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Autore: Skylark91    20/12/2014    3 recensioni
Sevitus Post-GOF: l'estate immediatamente successiva al quarto anno di Harry porta con se nuovi problemi, sfide e... drastici cambiamenti. Un susseguirsi di vicende molto particolari indurranno il ragazzo ad avvicinarsi alla persona più improbabile nel ricoprire il ruolo di mentore e... qualcosa di più. (Non-Slash)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Silente, Harry Potter, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da V libro alternativo
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XI.
Supporting a Snake




Quando Harry fu svegliato da una serie di rumori e voci, l’alba doveva essere ormai prossima, a giudicare dalla tenue luce che attraversava le finestre dalle tendine aperte. Il ragazzo aprì lentamente gli occhi, confuso da quella concitazione così improvvisa, e si tirò su a sedere: tutto ciò che vide furono sagome confuse che gli sfilarono davanti al letto prima di raggiungerne un altro poco distante.

Harry allungò una mano verso il comodino accanto a se e inforcò gli occhiali rotondi con inusuale rapidità per essersi appena svegliato; poi, si girò alla propria sinistra e poté, finalmente, vedere ciò che era oggetto di tante attenzioni.

O meglio… chi.

Severus Piton era appena stato adagiato su un letto dalle bianche lenzuola identico al suo. Le sue vesti scure erano ricoperte di polvere e macchie di fango; aveva il viso più pallido del solito e sembrava semi-svenuto. Harry trattenne il fiato quando vide che indossava le vesti cerimoniali da Mangiamorte, di cui stringeva l’orrenda maschera – di un bianco spettrale – tra le mani, ma ancora di più si lasciò sfuggire un piccolo gemito quando si rese conto delle condizioni in cui proprio queste ultime erano ridotte: graffiate e chiazzate di sporco, in più punti perdevano sangue.

Silente era chino su di lui insieme a Madama Chips, ma quando si rese conto che Harry era sveglio, si girò immediatamente verso il ragazzo.

«Che… che cosa gli hanno fatto?» domandò Harry, prima che il vecchio mago potesse dirgli qualcosa.

«Non lo sappiamo ancora con esattezza, ma potrebbe aver subito ripetutamente la Maledizione Cruciatus» disse piano Silente, dopo aver valutato per qualche attimo l’espressione sconvolta del ragazzo: non era il caso di dirgli che probabilmente l’uomo aveva dovuto sopportare la maledizione anche a livello mentale, proprio come lui. «L’ho trovato nei pressi dei cancelli, grazie all’aiuto di Thor e dell’allarme che mi ha avvertito del suo ritorno» spiegò lentamente, prima di voltarsi a guardare brevemente Madama Chips somministrare a Piton una pozione che Harry non seppe identificare.

«Non sarebbe dovuto tornare là» disse Harry, cercando di controllare il fremito arrabbiato della voce. Non sapeva se avercela di più con se stesso, per non essere riuscito a bloccare Voldemort dalla propria mente, o con Piton, che non aveva voluto ascoltarlo.

«Harry, credo sarebbe meglio che tu ti riposassi…» stava dicendo il Preside, con l’intenzione di tornare a occuparsi di Piton, ma proprio la voce di quest’ultimo, bassa e roca, lo interruppe.

«S-Silente…»

L’uomo era tornato cosciente (forse grazie anche alla pozione di Madama Chips), ma faceva evidentemente fatica a parlare e sembrava che non sapesse dove si trovasse, così come pareva non essersi accorto che Harry fosse lì, sveglio e attento. «… I Dis… Dissennatori… sono stati allertati… presto prenderanno… A-Azkaban…» tentò di mettersi a sedere e di fare da parte Madama Chips, che cercò, invano, di trattenerlo, «… il rituale… sarà pronto in poco più… di un mese» proseguì, più deciso, controllando i tremiti della voce. Fece una pausa, i suoi occhi cercarono febbrilmente quelli di Silente, che si era avvicinato a lui e gli ostruiva – involontariamente – la vista di Harry. «Potter…» riprese, «Potter è in pericolo…»

Gli occhi di Harry si allargarono, in un’espressione incredula. Si sarebbe aspettato di tutto, meno che quelle parole; da un lato, desiderava che Silente si spostasse per lasciar vedere a Piton che lui era proprio lì, ad ascoltare tutto, mentre, dall’altro, sperava che il Preside restasse dove fosse per evitare che l’insegnante di Pozioni smettesse di parlare e lo reputasse più ficcanaso di quanto già non pensasse.

«Severus, calmati. Recupera le forze e accetta i rimedi di Poppy, parleremo di questo nel mio ufficio quando…»

«No!» protestò Piton, continuando a rifiutare la seconda dose di pozione che gli offriva Madama Chips; era evidente che una era stata sufficiente a farlo tornare definitivamente troppo in se. «Dobbiamo parlarne ora, Preside! Quindi, dica alla signora qui presente di lasciarmi e di concederci un po’ di privacy…!»

«Professor Piton!» esclamò Poppy, in tono offeso. «Qui non siamo nei suoi sotterranei dove può permettersi di dare ordini a destra e a manca! Sì dà il caso che si trovi nella mia infermeria!»

«Severus, per favore» parlò di nuovo Silente, prima che i due potessero continuare quell’acceso scambio di battute, «sii ragionevole: c’è un altro motivo per cui non mi sembra il caso di continuare qui questa discussione» proseguì, facendosi da parte.

Harry, che aveva distolto gli occhi dalla scena per non farsi cogliere ad assistere con aria fin troppo interessata, sentì lo sguardo confuso di Piton posarsi su di se e si costrinse a non ricambiarlo. Il professore richiuse la bocca che aveva aperto per continuare a controbattere e fissò il ragazzo per qualche istante, con un’espressione che diventava via via sempre più scura, chiaramente irritato della sua presenza (di cui si era dimenticato) e per l'essersi lasciato sfuggire quelle parole di troppo davanti a lui.

Soprattutto quelle riferite al suo stato di pericolo.

«Bene» esordì Silente, allargando le braccia, «ora che siamo tutti più calmi, direi che sarebbe meglio occuparci delle tue ferite, Severus» proseguì, osservando l’uomo trattenere ostinatamente un gemito di dolore, che lo riportò ad adagiarsi nuovamente al cuscino dietro di lui. «Sospetto che Voldemort abbia usato la Maledizione Cruciatus, dico bene?»

Piton fece una smorfia, lasciando passare una fitta alla gamba che aveva tentato di appoggiare a terra mentre cercava di divincolarsi da Madama Chips. «Perché fare domande di cui conosci già la risposta, Albus?» rispose, seccato. Non avrebbe ammesso davanti a Potter che, per una volta, i suoi sospetti si fossero rivelati corretti. O doveva, forse, chiamarli… aspettative? Ancora non riusciva a immaginare perché il moccioso dovesse far finta di interessarsi a lui… «Come testare la mia lealtà, altrimenti?» aggiunse, mentre cercava di ritrarre – ancora una volta – le proprie mani dalla stretta cortese, ma salda di Madama Chips.

Harry era tornato ad osservare Piton, ascoltando attentamente ogni sua parola. Non aveva bisogno che Silente aggiungesse qualcosa per capire ciò che Voldemort aveva davvero usato sull’insegnante di Pozioni: c’erano già i segni. Il disorientamento iniziale, le farneticazioni e i movimenti convulsi che aveva mostrato poco prima, erano esattamente ciò che lui stesso aveva sperimentato dopo essere stato soggetto alla tortura mentale, oltre che fisica, da parte del mostro serpentesco.

Mentre realizzava che ora lui e Piton condividevano qualcosa in più – vista la medesima crudeltà subita da entrambi – il ragazzo vide il vecchio Preside aprire bocca per domandare qualcos’altro, ma il professore di Pozioni fu più veloce di lui a parlare.

«Ovviamente – se sono qui a parlarne – è perché ancora una volta ho saputo giocare bene le mie carte» disse, e Harry poté percepire, oltre al solito cinico sarcasmo, una buona dose di auto-compiacimento nella sua voce. Lo sguardo dell’uomo incrociò quello assorto del ragazzo, in un silenzioso confronto che sembrava essere il proseguimento di quello più… acceso, avvenuto tra i due diverse ore prima.

Harry si interrogò ancora una volta sulle ragioni che potevano spingere Piton a rischiare la propria vita in quel modo e – senza rendersene effettivamente conto – si ritrovò a osservarlo per la prima volta sotto una luce nuova: quello che per lui un tempo era stato solo l’insegnante più odioso e sgradevole di Hogwarts, adesso appariva come un esempio di inaudita forza di volontà e coraggio. Harry capiva solo ora perché Silente avesse insistito tanto nell’affermare che Piton fosse un Occlumante davvero abile: quante altre persone sarebbero state in grado di resistere alla potenza della Legilimanzia di Voldemort, salvando sia la pelle che il proprio ruolo di spia?

«Stai per condividere con noi una delle tue brillanti osservazioni, Potter, o dovremo semplicemente accontentarci dell’estrema acutezza assunta dal tuo sguardo da circa due minuti?»

Harry si riscosse e cercò di mascherare il leggero rossore diffusosi sulle guance per l’ennesima figura da idiota che aveva appena fatto; sperava solo che almeno per una volta il proprio viso non avesse messo a nudo i pensieri che aveva appena formulato riguardo alle ammirevoli capacità di agente segreto di Piton.

Sarà anche una spia straordinaria… ma resta sempre un idiota irritante, non poté fare a meno di borbottare nella propria testa, mentre sentiva ancora lo sguardo del Serpeverde su di se, alla ricerca di chissà quali risposte nascoste.
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«Dunque non ti ha rivelato l’identità dell’infiltrato» sospirò Silente una volta che Madama Chips ebbe decretato che Harry potesse essere scortato nel suo dormitorio e i due uomini furono rimasti soli nell’infermeria. «E la Profezia è ancora più in pericolo adesso…»

«La caduta di Azkaban sarà la sua prima mossa pubblica» disse Piton. «Con i Dissennatori e i suoi più fedeli Mangiamorte liberi non impiegherà molto per impadronirsi dell’intero Ministero, con o senza il suo esecutore segreto.»

Silente annuì tetramente. «Ho ritenuto necessario inviare un Patronus alla base dell’Ordine, perché sia inviato qualche membro in più a Privet Drive: visti i dettagli emersi dalla formula rubata, i parenti di Harry sono più in pericolo ora di quanto non lo siano stati in quattordici anni» disse, prima di continuare: «E’ stato un bene che tu sia riuscito a mantenere il tuo ruolo di spia, Severus, abbiamo bisogno che Voldemort continui a fidarsi di te, soprattutto in relazione ai recenti sviluppi.»

Ci furono diversi minuti di silenzio prima che Piton decidesse di spezzarlo.

«Ho dovuto rivelargli che il ragazzo è in grado di vedere parte dei suoi piani, Albus» disse lentamente. «Il Signore Oscuro prenderà precauzioni per bloccare quelle visioni senza rinunciare alle… torture.»

Silente tacque per un lungo istante, osservandolo attentamente. «E questo ti turba» commentò con semplicità.

«No» rispose subito Piton, inarcando un sopracciglio. «Mi turba che Potter non sia in grado di reggere un dannato confronto di sguardi senza distogliere gli occhi nel giro di pochi secondi. Come possiamo sperare che resista faccia a faccia con l’Oscuro Signore se non può chiudere la mente nemmeno con l’aiuto della distanza che li separa?»

Silente scosse piano la testa. «Severus, tu hai provato quello che Harry ha sofferto. Tu sai cosa vuol dire sentire Voldemort che artiglia ogni pensiero non protetto, ogni più piccolo anfratto della mente. E dovresti sapere anche cosa fare per aiutare il ragazzo a migliorare…»

«No, Silente, non lo so!» sbottò Piton, frustrato. «Ti aspetti forse che inizi le lezioni di Occlumanzia offrendo a Potter una tazza di tè, o magari conversando amabilmente dei bei vecchi tempi trascorsi con suo padre a Hogwarts?»

Silente sospirò, ma abbozzò un leggero sorriso a quelle parole. «Non pretendo nulla di tutto ciò, tuttavia… trovo che l’idea della chiacchierata davanti a un bel vassoio di tè e biscotti non sia affatto male, anzi, magari l’argomento potrebbe riguardare… qualcuno che non sia suo padre.» Piton gli lanciò un’occhiata irritata e il Preside ridacchiò bonariamente. «Riposati, Severus… Harry avrà bisogno di riprendere ad esercitarsi con te il più presto possibile.»
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Erano passati quasi quattro giorni da quando Voldemort aveva attaccato per l’ultima volta Harry. Su suggerimento di Silente, era stata stabilita una breve pausa dalle lezioni di Occlumanzia: il vecchio mago pensava che un’interruzione delle intrusioni mentali di Piton avrebbe giovato alla ripresa più rapida di entrambi, visti i recenti traumi vissuti dai due per mano di Voldemort.

Harry era quasi stupito di come l’insegnante di Pozioni si fosse comportato quasi decentemente con lui le rare volte in cui si erano incrociati, in quei giorni; non c’erano stati commenti maligni o battute sarcastiche sulla sua debolezza e scarsa abilità nel padroneggiare l’arte occlumantica, né ripercussioni per l’inettitudine con cui Harry aveva, per poco, contribuito alla rovina di Piton come spia. Il giovane sapeva che l’uomo era uscito dall’infermeria poche ore dopo di lui e non l’aveva più rivisto fino a cena, al termine della quale, il Serpeverde si era brevemente soffermato a ricordargli che avrebbe dovuto continuare ad esercitarsi nel chiudere la mente prima di dormire – nonostante la sospensione dalle lezioni.

Harry avrebbe voluto intrattenersi per chiedere dettagli sulle intenzioni di Voldemort che lo riguardavano più da vicino, visto che le parole “Potter è in pericolo” non facevano altro che tormentarlo, ma – certo di ricevere solo un’occhiataccia indisposta – aveva rinunciato momentaneamente all’idea di fare domande.

Erano dunque trascorsi pochi giorni quando il Ragazzo Sopravvissuto si ritrovò a ricevere inaspettate visite nella Sala Comune di Grifondoro, in uno dei tanti assolati pomeriggi di quelle vacanze estive.    

«Ron! Hermione!» esclamò sorpreso, mentre il volto gli si illuminava in un gran sorriso alla vista degli amici.

«Come stai, Harry?» chiese Hermione, mentre si abbracciavano calorosamente. «Silente ha pensato di lasciarci venire a trovarti, ha detto che una visita ti avrebbe sicuramente fatto bene...»

«Già, erano giorni che chiedevamo all’Ordine di parlare con Silente per poterti vedere, ma sembrano sempre più impegnati di questi tempi» disse Ron, battendogli una mano sulla spalla. «Allora cos’è successo?»

Harry si chiese quanto il Preside avesse rivelato ai due riguardo a quello che era accaduto circa tre sere prima; optò per spiegare loro tutto ciò che ricordava da quando Voldemort era di nuovo entrato nella sua testa fino al risveglio in infermeria. Gli sembrava ancora impossibile che fossero già passati quasi quattro giorni da quell’incubo…

«Accidenti, Harry, deve essere stato terribile» sussurrò Hermione, sconvolta, passandogli una mano sul braccio in segno di conforto, mentre l'amico terminava il proprio resoconto.

Il ragazzo sospirò. «Quel che è peggio è che non so nemmeno cos'ho visto esattamente nella visione avuta in quel momento; questa storia della pozione e del rituale... non capisco. Silente non vuole dire nulla, naturalmente, e Piton--»

«Piton era di nuovo presente, Harry, non è vero? Durante l'aggressione di Tu-Sai-Chi, dico» disse improvvisamente Ron, come se avesse avuto un lampo di genio. «E se fosse lui la causa di questi attacchi? Se le lezioni di Occlumanzia non fossero altro che una scusa per indebolirti mentalmente e...»

Harry non stette nemmeno a sentire il resto della frase, mentre si distraeva per un attimo in modo da rifletterci su; doveva ammettere che non aveva mai pensato a nulla del genere, ma l'idea di Ron gli sembrava così ridicola da fargli venire voglia di ridere. Certo, fino a pochi mesi prima probabilmente sarebbe arrivato anche lui alla stessa conclusione, ma dopo aver visto Piton fare quello che aveva fatto e – soprattutto – dopo ciò che aveva provato nell'essere prontamente salvato da lui, più di una volta...

«Ron» sentì la voce di Hermione interrompere il discorso acceso del rosso, «come ti vengono in mente certe idee?» proseguì la ragazza, scuotendo la testa. «Piton ha salvato Harry!»

«E se fosse una messinscena...

«No, Ron» disse subito Harry, interrompendolo con più foga del previsto. Non sapeva perchè, ma si sentiva come punto sul vivo; era come se il suo sesto senso lo spingesse a difendere Piton, suggerendogli che ci fosse davvero una buona ragione per farlo. «Hermione ha ragione: avrebbe avuto più di un'occasione per torturarmi mentalmente, ma non l'ha mai fatto. Anzi, ha rischiato di non tornare dal suo ultimo incontro con Voldemort per rimediare a... un mio errore.»

Ancora non si perdonava per la debolezza che aveva quasi costato la vita alla spia, anche se sapeva che ben poco avrebbe potuto contro la potenza di Voldemort. Harry si chiese se non fosse il caso di raccontare a Ron ed Hermione ciò che era riuscito a fare Piton, di come era tornato al castello per miracolo dopo essere stato in grado di ingannare – ancora una volta – Voldemort; dall’altro lato, il ricordo delle condizioni in cui l’uomo era stato trasportato in infermeria e la testarda determinazione con cui aveva rifiutato le cure per fare rapporto a Silente lo bloccavano dal rivelare troppi dettagli, anche perchè Piton gli aveva sempre dato l'impressione di essere un uomo estremamente riservato...

«Harry? Sei ancora tra noi?» lo risvegliò la voce di Hermione, un po’ perplessa.

«Miseriaccia, amico, stai fissando il vuoto da due buoni minuti!» scherzò Ron, prima di farsi un po’ più serio, di fronte allo sguardo di rimprovero della ragazza. «Ehm, ad ogni modo… cos'è questa storia dell''incontro' con Tu-Sai-Chi? E di che errore stavi parlando?»

Harry si accorse che i suoi amici lo stavano fissando con una luce confusa negli occhi, come se non riuscissero a capire il perché della sua reazione. Effettivamente, nemmeno lui sentiva di avere le idee chiare riguardo all'improvvisa fiducia che stava dimostrando nei confronti dello stesso uomo che si era sempre fatto odiare dai Grifondoro per la sua spiccata antipatia e le numerose ingiustizie.

Convincendosi del fatto che fosse il caso di confrontarsi con qualcuno come Ron e Hermione, Harry si decise nel rivelare ai suoi amici le qualità di spia e mago che aveva recentemente scoperto nel Serpeverde, pensando – tuttavia – di risparmiare loro dettagli inutili. Il giovane aprì bocca per parlare, concitato per ciò che stava per dire, ma – proprio nel momento in cui si ritrovò a pronunciare «Piton…» – il ritratto della Signora Grassa scivolò di lato per lasciare spazio all’energica figura di Sirius Black.

Harry lo accolse con un sorriso a trentadue denti, andandogli incontro con gioia. «Mi sembra di non rivedervi tutti da una vita» esclamò, lasciandosi scompigliare i capelli dalla presa scherzosa dell’uomo, che scoppiò in una fragorosa risata.

«Potevo mai dimenticarmi del mio figlioccio preferito?» lo prese in giro con una strizzatina d’occhio. «Harry, Silente mi ha spiegato cosa è successo, come ti senti?»

«Ora anche meglio» rispose Harry, positivo, ma allo sguardo un po’ più serio di Sirius decise di adottare un atteggiamento più maturo. «Dico davvero, il peggio è passato e Madama Chips mi ha dimesso completamente» lo rassicurò.

Sirius lo osservò per un po’ senza dire nulla, come se stesse valutando le sue effettive condizioni fisiche, dopodiché sorrise di nuovo. «Sono arrivato nell’Ufficio di Silente dopo aver seguito questi due nel camino e mi sono intrattenuto a parlare un po’ con lui; chissà, forse riuscirò a convincerlo a farti prendere lezioni di Occlumanzia a Grimmauld Place, se sarò in grado di liberare la casa da tutti gli oggetti maledetti... almeno quelli rimovibili.»

«Silente ti ha permesso di venire qui? Credevo che fosse rischioso abbandonare Casa Black…»

«Harry, chi vuoi che mi veda in un castello semi-deserto? Nah, Silente in persona mi ha dato il via libera, e ti dirò di più» aggiunse, adottando un tono più basso e misterioso, «visto che ti sei ripreso piuttosto egregiamente, mi ha anche concesso di portarvi tutti… al campo di Quidditch per un’avvincente allenamento!» esclamò infine, esaltato come un bambino.

Harry rise e cominciò a sentire l’adrenalina in corpo all’idea di tornare a volare sulla sua Firebolt. «Ora capisco perché stavi testando le mie condizioni fisiche! Hai paura di perdere, per caso?»

«Su su, prendi la scopa che ci aspetta una partita mozzafiato! Chi arriva ultimo si accaparra una favolosa Comet 260 presa dall’armadietto delle scorte! Hermione? Ron? Pronti?»

«Mmh, penso che mi porterò da leggere e vi guarderò giocare.»

«Puoi scommetterci!»

«Questo è lo spirito giusto!» esclamò Sirius, dando una pacca sulla spalla a Ron, mentre si apprestavano tutti a uscire. «Hey, ma sbaglio, o prima si parlava del Pipistrello dei Sotterranei?» aggiunse l’uomo, con un leggero ghigno, mentre il rosso ridacchiava.

La bonarietà e l’entusiasmo di Sirius aveva fatto dimenticare a Harry quello che avrebbe voluto raccontare a Ron ed Hermione. Il ragazzo ricordò di come Sirius era stato estremamente contrario alle lezioni con Piton e pensò che non fosse assolutamente il caso di riaprire il discorso sulla sua permanenza al castello, né tantomeno farlo partecipe delle disavventure passate dal ‘Pipistrello’ – come si ostinava a chiamarlo – pochi giorni prima.

Senza contare, poi, che Harry dubitava seriamente che Sirius l’avrebbe considerato ancora il suo ‘figlioccio preferito’ se fosse venuto a conoscenza della nuova luce ammirata con cui il ragazzo aveva cominciato a guardare Piton dal momento del suo ritorno a Hogwarts.
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Per quanto Severus trovasse incredibilmente fastidioso il compito di andare a raccattare Potter al campo di Quidditch, doveva ammettere che si trattava di un'ottima occasione per controllare che il moccioso non si stesse cacciando in qualche guaio insieme a quel gran campione di idiozia che si ritrovava come padrino. Il Serpeverde aveva sempre saputo a cosa sarebbe andato incontro giurando di difendere Potter, e sentiva di avere pieno diritto nel manifestare il proprio disappunto verso i pericoli a cui la causa concreta di tutti i suoi guai poteva andare incontro, stando a contatto con un decerebrato come Black; per questo motivo, aveva ritenuto perfettamente normale esporre a Silente i dubbi che aveva sull'assennatezza della sua decisione.

Mandare Potter su una scopa con Sirius Black dopo quello che è successo nemmeno due giorni fa… quanto saggio da parte tua, Albus.


Severus scosse la testa a quel pensiero, mentre percorreva il sentiero che portava al campo di Quidditch. Naturalmente, tutto ciò che aveva ricevuto in risposta era stato un sorriso consapevole e un vivace brillio negli occhi azzurri; a volte gli riusciva davvero difficile capire quali idee impossibili passassero per la testa del vecchio Preside.

L’esperto di Pozioni si era ripreso piuttosto velocemente dalla tortura di tre notti prima, nonostante il Marchio Nero avesse – da allora – continuato a bruciare costantemente. I casi erano due: o il Signore Oscuro voleva accertarsi che lui non compisse lo stesso errore una seconda volta – ricordandogli la punizione in cui sarebbe altrimenti incorso – oppure si preparava a richiamarlo per eventuali sviluppi riguardo agli innumerevoli piani che stavano per essere attuati.  

Il sole cominciava già a tramontare sui prati e sul Lago Nero a sud del castello; la Piovra Gigante aveva da poco lasciato emergere placidamente alcuni tentacoli dalle acque scure, preparandosi ad accogliere il momento che più preferiva nelle calde giornate estive: la fresca e cupa notte.

Severus proseguì lungo il percorso fino ad arrivare all’ingresso del campo, all'interno del quale avrebbe potuto recuperare il prezioso Ragazzo d'Oro di Silente e riferirgli che avrebbero ripreso quella sera stessa le lezioni di Occlumanzia, visto che diffidava del fatto che il marmocchio si stesse esercitando davvero per conto suo. La prima cosa che i suoi occhi notarono una volta all’interno furono le tre sagome che si rincorrevano vicendevolmente a diversi metri da terra, sopra la testa di una quarta figura, la quale osservava i rapidi e concitati movimenti con cui le scope volanti si inseguivano in aria.

Il Direttore di Serpeverde non impiegò molto a individuare Potter: era il più esile del gruppetto. Il ragazzo piroettava a destra e a manca scansando con facilità Weasley e afferrando al volo la Pluffa lanciatagli da Black; Severus lo vide fermarsi a mezz’aria e prendere la mira per il lancio, ma il suo attraversamento del campo fino a qualche metro dalla Granger dovette aver catturato l’attenzione del ragazzo, perché Potter abbassò gli occhi e così il braccio che reggeva la palla rossa.

I loro sguardi si incrociarono brevemente, ma a Harry bastò per capire che sarebbe stato meglio scendere: se Piton si trovava lì doveva essere solo per un buon motivo. Dopo aver lanciato una breve occhiata a Sirius e a Ron – i quali si erano altrettanto avveduti della presenza dell’uomo vestito di nero – il giovane si apprestò a planare docilmente verso terra.

Impassibile, Piton lo osservò atterrare con abilità di fronte a se e attese che il ragazzo gli si facesse incontro prima di parlare. «La lezione di questa sera è anticipata, Potter. Avrai il tempo necessario per darti una sistemata, dopodiché mi raggiungerai nei sotterranei.»

Piton è venuto fin qui per dirmi solo questo? Si chiese Harry, confuso.

«Qualcosa non ti è chiaro, Potter?»

«No, signore,» rispose Harry, prima di aggiungere, incerto, «è successo qualcosa…?»

Piton inarcò un sopracciglio, chiedendosi quale straordinaria intuizione pensasse di aver avuto questa volta il ragazzo. «No, Potter» rispose lentamente, prima di parlare a voce più bassa, «ma potrei essere richiamato da un momento all’altro.»

A Harry non sfuggì l’intenzionale sguardo che Piton aveva lanciato al proprio braccio e capì che l’uomo non avrebbe aggiunto di più sull’argomento davanti a Sirius, che era appena atterrato poco distante insieme a Ron e si stava avvicinando a loro.

«Problemi, Mocciosus

«A parte la tua presenza, non ne vedo, Black.»

«A me sembri tu quello fuori luogo» ringhiò Sirius, facendo un passo avanti. «Nessuno ti ha invitato--»

«E da quando – esattamente – detti legge anche ad Hogwarts?» sibilò Piton, fissandolo con odio. «Inoltre,» aggiunse in tono più casuale, «ti ricordo che non ho bisogno del tuo permesso per parlare con Potter.»

Prima che il suo padrino potesse ribattere qualcosa, Harry si fece avanti per catturare la sua attenzione. «Sirius, devo tornare al castello per Occlumanzia. Chiederò a Silente se mi lascerà visitare Grimmauld Place nei prossimi giorni, va bene?»

«Devi riprendere le lezioni ora? Avevo concordato con Silente di farti distrarre un po’, credevo che ti fosse stato concesso qualche giorno per riposare…»

«Il Signore Oscuro non concede pause,» replicò sarcastico Piton, fissandolo come si fa con un perfetto idiota.

«Già, perché tu conosci molto bene le sue abitudini, non è così, Piton?»

Un silenzio gelido calò improvvisamente sul gruppo.

Harry rabbrividì quando vide il volto dell’insegnante di Pozioni trasformarsi, diventando via via più bianco, fino ad assumere un’espressione di pura rabbia. Il ragazzo capì dagli sguardi di Ron ed Hermione che anche loro si stavano preparando al peggio.

«Che cosa stai insinuando, Black?» Piton digrignò pericolosamente i denti, riducendo le pupille a due fessure.

«Sto dicendo» scandì Sirius, avvicinandosi ancora di più a lui, con aria minacciosa, «che Silente può pensare quello che vuole di te, ma io non mi fido di chi è stato già una volta un viscido Mangiamorte--»

«Sirius!» intervenne Harry, sorprendendo se stesso, ma – ancor di più – gli altri, mentre si frapponeva tra i due. Il ragazzo era quasi scioccato dalla pesantezza delle sue accuse, soprattutto dopo aver visto fino a dove si era spinto Piton per tornare a riferire a Silente di come luiHarry – fosse in pericolo. Naturalmente Sirius non poteva sapere nulla di tutto ciò, ma il ragazzo era pronto a fargli aprire gli occhi. Serrò la stretta sulla Pluffa che teneva ancora in mano, come per darsi forza, prima di esclamare: «Sirius, lui sta facendo la spia per noi! Tu non sai cosa vuol dire dover--»

«Non – una – parola – di più, Potter,» soffiò irato Piton, troncandogli ogni spiegazione.

«Ma deve sapere! Se le persone sapessero che lei rischia la vita ogni volta che--»

«Potter!»

Harry si girò, alzò lo sguardo verso di lui e vide che era furente, sebbene cercasse – allo stesso tempo – di nascondere il lampo stupito che gli aveva illuminato gli occhi scuri pochi istanti prima; il ragazzo non sapeva distinguere se l’uomo fosse più arrabbiato per l’attacco verbale di Felpato o per il modo in cui lui aveva deliberatamente disubbidito al suo comando. Mantenne il contatto visivo con l’insegnante – incapace di distogliere gli occhi da quello sguardo, in cui era apparsa una luce diversa dal solito – e si chiese quale sottile linea avesse oltrepassato questa volta.

Intanto, avvertì l’aria farsi sempre più greve attorno a se: Ron ed Hermione lo guardavano ad occhi sgranati, letteralmente esterrefatti dal suo exploit a favore di Piton. Tuttavia, non erano gli unici: Sirius sembrava sconvolto oltre ogni limite, mentre fissava il giovane come se stentasse a riconoscerlo.

«Come osi alzare la voce con lui, Mocciosus?» latrò, una volta che si fu ripreso dalla sorpresa iniziale, interrompendo l’insostenibile silenzio che si era creato.

Piton gli rivolse un’occhiata piena di rancore e disgusto. «A differenza tua, Black, non ho tempo da perdere in simili buffonate, il tuo spettacolino finisce qui» disse aspramente, prima di rivolgersi di nuovo a Harry. «Potter, seguimi. A meno che tu non preferisca aspettare un attacco del Signore Oscuro mentre svolazzi spensieratamente a mezz’aria.»

Harry lo osservò brevemente mentre si incamminava verso l’uscita del campo e si fermava ad aspettarlo poco distante, per assicurarsi di essere seguito. Per non sentire l'urgenza di ribattere a tono alle offese del suo rivale di sempre deve davvero avere poco tempo, pensò il ragazzo, sorpreso. «Sirius…» esordì, tornando a guardare il proprio padrino e chiedendosi perché fosse così difficile trovare le parole giuste con cui rivolgersi a lui, «… mi spiace aver gridato prima, ma devi capire che Piton sta facendo davvero tanto per la nostra parte, lui--»    

«Harry,» Sirius si piegò sulle ginocchia quel tanto che bastava da portarsi alla sua altezza, «promettimi solo una cosa: dai il massimo nelle tue lezioni di Occlumanzia, ma… giurami di non abbassare la guardia con Piton. Non ci si può mai fidare del tutto di un serpente… ricordatelo.»

Il ragazzo osservò il suo sguardo serio e preoccupato, prima di annuire lentamente, sebbene non fosse completamente convinto delle sue parole. Piton l’aveva salvato in più di un’occasione e aveva messo in pericolo la propria copertura più di una volta per poterlo aiutare: Harry era convinto che, nonostante tutti i loro dissapori, il Serpeverde potesse essere un affidabile alleato contro Voldemort e… una valida guida nell’apprendimento dell’Occlumanzia.

O almeno questo era quello che pensava mentre si accingeva a salutare i suoi amici e Sirius, per poter infine raggiungere l’insegnante di Pozioni e farsi scortare da lui nella salita verso il castello.
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Severus camminava un po’ più avanti rispetto al ragazzo, il quale teneva il passo a capo chino, apparentemente concentrato sui suoi pensieri. Anche l’uomo era immerso nei propri: gli sembrava incredibile di aver assistito a quanto avvenuto solo pochi minuti prima.

Potter che prendeva le sue difese… in un confronto con Black, per giunta!

Severus non riusciva a togliersi la scena dalla testa. Lo stupore e lo sconcerto che l’avevano colto in quel momento, come una secchiata d’acqua gelida in pieno volto, erano ancora ben impressi in lui, così come ricordava ancora la faccia altrettanto sconvolta del rognoso Black, la snervante insistenza del ragazzo nel voler spiegare al suo stupido padrino la pericolosità del suo compito, e infine…

… i suoi occhi verdi.

Potter si era voltato e lui – per una frazione di secondo – non aveva più visto il moccioso che tanto detestava: per un attimo, erano esistiti solo quegli occhi verdi, quelli che ancora desiderava, amava… e che erano animati dalla stessa luce che avevano quando…

«Lasciatelo stare!»

«Non mi serve l’aiuto di una piccola schifosa Mezzosangue!»

… era Lily a guardarlo e difenderlo.

Severus serrò la mascella a quel ricordo, troppo doloroso da poter essere dimenticato e tornò alla realtà del momento. Solo allora si accorse che erano appena arrivati nella Sala d’Ingresso del castello e che il giovane Grifondoro lo stava fissando, in attesa.

«Cosa stai aspettando, Potter?» domandò in tono asciutto, il viso privo di ogni emozione. «Va’ a prepararti e raggiungimi nel mio ufficio il prima possibile… abbiamo molto di cui discutere.»

Osservò il ragazzo annuire senza ribattere e dirigersi verso la scalinata principale, e – mentre lo guardava svoltare l’angolo – non poté fare a meno di chiedersi se fosse normale che una parte di lui sperasse di rivedere ancora lo stesso brillio ammirato balenato per qualche istante negli occhi verdi che per troppi anni aveva cercato di ignorare.
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