18)Il mare
Due settimane
dopo il pranzo con Rat la situazione è tornata perfettamente
alla normalità.
Ava e Tom si
parlano e lui ha ripreso a darle lezioni di chitarra, la cosa mi rende
piuttosto felice, ma anche triste in un certo senso. Tra poco ce ne
dovremo
andare e mi mancherà mio fratello e – in fondo
– anche questo posto.
È proprio in una
di queste crisi di malinconia acuta mi trova Johnny.
“Ehi, tutto bene,
Chia?”
“Uhm, sì. Cioè, non proprio.
Sono felice di
tornare sulla Terra, ma allo stesso tempo mi mancherà mio
fratello e questo
posto.”
“Capisco quello che vuoi dire, ma per noi qui non
c’è posto.
Suona strano che
lo dica io, ma la nostra vita è ormai altrove.”
“Hai
perfettamente ragione.”
Rimango un attimo in silenzio.
“Prima di
andarmene mi piacerebbe vedere il mare, mi accompagneresti?”
“Certo, ma dovresti portarti dietro la tua
famiglia.”
“Sì, ovvio
verranno anche loro, ma saranno un po’ tagliati fuori da
quello che significa
per noi.”
Il mio sguardo si
perde lontano, fisso su due bambini che giocano spensierati sulla
spiaggia e
poi su due adolescenti che nuotano, si schizzano e poi finiscono per
baciarsi.
Ava e Rath sono
stati molto felici lì.
“Già, ma adesso
non siamo più loro. Ho finalmente capito che non sono
più l’alieno che aspetta
di tornare al suo pianeta, ma un terrestre con una famiglia e delle
responsabilità.”
Io sorrido.
“Mi piace
sentirtelo dire, stasera a cena chiederò a Tom di andare al
mare visto che
ormai le pozze le ha già viste.”
Johnny mi sorride, poi se ne va richiamato dalle urla della piccola
Isabel.
Come passa veloce
il tempo e come passa impietoso sulle nostre piccole vite, se ripenso a
tutto
quello che è accaduto nella mia adolescenza mi sembra sia
successo ieri, invece
sono passati parecchi anni.
In ogni caso la
crisi di malinconia se ne va così come è arrivata
e la sera sono di nuovo di
buon umore.
“Tom, prima di
andarcene ti va di andare al mare?”
Lui mi guarda
stupito.
“Ma certo!”
“Potremmo venire
anche noi!”
Suggerisce Anne,
annuiamo tutti e la proposta è accettata.
Il giorno dopo
preparo i bagagli, i miei figli sono curiosi.
“Ci divertiremo,
vedrete. Potremo fare il bagno.”
“Figo!”
Esclama Ava.
“Spero somigli al
mare di San Diego, così magari potrò fare
surf.”
“Credo potrai
farlo. Metti la tavola nell’astronave,
perché non so se le vendono là.”
Lei annuisce e
corre a metterla in macchina.
Verso sera
partiamo tutti verso il mare con Johnny alla guida, lui è
quello che conosce la
strada meglio di tutti.
Voliamo per tutta
la notte e finiamo per addormentarci tutti tranne Jo, non abbiamo
voglia di
trascorrere una notte insonne per guardare le stelle e le lune. Le lune
iniziano a starmi antipatiche dopo tutti i problemi che ci hanno creato.
Dopo non so
quanto sento un urlo che ci sveglia: è Johnny e ci fa
ammirare l’alba che sorge
dal mare.
Meravigliosa,
l’acqua sembra incendiarsi per un attimo, per poi diventare
d’oro e alla fine
ritornare all’azzurro iniziale.
Il mio amico
guida fino al hotel dove abbiamo prenotato e una solerte signora ci
accoglie e
fa scaricare il nostro veicolo da un ragazzo.
Saliamo tutti in
camera e dormiamo un paio d’ore in un letto e poi ci
svegliamo.
Scendiamo nella
sala da pranzo del hotel e facciamo un’abbondante colazione,
i miei figli
sembrano affamati come se non toccassero cibo da giorni.
Dopo mangiato saliamo
di nuovo in camera per cambiarci e mettere dei vestiti adatti per la
spiaggia e
i costumi.
Ava prende anche
la sua tavola colorata e ci segue curiosa. La spiaggia è una
distesa di sabbia
bianca che a volte scintilla come oro pallido e a volte come argento.
Affittiamo un
paio di ombrelloni e poi ci dirigiamo lì, la sabbia
è morbida e non troppo
calda e spira una piacevole brezza, in quanto al mare è una
tavola azzurra solo
leggermente increspata dalle onde.
“Non potrò fare
surf!”
Commenta
imbronciata Ava, Johnny sorride.
“Oltre la
barriera degli scogli troverai tutte le onde che vuoi.”
In effetti
davanti alla spiaggia ci sono dei frangiflutti di pietra nera.
“Posso fare il
bagno, mamma?”
“No, aspetta ancora un attimo. Hai mangiato molto a
colazione.”
“Facciamo una
passeggiata?”
Io annuisco e lasciamo la famiglia Mayer,
andando verso la battigia. Camminiamo piano, io dedico
lunghi minuti a
osservare l’acqua cristallina, in certi punti si vedono anche
delle stelle
marine di un rosso accesissimo e viola.
Ci sono solo le
grida dei gabbiani a farci compagnia e la cosa mi fa piacere, ho sempre
amato i
posti belli e solitari e non c’è niente come
andare al mare fuori stagione.
Dopo una lunga
camminata do il permesso ad Ava di fare il bagno e lei si lancia
nell’acqua con
la sua fedele tavola, raggiunge gli scogli – vedo la sua
figuretta stagliarsi –
e poi sparisce.
“Johnny, sei
sicuro che non rischia qualcosa?”
“No, non credo.
Però se vuoi puoi dare un’occhiata.”
Io e Tom ci alziamo
e ci buttiamo in acqua, nuotiamo
anche noi fino agli scogli e poi ci arrampichiamo sulle rocce nere. Da
lì si
gode una vista meravigliosa, il mare è abbastanza agitato
per fare surf, ma non
troppo per essere pericoloso.
Ava se la sta
godendo alla grande nel cavalcare le onde e devo ammettere che
è davvero brava,
così sicura di sé stessa che sembra sia nata per
vivere nell’acqua.
“Abbiamo
cresciuto una figlia molto pop-punk.”
“E non sei felice?”
“Certo. Non potevo sperare di meglio!”
La guardiamo
ancora un po’,
poi lui passa un braccio
attorno alle mie spalle e mi bacia.
Sento le farfalle
nello stomaco come la prima volta che mi ha baciato quando avevo
diciotto anni
ed ero solo un’aliena spaventata.
Dopo tutto questo
tempo amo ancora lui e lo amerò per sempre.
“Facciamo una
passeggiata io e te?”
Mi sussurra in un
orecchio.
“Sì.”
Rispondo io.
Con cautela
scendiamo dagli scogli e nuotiamo fino a riva, poi ci allontaniamo mano
nella
mano.
Passeggiamo
fino
a raggiungere un posto isolato, lì ci sediamo per terra. Lui
mi attira a sé e
io mi lascio avvolgere dalle sue braccia.
Iniziamo a
baciarci con più passione e la sua mano scende lungo i miei
fianchi dandomi i
brividi.
“Tom, potrebbero
sorprenderci.”
“No.”
Risponde baciandomi il collo e trovando il punto giusto, quello che mi
fa
perdere la ragione. Mugugno qualcosa e alzo la testa per permettergli
di
baciarmi meglio il collo. Lui sorride soddisfatto e riprende la sua
opera.
Scende a baciarmi le clavicole e poi con una mossa abile mi toglie
anche il
pezzo sopra del bikini.
Mi stringe un seno
e mi sussurra nell’orecchio: “Sei sicura che vuoi
che mi fermi?”
“No, vai avanti
per l’amor del cielo.”
Lui sorride e si
dedica ai miei seni leccandoli, baciandoli, succhiandoli e mordendoli,
facendomi gemere; la mia mano in automatico va al cavallo del suo
costume.
Lo massaggio da
sopra il tessuto, sentendolo farsi sempre più duro, lui geme
e io infilo la mia
mano dentro e inizio a masturbarlo.
Su e giù.
Giù e su.
Lui geme e infila
la mano nel pezzo che resta del mio costume e sento immediatamente un
dito
nella mia femminilità, ma diventano subito due e poi tre. Le
nostre mani
iniziano ad andare allo stesso ritmo e ci baciamo per evitare che si
sentano
gemiti troppo forti.
Stanchi dei
preliminari ci togliamo gli ultimi indumenti e lui entra in me con una
spinta
piuttosto forte che mi fa gemere di dolore oltre che di piacere.
“Scusa, piccola.
È che non sono abituato.”
Presto prende un ritmo meno violento, le sue spinte sono lente e
profonde e io
mi sento in paradiso. È meraviglioso.
Mano a mano che
ci avviciniamo all’apice aumenta la forza e la frequenza
delle spinte fino a
quando non raggiungiamo tutti e due l’orgasmo e lui si lascia
cadere su di me.
Gli accarezzo i
capelli e gli bacio le tempie, lui mi accarezza la pancia dolcemente.
“Con te è sempre
bello.”
Dico
semplicemente per non guastare questo raro momento di
intimità con le parole.
Poco dopo però
sentiamo delle voci e ci rivestiamo alla svelta, giusto il tempo di
metterci i
nostri costui che un’anziana coppia spunta dietro di noi.
“Bello il mare,
vero?”
Ci chiede l’uomo.
“Molto”
Rispondo io con
tutta la serietà che riesco a
racimolare.
Quando se ne
vanno scoppiamo a ridere tutti e due, abbiamo rischiato di farci
scoprire come
due ragazzini alle prime armi!
“Secondo te
l’hanno capito?”
Mi chiede Tom
dopo che abbiamo finito di ridere come due scemi.
“Per me la
signora sì, aveva uno strano sorrisetto.”
“Imbarazzante!”
Commento io,
coprendomi gli occhi, lui ride.
Mi piace sentire
la sua risata, la sua vera risata, erano anni che non la sentivo.
Forse è davvero
guarito, forse i dottori mi hanno ridato il mio Tom, quello che ho
imparato ad
amare follemente a diciotto anni e poi è diventato mio
marito.
Mi tende una
mano.
“Andiamo dagli
altri, ci avranno dati per dispersi ormai.”
Io la accetto e
mi alzo in piedi annuendo, in effetto siamo stati via un po’.
Percorriamo
all’inverso la nostra passeggiata e all’ombrellone
troviamo solo Anne che ci
guarda curiosa.
“Dove siete stati
per tutto questo tempo?”
Poi all’improvviso un lampo di comprensione le illumina il
volto.
“Diavolo, non
potevate farlo in albergo?”
“Troppo banale.”
Risponde insolente mio marito, Anne sorride.
“Ora ti
riconosco, DeLonge.”
“Dov’è Johnny?”
“Sta facendo
imparare a nuotare Izzie, ma molto probabilmente a quest’ora
staranno pasticciando
in acqua e costruendo castelli
di sabbia.”
Io scendo a dare
un’occhiata e in effetti c’è un Johnny
molto concentrato che sta costruendo
qualcosa insieme alla figlia, coccolandola ogni tanto e a Jonas.
Il mio amico sta
riversando sulla figlia tonnellate di affetto, forse tutto quello che
avrebbe
voluto ricevere lui da bambino e che non ha avuto, sono uno spettacolo
tenerissimo.
Torno
all’ombrellone sorridendo come un’idiota.
“Cosa c’è, Jen?”
“Uhm, niente.
Solo che Johnny che gioca con Izzie è davvero una cosa
tenerissima.”
Dico sedendomi e
godendomi un po’ di riposo.
“Lo so, sono
meravigliosi e mi sento una donna molto fortunata per averli accanto a
me.”
“Sì, ti capisco,
anche io mi sento molto fortunata.”
Ammicco a Tom che mi sorride di rimando.
Anne ride.
“Dopo tutti
questi anni sembrate ancora una coppietta di sposi appena
sposati!”
“Diciamo che in
questo momento lo siamo, in un certo senso.
Per un po’ di
tempo Tom non è stato sé stesso.”
“Giusto, hai
ragione.”
Non diciamo niente per un po’, abbiamo deciso di comune
accordo di ignorare il
periodo massone di Tom e di non fargli pesare niente di quello che ha
detto o
fatto in quel periodo.
L’importante è
che sia alle nostre spalle e che lui stia bene, poi il resto avanza.
Certo rimane
sempre la questione Mark – e della loro riappacificazione
– ma sono sicura che
andrà bene e che lui capirà. O almeno lo spero.
Ci siamo sempre
sentiti durante questi anni e ha sempre chiesto notizie di Tom, il che
significa che gli interessa ancora di lui, ma bisogna fare i conti con
quello
che il Tom dei massoni e il clone di Keisha hanno detto.
Tom è stato il
primo a rivolgere parole poco lusinghiere ai blink ed è
stato come se avesse
insultato Mark di persona, lui tiene alla band come a un figlio.
L’ha vista
nascere insieme a Tom, l’ha vista crescere e raggiungere
traguardi che nemmeno
nei suoi sogni si immaginava potesse fare e poi l’ha vita
cadere.
Questo l’ha
ferito molto e so che non sarà facile mettere da parte
questo fatto se si
riconcilierà con Tom.
No, non lo sarà
affatto, ma per ora è inutile pensarci. Siamo al mare e
sarà meglio godersi
questo periodo di pace dopo tutto quello che abbiamo attraversato mi
dico prima
di lasciare che i miei occhi si chiudano.
Poco dopo sono
immersa in un sonno leggero e costellato da incubi in cui Mark mi
accusa di
avere reso lui e Tom dei diversi e che tutto quello che è
successo è solo colpa
mia.
Mi sveglio solo
perché qualcuno mi scuote energicamente, è Anne e
mi guarda preoccupata.
“Tutto bene?
Hai parlato nel
sonno.”
“Ho avuto un incubo.”
Taglio corto io.
“Come mai mi hai
svegliato?”
“Per mangiare, se
vuoi.”
“Oh, sì. Grazie!”
Prendo volentieri un panino che mi porge Anne, lo addento ed
è buono, non le ho
nemmeno chiesto cosa ci ha messo dentro.
Che sbadata che
sono, questo incubo mi ha messo davvero di malumore e non voglio
guastare la
festa a nessuno. Lo
finisco e con un
sospiro mi passo la mano davanti alla faccia, sperando di scacciare
tutte le
mie ansie con questo gesto.
“Tutto bene?”
Mi chiede di
nuovo Tom.
“No, è solo un
incubo, te l’ho detto. Sono scema io che mi faccio
condizionare da queste cose,
scusatemi.”
“Non ti preoccupare.”
Mi risponde Tom abbracciandomi, avevo proprio bisogno del contatto con
il suo
corpo per stare bene, lui è una sorta di calmante naturale
per me.
Anche Ava e Jonas
sono tornati sulla spiaggia e li guardo mangiare.
“Vi siete
divertiti?
Ava annuisce
vigorosamente con la bocca piena.
“Il mare è come a
San Diego, se non meglio. Ho surfato benissimo!”
Jonas la guarda un po’ invidioso.
“Tu cosa hai
fatto, cucciolo?”
“Ho costruito castelli con lo zio e Izzie e poi abbiamo
provato a nuotare.
Anche io voglio
imparare a surfare, mamma! Posso?”
“Sei troppo piccolo
e poi prima devi imparare bene.”
Lui sbuffa.
“Tutte le cose
divertenti le fanno solo i grandi.”
“Non proprio, lavorare non è divertente.”
“Ma tu ti
diverti, papà.”
“Io sono un
eccezione, perché sono riuscito a trasformare quello che mi
piace in un lavoro,
non tutti ci riescono, la maggior parte si adatta a fare quello che
può per
sopravvivere.”
Jonas rimane in
silenzio – assorbendo le parole del padre – e poi
chiede un altro panino ad
Anne.
“Tu cosa vuoi
fare, JoJo?”
“Costruire cose sembra divertente.”
“Magari sarà un
ingegnere…”
Commento sognante io.
“Mh, forse.
Magari sarà un musicista anche lui.”
“No!”
Esclama Ava.
“Sono io l’altra
musicista di famiglia e non lascerò che questo microbo mi
rubi il ruolo!”
Ridendo inizia a
strofinare la testa del fratellino con le nocche, Jonas si ribella
calciando
sabbia un po’ ovunque. Noi ridiamo.
Non è molto
importante cosa faranno i miei figli, l’importante
è che siano felici.
Il resto del
pomeriggio trascorre tranquillamente, dopo pranzo dormiamo tutti sotto
l’ombrellone e poi facciamo un bagno tutti insieme.
Tom si mette in
un angolo con Jonas e gli insegna a nuotare, Johnny tenta di fare lo
stesso con
Izzie, ma tutto quello che riescono a fare è sollevare una
buona quantità di
schizzi e fare ridere i due cugini.
Jonas – il più
grande – è
quello che fa più progressi,
ma è lontano il giorno in cui potrà fare surf.
Ava, da parte
sua, salta di nuovo oltre i paraflutti e torna a surfare. Io invece mi
godo una
nuotata in pace, erano anni che non venivo qui e in un certo senso
questo posto
ha conservato la magia che aveva quando io ero ancora Ava.
Ceniamo in
albergo e poi ci disperdiamo nell’esplorare le bancarelle
della marina, sono
tutte molto carine e piene di cose interessanti.
Ava si compra un bottiglietta piena di uno strano liquido azzurro che
brilla
leggermente, io glielo permetto dopo aver avuto la conferma dal
commerciante
che non fosse pericoloso.
Alle undici
precise ci ritroviamo di nuovo su una collinetta vicino alla spiaggia
per
vedere i fuochi d’artificio che ci sono in programma questa
sera.
“Sono belli come
quelli della città?”
Mi chiede Jonas.
“Sono molto meglio,
si rifletteranno sul mare, sembrerà una magia.”
Lo rassicuro io.
“Secondo te la
magia esiste davvero, mamma?”
“Solo se vuoi crederci.”
Lui annuisce e
volge lo sguardo verso il cielo in attesa dei fuochi.
Io mi chiedo a
cosa voglia credere con due genitori come noi, Tom solo recentemente
è tornato
a interessarsi al cristianesimo e in quanto a me non so in cosa credere
se non
in una volontà superiore che a volte ci guida a volte ci fa
dei terribili
sgambetti.
I fuochi iniziano
e alziamo tutti la testa per guardarli: sono bellissimi.
Fiori rossi,
gialli, verdi e viola che si stagliano nel cielo, altri che disegnano
linee,
altri che cadono imitando la pioggia.
Una meravigliosa
pioggia di luce dorata che ci benedice tutti.
Non posso fare a
meno di sorridere e stringere forte la mano di Tom nella mia, mi sento
felice e
benedetta dal fato, solo perché lui è qui con me.
Non è morto né il
suo cervello è stato troppo danneggiato da non poter
più guarire.
Ava è qui e la
donna che l’ha avvelenata è morta e stramorta,
pagando per tutti i suoi
crimini.
Non posso
chiedere di meglio.
Non sarà facile
tornare sulla Terra e ottenere il perdono di Mark per Tom, ma sono
certa che la
faremo. Siamo più forti di quello che crediamo insieme.
Insieme siamo
invincibili e non sarà certo una discussione a dividerci.
Mark ha comunque
aiutato Tom due anni fa, anche se aveva tutte le ragioni per non farlo.
Ci sono ancora
delle speranze.
Siamo passato
attraverso tante cose in questi anni e sono sicura ce la faremo.
D’altronde siamo
invincibili, no?