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Autore: Magali_1982    19/12/2014    5 recensioni
"Per questo correva sempre così tanto, così veloce. Per rendere indefiniti i contorni di una realtà aliena, dove non aveva punti saldi di riferimento. Per questo annotava tutto ciò che valeva la pena di apprendere, sentire, vedere, assaggiare, leggere. Per trovare il vero significato da dare alla sua seconda possibilità." Mai come dopo una distruzione totale servono punti di riferimento. Persino a un uomo definito "Leggenda Vivente". Steve e Captain America ora sono due entità divise, in conflitto. Sole. Alla ricerca di un modo per convivere e di un nome creduto perso in una tormenta di neve. A volte, l'unico modo per andare avanti è tornare indietro, a casa e scoprire di non essere stati i soli a farlo perché esiste un altro Soldato dilaniato tra due nomi. La loro guerra è la stessa e ciascuno cerca di punti fermi per non precipitare; un viaggio lungo e allo stesso tempo brevissimo, scandito da una lista.
Genere: Avventura, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James 'Bucky' Barnes, Natasha Romanoff, Nuovo personaggio, Steve Rogers, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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"Signore?"
Una voce, portata dal fruscio crepitante di una scarica elettrostatica.
"L'evaquazione?"
"Procede come previsto. Pensano sia l'allarme per chiamare altri rinforzi."
Era proprio questo, il problema del Bene. Pretendeva di vedere il mondo attraverso una lente trasparente, dividendolo in confini netti, alla caccia disperata delle ombre da dissipare.
Il Barone sorrise mestamente e controllò di avere il monocolo al suo posto. Verificata la posizione, tornò ad addossarsi al muro.
Il passaggio segreto era stato posizionato strategicamente vicino alla prigione della cavia che aveva sacrificato. Tutto era stato preparato in funzione di un' eventuale scoperta della base da parte delle forze rimaste dello SHIELD ma con un punto fermo: lasciare nulla agli scopritori.
Le memorie dei computer erano state svuotate e le macchine riportate al loro programma più semplice. I documenti, spariti. Insieme ai Gemelli e alla mole di files generati dal loro addestramento. Lo scettro di Loki era stato perso ma era un prezzo accettabile, a fronte del sonoro schiaffo rifilato al mondo.
Quel mondo che avrebbe vissuto nell' illusione di aver vinto, trovandosi subito dopo a un punto morto. Doveva continuare a credere alla sopravvivenza dell' HYDRA; agitare il fantasma del Male poteva essere più profiquo dell' impiego sul campo del Male stesso.
Il tunnel deviò a destra e poi prese a salire. I passi riecheggiavano sul metallo degli scalini.
La Crisalide era stato un pegno; l' obolo senza valuta da versare per rendere ancora più umiliante la sconfitta dei Vendicatori. Anche se non erano riusciti a mettere le mani sul sangue del Soldato d' Inverno e quello di Captain America, adesso avevano Pietro e Wanda. Presto sarebbero stati pronti per essere scatenati contro gli Eroi.
Decenni di rapimenti, altrettanti di fallimenti e di poche, avare vittorie, avevano tracciato il giusto sentiero verso la Genia Perfetta; questa volta non sarebbe stata impiegata da nessun governo, da nessuna agenzia, da nessun esercito terroristico. Il Sergente Barnes era stato il Paziente Zero e nemmeno l' HYDRA avrebbe mai saputo il reale significato della sua rinascita come macchina di morte perfetta.
Un semplice, essenziale primo passo.
Verso l' era dei Miracoli.
Il piccolo garage sotterraneo era in fermento: alcuni furgoncini con le insegne del Museo di Brooklyn erano pronti a partire, il personale al suo comando aveva già cambiato i vestiti, lasciando perdere le divise militari della Divisione X in favore di quelle dell' ente di facciata.
"I primi convogli sono già partiti, prima della sortita di Captain America", fu il solerte avviso portatogli da un assistente di laboratorio, assieme agli indumenti per il suo superiore.
"Continuate così. Fate partire gli ultimi scaglioni alle ore stabiliti."
Un altro furgone accellerò sopra la rampa d' uscita, un secondo lo seguì a breve. Il rumore sgraziato e prenetrante della frenata risuonò come un allarme.
"Fermi, FBI!"
"Herr Strucker, di qui!"
I due moniti si sovrapposero in una cacofonia che puzzava di problemi.
Di ostacoli.
Mani coperte di kevlar e neoprene lo afferrano per le spalle, trascinandolo al sicuro ma lasciando una sola domanda, quella indispensabile, sul pavimento di cemento: come era stato possibile trovare la loro via di fuga?
Costruita perché si potesse accedere ai parcheggi del personale del palazzo e collegata ad essi da un ascensore per autoveicoli, non poteva essere stata scoperta se non con il ritrovamento delle mappe della base stessa.
Mappe sepolte al sicuro nei server che fornivano l' hosting necessario alla Rete parallela voluta dall' HYDRA negli anni della nascita del World Wide Web e impossibili da decodificare per chiunque.
"Cosa sta succedendo?" domandò allarmato uno degli scienziati più vicini a lui, mentre venivano cacciati a forza nel tunnel da dove era uscito poco prima.
"Non lo sappiamo signore, fate presto!"
I primi agenti si riversarono nello spiazzo un secondo prima della chiusura della porta. Urlavano a chiunque di fermarsi, minacciandoli con le pistole spianate. I loro ordini seguirono il Barone, un ronzio fastidioso perché privo di logica.
Il sospetto arrivò viscido, pesante e rovente.
Il Ricognitore rilasciato dal Soldato d' Inverno era risultato pulito: nessuna microspia, nessun microfono. C'erano altri collaboratori, sopravissuti all' annientamento del comando generale di Alexander Pierce e rimpiegati nella sorveglianza di obiettivi sensibili.
Come la Stark Tower.
"Accedete alla nostra rete, subito!"
Più che un ordine, l'invettiva suonò patetica nella sua urgenza. Uno dei soldati divenuti frettolosamente la sua scorta annuì e procedette a collegare il palmare.
Quanto vide lo fece impietrire sul posto.
Senza il coraggio di parlare, volse lo schermo in direzione del Barone.
L'account sicuro di Jerry Stenton, infiltrato presso l' Ufficio Sicurezza del grattacielo di Tony Stark, risultava attivo da giorni ma non era quella la catastrofe. Attraverso il suo innoquo log-in, si stavano scaricando ancora adesso una quantità impressionante d' informazioni, date, luoghi e fatti.
"Dobbiamo fermarlo, Herr Strucker!"
"E allora provateci, branco di patetici dichiaratori dell' ovvio!"
I mezzi erano pochi, i programmi inesistenti proprio a causa del totale reset logistico effettuato sui terminali informatici.
Uno dei tecnici riuscì a stabilire un contatto sicuro su uno dei motori di ricerca più popolari, trovandosi di fronte al continuo aggiornamento di notizie sconvolgenti.
A Londra, Parigi, Kyoto, Dublino e New York stavano venendo scoperte una serie di celle terroristiche dormienti, con alloggi e mezzi segreti. Riconducibili al famoso mostro a nove teste, il cui nome echeggiava da mesi dopo la distruzione del Triskelion nell' opinione pubblica, erano stati responsabili di innumerevoli rapimenti ed esperimenti su civili rapiti e poi fatti sparire.
L'operazione finale, con l' assalto a uno dei monumenti culturali più famosi di Brooklyn, era stata orchestrata dal Capitano Rogers. A quanto stavano apprendendo, grazie al supporto di Iron Man e parte della squadra dei Vendicatori, era riuscito a scoprire il loro piano e sventarlo.
Salendo su un SUV, circondato dalla voci concitate di chi lo stava salvando, Von Strucker si rese conto di una cosa.
Il Bene non aveva più paura di sporcarsi.
Era servito da uomini e donne di cui conosceva le fedine penali, i segreti più sordidi, i punti deboli. Le uniche persone in grado di proteggere un mondo inetto e che non li avrebbe mai compresi.
Spezzando uno scudo aveva avuto la convinzione di averli dispersi ma i frammenti in cui si era diviso stavano generando forze al momento incalcolabili.
Per la prima volta, il Barone avvertì il terreno vacillare sotto i piedi.
Era solo l'inizio e non del nuovo tempo tanto auspicato: un'era senza ancora un nome.




Erano molte, le cose che potevano far infuriare un pezzo di granito come Gordon Renly: ai primi posti della classifica si potevano trovare l' indisciplina, l' insubordinazione, l' incompetenza ma nessuna pecca o limite disgustosamente umano avrebbe potuto togliere il primato assoluto alle constatazioni ovvie.
Per questa fondata ragione la sua squadra d'assalto, composta dai migliori agenti operativi sul campo nell' ambito delle missioni anti-terrorismo, non si lasciò scappare una parola davanti all' ingresso scoperto sul fondo di uno dei maggiori magazzini del Brooklyn Museum.
Gli uomini passarono oltre la scaffalatura divelta e i battenti spalancati. Renly si fermò, alzando in aria il pugno destro. Una serie di segni convenzionali diedero l'ordine di formare due gruppi per condurre un' ispezione maggiormente approfondita e coprirsi vicendevolmente le spalle in caso di attacco. Poco importava che al momento attuale, del nemico si sapesse poco o nulla; le informazioni e i filmati ricevuti da Carter erano piombati sulla loro agenzia d' intelligence come un tornado non segnalato per tempo. Solo i Vendicatori avrebbero potuto dare le risposte mancanti.
Le prime presero la forma di corpi riversi a terra e di un laboratorio contente un prototipo di ultima generazione di una bara per il processo di criostasi controllata. Qualcuno mormorò una preghiera masticata; Renly non ebbe il coraggio di sottolineare l' inopportuna richiesta di assistenza divina, dal momento che si trovava a condividere quello stesso attimo di smarrimento e orrore.
"Renly, sono Jackson. Abbiamo intercettato una colonna di fuggitivi, passo."
"Qui i fuggitivi sono ben fermi, stiamo cercando dei superstiti, passo."
"Si tratta del Capitano Rogers e degli altri? Passo."
"Ho ragione di ritenere che siano ben più sani di questi. Passo e chiudo."
Svoltato il primo angolo, i soldati si bloccarono, raggelandosi.
"Cristo!"
Questa volta l'imprecazione sfuggì, acuta e inconfondibile.
I cadaveri dovevano essere una ventina.
Nessun dubbio sul fatto fossero morti tutti: Renly contò, superando l' ispezione, diversi colli spezzati, perforazione di organi vitali per mezzo di armi da fuoco e uno strangolamento condito con un olezzo inconfondibile. Carne bruciata.
"E' fritto come un churros" mormorò sgomento qualcuno, imbracciando con maggior foga il suo fucile ad aria compressa.
"Opera della Vedova Nera senza dubbio. Proseguiamo!"
Se la scoperta della bara li aveva lasciati allibiti e attoniti, quella della postazione per le sedute di elettro-shock fu un colpo sferrato allo stomaco.
Molti dei presenti avevano saputo dei procedimenti di tortura e coercizione del prigioniero in fase di addestramento, pochi erano stati mandati nei teatri di guerra mondiali dove tali pratiche venivano impiegate, tutti sapevano del silenzio da tenere su prigioni come Guantanamo o Abu-Grahib. Vedere di persona la raffinatezza che la Scienza, meticolosa e sempre precisa, poteva raggiungere per distruggere un essere umano, avrebbe sicuramente rimescolato i sonni e le budella di diversi di loro.
Il laboratorio principale era già illuminato, quando poterono accedervi. Tennero le posizioni da combattimento, con le armi spianate.
Tony alzò le spalle, applaudendo sarcasticamente stando seduto sopra un tavolo di metallo. Ai suoi piedi giaceva, contorta e spezzata, la sua armatura. Ogni tanto un cavo scoperto produceva un contatto ma il piccolo scoppio di scintille pareva lasciarlo indifferente.
"Finalmente! Ancora un po' e avrei dato il permesso ai vecchietti di spaccare tutto."
Vecchietti?
Renly si guardò intorno.
Uno accanto all'altro, a vegliare sul corpo macilento di una ragazza dai lunghi e radi capelli biondi sorretto in braccia da Natasha Romanoff, si trovavano Captain America e il Soldato d' Inverno. Uno dei killer più ricercati al mondo, scoperto solo dopo la desecretazione improvvisa di tutta la banca dati dello SHIELD e responsabile della morte di personalità tali da scatenare, con la loro scomparsa, dei veri e propri terremoti negli equilibri geo- politici di tutto il mondo nell' ultima metà del secolo.
Come era possibile che una tale macchina da guerra, un cecchino infallibile, una belva quando si trattava di combattimenti ravvicinati, potesse avere quegli occhi grigi di ragazzo ora puntati proprio sul supervisore?
"Capitano Rogers, si faccia da parte."
Steve si era messo davanti a James prima che quest'ultimo potesse obiettare. Invece di obbedire al consiglio ricevuto, allargò le braccia, piantandosi di fronte all' amico.
"Dovrete spararmi."
"Sempre che prima non facciamo fuoco noi."
Tony sogghignò, esaminadosi accuratamente le unghie, lasciando che fossero Sam e Clint ad armare le proprie pistole per puntarle contro il drappello di soccorso.
"Volete davvero contravvenire agli ordini?"
L'ultima cosa che Gordon desiderava, era aprire un conflitto con certa gente. Era una pessima mossa da fare, considerata l' altissima probabilità di dovere a loro, ancora una volta, la sopravvivenza di New York e di buona parte del pianeta.
"Ordini di chi, supervisore?" Il milionario stiracchiò le braccia, prima di assumere una profonda, circonstanziata espressione stupita.
"Siamo qui di nostra volontà e su nostra iniziativa, signore" aggiunse Steve. Nonostante fosse disarmato, il semplice gesto di tenere le braccia aperte e il petto esposto a qualsiasi proiettile, invece di renderlo inerme serviva solo a rafforzare l' autorità spiccia e scabra della voce.
"Abbiamo scoperto nuovi movimenti di alcune cellule dormienti dell' HYDRA e abbiamo agito. Purtroppo non abbastanza prontamente da salvare delle vite umane e impedire la fuga di alcuni soggetti."
La Vedova Nera mostrò a tutti quanto stava tenendo contro il petto: "Qui volevano creare nuovi Soldati Perfetti. Lei purtroppo non ce l'ha fatta e come lei, molti altri."
"L'unico successo, per diverso tempo, sono stato io."
Nessuno si aspettava di sentir parlare il Soldato d' Inverno e realizzare l'istante dopo di essere ancora vivi per poterlo raccontare. La sua presenza era la prova che i fantasmi potevano esistere e comparire all' improvviso, seguiti da una scia di sangue che si gettava nel buio del passato.
"Volete davvero farmi credere alla storia degli esperimenti condotti con un Siero su un essere umano?"
"Lo avete già fatto una volta, mi sembra."
L'osservazione di Steve era pacata ma definitiva.
"Signore, dica ai suoi di abbassare le armi. Il Sergente Barnes non farà del male a nessuno."
"Mi riesce estremamente difficile crederlo, Capitano."
"Non penso voglia una dimostrazione in senso contrario."
James sorrise storto e con un pizzico di sollievo, nel vedere abbassarsi le canne dei fucili dopo una battuta simile. Renly sostenne con fierezza il suo sguardo; doveva essere davvero uno con le palle d' acciaio per rimanere tanto impassibile ed era una delle prime caratteristiche da mostrare se si voleva andare d' accordo con lui. Un nuovo lui, dove il Sergente Barnes aveva stretto la mano all' uomo nato dalla neve e dalla morte.
"Cominciate la perquisizione. Avvisate l' unità dell' NCIS."
"E il Soldato d' Inverno? Lo arrestiamo?" domandò uno degli ufficiali. Qualche metro dietro di lui, Clint sbuffò.
"Mi sembrava di aver parlato in un inglese chiaro e comprensibile" borbottò, rassegnandosi a nuove discussioni. Il gesto secco di diniego di Renly lo calmò visibilmente.
"Qualcuno garantisce per lui?"
"Io."
"E io."
Steve si voltò di scatto, scontrandosi con l'espressione tronfia e divertita di Tony. La commozione passò rapida e s'impresse con tutto il suo peso sul cuore del Capitano; sapeva che l'amico non avrebbe tollerato esternazioni pubbliche di gratitudine, quindi si limitò a un' occhiata di sincero rispetto.
"Immagino che non esistendo più lo SHIELD, prima di passarvi la palla ci vorrà del tempo. Il Sergente Barnes non lascerà la città e così potremo produrre un dossier che penso troverete estremamente istruttivo. Si divertirà anche la Commissione per la Sicurezza Nazionale, ne sono certo."
L'ispezione non aveva molta importanza per i Vendicatori e il Soldato; lasciarono che fossero i nuovi arrivati a occuparsi del trovare, ciascuno a proprio modo, la sequenza da dare ai pezzi di quel mosaico grondante sangue, prevaricazione e lucida follia.
James si avvicinò a Stark. Un tempo ben più esperto di fiumi di parole sarcastiche e ironiche, ora non sapeva cosa dire e cosa era giusto fare per far comprendere a quell' uomo quanto gli dovesse. Alla fine optò per il silenzio e una speranza, rappresentata dalla sua mano destra alzata timidamente verso di lui.
"Ti costerà una mia accurata scansione del tuo braccio, lo sai?"
"E' uno scambio accettabile."
Steve alzò gli occhi al cielo ma non commentò.
Uno degli agenti si avvicinò a Renly; la sua calma era tradita dalle occhiate scoccate verso il Soldato.
"Qui sono state prigioniere diverse persone. Abbiamo trovato sei celle."
"Sette, con quella centrale dove tenevano la ragazza."
Il supervisore congedò il suo subordinato. Alzò le sopraciglia ispide, piazzandosi di fronte a Stark.
"Immagino sia a voi che debba chiedere cosa fare."
"Mettiamola così; si fida della sua squadra?"
"Naturalmente."
"Penso che fosse la risposta standard che davano anche allo SHIELD prima di scoprire di avere il serpente nel letto."
La constatazione era già umiliante da sola e venne rafforzata da un cupo cenno affermativo da parte del Capitano.
"Fate liberare il laboratorio. Ci penseremo noi."
Il sopraciglio destro scattò più in alto, corrugando la fronte in una ruga perplessa. "E' un modo per dire che terrete sotto chiave le prove?"
"Non tutte."
Il bluff, che Tony avrebbe sempre chiamato "trattativa", stava per giungere al culmine. Se Renly avesse declinato la proposta, Jarvis avrebbe avuto un nuovo nome su cui indagare per trovare nuove tracce dell' HYDRA o di qualsiasi altra mano ci fosse dietro quelle basi sparse per il mondo; nel caso avesse accettato, voleva dire un po' meno fango nell' oceano di sabbie mobili in cui presto ci si sarebbe dovuti tuffare, più la possibilità di non far trovare un certo scettro e avere il tempo per spedirlo in un luogo molto più consono alla sua esistenza e molto più lontano da loro.
Il nuovo problema prevedeva il mettersi in contatto in tempi brevi con un certo Principe in esilio, valutare secondo teorema un trasporto attraverso lo Spazio e le Dimensioni e concludere con un risultato in cui Asgard era la variabile finale.
La prospettiva gli dava la carica di dieci caffé espresso amari, gli stessi che beveva nell' arco di una giornata. Senza tralasciare un dito del suo wisky prediletto.
"Radunate gli uomini!"
Oh, ecco qualcuno di ragionevole.
"Facciamo arrivare la Scientifica militare. Signor Stark, ci seguirà?"
La domanda era tesa anche agli altri Vendicatori. Sam decise di muoversi solo dopo aver ricevuto un cenno affermativo da Steve; Natasha sembrava decisamente poco propensa a lasciare incustodito il corpo della giovane telepate. Quello che accadde fece strabuzzare gli occhi ad Iron Man e far nascere un moto di stupore genuino persino sul volto di Clint.
James carezzò la fronte esangue della creatura e mormorò all' agente qualcosa in una lingua astrusa, tutta intessuta su vocali mangiate da consonanti. Qualsiasi cosa le avesse detto, ebbe l'effetto sperato: la Vedova Nera annuì forzatamente e posò il corpo su un tavolo, componendole le mani in grembo. Non si voltò indietro uscendodalla stanza, accodandosi alla prima parte della squadra.
Russo.
James aveva usato la lingua russa per parlarle; per quanto Steve, negli anni della guerra e grazie alla facoltà sviluppate dal Siero, ne avesse imparate diverse, poteva desumere l'origine di quella appena udita grazie alla confessione di Bucky.
La domanda che avrebbe voluto fargli venne vanificata da un colpo di tosse.
"Sì?" domandò stancamente, rivolto a Tony.
"Prima non stavo mentendo a Mister Orso. Dobbiamo occuparcene noi. Tu e il Sergente, nella fattispecie."
"Per ottenere cosa?"
"Quello che promettesti a mio padre. E sei in deplorevole ritardo."
Steve si ritrovò a dargli ragione prima ancora di capire cosa stesse facendo.
Gli occhi azzurri, affaticati e rossi, spaziarono nell' ambiente. Un punto di dolore, martellante e profondo, prese a pulsare tra le costole compresse dalla forza telecinetica scatenata dalla cavia di quell' uomo.
Il Barone.
"Hai nascosto tu lo scettro?"
"Naturalmente."
"Lo porterai fuori di qui?"
"Un ammasso di ferraglia, per quanto molto tecnologica, è un nascondiglio utile. E non guardarmi in quel modo!"
"Voglio sincerarmi che il tuo amore per la Scienza non valichi i confini stabiliti."
"E io che pensavo stessi davvero diventando più elastico!" si lagnò Tony, armeggiando con quando resta della nuova Mark per caricarla su un carrello e andarsene.
La battaglia si era risolta in una vittoria temporanea, ingannevole come un pareggio. Era stato fatto un passo avanti ma la strada era ancora lunga e poteva sempre condurre alla casa di una Strega Cattiva oppure al confine della foresta, alla libertà
Curioso come le fiabe e i racconti fossero divenuti mattoni fondamentali per le sue metafore. Era così da quando una ragazza vestita di rosso e con delle orecchie da gatto su un cappello gli aveva fatto conoscere piccoli hobbit coraggiosi e anelli magici. Stava vedendo cosa poteva fare tanto potere; per distruggerlo, doveva cominciare col provocarlo.
"Mi sembra il momento giusto per dirti che mi ricordo, cosa ti ho detto in quel pub."
Bucky inserì un caricatore nuovo nella sua mitragliatrice.
"Non volevi seguire Captain America."
"Infatti. Ma il ragazzino scemo di Brooklyn sì."
Casetta di marzapane e strega cattiva. Limiti del bosco, stelle nel cielo. Poteva esserci tutto questo ad aspettarlo ma ora, Steve aveva la certezza di aver già ritrovato un luogo dove fermarsi, posare lo scudo e sentirsi abbracciare.
Adesso, lui e James potevano procedere insieme a spuntare la prima voce della loro lista: sconfiggere l' HYDRA.
Mentre risalivano verso il magazzino da cui erano entrati, Tony e Sam avvertirono a molti metri di distanza gli echi di esplosioni e scosse provocate dal metallo divelto e distrutto.
"Sapranno cosa tenere?" s'interrogòil Maggiore.
"Jarvis esiste per questo, Wilson: a fare da promemoria per due uomini anziani troppo in forma."


La porta era un quadrato di luce bianca incastrata in un' opprimente cornice nera. Era ancora cosìlontana da sembrare irraggiungibile, un miraggio tremante nel buio causato dal black out totale piovuto nei sotterranei quando Captain America e il Soldato d' Inverno avevano portato a termine la loro missione nel più definitivo dei modi.
La ragazza-crisalide era stata portata via da alcuni paramedici fatti intervenire appositamente; una coppia di giovani infermieri, che sicuramente si sarebbero chiesti per molti mesi, forse anni, di quale scampolo d' Inferno erano stati partecipi.
Steve alzò gli occhi verso la fine del corridoio; le forme lontane e scintillanti dei marmi della Sala degli Impressionisti sembrò il più bello dei quadri, il primo dipinto visto dopo un lungo periodo di cecità.
Il passo successivo gli disegnò una smorfia sul volto sporco di fuliggine e sudato. I capelli lo erano altrettanto e arruffati; con tutta probabilità Tony avrebbe dovuto realizzargli un nuovo elmetto.
"Tutto bene?"
Solo Bucky avrebbe potuto accorgersi dell' incertezza nel modo di muoversi del suo amico; anche se non potevano vedersi, Steve sentiva il peso del suo sguardo grigio addosso.
"Era davvero dotata di una forza sovrumana. Mi ha stritolato!"
Inutile specificare a chi si fosse riferito; James gli sollevò il braccio sinistro e se lo passò attorno alle spalle; lo raggiunse lo sbuffo di una risata.
"Cosa c'é di divertente?"
"Nulla."
Era un nulla denso di immagini, ricordi, momenti condivisi.
Bucky che lo aiutava a rimettersi in piedi dopo una rissa, Bucky che sapeva sempre quando ci voleva un caffé; Bucky che era stato il primo a bussare alla porta di casa Rogers il giorno in cui sua madre aveva capito di non poter più combattere.
"Non lo facevo per pietà"
Quindi anche lui stava pensando alla loro infanzia. La risata svanì, sostituita da una consapevolezza leggera e granitica insieme, fatta di certezza e fiducia ritrovate.
Continuarono ad avanzare, l' uno che sosteneva l'altro.
"Lo so. Non mi hai mai compatito."
L'uscita cominciò a diventare sempre più grande, sempre più vicina; i colori e le forme, vaghi accenni astratti di un mondo normale ma ora sporco nel sapersi di nuovo minacciato, divennero colonne e tele dipinte, vociare concitato e sequele di ordini.
Appena emersero, una macchia rossa si delineò al loro fianco.
Natasha era accanto agli agenti della squadra di Renly, le braccia conserte e gli occhi felini che mutarono espressione nel vedere James. Steve ebbe la visione sconcertante del Soldato mentre deglutiva, prigioniero di un imbarazzo di cui era impossibile chiedere scusa.
"Mi sono perso qualcosa?" domandò finalmente.
"Dopo" tagliò corto l'altro; vedendo che nessuno lo fermava, attraversò la stanza diretto verso l'atrio principale del palazzo, sempre puntellando un Capitano un po' stropicciato.
Clint era accovacciato su uno sgabello, la schiena contro il muro, una faretra mezza vuota sulla schiena e in mano una bottiglia d' integratori di sali minerali. Quando di accorse di loro, il volto scolpito da un' accetta perse durezza e compostezza. Un uomo di origini inglesi come lui non avrebbe mai sorriso per davvero ma il pollice destro alzato verso di loro valeva più di qualsiasi pacca sulla spalla condita da risate cameratesche.
Sam stava parlando con una squadra d' assalto della SWAT; a giudicare dal tono troppo calmo delle risposte, stava ribadendo concetti più e più volte per far credere qualcosa. Si congedò dall'interrogatorio con uno spiccio cenno del capo non appena vide chi lo stava raggiungendo; l'ingresso arioso e neoclassico del Brooklyn Museum era un ronzante alverare, brulicante di attività che scemava non appena i vari attori si accorgevano di chi stava arrivando.
"E quello?" domandòJames inarcando un sopraciglio; lo zigomo destro del Maggiore era gonfio e segnato da una cicatrice.
"Non hanno avuto abbastanza mira. Sto aspettando una dolce infermiera che mi ricucirà col suo bel sorriso."
Passi pesanti riverberarono sul marmo; un gruppo di sei persone, tutte con addosso una tuta ignifuga, guanti in lattice già calzati e armate di grosse valigette di metallo, li affiancarono per pochi secondi e si diressero nel punto dove era stato scoperto il passaggio segreto.
"NCIS, di sicuro. Dovranno fare i primi rilevamenti. Avete lasciato intatto qualcosa?"
"L'essenziale." James sogghignò, imitato malamente da Steve; continuava a guardare verso il cortile, la mandibola tesa e serrata.
Doveva arrivare. Sperava con tutto se stesso fosse così.
Il SUV svoltò tenendo un' alta velocità; per non sbandare eccessivamente, si produsse in un mezzo testa coda che lo portò a parcheggiare in qualche modo accanto alle volanti della Polizia Metropolitana e i mezzi blindati della Guardia Nazionale. L'auto non era ancora del tutto ferma quando le portiere posteriori si aprirono all' unisono.
Pepper cercò di trattenere la ragazza scesa dall'altra parte. Fu inutile.
Gli occhi di Steve si allargarono; il petto sembrò fare meno male, di fronte a quanto stava vedendo.
Incurante dei lampeggianti, degli sguardi perplessi e sbigottiti di militari e agenti di lungo corso, Andy stava superando il cordone di sicurezza correndo verso la scalinata.
L'alba fece capolino da Est, rendendo il grigiore del cielo simile a madreperla. Il sole si divertì a illuminare i lunghi capelli scuri, sciolti e scarmigliati, che si gonfiavano a ogni salto.
Andy percepiva il battito sincopato e veloce del cuore nelle orecchie. Chiese scusa, si fece largo, evitò una mano che era scattata con la presunzione di bloccarla.
Dovevano solo provarci; probabilmente, con tutta l'adrenalina da scaricare, sarebbe stata capace di liberarsi con un morso. Affannata, trepidante, salì i gradini due a due, fermandosi solo un istante per esitare e guardarsi in giro.
Uniformi, messaggi radio, poliziotti e militari. Volti sconosciuti e nessuna traccia di chi stava cercando.
Non era ancora del tutto ferma quando trovò Steve e James; la preoccupazione, l'ansia, il terrore si dissolsero come gli ultimi scampoli di quella notte terribile e il mattino poté davvero disegnare la sua splendida aurora sporca di smog anche per lei.
Tornò a correre, capelli al vento e lacrime trattenute agli angoli delle ciglia.
Steve avvertì Bucky sfilarsi via.
Le braccia della ragazza si strinsero violentemente attorno al collo e quelle di lui ricambiarono immediatamente, avvinghiandosi con tanta forza attorno ai suoi fianchi da sollevarla da terra.
Quando la sua fronte si nascose contro la curva del collo, quando il tremore del respiro sfiorò la pelle lasciata libera dalla divisa lacera, Steve comprese di essere tornato a casa.
Nessuna strega, nessun prato sotto le stelle ma Andunie.
Chiuse gli occhi e lasciò che i pezzi in cui il mondo aveva tentato di rompersi si rinsaldassero.
Non c'era davvero più bisogno di correre.
Ad entrambi occorse diverso tempo prima di accorgersi che qualcuno stava cercando, con schiarimenti di voce prossimi alla raucedine, di richiamare la loro attenzione. Per la prima volta, insieme, maledissero lo spirito da Suocera Pettegola di un certo amico.
"Per quanto sia lieto di vedere il ghiaccio sciogliersi, penso sia meglio riportare Dama Luthien al castello."
I piedi di Andy tornarono a sfiorare il pavimento; mancò davvero poco a un suo indecoroso scivolare a terra per l'imbarazzo e la sorpresa.
Tony stava davvero parlando di lei? Con un soprannome simile?
"Signor Stark, capirla è sempre un dilemma ma credo di essere d'accordo."
L' agente Carter, la giovane donna dal sorriso rassicurante che aveva condotto lei e Pepper al museo, annuì incrociando le braccia.
"La Stampa stia già cominciando ad arrivare. Se trovassero qui la ragazza il cui rapimento ha dato il via a tutto questo, non riusciremmo a trattenerli."
Il braccio sinistro di Steve allentò la presa sulla schiena di Andy ma non la lasciò.
"Sharon, ti ringrazio" proclamò con la solenne semplicità che sempre usciva in momenti simili.
"Sono abbastanza sicura che dovrei farlo io" argomentò lei in risposta. "Non pensavo mi avresti dato la possibilità di riparare al mio errore."
Osservò per qualche secondo la coppia e un nuovo sorriso, quasi sollevato per quanto mesto, le increspò le labbra.
"Ho chiesto a Romanoff di portare uno dei nostri mezzi sul retro. Andate, così la signorina Martin potrà avvisare i suoi genitori che tutto é finito."
"Un momento!"
Ad Andy non importò di essere, un' altra volta, al centro di un' attenzione indesiderata. Scoccò un'occhiata preoccupata al Capitano, che poi scivolò timida su James.
"Non lo arresterete, vero?"
"Signorina Martin..." Sharon era in palese difficoltà.
"Mi ha salvato la vita." Anche la sua voce non scherzava, se si trattava di dare il giusto tono a una gratitudine tanto profonda. "Vi prego, non dimenticatelo."
Bucky si umettò appena le labbra, per lavare via il velo della vergogna e percepire sotto di esso l' affetto incontrollabile e sincero nato per la ragazzina. Ebbe la certezza che le loro vite, legate insieme dalla paura e dalla violenza, non si sarebbero più sciolte.
"Vai a darti una sistemata. Ci vedremo più tardi."
Un lampo d'acciaio verde intriso d'ironia lo fece ridacchiare.
"Parla quello che si crede irresistibile con la divisa tutta strappata", chiosò con un sorriso pestifero.
Andy se ne andò ma non quello che aveva voluto dirgli realmente.
Se il Soldato d' Inverno era riuscito a trovare una persona amica quando era ancora prigioniero della tempesta, incapace di vedere dove stesse andando per uscirne, forse poteva davvero combinare ancora del buono.
"Seconda possibilità", sussurrò, ricordando Natasha quando glielo aveva detto. Deciso a comportarsi bene, andò ad avvicinarsi all' altro garante ancora presente, non vedendo Occhio di Falco richiamare l'attenzione di Sharon con un cenno del capo.
"Agente Barton..."
"Agente 13", ricambiò il saluto l'arciere, finendo la sua bottiglietta con un ultimo, generoso sorso.
"Non è più il mio nome in codice."
"Nemmeno io sono più un agente in servizio, se vogliamo stare a guardare ai cavilli tecnici." I suoi occhi azzurri, piccoli e penentranti, osservarono Steve ed Andy dirigersi al loro appuntamento con Natasha.
"Perché non glielo ha detto?" chiese all'improvviso, sapendo di far irrigidire la donna.
"Il mio cognome è sempre stato un peso. Volevo evitare che il Capitano mi guardasse come fanno tutti."
"Oppure non voleva dargli altri rimpianti?"
Sharon non seppe cosa dire per diversi istanti. Alla fine si decise a scrollare le spalle.
"Mia nonna avrebbe voluto così. Sarà contenta di sapere che ora anche lui ha la possibilità di essere di nuovo felice."




Il ritorno alla Torre fu simile a un lento, progressivo risveglio da un incubo durato una notte intera.
Aveva cercato di non seminare indizi allarmanti ma vedendosi riflesso nello specchio del bagno, James realizzò di essere un livido ambulante.
La lotta nei sotterranei aveva lasciato i suoi marchi sul petto e le braccia: contusioni multiple, già tendenti al viola, nuovi graffi e i postumi del rovinoso volo contro il muro di metallo del corridoio generato dalla granata stordente. Avrebbe anche dovuto radersi, non appena il taglio sopra il labbro avesse smesso di sanguinare; lo tamponò con forza con una salvietta asciutta fino a quando non vide i primi segni di stagnazione.
Sciolse i capelli dal codino in cui li aveva legati, operazione assai difficoltosa dal momento che il solo alzare le braccia si traduceva in una lunga, sorda scarica di dolore lungo i dentati e le relative costole.
Aveva chiesto a Jarvis di suonare un po' di musica; l' I. A. aveva prontamente obbedito, riproponendo il brano al piano forte tratto da quel film, Orgoglio e Pregiudizio.
Ora ricordava chi fosse la bambina vista in quel frammento di passato: sua sorella minore, Elizabeth. Adorava leggere e adorava la protagonista del libro scritto da Jane Austen, perché condividevano lo stesso nome. Il peso di quanto aveva perduto era pari a quello di quanto gli era stato negato di vivere; l'umano egoismo di avere accanto Steve non lo avrebbe salvato perché i due amici non erano più soli. Anche se non osava sperare di avere accanto la sua malienki.
"Serve una mano con i pantaloni, Sergente?"
James era ancora mezzo nudo, quando Natasha rese nota la sua presenza con un passo più forte contro il tappeto della sua camera da letto. Lo sguardo della donna perse ogni stilla maliziosa, continuando a sfiorare da lontano le cicatrici, i tagli ancora rossi sulla pelle abbronzata.
"Non ti eri già presa una rivincita? Oppure ti piace sorprendermi alle spalle?"
"Devo pur mostrarti che hai avuto una buona allieva."
James sbuffò una risata, andando a prendere da sopra una sedia una maglia pulita. Pessima idea.
Infilandola, per poco non gli mancò il fiato a causa di una nuova fitta pulsante schizzata lungo tutta la schiena.
Qualcuno afferrò delicatamente i lembi di cotone dell' indumento e lo aiutò a finire di vestirsi. Tornando a vedersi, Natasha sorrise con la gioia incomprensibile di chi fa le cose per istinto.
"Perché lo hai fatto?"
"Non lo so."
Erano destinati a questo, ora? A domande vaghe con risposte altrettanto vaghe? Il Sergente decise di ribellarsi e questa volta nessuno lo avrebbe fermato.
"Cosa siamo noi ora, malienki?"
Malienki.
Era questo che le aveva sussurrato nell' orecchio, la prima volta che avevano fatto l'amore. Un incontro frettoloso, un problema di troppi strati di vestiario da eliminare senza il tempo materiale per farlo e una voglia urgente di sentire qualche centimetro della pelle dell' altro libero di toccare la propria.
"Non lo so, uchitel."
Il suo sgomento era sincero. Come la mano destra che andò a carezzargli le guance.
"Ti stavano portando via da me un' altra volta. Non potevo permetterglielo."
"Io invece so bene cosa voglio permettermi."
I loro baci non erano mai stati una parentesi tenera, un piccolo mondo di dolcezza e sentimento.
Nemmeno il primo che si erano scambiati, nel bosco addormentato dall' ultima nevicata, il giorno in cui Natalia era fuggita dalla base per mostrare al suo maestro e ai superiori di essere diventata tanto brava da eludere una sorveglianza dove ferro spinato e tortura costituivano la malta delle mura dentro cui era stata relegata.
Avevano lottato.
Il pugno sinistro di lui aveva colpito duramente sul plesso solare, il calcio di lei era volato a trovare il fianco esposto da una mossa d'attacco. Lame di pugnali avevano lacerato vestiti e pelle e il sangue aveva reso l'inverno meno bianco e candido.
E poi?
Si erano guardati. I visi a meno di una spanna. Il Soldato schiacciato sopra la Bambina di Neve, una donna giovane, bellissima, il corpo caldo palpitante racchiuso da una divisa termica.
Si guardarono anche ora.
Niente furia, niente istinto animale.
Le labbra di James chiesero ed ottennero, lente e implacabili. Quelle di Natasha risposero, arrendevoli fino a quando i denti non si chiusero delicatamente in un lungo, agognato morso.
"Steve sta aspettando Andy. Vuoi...andare a chiamarla tu?"
Poteva sembrare il momento meno adatto e il commento ancora meno adatto visto che si stavano abbracciando. James sorrise e annuì.
Erano gli scampoli di normalità necessari prima di affrontare una nuova tempesta. Quella che stava nascendo al Campidoglio, a Washington.
Sapeva bene che senza le garanzie fornite da Steve e Stark, non avrebbe potuto lasciare Brooklyn da uomo libero. Il momento di fronteggiare il lago di sangue generato quando serviva l' HYDRA alla fine era giunto.
Si diresse alla porta, avvertendo il primo soffio di benessere rendergli meno difficoltoso camminare; c'erano degli indiscutibili vantaggi, a essere un Super Soldato.
"Non ti porteranno via?"
La domanda lo fece voltare di scatto. Natasha sembrava respirare lentamente, a fatica, gli occhi dilatati. Non c'erano maschere sui lineamenti da bambola di porcellana, se non quella, l'ultima, di una donna confusa da un sentimento a cui non voleva rinunciare.
"No, malienki."
Li avevano dovuti separare con la forza. Le loro mani si erano lasciate a fatica.
Avevano una seconda possibilità entrambi, per scoprire chi erano e se, forse...
"Ne 'v etot raz."
Non questa volta.




"Andunie?"
La trovò in piedi, di fronte a una delle grandi vetrate della sua camera, intenta a osservare il cielo limpido di New York.
Anche lei si era cambiata per il viaggio di ritorno a SoHo; aveva chiuso sopra una maglietta un giubbotto di pelle nera, che nascondeva la grossa e arruffata treccia con cui aveva tentato di dare un po' di ordine ai capelli. Contro il petto reggeva l'album da disegno regalatole da Steve.
Si voltò verso il nuovo arrivato con un grosso, tronfio sorriso.
"Jamie!" esclamò tutta contenta.
James corrugò comicamente le sopraciglia, ficcandosi le mani nelle tasche dei jeans. "Prego?"
"Jamie", gli venne ripetuto con aria saputa. "Ho deciso che il mio soprannome per te sarà Jamie."
Ci stava pensando da diverse ore, ormai; da quando il mondo era ancora ovattato e sicuro, i confini rappresentati dalle braccia muscolose di Steve e dalla loro stretta forte e protettiva. Bucky rimase interdetto ancora per un po', prima di scoppiare a ridere.
"Cosa c'è?". La sicurezza di Andy svaporò in un secondo. "Non... non ti piace?"
"Guarda che Bucky andrà benissimo."
"Ma- io pensavo..."
Il Sergente si avvicinò e le diede un leggero buffetto sulla spalla.
"Lo so cosa pensavi. Credevo anche io di non poter più sentire mio il nomignolo che mi accompagna, approssimativamente, da quando sono nato. E' parte di me, come l'uomo che lo porta; me lo avete fatto capire voi testoni."
Sempre parlando in termini approssimativi, James Barnes non vedeva una ragazza arrossire dal Millenovecentoquaranta e in altri più certi, pensò che era una caratteristca adorabile in qualcuna che solitamente sapeva mettere a posto chiunque con una stoccata verbale.
"Sei pronta?"
"Credo...credo di sì."
Andy si guardò attorno, incapace di stabilire la fine di quell' avventura folle.
In meno di una settimana, la sua vita era cambiata per sempre. Non si trattava di un picco, il punto più alto della prima salita di una Montagna Russa; sicuramente altri giri della morte si sarebbero avvicendati ma ormai era impossibile scendere. In primo luogo, perché era lei stessa a non volerlo.
Sospirò, socchiuse le palpebre e alzò il capo verso James. Timidezza e sarcasmo erano svaniti. Il muro smaliziato eretto contro il mondo aveva lasciato aprirsi una breccia.
"Grazie."
"Per cosa?"
"Per avermi salvata. Per avermi portata da Steve. Non te lo avevo ancora detto."
"Condurti da lui era l'unico modo per ripagarti di quanto hai visto."
"Lo so. Ma non riuscirai a farmi dimenticare che devo a te molto più della mia vita."
Sospinse verso di lui l'album da disegno. "Qui c'è un regalo chiestomi dal Capitano. Riguarda anche te, vorrei glielo consegnassi quando tornerà, prima della partenza per Washington."
"Andunie..." tentò di argomentare, di opporre resistenza. Si trovò davanti un minaccioso dito indice ben dritto.
"Ripeto a te quanto ho già dovuto dire a Steve: non trattatemi come una bambina, per favore. Ascoltami attentamente, perché non sono capace di dare voce a quanto provo veramente senza usare un po' di sarcasmo, ok? Ho pochi minuti di autonomia, quindi non interrompermi."
Ottenuto un riluttante assenso, Andy prese un profondo respiro: "Se tu non mi avessi seguita, se non mi avessi liberata, avrebbero fatto a me quanto hanno fatto a te e a tutti quei ragazzi. Se fossi sopravvissuta, e non ne sono per niente certa, avrei perso ogni cosa che caratterizza me stessa; sarebbe stato peggio della morte. Hai ucciso; lo so. Ma ho un debito con te e per come la penso io, non riuscirò mai ad estinguerlo."
Le mani si posarono sulle spalle di James e anche se Andy era più piccola di lui di una buona mezza testa, in quel momento le sembrò solenne e autoritaria come se potesse guardarlo negli occhi senza fatica.
"Non voglio perderti, Bucky. Qualsiasi cosa una dannata Commissione deciderà, spero che la nostra amicizia sopravviverà."
Il silenzio divenne il sigillo perfetto su una confessione importante.
Passarono i secondi, che divennero minuti.
Certe odiose, scomode fontanelle di sudore diaccio sbocciarono al centro dei palmi della ragazza. Un' altra volta.
"Dovresti rispondermi, a un certo punto."
Ancora silenzio. Gli occhi di Bucky erano pozze trasparenti e fragili.
"Senti, se ho esagerato e ti ho messo a disagio, scusami. Te l'ho detto, io sono una frana a parlare senza battute, mi-"
Andy si sentì scappare un rantolo, mentre veniva afferrata e abbracciata.
Non c'era nulla del calore languido e travolgente che la spingeva a schiacciarsi contro Steve, solo riconoscenza, affetto nella sua forma più goffa e vera reperibile sulla faccia della terra. Le fredde dita d'acciaio della mano sinistra di Bucky le sfiorarono il capo, divenendo tiepide al semplice contatto. E poi la spostò davanti a sé.
"Ci rivedremo. Te lo prometto."
"Sappi che prendo molto seriamente le promesse."
"Oh, anche io."
Perché sarò con te fino alla fine...
Uscendo, vennero fermati da Tony e Pepper, con Sam un passo indietro intento a godersi una delle ciambelle della colazione arrangiata nell' attico dopo il ritorno della squadra.
"Non penserai di portarla al Capitano senza farcela salutare?"
"E rischiare che tu mi porti via il braccio? No, grazie."
Stark ridacchiò gongolante e si produsse in un esagerato inchino di fronte a Andy. "Non ho anelli magici da offrire, Dama Luthien ma qualcosa di più utile."
Aveva pensato ben mezz' ora per intessere un piano efficace a protezione della ragazza che, dettaglio del tutto trascurabile, era diventata la compagna dello scapolo scongelato più desideratoe pericoloso d' America.
"Memoria espandibile, accesso ai database musicali di Jarvis che ti piacciono tanto, linea sicura. Avevo pensato a una nano macchina iniettabile per localizzarti ma qualcuno ha minacciato di usare i miei archi plantari come puntaspilli per le sue Manolo."
Pepper sbuffò, gli occhi al cielo; un sottile pacchetto infiochettato e chiuso da una carta argentata finì tra le mani di Andy. La donna la strinse forte.
"Stai molto bene con questa giacca."
"Hai un ottimo gusto, Miss Potts ma non posso davvero accettare l'intero guardaroba che mi hai procurato."
"Rimarrà qui per le emergenze. E per darti il benvenuto ogni volta che vorrai."
Sarebbe stato molto sciocco mettersi a piangere di fronte alla fidanzata di Iron Man; Andy optò per un energico cenno affermativo.
"Maria?"
"Sta preparando tutta la documentazione per il Ministero della Difesa" intervenne Sam con un sorriso mesto. Simultaneamente, sia lui che Andy cercarono lo sguardo di Bucky.
"Niente promesse strappa lacrime!" supplicò Tony con voce esausta. "Certo, sarà terribile, impossibile e umiliante ma abbiamo visto tutti di peggio. E non è da sottovalutare la leva della corruzione... scherzavo, cuore mio!"
Dopo l'ennesimo attentato all' integrità fisica del signor Stark, ci fu il tempo per altri abbracci e raccomandazioni. Di un ultimo scampanellio dell' ascensore, di altre promesse scambiate sul filo di uno sguardo e quindi una fine che segnava un nuovo inizio.
Bucky rimirò lungamente l'album da disegno e sollevò la copertina solo dopo aver tacitato i sensi di colpa; Andy aveva accennato riguardasse anche lui, non stava violando nulla.
Erano stati ritratti due volti: il primo ovviamente era Steve, gli occhi sbarrati e la bocca dischiusa in un' espressione di stupore, meraviglia e timore tanto forte e inarrestabile da distruggere la nobile calma che solitamente cristallizzava i suoi lineamenti.
Aveva combattuto, si era fermato. Per guardare chi aveva di fronte.
L'altro uomo aveva calcato in testa un cappellino, sopra di questo un cappuccio logoro e strappato. La barba era ispida, i denti in mostra come quelli di un lupo ma il suo sguardo-
James si rese conto di star reprimendo un singhiozzo.
L'abile mano di una giovane artista aveva fermato su un foglio il momento in cui due amici si erano ritrovati, a Central Park.
Una sola settimana prima.
Lesse il titolo e sorrise, deciso a tornare da Natasha per mostrarle il disegno.
Ti ho trovato.






Angolo (tetro e buio) dell' autrice: ultimo capitolo. Sento che dovrei aggiungere altro ma davvero, non ne ho la forza perché ho realizzato che siamo ormai alla fine.
Una piccola comunicazione di servizio: l' Epilogo verrà pubblicato giovedì prossimo e non venerdì. Come regalo di Natale, il primo. Perché ce ne sarà un secondo, una sorpresa speciale scritta proprio per queste feste.
Buona lettura e un immenso, grandissimo abbraccio!
Maddalena












































 
  
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