“ Che cosa
ti spaventa realmente? “
Quando la sveglia di Eiko cominciò a
suonare, la ragazza, molto lentamente, allungò la mano verso il
comodino per
spegnerla e tornare a dormire ancora po’. Dopo tutto quello che era
successo
non era riuscita a dormire decentemente quella notte e sentiva il
disperato
bisogno di riposarsi. Il discorso del giorno prima l’aveva non poco
preoccupata:
il conoscere dell’origine dei suoi poteri ma ancora di più che essi
erano stati
creati per poter difendere il mondo da “qualcosa” andava contro tutto
quello
che credeva e gli veniva ripetuto da quell’uomo, il Padre. Sperava
vivamente
che tutto ciò fosse solo un discorso campato per aria, una sciocchezza,
non
voleva credere a una cosa del genere.
Tra un pensiero e l’altro guardò
l’orario della sveglia, era veramente troppo presto per i suoi gusti.
Si
avvolse nelle calde coperte ancora per un po’ chiudendo gli occhi e
sbadigliando, i lunghi capelli erano arruffati ed esigevano di essere
pettinati.
Rimase rannicchiata su se stessa
abbracciando il cuscino ancora per qualche minuto e quando si vide
costretta a
doversi alzare decise di andare a farsi una doccia. Aveva bisogno di
distogliere quei pensieri, svegliarsi e prepararsi per uscire di casa,
e dell’acqua
calda l’avrebbe sicuramente aiutata.
Quando fu pronta guardò l’orologio
appeso in cucina. Erano le 7:00 del mattino. Non poteva permettersi di
arrivare
in ritardo. Da un cassetto prese una busta sigillata e la
sistemò dentro la sua
borsa.
Uscì di casa velocemente dirigendosi
in un bar vicino casa sua, prese posto e ordinò qualcosa per fare
colazione.
Mettere qualcosa sotto ai denti l’avrebbe aiuta a rilassarsi.
Poco prima che arrivasse quanto aveva
chiesto di fronte a lei si sedette un uomo. Era vestito con un abito
elegante,
un soprabito e in mano teneva una 24 ore.
Osservò Eiko quasi sbeffeggiandola per
alcuni istanti prima di prendere parola.
« Allora… hai preso quello che ti è
stato chiesto? » domandò sottovoce.
« Sì… » disse allungando il pacchetto che
aveva preso prima « Il sangue del predatore come mi è stato chiesto dal
Padre,
c’è altro? »
« No, tranquilla » disse l’uomo sistemando
il tutto nella sua borsa « Non ti ha visto nessuno, vero? »
« Nessuno. Con la scusa di visitare i
laboratori dopo la gradevole chiacchierata sono riuscita a prendere un
campione
di nascosto. Non hai nulla di cui temere, per essere ancora più sicura
ho usato
il mio potere per alterare l’immagine della telecamera » affermò Eiko
sicura di
se. « Non sanno nulla »
« Bene, molto bene. Nessuno nel gruppo
sospetta qualcosa, vero? » domandò lui prima di andarsene.
« Mi hanno tutti accolta a braccia
aperte. Nessuno pensa nulla. » rispose la ragazza mantenendo la sua
freddezza.
« Perfetto… allora tolgo il disturbo
e… a presto » l’uomo la lasciò da sola uscendo dal locale come se nulla
fosse.
“
Selene è l’unica che potrebbe sapere qualcosa ma... è meglio non
rivelare nulla. Non voglio che quell’uomo inizi a crearmi fastidi.
Posso
gestire tutto da sola. “ pensò Eiko tra sé e sé.
Sapeva benissimo che se il Padre si
fosse messo in mezzo non sarebbe riuscita a concentrarsi, ma cosa più
importante non sarebbe riuscita a rilassarsi e permettersi un po’ di
pace.
Aveva un disperato bisogno di vedere qualcosa che andasse oltre quella
città
maledetta. Detestava quel posto e la sua permanenza a New Heaven le
avrebbe
permesso di comprendere com’era il mondo, non quello che veniva dipinto
a Leaster,
cupo, freddo, ma soprattutto falso. In questa nuova città poteva andare
dove
voleva, vedere chi voleva, fare qualsiasi cosa senza essere soggetta a
critiche, lamentele e, cosa più importante, avere lo sguardo costante
di
quell’uomo fisso su di lei. Finalmente poteva assaporare per un po’
cosa
volesse dire vivere, anche se
sarebbe
stato per poco. Non poteva scappare dalla promessa che aveva fatto al
padre,
doveva tornare da sua sorella, si ripeteva, era lì che la stava
aspettando;
l’avrebbe fatta tornare normale e poi… avrebbero vissuto le loro vite,
faceva
tutto questo solo per lei.
Mentre continuava a pensare a tutto
ciò non si rese conto che qualcuno la stava chiamando quasi
insistentemente,
non si era minimamente accorta della presenza che aveva di fianco
finché questi
non le poggiò una mano sulla spalla.
« N-Nathan!! » Disse imbarazzata « Che
ci fai qui?! »
« Quello che fai tu… colazione. Tra un
po’ ho una lezione ma prima avevo voglia di mangiare qualcosa! »
rispose lui «
Dovevo vedermi con un amico ma quello scemo è in ritardo. Posso sedermi
qui con
te? »
« C-Come vuoi… » disse Eiko con un po’
di agitazione. « Tu studi medicina? Su cosa vuoi specializzarti? »
« Ehm… onestamente non lo so ancora.
Mi piacciono un po’ tutti i campi ma ad essere sincero mi piacerebbe
molto
chirurgia oppure neurologia! Ah, ci sono troppe cose che vorrei fare!!
» Nathan
si imbarazzava ogni volta che qualcuno gli poneva quella domanda.
« Hm, non ho dubbi che ci siano tante
cose che ti piacciono. Eri così contento quando hai visto quei
cadaveri, ti ci
sei buttato a capofitto… » commentò lei ripensandoci « Sei veramente
strano tu…
»
« Lo so… purtroppo non posso farci
nulla! Ma alla fine è quello che mi rende interessante! » Disse il
ragazzo con
tono deciso « Non lo credi anche tu? »
« Un pochino. Giusto quando non sei
insopportabile! » sospirò la ragazza.
« Cioè? Quando non lo sono per te? »
domandò Nathan bevendo un cappuccino.
« Quando non ti ho di fronte ai miei
occhi, ovvio » rispose ella con un sorriso.
« Ah, confortante… » disse lui con un
po’ di tristezza « Però… ogni tanto ti ricordi di sorridere! »
« Sì, ogni tanto anche io lo faccio »
sospirò lei guardandolo.
« Dovresti sorridere di più… sei molto
più carina quando lo fai » Nathan le porse un pezzo di ciambella al
cioccolato
che stava mangiando sperando che l’accettasse.
« Grazie… » Eiko prese il dolce con un
leggero rossore e la mangiò senza esitare « Buona… »
Terminata la colazione Nathan si
diresse all’università lasciando Eiko da sola, gli dispiacque molto non
poterle
fare compagnia, ma purtroppo non poteva permettersi di saltare troppi
giorni di
lezione, per alcune aveva l’obbligo di frequenza. Il problema non si
presentava
quando era impegnato con il suo “Lavoro” poiché Hayden mandava un
documento informando
che era stato assente per impegni lavorativi. Aveva pensato veramente a
tutto quando
aveva proposto a Nathan quel lavoro.
Mentre percorreva la strada Nathan si
perse un po’ nei suoi pensieri e arrivò appena dopo il professore, il
quale
cominciò subito la lezione senza perdere tempo. Zack, che era arrivato
prima di
lui, gli fece cenno con la mano di avvicinarsi poiché aveva tenuto il
posto per
lui.
« Ma non eri uscito prima di me? Come
mai alla fine sono arrivato prima io!? » bofonchiò sottovoce.
« Ehm… mi sono fermato a parlare con
un’amica » rispose lui distogliendo lo sguardo.
« Ah, nuove conoscenze, capisco! » Zack
gli mise il braccio attorno al collo e poi cominciò a stringere per
fargli
dispetto « Vedi di non mettermi da parte, intesi? Potrei anche
offendermi,
sai!? »
« Ah, come se fosse possibile
liberarsi di te!! » quando riuscì a liberarsi da quella stretta Nathan
ricambiò
con un pugno sul braccio « Smettila che se il prof ci vede sono dolori!
Lo sai.
Faccio solo… roba noiosa lì. »
« Che genere di roba noiosa? » chiese l’amico,
curioso. « Dai Dai! Sei già uscito due volte dalla città, una delle
quali eri
con il principe in persona!! E dici che fai solo roba noiosa? Non ci
credo! »
“ Non
credo sia il caso di dirgli che ho a che fare con persone
modificate, che hanno poteri speciali, che non sanno bene per quale
scopo siano
così e alcuni di questi uccidono perché impazziscono. Frequento poi una
sottospecie di ninfomane, un principe con la passione per il dark, un
tizio che
usa catene e lance a caso, fa molto sadico, una robot innamorata di me,
una
ragazza che crea illusioni e mi odia e poi… no… meglio di no!! “ pensò il ragazzo scuotendo la testa «
Sono solo... ehm… non so come definirlo! Lascia stare, non capiresti! »
« Ok, ok, va bene! Ma almeno
raccontami un po’ dei tuoi viaggi, no? » insistette lui fissandolo.
« Posso seguire la lezione,
cortesemente? » Nathan gli ringhiò contro, guardandolo.
« No. » rispose l’amico facendogli una
smorfia « Dai! Dimmi qualcosa… »
« Ehm… diciamo che per ora New Heaven
è il posto migliore dove stare e poi… » il ragazzo sospirò e continuò,
chinando
il capo « E… ho incontrato Yvonne »
« Come scusa?! » gridò Zack scioccato
« Yvonne? »
I presenti si voltarono a guardarlo
con gli occhi spalancati. Il professore, che in quel momento stava
spiegando,
si girò verso di lui innervosito e gli intimò che se non aveva
intenzione di
seguire la lezione poteva benissimo andare da tutt’altra parte; quello
non era
sicuramente il luogo più adatto per certi argomenti di discussione.
Chiunque
fosse “Yvonne” non aveva importanza in quel momento.
Nathan nascose il capo con la mano
guardando in tutt’altra direzione, come a voler dire “Io
questo non lo conosco”, detestava essere messo in imbarazzo
in
quel modo, come chiunque del resto.
Zack si scusò immediatamente e rimase
in silenzio per alcuni istanti aspettando che riprendesse la lezione.
« Idiota… » commentò Nathan sottovoce
« Trattieniti in certi momenti! »
« Ma senti da che pulpito viene la predica!
Mi pare che tu sia il primo a non riuscirci! » bisbigliò l’altro a voce
ancor
più bassa di prima « E comunque c’era tempo per dirmelo, eh! »
« Non farla tanto tragica, ti prego! »
sospirò lui cercando di seguire la spiegazione.
« E allora? Com’era?! Che vi siete
detti? Dimmelo!! » chiese Zack provando a seguire anche lui la lezione.
« Beh… è stato tutto normale… » rispose
Nathan con un po’ di imbarazzo.
« Che vuol dire normale?! Insomma
riesci ad essere chiaro per una volta? » disse l’amico infastidito.
« Siamo stati in giro per il paese, mi
ha detto che vuole stare con me e che… » Il ragazzo si bloccò sempre
più rosso
mentre la mano cominciò a tremare « Si, insomma… era… come se non ci
vedessimo
da un giorno! »
« Insomma… vi siete divertiti alla
grande e recuperato il tempo perso! Bravo così si…» Zack si interruppe
prima di
terminare la frase guardando lo sguardo furioso del compagno.
« Giuro che ti ammazzo se continui! » disse
Nathan con agitazione ed imbarazzo allo stesso tempo.
« Mi auguro tu sia riuscito ad usare
bene la lingua con lei… almeno » sghignazzò l’altro « Non sei bravo a
parlare »
« Quanto ti odio! » disse lui rigirandogli
un pugno.
« Avete finito voi due o no!? » gridò
il professore furioso « Vi do un’ultima possibilità altrimenti… fuori
da qui e
possiamo rivederci al vostro esame! »
« Ci scusi… » dissero i due ragazzi
all’unisono con il capo chinato verso il basso.
Nathan passò il resto della giornata
in compagnia di Zack. Avevano deciso di prendere qualcosa insieme per
cena e
quando fu il momento di tornare pensò di fare una deviazione presso il
centro
di ricerca. Aileen gli aveva detto che se lo desiderava aveva pieno
accesso
alla struttura, se voleva esercitarsi con il suo potere oppure
controllare le
ricerche era ben libero di farlo a patto che registrasse ogni suo
operato.
Deciso di provare qualcosa di nuovo e
raggiunse la sala con cui normalmente si allenava con Kaleb. Quel
posto, di
notte, metteva i brividi. Uno spazio così grande e lui da solo.
Cominciò a
modificare le braccia, doveva migliorare il suo corpo a corpo ma da
solo non
era il massimo…
« Nathan? Che cosa ci fai qui? »
Era Peach. Lo aveva visto entrare
nello stabilimento e, come al solito, lo aveva seguito di nascosto.
L’androide lo guardò con fare curioso
e dopo essere rimasta per alcuni istanti a fissarlo si sistemò di
fronte a lui
con una distanza di qualche metro.
« Vuoi allenarti?! Posso darti una
mano! » gli domandò con un sorriso.
« Ehm… certo… » Nathan fu per qualche
sitante titubante nella risposta. « Sei… un robot da combattimento? Hai
missili?
Pistole o… » Disse indietreggiando e sorridendo, ma si interruppe nel
vedere
quello che stava succedendo di fianco a Peach.
In un primo momento il ragazzo pensava
solo di essere solo affaticato, magari la stanchezza e l’agitazione gli
stavano
tirando un brutto scherzo. Non era possibile descriverlo poiché era una
specie
di distorsione, accanto a lei ogni cosa appariva sfocata, come se ci
fosse
qualcosa di invisibile, stava per dirle di allontanarsi ma ella
avvicinò
tranquillamente la mano ed essa scomparve nel nulla, muoveva il braccio
come se
stesse cercando qualcosa dentro un cassetto e guardando il ragazzo
sorrideva
chiedendogli di aspettare ancora un istante. Definire Nathan sorpreso
era una
riduzione, non si sarebbe mai potuto immaginare una cosa del genere.
Quando
finalmente fu pronta da quella distorsione fece uscire una gigantesca
ascia
bipenne, era il doppio più grande di lei, eppure la teneva tra le mani
come
fosse di carta.
« Ma che diavolo hai!? » domandò il
ragazzo sorpreso. “ Ma perché ne spunta
fuori sempre una nuova? “
« Pensavo che Aileen te lo avesse
detto. Sono il prototipo di un Sympanth androide, posso generare delle
distorsioni che creano dei piccoli buchi, fessure o passaggi da un
posto
all’altro quindi posso prendere qualsiasi cosa quando voglio e dove
voglio,
come la mia arma! » rispose Peach allegramente. Lo spiegò con la stessa
innocenza e tranquillità che aveva una bambina.
« Ora che ci penso… contro Kaleb non
avevi usato delle onde d’urto? Perché quella… roba? » chiese Nathan
avvicinandosi
a lei per osservarla meglio.
« Ah, sì… posso generare delle onde o sfere,
e sono equipaggiata con delle armi… quando uso troppo queste abilità
rischio di
andare in sovraccarico e quindi hanno aggiunto al progetto quest’arma
per poter
lottare e gestire meglio queste abilità… » spiegò ella.
« Ah… » Dalla bocca del giovane non
usciva una sola parola in più « Ma… chi ti ha costruito… »
« Beh… » Peach fissò Nathan con un po’
di tremore, spaventata « I-Io non lo so! Mi dispiace! »
« Non scusarti… non è mica colpa tua!
» Disse accarezzandole la testa “ Strano
che un robot non ricordi nulla, pensavo avessero una memoria dati o
roba
simile? Beh, credo sia inutile pensarci del resto non sono un ingegnere
che si
occupa di questa roba… chi l’ha costruita però… doveva essere un genio “
« Cominciamo invece, che volevi
allenarti? » Domandò l’androide allontanandosi e mettendosi in
posizione.
« Certo… iniziamo puuuAAAAHHH!… »
gridò il ragazzo.
Non ebbe il tempo di dire nulla,
perché per Peach quello fu la conferma che era il momento di agire.
Si scagliò su di lui brandendo
quell’ascia gigantesca come con l’intento di tagliarlo in due, e Nathan
riuscì
ad evitare quel colpo quasi all’ultimo istante; non si aspettava
un’azione così
tempestiva da parte sua, ma non ebbe il tempo di riprendersi che subito
lei ricominciò
ad attaccarlo con una serie di fendenti in più direzioni. Il ragazzo
non aveva
alcun modo di reagire, era troppo rapida nei movimenti, troppo precisa
per lui,
era quasi peggio di un allenamento con Kaleb, neanche lui era così
violento
quando lottavano, non si sarebbe mai aspettato qualcosa di simile da
Peach. Il
suo sguardo era concentrato, serio. In quel momento stava pensando solo
al suo
scontro con Nathan. Il giovane aveva trovato una più che valida
alternativa a
Kaleb quando lui non era presente.
Il ragazzo continuava ad evitare i
suoi fendenti, ma non poteva permettersi di andare avanti così, doveva
riuscire
a trovare un momento buono, oltretutto non faceva altro che
indietreggiare, da
un momento all’altro si sarebbe trovato con le spalle al muro. Attese
altri due
fendenti e quando la lama dell’ascia fu verso il basso dopo aver tirato
l’ennesimo fendente, Nathan decise di contrattaccare cercando di
colpirla al
fianco, ma Peach, con estrema calma, riuscì a bloccarlo con il manico e
lo
spinse all’indietro facendolo cadere a terra per poi fingere di
colpirlo dritto
al cuore quando, in realtà, si fermò a mezz’aria, pochissimi centimetri
prima
di ferirlo veramente.
« Com’è andata? » Chiese quasi
arrossendo sperando aver fatto un buon lavoro.
« Ah… b-bene » rispose Nathan con il
cuore in gola nel vedere che la lama non era dentro di lui.
« Posso permettermi di dire una cosa?
» chiese Peach aiutandolo a rialzarsi.
« Dimmi pure » rispose lui prendendole
la mano.
« Hai troppa paura quando combatti,
perché? »
« Hm, onestamente è complicato. » Era
difficile per lui spiegarlo « Non pensavo avrei dovuto fare qualcosa di
simile
nella mia vita, esistono altre realtà, guerre che non sappiamo neanche
se siano
reali, altre persone come me… effettivamente ho una gran paura
onestamente, ma…
non posso permettermi di farmi bloccare da essa… »
« Beh, io sono qui… » lei gli prese la
mano e la strinse « E ti aiuterò a superarla! »
« Hm… non ho dubbi! » rispose lui con
un sorriso.
“ Del
resto… sono qui per te… e nessun altro “ pensò Peach.
Il mattino seguente al palazzo reale
Hayden e suo padre stavano facendo colazione insieme come d’abitudine.
Il
ragazzo aveva lo sguardo molto più pensieroso del solito e l’uomo,
preoccupato
per lui, gli domandò che cosa avesse. Era abituato a vederlo con i suoi
pensieri di prima mattina, ma normalmente non gli impediva di fare una
conversazione su quello che li aspettava.
« Hm, quindi sei preoccupato per i
tuoi amici? » chiese mangiando una fetta di pane con della marmellata.
« Un pochino. Sarebbe il caso di farli
rilassare un po’, ma non so come ad essere sincero… non sono bravo in
queste
cose, lo sai » sospirò il ragazzo bevendo la sua tazza di caffè.
« Beh, che ne dici di fare un bel
ballo? » domandò il Re entusiasta « Del resto è da un po’ che non ne
organizziamo uno! Invitiamo un paio di nobili e divertiamoci tutti
insieme! »
« Ehm… non so se… » Hayden non ebbe il
tempo di esprimere la sua opinione che il padre lo interruppe.
« Perfetto, un ballo. Sapevo che
avresti approvato. Corro subito a preparare il tutto » il re si alzò
dal suo
posto e senza dire una parola uscì subito.
« Padre… grazie di ascoltarmi, come al
solito » sospirò Hayden continuando a mangiare da solo.
« Beh, immagino che avrò di che
divertirmi. Vedrò bene di starne lontano » Selene arrivò alle sue
spalle e si
sedette sul tavolo guardando il fratello. « Dubito che la mia presenza
sia
gradita »
« Sei una principessa Selene… dovresti
essere più regale. » obbiettò lui.
« Dubito che tuo padre la veda così...
» affermò lei guardando in tutt’altra direzione
« Nostro padre Selene » precisò il ragazzo.
« Sì… nostro… » La ragazza chinò il
viso « Se lo dici tu… » Prese una fetta di pane e cominciò a mangiarla.
«
Scusami ma lo sai che queste cose non fanno per me. Fate una bella
festa. Io la
passerò a modo mio » Disse accarezzandogli il viso « La tua sorellina
sa come
divertirsi »
« Selene! » disse Hayden senza
voltarsi « Qualunque cosa ti si dica, tu sei mia sorella ed io sono tuo
fratello e come tale… per me sei importante. Se non vuoi venire non ti
forzerò,
ma mi farebbe piacere vederti »
« Ci penserò… ma non ti prometto nulla
» rispose ella uscendo quindi dalla sala lasciandolo da solo.