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Autore: Nadie    18/12/2014    3 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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11. Pugni, specchi e parole



Alza il capo verso il soffitto, appoggiandosi con la schiena al bordo della vasca e chiude gli occhi.
L’acqua è bollente contro la sua pelle e lui quasi non la sente, non la percepisce, i pensieri nella sua testa non gli concedono distrazione.
Ripensa agli otto anni appena passati e al suo compleanno così maledettamente vicino, e se solo il tempo avesse un corpo, se solo il tempo fosse concreto e tangibile allora lui lo prenderebbe a calci e pugni.
Il tempo che lo fa sentire così vuoto, così solo e lontano, lontano persino da se stesso.
Dal se stesso che era otto anni fa. Quanto gli manca quel se stesso!
Nella sua memoria vuota ricompare l’immagine di un ragazzo dall’aspetto trasandato, con jeans sgualciti e felpe troppo grandi e gli occhi di chi vorrebbe cambiare il mondo.
E quanto lo invidia, quel ragazzo!
Quanto invidia la sua completa, assoluta libertà e la sua anonima presenza che cammina tra le strade di un mondo che vorrebbe fosse migliore.
Quanto invidia la sincerità del suo sguardo e delle sue parole e la sua indecisione sul cosa fare in quella vita, cosa essere in quella vita.
E quanto invidia la sua relazione con la ragazza con gli occhi verdi, le loro mani intrecciate e la semplicità di ogni loro gesto ed ecco, ecco cosa vorrebbe: la semplicità.
Sta’ attento, me stesso di otto anni fa! Sta’ attento a non perdere niente e nessuno, tieniti stretto tutto ciò che hai!
Riapre gli occhi e la luce della lampada sul soffitto lo acceca per qualche istante.
Si mette seduto e nasconde il viso tra le mani.
E quanto sono complicati i legami!
Il legame.
Il legame con quei due occhi verdi.
Legame sottile e fragile, troppo sottile e fragile e così instabile, bastano poche parole per farlo crollare.
Ripensa a qualche ora fa quando ha sputato addosso ad Occhi Verdi parole brutalmente sincere.
Potevi pensarci prima di andarci a letto insieme.
E le pensa ancora, quelle parole.
E gliele ripeterebbe.
Fanno male, vero? Fanno male le parole, io lo so, lo so perché le tue mi hanno ferito, tagliato, bruciato e mi hanno rubato otto anni ingiustamente.
Mi hai rubato otto anni ingiustamente. Ma io li rivoglio, questi otto anni, li rivoglio e non me ne andrò finché non li avrò avuti indietro.
Si alza in piedi, infila il suo accappatoio nero ed esce dalla vasca.
Lo specchio sopra al lavandino è completamente appannato. Allunga una mano e la strofina sulla superficie del vetro, ed ecco comparire il riflesso di un ragazzo diventato uomo che ha il volto bagnato e i capelli scuri gocciolanti.
Avvicina il suo viso al viso dell’uomo nello specchio e ci riesce. Riesce a rivedersi. Se stesso di otto anni fa.
E gli sembra di rivedere tutto, tutto di quei mesi irlandesi finiti troppo presto.
Dublino prende forma in fondo alla specchio e compaiono lui e Lei dentro a quei vicoli grigi, sdraiati sulle loro spiagge bagnate di pioggia e seduti nei loro parchi abbandonati, ma non importa, non importa se sono abbandonati, non importa se ci hanno abbandonati.
Non importa. Non importa niente. Importiamo noi due.
E riesce a rivedere, rivedere ogni cosa, ogni istante, ogni momento.
Ed eccolo, se stesso di otto anni fa addormentato nel letto del suo tetto sopra la testa in affitto insieme ad Occhi Verdi, il braccio stretto attorno al suo corpo caldo.
Ma Lei si sveglia e si riveste alla svelta, poi prende carta e penna e pensa a cosa scrivere, a quali parole usare e che parole vuoi usare? Cosa vuoi dirmi? Non dirmelo che te ne vai, non raccontarmi verità a metà, non scrivermi di smetterla di fare scelte sbagliate. Non scrivermi. Piuttosto lascia il foglio bianco.
Ma invece il foglio si colora, si colora di nero, quanto nero! Quante parole! C’è anche qualche cancellatura, qualche indecisione, qualche parola sbagliata coperta da una linea poco delicata.
La ragazza con gli occhi verdi piega il foglio.
Se stesso di otto anni fa continua a dormire.
Svegliati! Svegliati, non lasciarla andare!
Occhi Verdi mette il foglio dal suo lato del letto, al posto del suo corpo caldo.
Svegliati! Svegliati! Svegliati!
Lei si protende verso di lui e gli dà un bacio sulla fronte.
Se stesso di otto anni fa lo ha sentito, quel bacio; ha avvertito quella labbra posarsi piano sulla sua fronte ma non l’ha capito, non l’ha capito che era un bacio-a-mai-più-rivederci.
Prova a capirlo ora! Prova a capirlo ora e svegliati! Svegliati e fermala, brutto idiota!
Ma lui continua a dormire, povero illuso che spera ancora nel tempo!
Svegliati e fermala prima che sia troppo tardi! Falla restare, ti prego, falla restare!
Ma la ragazza con gli occhi verdi esce fuori dalla stanza.
Esce fuori dalla sua vita.
Con la mano destra tira un pugno contro lo specchio e il vetro si frantuma, schegge sottili gli tagliano la pelle e la sua mano prende a sanguinare copiosamente.
Si lascia sfuggire un gemito di dolore, mette svelto la mano ferita sotto l’acqua fredda del lavandino e tiene gli occhi serrati.
Tum tum tum.
Sente qualcuno bussare alla porta del bagno.
«Ben, che succede lì dentro?» la voce di Franziska sembra preoccupata. La sente bussare di nuovo e chiamarlo agitata.
«Tutto a posto, non preoccuparti!» le dice, ed intanto impreca a bassa voce tentando di fermare il sangue con un asciugamano bianco.
Siede stancamente a terra, appoggiandosi con la schiena contro la vasca.
La mano gli fa dannatamente male, non riesce quasi più a muovere le dita, qualche scheggia deve essergli rimasta dentro la carne.
Ma adesso non ha tempo di stare a togliere i frantumi di uno stupido specchio dalla sua mano, non ha tempo e non ne sarebbe nemmeno capace. Si rialza in piedi e afferra i suoi pantaloni abbandonati sul pavimento, tira fuori dalle tasche un fazzoletto di stoffa bianco ancora pulito e lo bagna con l’acqua fredda del lavandino, poi lo strizza e lo lega attorno alla mano ferita.
Alza lo sguardo e lo specchio è ancora lì. Frantumato. Rotto. Spaccato.
E dentro a quello specchio non c’è più traccia di lui, di Lei o di Dublino, ma lui non ha bisogno dello specchio, lui sa perfettamente cos’è successo dopo che Occhi Verdi è uscita da quella porta.
Se stesso di otto anni fa ha continuato a dormire e quando si è svegliato e ha letto quella lettera è rimasto così ferito, frantumato, rotto e spaccato come uno specchio preso a pugni e quelle parole erano come schegge di vetro nella sua carne e avrebbe voluto correre fuori dalla stanza, raggiungerla, ma che cazzo hai combinato, Prudence! e se solo l’avesse fatto il legame, il loro legame, forse a quest’ora sarebbe ancora intatto, integro e più forte, più forte di un pugno, più forte di uno specchio, più forte delle parole.
Ma il tempo è passato e non tornerà.
Il tempo non torna mai, lo dice anche la Legge del Resto e lui non può fare niente, non può farci niente.
Ma se solo il tempo avesse un corpo allora lui lo prenderebbe a calci e pugni.
Si riveste lentamente, usando solo la mano sinistra e quando esce fuori dal bagno Franziska è là davanti, in piedi con la schiena ben eretta e le braccia conserte.
I suoi occhi di ghiaccio lo fissano preoccupati e cadono subito sulla mano fasciata.
«Che cosa hai fatto?»
«Niente, io…» ci pensa su prima di rispondere «ho tirato un pugno allo specchio del bagno.» le dice ridendo.
«E perché avresti fatto una cosa simile?»
«Non lo so.»
«Ben, ti senti bene?»
«No. Per niente.»
Spegne la luce del bagno, supera Franziska e si sdraia sul letto.
«Dove sei stato in questi ultimi due giorni?»
«In così tanti posti che non saprei risponderti.»
«Perché non me lo dici subito e basta?»
«Che cosa?»
«Che c’è un’altra.»
Lui sorride, e non sa perché sorride ma eccolo, un sorriso sulle sue labbra comparso senza motivo.
Quanto vorrebbe dirglielo.
Franziska, mi dispiace, c’è un’altra.
Ma Prudence non è un’altra, Prudence non vuole essere un’altra, Prudence non è mai stata un’altra.
Prudence è la sola, l’unica in mezzo al resto e lui si odia così tanto per il sentimento ammaccato che prova.
Se potesse scegliere e decidere, si dimenticherebbe di Lei, lo farebbe volentieri. Cancellerebbe ogni istante e ucciderebbe ciò che prova.
Io non sono un ragazzino, io non mi faccio buttare giù da questa roba astratta, invisibile, inspiegabile, raccontata nei libri e cantata nelle canzoni.
Io non sono un ragazzino e Prudence, cara Prudence, posso benissimo fare a meno di te.
«Non c’è un’altra.»
Franziska scuote la testa decisa.
«Lo voglio anche io.» gli dice.
«Cosa?»
«Quello che provi tu, Ben. Lo voglio provare anche io.»
«Basta tirare un pugno ad uno specchio.»
«Hai deciso di venire qui solo per lei, non è vero?» gli dice, ignorando la sua finta indifferenza.
«Lei non esiste.»
Franziska rimane a fissarlo per qualche minuto, poi prende la sua giacca di jeans e fa per uscire.
«Dove vai?» le chiede.
«Ti lascio solo.»
E la porta si apre e si richiude delicatamente.
Lui osserva il soffitto bianco e luminoso di quella stanza pesantemente lussuosa e si sente perso, vuoto, incompleto, fuori luogo e perché, perché devo fare così? Perché devo essere così?
Vorrebbe poter voltare pagina e andare avanti. Vorrebbe poter essere felice dei suoi abiti eleganti, dei tappeti rossi, dei jet privati e delle continue feste inutili e vuote. Vorrebbe poter essere felice della perfetta ragazza tedesca che ha accanto ma non riesce, non ci riesce.
Questa parte lui non sa recitarla.
Stringe la mano destra a pugno e subito impreca per il dolore. Non la sopporta più, quella mano ferita.
Si rialza in piedi barcollando, afferra il portatile poggiato sul tavolino di vetro al centro della stanza e poi torna a sedersi sul letto.
Non sa bene perché, non riesce a spiegarsi il motivo ma ad un tratto le sue dita digitano un nome che lui non ha neanche mai pronunciato a voce alta.
Ma le dita battono sui tasti, le lettere si avvicinano e il nome prende forma. Senza un perché.
Finbar Gallagher.
Clicca sul primo risultato e vede comparire l’immagine di un uomo di bell’aspetto, con capelli biondi ed occhi blu.
Gli ritorna subito in mente il volto di Jude e capisce che è lui. Che lo ha trovato. Ha trovato il non-padre.
Legge attento le informazione accanto alla foto perché vuole capire se, oltre che un non-padre, quell’uomo è anche qualcos’altro.
Brillante pittore irlandese, noto per i suoi paesaggi e ritratti.
Le nuove opere verranno presto esposte in Russia, ma i fortunati che si trovano a Dublino potranno già dare uno sguardo all'anteprima che si svolgerà in data 14 Agosto proprio presso l’elegante villa del pittore.
14 Agosto.
È oggi.
Chiude gli occhi e pensa.
Cosa spero di fare? Cosa voglio ottenere? Ma la voce di Prudence gli riempie le orecchie.
Non-padre, non-padre, non-padre.
Urla.
Cose fragili frantumate su un pavimento freddo.
Fratelli perduti.
Parole che fanno male.
E le mani di Prudence che le coprono il viso bagnato di pianto.
Prende svelto carta e penna e si segna l’indirizzo di casa del non-padre, poi si infila il biglietto in tasca, afferra la giacca ed esce di fretta.
Adesso sa cosa deve fare.
 
 
 
 
 
Ed eccoci qui, con un nuovo capitolo!
A dir la verità questo capitolo era già pronto da una settimana buona, ma ho scelto di pubblicare oggi perché è il mio compleanno.
In questi ultimi anni me ne sono capitate di ogni ed ho incontrato persone che vi auguro di non incontrare mai, ed è stato proprio per sfogarmi che, un po’ di tempo fa, ho cominciato a scrivere di Ben e Prue.
Mi sembra quindi giusto pubblicare proprio oggi, oggi che Ben e Prue hanno dato vita a ben sei storie – e pensare che non avrei scommesso sarebbero arrivati interi alla fine della prima!- oggi che non è solo il mio compleanno ma la chiusura ufficiale e definitiva di un pessimo periodo.
Prometto di dare a Ben e Prue il lieto fine che meritano, e spero di averlo anche io, un bel lieto fine.
E grazie, grazie a voi che leggete anche solo in silenzio: grazie dal più profondo del cuore.
E un grazie particolare a Joy e Clairy, ormai diventate amiche preziose, che mi hanno sempre incoraggiata con tutto il loro affetto.
Un grande abbraccio e buone feste a tutti,
C.
  
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