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Autore: Luce_Della_Sera    17/12/2014    2 recensioni
Viviana è una adolescente, e come tale vive tutti i problemi della sua età; per questo vorrebbe tanto essere al posto di sua sorella minore, che è ancora nello spensierato periodo dell’infanzia.
Veronica è una bambina, ma non le piace esserlo: vorrebbe essere grande e avere più libertà, proprio come sua sorella maggiore.
Entrambe, quindi, pensano che l’altra sia più fortunata … così, la notte di Natale esprimono questo desiderio: “Quanto vorrei essere lei!”.
E da quel momento, tutto cambia.
Genere: Fantasy, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: la Vigilia

Contrariamente a quanto Viviana aveva sperato, il ventiquattro dicembre arrivò in fretta, e con esso arrivò anche il momento di recarsi dai suoi nonni con tutta la sua famiglia.
Il suo umore era decisamente migliorato, perché il giorno prima i genitori le avevano concesso di uscire: così, non solo aveva potuto rivedere Andrea, che sembrava essere guarito del tutto dal raffreddore, ma era riuscita anche a fumare, dopo tanto tempo.
Il suo fidanzato le era sembrato del tutto normale, e ormai si era quasi del tutto convinta di essersi immaginata ogni cosa riguardo al suo comportamento: forse gli ormoni dell’adolescenza facevano anche fraintendere le cose, oltre a tutti gli scombussolamenti che creavano normalmente?
In ogni caso, però, non poteva fare a meno di essere ancora un po’ arrabbiata con i suoi: era ancora convinta che avessero esagerato con la punizione, e volle farglielo notare.
“Allora, avete visto che sono tornata sana e salva, ieri, e non ho combinato chissà cosa?” domandò infatti con fare polemico quel pomeriggio mentre la macchina avanzava a ritmo sostenuto sull’asfalto.
Non ottenne risposta, però, e quindi, irritata per essere stata ignorata, si sentì autorizzata a proseguire.
“Andrea è stato molto dolce, poi. Si vede proprio tanto che gli sono mancata! Poverino, dev’essere stato terribile per lui non potermi vedere …”
Si aspettava che suo padre e sua madre iniziassero a sbraitare, ma loro non fiatarono; inaspettatamente, a parlare fu Veronica, seduta accanto a lei.
“Perché, state ancora insieme?”
“Sì, certo!”.
“Ah. Pensavo che vi foste lasciati!”.
Viviana avvertì la delusione nel tono di voce della sorellina, e si infastidì: perché mai doveva essere sempre così scontenta, quando nominava l’amore della sua vita? Non poteva essere semplicemente contenta per lei? Ma poi rifletté meglio, e si disse che in fondo non poteva pretendere comprensione da Veronica: probabilmente era troppo piccola per farlo, ed era gelosa.
“Devo cercare di capirla” pensò. “Soprattutto oggi!”.
Una volta preso questo impegno, si affrettò a spiegare:
“No, non ci siamo lasciati. Semplicemente, non ci siamo potuti vedere perché qualcuno mi aveva messa in punizione!” Appena finì di parlare, lanciò un’occhiataccia in direzione dei genitori, ma loro fecero solo piccoli movimenti e non parlarono: evidentemente, avevano deciso di non dargliela vinta e di non litigare con lei proprio il giorno della Vigilia. Pertanto, non le rimase che continuare  a parlare con la sorella, sperando di riuscire a far esplodere almeno uno dei due e avere così la sua piccola soddisfazione.
“Comunque, si può sapere come mai non ti piace? Stiamo insieme da aprile! Dovresti esserti abituata all’idea, no?”.
Voleva metterla a suo agio, cercando al contempo di farle capire che non doveva essere ostile al suo ragazzo perché non ce n’era motivo; ma la bimba non colse l’antifona, e rispose leggermente stizzita:
“Sarà. Ma non mi piace!”.
“Va bene, su questo ci posso anche stare, nonostante mi dispiaccia molto. Ma perché non ti piace?”.
“Non lo so. Non mi piace e basta!”.
Viviana aprì la bocca per replicare, ma la richiuse subito: era inutile discutere, non sarebbe riuscita a cavare un ragno dal buco. Chissà, magari a otto anni non si era ancora abbastanza maturi per capire fino in fondo i propri sentimenti! Eppure, sua sorella avrebbe dovuto essere in grado di comprendere le difficoltà che le creava detestando la persona che amava: dopotutto,  era molto più intelligente della maggior parte dei bimbi della sua età, e lo si capiva anche dal linguaggio che usava, che non era affatto comune tra i suoi coetanei. Da dove le derivava quindi tutta quella ostinazione?
Rimase a riflettere sull’argomento ancora un po’, mentre sentiva distrattamente Veronica parlare a ruota libera con i genitori circa il Natale e il regalo che avrebbe ricevuto, un piccolo stereo con cuffie annesse con sopra la foto di una cantante che andava di moda tra i bambini, conosciuta ai più come Violetta.
Dopo pochi minuti, però, anche la più piccola dovette interrompersi, vedendo all’orizzonte la casa dei nonni.
“Finalmente siamo arrivati!” pensò, eccitata e felice. “Adoro il Natale, non vedo l’ora che arrivi stanotte!”.
Non lo immaginava minimamente, ma i suoi familiari non erano altrettanto entusiasti della festa: i genitori pensavano al lavoro che c’era da fare per il cenone, mentre sua sorella pregava che la tortura finisse presto, e che i parenti non le dessero troppa noia.
 
Quando entrarono, le due sorelle scoprirono che i loro zii e i loro cugini erano già arrivati; Veronica, tutta contenta, andò ad unirsi agli altri bambini, quasi tutti della sua età, (Ginevra di nove anni, Mario di sette e Giulio di sei), mentre Viviana rimase con gli adulti, pronta a subire le solite banalissime domande di rito sulla scuola e sulla sua vita in generale.
Non aveva pensato però che anche un altro aspetto della sua persona poteva essere bonariamente messo sotto osservazione …
“Allora, Viviana” le fece infatti sua zia, una donna magra e slanciata con la carnagione scura, “Sbaglio, o ti sei tinta i capelli?”
“Sì! Ti piacciono?”.
“La nostra Viviana negli ultimi mesi si è fissata con il nero”, si mise in mezzo sua madre.
“E allora? Che problema c’è? E’ un bel colore!” tentò di difendersi la ragazza, stizzita.
“Sì, ma anche il tuo castano chiaro lo era!”
“Senti, i capelli sono miei, e quindi …”
“Viviana, Raffaella, per favore … non discutete, è Natale!” si fece sentire la padrona di casa, guardando alternativamente la figlia e la nipote, che dal canto loro continuavano a fissarsi con un’identica espressione ostinata dipinta sul viso.
“Perché non giochiamo a tombola? Su, dai, sarà divertente!”.
“Come no!” pensò Viviana, alzando gli occhi al cielo. Ma per non dare un dispiacere alla nonna, alla quale voleva molto bene, tacque e andò ad aiutarla a preparare la tavola per giocare.
 
 
Dopo ben quattro giri, fatti apposta per dare la possibilità a ciascuno dei bambini di usare il tabellone, il tavolo venne di nuovo liberato e le donne si ritirarono in cucina; gli uomini, invece, con la scusa di prendere una boccata d’aria, uscirono. Per Viviana era abbastanza chiaro che suo padre e suo zio erano semplicemente andati ciascuno a casa propria, per sistemare meglio i regali sotto l’albero e fingere così che fosse passato Babbo Natale, e suo nonno era chiaramente andato con uno dei due … ma ovviamente non l’avrebbe mai detto alla sorella e ai cugini! Erano ancora piccoli e pertanto era giusto che si godessero la magia della serata; per essere proprio sicura che non collegassero la strana assenza degli uomini di famiglia al vecchietto vestito di rosso, però, decise di chiamarli e farli venire vicino a lei, per distrarli ulteriormente.
“Vi va di cantare una canzoncina natalizia, ragazzi? Così magari chissà, Babbo Natale la sentirà e ne sarà contento!”.
“Sì, dai!” approvarono Veronica e Ginevra in coro, mentre i due maschietti annuivano convinti.
“Bene. Cosa volete cantare per prima?”
Fu Giulio a parlare per primo. “Io vorrei cantare quella sulla renna dal naso rosso!”.
“Sì, anche io!” gli fece eco il fratello.
“Anche io! Anche io!” concordarono le due bimbe.
“Bella scelta!”, pensò l’adolescente. “Loro probabilmente non se ne accorgono, ma è una canzone molto istruttiva!”.
Accorgendosi poi che tutti i bambini la stavano osservando, però, si decise.
“Ok … allora cominciamo!”.
Dopo qualche minuto, cinque voci, di cui quattro bianche, intonavano una melodia che narrava la storia della renna Rudolph, una renna che era diversa da tutte le altre ma proprio per questo era la più speciale.
 
 
Dopo quella, vi furono altre canzoni, più natalizie e religiose; alla fine, appena gli uomini tornarono, ci si sedette a tavola per il cenone. La serata fu piacevole per quasi tutti, tranne che per Viviana, che non essendo né bambina né adulta si trovò a dover affrontare ovunque discorsi che non la interessavano particolarmente. C’erano stati momenti in cui si era divertita, e stare con i suoi nonni e i suoi zii le piaceva, ma era troppo grande per il Natale, e per i discorsi seri tutti gli adulti la consideravano troppo piccola! Si sentiva fuori posto.
Anche quando tornarono a casa, la sensazione non la abbandonò: a differenza della sorella,che voleva aprire i regali subito, accettò di buon grado l’invito di sua madre ad andare a dormire … una volta a letto, però, non si addormentò subito.
“Oggi la giornata non è andata malissimo come pensavo”, si disse. “Ma è anche vero che ormai è da anni che non mi godo più la festa fino in fondo. Da bambini è sempre tutto più bello … l’esistenza è meno complicata, si hanno meno problemi, meno preoccupazioni. Si fanno semplicissimi compiti per casa, si guardano i cartoni e si vede tutto roseo! Com’è fortunata Veronica; lei sì che è felice e può godersi la vita! Non deve preoccuparsi di affari di cuore, di occasionali incomprensioni con le amiche, di genitori sempre scontenti, di professori lunatici … ah, come vorrei svegliarmi domani e scoprire di essere tornata piccola!”.
Scosse la testa per l’assurdità del pensiero, si girò dalla parte opposta a quella in cui si era coricata e finalmente, dopo qualche istante, si addormentò.
 
 
Mentre Viviana pensava a quanto fosse complicato essere una adolescente, dall’altra parte del corridoio che collegava quasi tutte le stanze della casa, nella sua camera, c’era anche qualcun altro che era sveglio e rifletteva: Veronica era molto eccitata per l’indomani, ma aveva anche un altro motivo che non la faceva dormire.
“Viviana ieri sera non ha fatto che parlare con gli zii e i nonni del suo nuovo cellulare e della scuola come se niente fosse … beata lei che possiede un mezzo tutto suo per comunicare con gli amici, e che va così bene a scuola! Invece, a me dicono che sono troppo piccola per avere un telefonino, anche se la maggior parte delle mie amiche lo ha già … e a scuola ci sono materie che mi restano facilissime e altre no! A lei invece rimane facile tutto. E poi, in generale ha più libertà di me, mentre io non posso fare quasi niente; dev’essere stupendo essere grandi!
Come vorrei svegliarmi domani e scoprire di essere cresciuta!”.
Appena ebbe pensato questo, esausta, scivolò nel sonno.

  
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