far capire agli altri il mio
scopo?
Erano tutti cechi.
Tutti.
Qualcuno mi afferrò un braccio e lo storse dietro la mia schiena, trasformando la mia risata in un urlo di
dolore. Gli occhi mi si riempirono di lacrime, mentre le mie ginocchia già cedevoli per tutto quello che avevo
ingurgitato cedevano.
Cercai di trattenere i singhiozzi.
Far vedere il dolore era come toccare il fondo.
E io non avrei voluto farlo.
Un istante e il tizio lasciò la presa e cadde a terra, sputando sangue dal labbro rotto.
Sbattei le palpebre, non capendo cosa fosse successo finchè non sentii la sua voce.
-Brutto coglione, non provare più a toccare la mia donna.- la voce di Marco mi fece accapponare la pelle,
mentre gli tirava un calcio nello stomaco facendolo piegare, seguito da un altro e un altro. L’altro cercò di
strisciare ed allontanarsi, ma Marco era una furia. Un mostro con il viso contratto per la rabbia.
Lo chiamai un paio di volte, mentre il ragazzo perdeva i sensi, per evitare che lo ammazzasse.
Lo vidi fermarsi, riprendendo fiato.
Le sue spalle facevano su e giù a ritmo del suo respiro accelerato.
Grugnì una parolaccia e si passò una mano sulla fronte sporcandosi di sangue.
Aveva le nocche lese per i pugni che aveva dato insieme ai calci.
Rabbrividii, mentre mi si avvicinava, inginocchiandosi di fronte a me.
I suoi occhi erano scuri e duri, quando posò la sua mano sulla mia guancia e mi spinse contro di sé:
-Hai visto cosa mi hai fatto fare, piccola? Divento una bestia se ti succede qualcosa, se qualcun altro
ti tocca…Mi fai impazzire. Capisci?
Annuii lentamente, confusa, non del tutto lucida.
-Sei mia, solo mia e se non stai con me rischi di fare del male agli altri, capisci?
Annuii.
-Allora non farlo più. Non farmi diventare una bestia, ok piccola?
Annuii di nuovo, mentre l’odore di sangue mi riempiva le narici.
Si scostò, portandomi i capelli dietro le orecchie mi baciò con forza, rudemente come se quella bestia non
fosse solo assetata di sangue, ma anche di carne.
Mi spogliò con urgenza, graffiandomi la pelle sul pavimento sporco e toccandomi con quelle mani che mi
facevano tremare. Prese un seno in una mano, stuzzicandomi il capezzolo con i denti e facendomi gemere, un
gemito tra il dolore e la paura. Sentii il suo respiro percorrermi tutto il corpo, mentre con l’altra si portava
dentro di me, spingendo e muovendosi forte.
Non sapevo che cosa stessimo facendo.
Stentavo a pensare che fosse sesso, era più un rito macabro di possessione.
Un passo che mi segnava per sempre, come tutti gli altri che avevo fatto.
Ma almeno quello avrebbe fatto del male solo a me e a nessun altro.
Morse e baciò ogni singola parte del mio corpo, ma non il mio viso, ne le mie labbra.
Aveva ottenuto il mio corpo, la mia mente, ma forse sapeva che la mia anima era stata solo graffiata e
sanguinava, ma non era riuscito ad afferrarla.

Non ancora.







 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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