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Autore: Flami151    17/12/2014    1 recensioni
E se Draco Malfoy non avesse mai ricevuto il Marchio Nero? Cosa farebbe della sua vita una volta tornato a Hogwarts? Se "il ragazzo che non ha avuto scelta" potesse scegliere il suo futuro, cosa accadrebbe?
Senza Draco a scontare per le mancanze di Lucius Malfoy, sarà Narcissa a prendersi la responsabilità degli errori del marito, ingaggiando col Signore Oscuro un gioco sadico e senza scrupoli, che la porterà a conoscere i meandri più bui della mente umana e a rivelare la sua umanità, celata dietro le convenzioni sociali e un passato misterioso.
Come tutto ciò influenzerà una giovane e confusa Hermione, ormai rassegnata all'idea che il suo destino sia già scritto? E come ridisegnerà i ruoli dei personaggi durante la battaglia finale?
Una storia che svela i desideri inconsci dei nostri amati eroi, portandoli a galla.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Narcissa Malfoy, Ron Weasley, Severus Piton | Coppie: Draco/Hermione, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
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    Il leone mancato

 

Narcissa Malfoy si osservava allo specchio tristemente. Aveva raccolto lateralmente i capelli biondi servendosi di un nastro color smeraldo. Si chiedeva se qualcuno si sarebbe accorto che sotto quella massa di boccoli non vi era più l’orecchio destro. Ma che le importava? Suo figlio era salvo, per il momento, e la sua vita non sarebbe cambiata solo per un orecchio mancante. Chissà se un giorno avrebbe imparato a guardarsi senza rabbrividire.

 

Si poggiò delicatamente sul letto, non il suo ovviamente, quello era stato usurpato da Vol… non aveva neanche il coraggio di pensarlo quel nome. La sola idea che quell’essere mostruoso si fosse impossessato della sua dimora le faceva venire il voltastomaco. Doveva controllarsi però. Nessuno doveva sapere che i suoi sentimenti verso il Signore Oscuro erano cambiati negli ultimi anni, che lei e Lucius non condividevano più le idee di grandezza degli altri Mangiamorte, che erano solo dei granelli di sabbia mossi dalla corrente, senza possibilità di opporsi. Se solo in gioventù fossero stati più coscienziosi! Adesso il loro destino e quello del loro unico figlio non sarebbe stato in mano al mago più malvagio e potente che il mondo abbia mai ospitato!

 

Narcissa si prese la testa fra le mani. Non doveva piangere, non doveva mostrare segni di debolezza. Si sentiva completamente sola, con Lucius in prigione e Draco che la disprezzava. Ma come poteva spiegargli il suo gesto senza esporlo a un pericolo fatale? Se il Lord avesse letto nella sua mente i pensieri anarchici dei suoi genitori cosa gli avrebbe fatto? Non poteva neanche immaginarlo senza che il panico la assalisse.

 

No, doveva mantenere il segreto. Doveva lasciare che Draco continuasse a credere negli ideali che gli avevano impartito fin da piccolo. Ora, alla luce di ciò che stava accadendo, si sentiva stupida e terribilmente in colpa per aver deturpato la mente del suo bambino con i quegli insegnamenti razzisti. Come aveva potuto credere che ci fosse un sangue più sporco di quello che scorre nelle vene dell’Oscuro, contaminato dall’odio e dalla malvagità? Mai in vita sua avrebbe pensato che il risentimento e il disprezzo dei Purosangue verso i Sanguesporco si sarebbero trasformati in un genocidio. Mai avrebbe desiderato l’omicidio, lo stupro e la carneficina di tutte quegli uomini, donne e bambini.

 

Sentì bussare alla porta dunque si ricompose in fretta e andò ad aprire. La figura di Severus Piton si stagliò di fronte a lei e le rivolse un velato sorriso. Lei si spostò invitandolo a entrare. Una volta chiusa la porta ebbe l’accortezza di silenziare la stanza con un incantesimo.

 

‹‹ Volevi vedermi Narcissa? ››

 

‹‹ Si Severus. Innanzi tutto vorrei ringraziarti di essere qui: mi rendo conto dei pericoli che stai correndo parlando privatamente con me. ››

 

Severus Piton la guardò con apprensione, raramente si poteva intravedere un barlume di dolcezza nei suoi occhi e quella era una di quelle occasioni.

‹‹ È il minimo che io possa fare per te, conosci il profondo affetto che mi lega alla tua famiglia. ››

 

Narcissa sorrise, ma gli occhi non seguirono le sue labbra.

‹‹ Ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Potresti tenere sotto controllo Draco? Non vorrei che per dimostrare quel che vale si cacciasse in qualche guaio, o peggio… ››

 

‹‹ Certo, lo avrei fatto anche senza che tu me lo chiedessi. Temo che si possa sentire disorientato ora che il Marchio gli è stato negato. Ho solo una domanda: Draco è a conoscenza dell’incarico che gli sarebbe spettato se fosse diventato un Mangiamorte? ››

 

La signora Malfoy scosse leggermente il capo.

‹‹ No, ed è di fondamentale importanza che non lo venga a sapere. È per il suo bene: non voglio che compia gesti azzardati o che possa provare risentimento nei tuoi confronti ora che sei tu a dover eseguire questo compito. ››

 

‹‹ C’è altro che io possa fare per te Narcissa…? ›› Ora Severus sembrava a disagio. ‹‹ Dico per il tuo… ››

 

E così Severus era stato informato…

‹‹ No, grazie, temo che contro i sortilegi del più grande mago oscuro neanche la pozione preparata dal miglior pozionista esistente possa fare qualcosa. ››

 

Severus la guardò ancora per qualche istante, poi riassunse il suo sguardo indifferente e si alzò. Aspettò che Narcissa cancellasse il suo incantesimo, poi uscì.

 

E così era di nuovo sola ma il suo cuore era più leggero ora che sapeva che qualcuno ad Hogwarts vegliava sul suo Draco. Severus era un uomo buono, in fondo. Anche se ancora non riusciva a capire verso chi rivolgesse la sua lealtà.

 

 

***

 

 

Non è facile fare spese a Diagon Alley in questo periodo dell’anno: il caldo estivo e la fitta massa di gente rendono l’aria irrespirabile. Nemmeno la brezza inglese riesce a dar sollievo al mio viso madido di sudore e questo mi mette a disagio; non amo che la gente mi veda così trasandata e maleodorante. Chiunque mi conosca anche solo un po’, sa bene che non sono una ragazza appariscente: non mi trucco, non cerco di rendere la divisa uno strumento di provocazione accorciandomi la gonna o sbottonandomi la camicetta e do sempre la priorità al decoro e alla semplicità. C’è chi dice che non ho il senso del gusto, chi mi chiama “suora”, chi addirittura scherza sostenendo che io sia un uomo. La verità è che semplicemente mi sento più a mio agio così.

 

Tento di legarmi i capelli crespi alla ben e meglio servendomi di un nastrino scarlatto prestatomi da Ginny, ma invano, mi arrendo quindi al caldo e proseguo la mia strada cercando di tenere la testa bassa così che i rivoli di sudore non siano troppo evidenti.

 

La prima tappa della mattinata è Tiri vispi Weasley, il negozio di scherzi appena aperto da Fred e George. Mentre camminiamo guardo Ron di sottecchi, mi capita più spesso di quanto si addica a una coppia di buoni amici ma immagino sia normale cercare un punto di riferimento nei momenti difficili, o per lo meno così lessi in un libro…

Dopo la battaglia avvenuta nel cuore del Ministero della Magia e la morte di Sirius ho fatto le valigie e mi sono trasferita dai Weasley per il resto dell’estate, abbiamo ritenuto che fosse un posto più sicuro per me. A volte mi sentivo in imbarazzo a essere l’unica estranea alla famiglia e ad essere l’oggetto di tutta quella premura, ma Molly sa come mettere a proprio agio gli ospiti.

 

Nessuno ne è a conoscenza, ma quasi ogni notte avevo gli incubi. Sognavo gli inespressivi volti dei Mangiamorte, sognavo i denti aguzzi del lupo mannaro Grayback, noto divoratore di fanciulli, sognavo il sorriso di Sirius che spariva dietro il misterioso velo nel cuore dell’Ufficio Misteri e infine sognavo i miei genitori, torturati e poi uccisi a causa mia.

Quelle notti mi svegliavo urlando ma nessuno ci faceva caso tanta era l’abitudine ai gemiti e ai lamenti del fantasma di famiglia, che soggiorna in soffitta da tempo immemore.

Quando ciò accadeva, scendevo in cucina e mi preparavo una tisana calda, ne avevo bisogno per distendere in nervi. Solitamente trovavo Ron, anche lui tormentato dai miei stessi fantasmi, e insieme ci tenevamo compagnia fino all’alba, quando il sole iniziava a mostrarsi al di là delle colline.

Ci raccontavamo per ore storie babbane e non, aneddoti sulla nostra vita e sulla nostra infanzia. Lui mi confidò quanto sia difficile essere il più giovane tra i fratelli Weasley e indossare solo roba di quinta mano, che di anno in anno si fa sempre più stretta visto che col passare del tempo sta diventando il più alto in famiglia. Io gli dicevo che mi mancava la mia, di famiglia e che temevo per la loro incolumità. Allora lui mi sussurrava parole di conforto e mi stringeva a sé, tenendomi al caldo e al sicuro.

 

Col passare dei giorni quegli incontri notturni erano diventati la routine e non era più nemmeno necessario dilungarsi in convenevoli, ci accomodavamo sul divano ed io lasciavo che lui mi poggiasse il braccio intorno alle spalle. Certe volte neanche parlavamo, combattevamo i demoni in silenzio, insieme.

 

A volte, mi soffermo a interrogarmi sulla natura del nostro rapporto, chiedendomi se si tratti veramente di una semplice amicizia.

 

‹‹ …Che fai entri o no? ››

 

La voce di Harry interrompe i miei pensieri facendomi sobbalzare leggermente. Senza che me ne accorgessi i miei piedi mi avevano portata davanti al negozio dei gemelli. E’ un palazzo grande e cangiante, completamente in contrasto con le altre vetrine di Diagon Alley. Sull’insegna è stampata una frase oltraggiosa che fa rabbrividire la signora Weasley:

 

Perché hai paura di Tu-Sai-Chi?

MEGLIO avere paura di

NO-PUPU’-NO-PIPI’

La Sensazione di Occlusione che Stringe la Nazione!

 

Nonostante condivida appieno la disapprovazione di Molly, non riesco a non trattenere una leggera risatina.

 

Seguo i miei amici all’interno del negozio e inizio a frugare un po’ in mezzo a tutte le chincaglierie. Mi sorprende che quei piccoli esperimenti coltivati in gran segreto si siano evoluti in questo meraviglioso business; riesco a riconoscere molti degli oggetti che sequestrai l’anno scorso in qualità di prefetto come le pasticche vomitose e le crostatine canarine.

 

Non mi ero resa conto di come le persone là fuori fossero cupe e amareggiate prima di entrare qui dentro: solo ora che sono circondata da visi sorridenti e da risate mi sono ricordata che aspetto avesse il buonumore. 

 

Sbircio incuriosita lo scaffale delle pozioni d’amore e mi chiedo se mai ne avrò bisogno. Ginny sembra avermi letto nel pensiero.

 

‹‹ Io ne starei alla larga fossi in te, i filtri d’amore possono trarre in inganno le ragazze sciocche, ma tu dovresti sapere che non generano davvero l’amore come si è soliti credere… ››

 

Lo so bene, ma non mi va di fare la solita saputella, così invece di interromperla lascio che continui a parlare. Io inizialmente la seguo annotandomi mentalmente ogni suo errore di esposizione ma poi un volto familiare cattura la mia attenzione.

 

Vedo Draco Malfoy lanciare uno sguardo curioso attraverso la vetrina e poi proseguire dritto per la sua strada a testa bassa. Trovo strano che giri da solo senza il suo solito portamento borioso, forse sarebbe meglio seguirlo.

 

Interrompo lo sproloquio di Ginny il più delicatamente possibile ed esco dal negozio dicendo di aver visto la signora Vector, l’insegnante di artimanzia. Nessuno sembra contento di lasciare che una sedicenne si aggiri da sola per la città di questi tempi, ma tutti confidano abbastanza nel mio buon senso da lasciarmi andare, grave errore.

 

Mi sento un po’ in colpa per non aver detto a Harry e Ron il vero motivo per cui sono uscita in tutta fretta, ma credo che pedinare Malfoy non farebbe altro che fomentare la loro convinzione che sia diventato un Mangiamorte: non parlano d’altro da quando Harry ci ha raggiunto a casa Weasley.

 

Guardandomi intorno non riesco a scorgere alcun capo biondo platino, caratteristico della famiglia Malfoy, mi addentro dunque nelle vie minori, quelle meno frequentate, immaginando l’espressione che assumerebbe Molly Weasley se sapesse dove mi trovo. Continuo a camminare senza una meta, ruotando il capo senza sosta e maledicendomi per non essere stata più rapida finché finalmente non lo vedo: il giovane Malfoy é lì, da solo, seduto su un muretto lontano dagli occhi di tutti. Si é coperto la testa col mantello per essere meno riconoscibile e ad essere sincera neanche io mi sarei accorta di lui se non lo avessi seguito intenzionalmente.

 

Non fa niente. Dondola leggermente le gambe con noncuranza, assorto nei suoi pensieri.

Niente nel suo atteggiamento mostra un’emozione diversa dall’indifferenza ma qualcosa nel suo portamento insolitamente trasandato e poco altero mi fa venir voglia di andare lì a chiedergli come sta. Poi però mi tornano in mente tutti gli insulti, i gesti maligni, il volto di suo padre la notte in cui Sirius…

 

Me ne vado, qualsiasi problema abbia, può risolverselo da solo.

 

 

***

 

 

1… 2… 3… 4… 5…

 

Sarà banale, ma ho bisogno di contare quando sto per esplodere e questo è esattamente uno di quei momenti. E’ la prima volta che faccio spese per la scuola senza i miei genitori e vedere Tiger e Goyle, accompagnati dalle rispettive madri, a passeggio per Diagon Alley mi ha mandato il sangue al cervello.

 

Sono tuoi amici, dovresti chiedergli aiuto, non essere invidioso di loro.

 

Continuo a ripetermelo sperando di convincermene, ma senza risultato.

 

Dicono di me che sono una persona riservata, che i miei segreti sono talmente oscuri e spaventosi da non poterli rivelare a nessuno. Io lascio che la gente continui a pensarla così perché mi fa apparire come una persona molto più temibile e misteriosa di quanto io non sia, ma la verità è che non dico i miei segreti a nessuno perché non ho nessuno a cui confidarli, nessuno di cui mi fidi davvero, nessuno che mi sia davvero amico.

 

L’ho sempre saputo, a dirla tutta, ma una parte di me non ha voluto ammetterlo fino a quando la verità non si è mostrata ai miei occhi in tutta la sua crudezza, fino a quando non sono rimasto solo.

 

Mi do un piccolo slancio per scendere dal muretto sporco e umido su cui mi ero poggiato e inizio a dirigermi verso casa. Mentre cammino tengo la testa ben china in modo che nessuno possa vedermi: non sono in vena di chiacchiere e convenevoli. Fortunatamente nessuno fa caso a me e tutti continuano a tirare dritto per la lor strada, tenendo la bacchetta ben salda. Se solo sapessero quanto poco gli è utile contro i Mangiamorte!

 

Ormai sembra che ovunque non si parli d’altro se non degli attentati compiuti dalla cerchia ristretta del Signore Oscuro. Mi chiedo che sensazione si provi a prendere parte all’azione, a spargere il terrore e a tornare gloriosi con una storia da raccontare a cena. Digrigno i denti per l’impeto d’ira che mi assale e ricomincio a contare.

 

Guardo distrattamente tutte le vetrine, o almeno quelle che sono sopravvissute alla ferocia dei Mangiamorte, ma nessuna di queste è interessante fatta a eccezione quella dei Tiri Visipi. Mi duole ammetterlo, ma quegli straccioni dei Weasley hanno fatto un buon lavoro; se non fossero dei traditori del loro sangue forse ci farei anche un giro.

 

E poi loro hanno un futuro davanti, non come te, che sei solo un Mangiamorte mancato.

 

Devo fare appello a tutte le mie forze per scacciare questo pensiero dalla mia testa finché il mio occhio non casca su un piccolo negozietto che non avevo mai notato prima. L’insegna dice:

 

Emporio Animale Vestra

 

Mi guardo intorno e mi accorgo di essere arrivato a Notturn Alley. Un negozio di animali qui è talmente insolito che la curiosità mi spinge ad entrare.

Mi accoglie una signora dall’abbigliamento eccentrico. Indossa una veste verde smeraldo dalla cui scollatura, attorniata da gemme di ogni genere, sporge un ampio seno; sulle spalle, nonostante il caldo, poggia una stola di pelliccia e ai piedi porta delle scarpe col tacco alto. I suoi capelli sono sporchi e ricoperti da pietre preziose (o almeno così devono sembrare, non me ne intendo), saldate ad essi in un modo a me sconosciuto.

 

‹‹ Ciao giovanotto! Il mio nome è Vestra. Quale corrente ti ha condotto qui, nel mio modesto negozio? ››

 

Corrente?

‹‹ Sto solo dando un’occhiata. ›› Meglio non dare troppa confidenza a questa donna, i negozianti di Notturn Alley sono famosi per la loro scaltrezza e i loro comportamenti ambigui.

 

Più guardo gli animali, più sono convinto che abbiano qualcosa di strano, e potrei giurare di aver visto quel cagnolino laggiù sputare fuoco dalle narici.

 

‹‹ Mi scusi signora, questi per caso sono ibridi? ››

 

Vestra mi osserva qualche istante prima di rispondermi. E’ forse una legimens?

‹‹ Ibridi questi? Oh no caro, sono solo semplici animaletti da compagnia! ›› Poi mi strizza l’occhio.

 

Ora ha molto più senso, questi non sono animali comuni ma bastardi illegali generati dall’unione di creature magiche e non.

Scruto incuriosito ogni gabbietta: c’era una famiglia di roditori alati, un gufo parlante e più di un cane sputafuoco.

Potrei passare una giornata intera dentro questa bottega, cercando di indovinare i genitori di ogni ibrido e invece rimango catturato da una creatura in particolare. E’ un piccolo gatto grigio, l’unico di una famiglia di gatti striati, che ruggiscono come leoni.

 

‹‹ Sono fratelli? ›› Chiedo voltandomi verso Vestra.

 

‹‹ Bhe si, mi sono arrivati tutti insieme. ››

 

‹‹ E lui che fa? ›› Continuo a indagare, indicando il gattino grigio.

 

Vestra sembra divertita.

‹‹ Niente, non perdere tempo dietro al leone mancato, vieni piuttosto a vedere quest’aspide, credo che la troverai decisamente interessante… ››

 

Io non la seguo, continuo a guardare il “leone mancato”: cerca di avvicinarsi ai suoi fratelli ma nonostante i suoi sforzi viene allontanato. Osservandolo mi accorgo che è più gracile degli altri, forse perché non riesce a farsi valere durante i pasti. Allungo una mano per poterlo accarezzare ma vengo graffiato da almeno due gatti-leone così faccio un passo indietro imprecando.

 

‹‹ Ti piace proprio quel piccolo intruso eh? Lo tengo solo in attesa che mostri qualche abilità nascosta, ma visto che sembra un gatto comune te lo regalo. ›› Mentre parla, solleva il cucciolo e me lo getta in mano in malo modo. Lui non sembra turbato.

 

Vorrei ribattere ma vengo interrotto.

‹‹ Non credo che tu voglia sapere che fine farà se non te ne prenderai cura tu. ››

 

Soppeso l’ipotesi di portare un animale domestico ad Hogwarts. In molti nella mia casa ne hanno uno ma io non ne ho mai sentito la necessità, ora invece mi sento talmente solo che forse anche uno schiopodo sarebbe di compagnia. E poi sento una certa affinità tra me e lui.

 

‹‹ Come ci si prende cura di un gatto? ›› Chiedo ingenuamente.

 

Vestra ride di gusto. Mi chiedo cosa renda la mia domanda così divertente.

 

‹‹ Ti basta una lettiera e del cibo, al resto pensano tutto loro.  ››

 

Compro tutto ciò di cui potrebbe aver bisogno: la lettiera, le ciotole, il cibo e anche un giochino a forma di topo. Spero però che una volta a scuola impari a cacciarsi le prede da solo e a divertirsi con ciò che il giardino gli offre.

Esco ringraziando e ricevendo una risata come risposta.

 

Continuo per la mia strada tenendo il gattino nella mano destra, non mi piaceva l’idea di rinchiuderlo in una gabbietta.

Lo osservo e non posso fare a meno di pensare che anche lui oggi, per la prima volta, si è allontanato dalla sua famiglia e sta per iniziare un viaggio, senza conoscere la meta.

Lui però non sembra preoccupato e forse non dovrei esserlo neanche io.

 

Il piccolo mi mordicchia la mano per gioco fino a farla sanguinare ma io lo lascio fare.

‹‹ Il Mangiamorte e il leone mancato… Credo che andremo d’accordo stronzetto. ››

 

 

***

 

 

Ciao ragazzi! Volevo esortarvi a recensire questo capitolo per dirmi se lo trovate troppo lungo, troppo descrittivo, o se potevo tagliare alcune parti. Mi serve per capire come impostare i capitoli successivi e per imparare qualcosa in più sulla scrittura, attività nella quale ho iniziato a cimentarmi solo da poco.

Ringrazio chi ha già messo la mia storia tra i preferiti o tra quelle da ricordare, spero di non deludervi.

Un bacio forte,

Flami151

  
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