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Autore: Sherlokette    18/12/2014    4 recensioni
Londra 2015. Il professor Sebastian Michaelis si vede portar via il fratello Vincent e la moglie di lui, Rachel, in una tragica rapina in casa finita nel sangue. Il tribunale gli affiderà il nipote, Ciel, unico sopravvissuto di quella notte terribile. Fra segreti, amici e nemici, un amore inaspettato e qualcuno che continua a dare la caccia a Ciel, Sebastian vedrà la sua vita capovolgersi in un attimo...
Genere: Dark, Generale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Ciel Phantomhive, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Per i tre giorni successivi Sebastian risultava distratto, sovrappensiero, ma nessuno pareva farci caso.

Nessuno tranne Grell, il quale, il quarto giorno, andò dritto da lui a domandargli, senza girarci intorno: - Va tutto bene? -

-Perchè me lo chiedi? - La replica suonò distante.

-Per questo. Non sei in te ultimamente, e lo trovo strano. Va tutto bene con Ciel? -

-Sì... Certo. -

Il rosso si impuntò, incrociando le braccia sul petto e occupando il vano della porta in modo da non lasciar passare l'altro: - Dimmi la verità. -

Il professore di latino cercò di uscire, ma con scarso successo, dato che Grell aveva addirittura allargato le braccia e divaricato le gambe per bloccare ogni via di fuga: - Tu non esci senza avermi dato una risposta soddisfacente, Sebastian! -

Poteva prenderlo di peso, Michaelis, e spostarlo da lì con la forza. Ma non si sognava minimamente di toccare un collega, così optò per una mezza verità: - Ciel non è convinto che entrare in questa scuola sia una buona idea. E' preoccupato che essere il protetto di un professore lo faccia apparire diverso dagli altri. Ho provato a spiegargli che è una questione ininfluente. Soddisfatto? - concluse, lievemente sarcastico.

Grell cambiò espressione: - Davvero? -

-Sì. Ora spostati per favore. -

Ma l'altro, come impietrito, ancora non si muoveva.

-Sutcliffe, togliti. -

Sebastian non capiva perchè continuasse a tenerlo lì, così sbottò: - Senti, devo andare, sul serio. Dovevo consegnare i moduli compilati già due giorni fa, ma la segreteria era chiusa per il rinnovo dell'impianto di riscaldamento. -

-Se però... Vuoi parlare... -

-In un altro momento. -

-Vieni dopo la mia lezione. Ci conto; mi offendo se non vieni! -

-E va bene, verrò... -

“Nemmeno morto”, pensò il moro dopo essersi tolto di torno il collega. Qual'era il suo problema? Non riusciva a capire tanto accanimento.

Però, di conseguenza, pensò che mancare l'appuntamento avrebbe potuto davvero offendere quel lunatico dai capelli rossi; si decise allora ad andare, solo per non scavarsi la fossa da solo.

 

 

 

Sebastian socchiuse la porta dell'aula di poesia e letteratura. Vide i ragazzi intenti a prendere appunti, mentre il collega camminava fra i banchi declamando un sonetto di Shakespeare. SI soffermò ad ascoltare, dato il suo amore per il poeta:

 

-Devouring Time, blunt thou the lion's paws,

And make the earth devour her own sweet brood,

Pluck the keen teeth from the fierce tiger's jaws,

And burn the long-lived phoenix in her blood;

Make glad and sorry seasons as thou fleet'st,

And do whate'er thou wilt, swift-footed Time,

To teh wide world and all her fading sweets:

But I forbid thee one most heinous crime -

O, carve not with thy hours my love's fair brow,

Nor draw no lines there with thine antique pen;

Him in thy course untained do allow

For beauty's pattern to succeeding men.

Yet do thy worst, old Time: despite thy wrong,

My love shall in my verse ever live young. -

 

Una dizione perfetta e un'impostazione di prim'ordine, ammise Sebastian con un sorrisetto.

Si vedeva la sua esperienza d'attore.

-Molto bene, ragazzi! - concluse Sutcliffe, - Voglio le vostre relazioni e le vostre osservazioni sui sonetti che abbiamo letto oggi entro la prossima lezione. È tutto. -

Michaelis lasciò uscire gli studenti, poi si fece avanti nell'aula.

Si dice che la personalità di un individuo si intuisca da come arreda una stanza. L'aula di poesia, dunque, indicava qualcuno confusionario e amante delle belle arti e del teatro; un artista stravagante: la stanza era infatti colma di statuette raffiguranti personaggi mitologici, come Amore e Psiche, più un busto in marmo di Percy Shelley posto in alto su un piedistallo, fra le due ampie finestre che davano sul cortile. Le pareti, dipinte in giallo pastello, erano tappezzate di fotocopie di poesie dei più svariati autori, poster di spettacoli e quadretti di ritratti e nature morte di fiori.

-Li ho dipinti io. È un piccolo hobby che coltivo nel tempo libero - affermò Grell.

Quest'ultimo poggiò il libro di sonetti sulla cattedra e sorrise al suo ospite: - Sei venuto, alla fine. -

-Non sia mai che ti offenda, Sutcliffe. -

-Che gentiluomo! - cinguettò il rosso, - Ma bando alle ciance. Sappiamo entrambi perchè sei qui. - Si sedette sulla cattedra, accavallò le gambe e con aria estremamente seria iniziò un nuovo discorso: - Tu hai qualcosa che non va. Si vede. -

-Ti ho già detto perchè... - sospirò l'altro.

-Non si dicono le bugie; ti verranno le gambe corte e sarebbe un peccato! - replicò Grell, sogghignando.

-Non ho mentito. -

-Non mi hai detto tutto, allora. Avanti, sfogati, sono qui apposta, giuro che terrò la bocca cucita! -

Sebastian era indeciso: fidarsi o non fidarsi? Dire la verità o mentire una seconda volta sulle sue reali preoccupazioni?

Ma in fondo, si disse, forse non gli avrebbe fatto male parlarne con qualcuno. Cosa aveva da perdere? Guardava quella figura rossa, in attesa, che dondolava leggermente la gamba appoggiata sull'altra, valutando bene cosa dire e cosa lasciare in ombra.

-Va bene. Resta seduto, però. -

 

 

Sutcliffe ascoltò, allibito, la spiegazione di Sebastian. Sicari, malavita, segreti...

-Non so a chi abbia pestato in piedi mio fratello, non mi parlava mai dei suoi affari - concluse il moro, - e ha fatto bene. In questo modo, forse, riuscirò a proteggere mio nipote da quel mondo. -

-Cielo, che guazzabuglio... In che tela intricata ti hanno cacciato... - Grell scosse la testa, visibilmente ansioso: - C'è dunque la possibilità che vengano a cercare Ciel? -

-Spero di no, ma nel caso metterò a frutto tutti i miei anni di allenamento nel karate. -

Grell scese dalla sua postazione e gli si avvicinò, e senza dire niente lo abbracciò, così, in modo inaspettato.

Michaelis rimase impietrito per quel contatto fin troppo intimo, che si interruppe quasi subito: - Scusami, Sebastian, mi sembrava un gesto giusto da fare in questa circostanza... -

Sutcliffe si allontanò da lui, cercando di non apparire imbarazzato: - Sono lieto che tu ti sia voluto confidare con me. Una situazione chiara evita fraintendimenti e confusione. -

Cambiando espressione, gli sorrise, cercando di apparire nuovamente tranquillo: - Di nuovo, scusami, i miei slanci emotivi mettono molti in imbarazzo!! -

-Fa niente. -

Ma la risata che sfuggì al rosso suonava stonata e amara, innaturale.

Anche lui nascondeva qualcosa? Questa domanda aleggiò rapida nella mente del moro, ma quando cominciarono ad entrare gli studenti della classe successiva lui se ne andò.

Rimuginò sul comportamento di Grell per un po', finché le preoccupazioni di quegli ultimi tre giorni non tornarono prepotenti a tormentarlo.

 

 

-Un corso pomeridiano di teatro? -

Seduti a cenare, quella sera, Sebastian si era ricordato della proposta del collega discutendo con Ciel di quali materie potessero interessargli.

-Sì, sarebbe un modo per farti dei nuovi amici. -

-Non ho bisogno di nuovi amici. Ma suona interessante. Lo tiene il tuo collega, il signor... Sutcliffe, giusto? -

-Sì, proprio lui. -

-Mi sembra... simpatico. -

-Un po' invadente, chiacchierone, ma sì, posso dire che lo sia. In fondo. -

Avrebbe voluto dire “molto invadente” e “molto in fondo”.

-Vuoi dire che ti piace? -

Quasi si strozzò, Sebastian, col sorso d'acqua che stava mandando giù dal suo bicchiere, e fra un colpo di tosse e l'altro replicò: - P-prego?!? -

-Intendevo come persona. Che ti prende, zio? - Un sorriso, il primo che gli avesse visto fare in quei giorni, che aveva un che di diabolico si disegnò sul volto del ragazzino: - Ti ho per caso messo in imbarazzo? -

-Finisci la cena... - sbuffò il moro, ricomponendosi.

  
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