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Autore: Gondolin    10/11/2008    1 recensioni
Se ancora vivo nel vostro ricordo lo devo ad Omero, ma leggendo il suo poema spesso dimenticate che anch’io sono stato (purtroppo?) un uomo. Ho amato, vissuto, ho sofferto e pianto, e soprattutto ho lottato.
{Achille/Patroclo}
Genere: Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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IO, PARIDE


Vivevo ancora sui monto coi miei genitori adottivi senza conoscere le mie vere origini, ma mostravo già di essere diverso dagli altri figli dei contadini. Una volta avevo salvato mio padre ed altri suoi amici da una banda di briganti che volevano rubar loro il bestiame, guadagnandomi il soprannome di Alessandro, che significa appunto protettore dell'uomo. La cosa aveva fatto grande impressione e mi aveva procurato una discreta fama, ma in realtà mi erano bastate un po' di astuzia e la mia buona mira con la fionda. E, devo confessarlo, le informazioni della bella ninfa Enone, signora di quei boschi. Ella si era innamorata di me; io non potevo dire lo stesso, ma la sua grazia ed il suo fascino mi avevano sedotto, senza contare l'orgoglio che mi provocava l'essere stato scelto come amante da una divinità, io, un semplice ragazzo di campagna.

Quando avevo circa quattordici anni, accadde qualcosa che mutò per sempre il corso della mia vita. Come voi di certo saprete, poco dopo la mia nascita Eris aveva gettato il pomo della discordia con la famosa scritta “alla più bella”, titolo che Era, Atena ed Afrodite si litigavano da sempre. Io ero colui che Zeus aveva scelto per dirimere la contesa. Così, mentre un giorno conducevo al pascolo la mandria di mio padre, incontrai sul mio cammino Ermes, il messaggero degli dei. Dapprima fui spaventato poiché uno dei suoi compiti è quello di condurre le anime all'Ade, ma egli mi rassicurò -Sappiamo che hai un cuore nobile e puro, e per questo c'è un compito che ti aspetta- mi narrò brevemente del disastroso banchetto nuziale, senza però rivelarmi le mie vere origini. Poi condusse le tre dee di fronte a me, proprio sui pascoli sui quali camminavo sin da bambino, a me tanto familiari. Ed il contrasto che esse facevano col paesaggio circostante contribuiva a renderle ancor più splendide. Rimasi a bocca aperta, zitto e intimidito -Forza, Paride, devi assegnare questo pomo ad una di loro- incitò Ermes porgendomi uno strano oggetto sferico, terribilmente pesante: non avevo mai visto tanto oro tutto insieme. Il metallo freddo si adattava bene al palmo della mia mano, ed io restai ancora un attimo a soppesarlo, curioso -Ehm... ma... io non so come giudicare- mi rivolsi ad Ermes poiché era l'unico ad aver parlato fino a quel momento -Per... per esempio: devono essere nude o vestite?- il dio mi sorrise malizioso e scuotendo i bei riccioli rispose che potevo scegliere, non c'erano regole prestabilite. Allora io, facendomi coraggio, mi avvicinai alle tre divinità, che erano rimaste indietro rispetto ad Ermes -Signore, sarò costretto a scegliere una di voi, ma sappiate che siete le più belle creature sulle quali io abbia mai posato gli occhi-

-Come sei galante- commentò Atena con un sorriso

-Già, sembri un vero principe- si fece avanti Afrodite sbattendo le lunghe ciglia

-Inizi subito a farci dei complimenti- la interruppe Era -ma ciò che noi vogliamo è una decisione- le sue parole scatenarono nuovamente un litigio che probabilmente continuava, pur con varie interruzioni, da secoli. Io mossi un passo indietro, ma il messaggero mi bloccò -Non farti spaventare. Ti converrà chiedere loro di lasciarsi esaminare una alla volta, così non ti distrarranno coi loro litigi-

-Vi prego- iniziai -vi prego, non serve prendersela. Devo poter riflettere bene e con calma. Se è possibile, vorrei potervi vedere senza abiti- le tre si spogliarono in fretta, libere di ogni pudore, mostrando fiere i loro corpi ben fatti -Afrodite! Devi toglierti la cintura che fa innamorare tutti di te, è uno sleale vantaggio- rimproverò Atena con cipiglio severo

-E tu allora? Levati immediatamente l'elmo. Senza sei orribile-

-Orribile a chi?- fortunatamente fu Ermes ad intervenire, poiché io stavo per arrendermi, e dopo aver momentaneamente placato le tre si allontanò rispettosamente volgendoci le spalle. Riuscirono a restare distanti l'una dall'altra, e silenziose. Per prima mi si avvicinò la sposa di Zeus -Esaminami con cura- sussurrò, mentre girava su se stessa, lasciando che i raggi del sole sfiorassero ogni curva della sua figura perfetta, ed alzando fieramente il meraviglioso viso -E se mi giudicherai degna della mela d'oro- gettò un'occhiata cupida al frutto che tenevo in mano -ti renderò il padrone dell'Asia e l'uomo più ricco del mondo-

-Io non mi lascio comprare, mia signora- risposi con tono piatto e cortese, prima di chiamare la dea della saggezza. Ella si avvicinò con passo deciso, mettendo in mostra i suoi muscoli flessuosi che guizzavano sotto la pelle chiara, e mi puntò addosso i suoi grandi occhi azzurri. Mentre si sistemava una ciocca di capelli offrì: -Se hai tanto senno da assegnarmi il premio diverrai il più bello ed il più saggio degli uomini, vincitore di ogni battaglia-

-Ma qui non ci sono guerre- le feci notare -e il re Priamo regna incontrastato su molte terre, mia signora. Cosa mai se ne potrebbe fare un umile contadino come me dei vostri doni?-

-Tu rifletti bene- mi ammonì lei. E forse sarebbe stata una scelta ben assennata, sebbene io non rimpianga quella che ho compiuto; ero giovane, inesperto e sognatore, non avevo mai veduto una battaglia, né sapevo cosa fosse la saggezza, e per quanto riguarda la bellezza, avevo la vaga ed imprecisa sensazione di esserne provvisto. Chiamai Afrodite ed ella si avvicinò ancheggiando in maniera sensuale, ed il suo corpo candido pareva attirare la luce del sole, mentre i lunghissimi capelli biondi si spargevano lungo tutta la sua schiena. Girò su se stessa, poi tendendosi verso di me fin quasi a sfiorarmi mormorò, ignorando il mio rossore -Sei bello, Paride, molto bello. Che ci fai sepolto qui tra i monti della Frigia? Perché non pensi ad andare in città per esempio?- non capii dove volesse andare a parare, forse perché quel tono ed i suoi complimenti mi avevano distratto molto -Perché non pensi a sposare una bella donna? Una come, per esempio, Elena di Sparta? Ella non esiterebbe a lasciare la sua casa per te, ne sono certa, poiché invero tu somigli a un dio. Di certo hai sentito parlare di Elena di Sparta?-

-Mai, mia signora, ma vi sarei grato se me la descriveste-

-E' la più affascinante fra le donne mortali, e può vantare come padre lo stesso Zeus. Nacque da un uovo di cigno e la sua carnagione è chiara, i suoi capelli somigliano ai miei e in tutta la sua persona non vi è che grazia. Provocò una guerra quando era ancora bambina e tutti i principi di Grecia l'hanno chiesta in sposa; ora è moglie di Menelao, re di Sparta, ma può essere tua se la desideri- tutte quelle parole che la dea mi soffiava nel cuore eccitarono la mia fantasia. Nominava terre lontane come promesse di qualcosa di insondabile e meraviglioso, parlava di una donna ammaliante, e faceva mostra della propria bellezza in modo tanto sfacciato da risultare gradevole. Già mi vedevo in un futuro radioso quando un dubbio mi prese -Ma se è sposata?- Afrodite emise una risata argentina, chiudendo gli occhi e gettando il capo all'indietro, forse per evidenziare il suo morbido collo -Non sai, giovane Paride, che è proprio mio compito preoccuparmi di questioni simili? Se io lo desidero un matrimonio non è un impedimento-

-Mi potete giurare che ella mi amerà ed io amerò lei di tutto cuore?- esclamai al colmo delle gioia

-Certamente. Vedrai che presto il tuo destino ti condurrà in Grecia, presso Menelao. Mio figlio Eros verrà con te e porterà le sue letali frecce...- prima ancora che potessi finire la frase le porsi la mela -E' lei la vincitrice- annunciai -La più bella tra le dee immortali- Era e Atena, che sino a quel momento non si erano rivolte la parola, si rivestirono in fretta e si allontanarono a braccetto, complottando sventure contro di me ed il mio popolo, e pianificando la distruzione di Troia. Afrodite mi rivolse un sorriso radioso prima di allontanarsi anche lei. Mi parve tutto un sogno, e non potevo esser certo di nulla; della ninfa Enone mi ero scordato completamente, anche se lei invece si sarebbe ricordata di me fino alla fine.

-In ogni caso, sarebbero rimaste in due ad odiarti- commentò lconico il messaggero degli dei, tornando verso di me -Addio-



IO, ACHILLE


Mio padre reagì alla notizia della gravidanza di Deidamia quasi come Patroclo aveva predetto, senza prenderla troppo sul serio. Approvò la mia decisione di farle tenere il bambino. Poi, mentre me ne stavo andando mi posò una mano su una spalla -L'hai detto a tua madre?-

-Ancora no- risposi titubante, non sapendo se ci fosse un secondo fine dietro la domanda

-Prima o poi dovresti farlo. Tanto lo verrà a sapere comunque- sembra che nella sua voce ci fosse come una traccia di amarezza, ma non potevo esserne certo -Sei giovane, ragazzo mio- mi disse guardandomi fisso negli occhi -ma imparerai quanto un figlio possa essere importante, quanto possa renderti fiero... imparerai che sapere che il tuo sangue non morirà con te è di gran conforto, come è di conforto un figlio vicino nella vecchiaia. Ah,- si interruppe sorridendo -ma ai tuoi occhi sembra così lontana, non è vero? E questo ti sembra un discorso sciocco-

-No padre- gli risposi sinceramente. Stavo per proseguire, per dirgli che capivo ciò che voleva dire, ma egli mi interruppe e mi salutò con una pacca sulla schiena -E vedi di comportarti bene!- fece strizzandomi un occhio. Io sorrisi e me ne andai. I miei passi mi portarono quasi inconsciamente verso il fiume. Mi lasciai cadere sull'erba fresca lì vicino ed osservai il cielo azzurro sopra di me, e le nuvole grigie che, in lontananza, annunciavano tempesta. Gli steli d'erba mi solleticavano le guance ed il vento sembrava soffiare sopra di me senza sfiorarmi. Con un sospiro rotolai su un fianco per poi alzarmi -Madre...- borbottai -tanto saprà già tutto...- immersi le mani nell'acqua e la chiamai. Probabilmente poteva sentirmi ovunque, ma un fiume mi sembrava il luogo più adatto tramite il quale giungere dal mare. Mi stavo spruzzando qualche goccia fresca sulla faccia quando la vidi emergere come una nuvola di vapore, scintillante di riflessi -Figlio mio!- esclamò uscendo completamente dal fiume e venendo ad abbracciarmi -Mi sembra un'eternità dall'ultima volta che ti ho visto- poggiò il viso sulla mia spalla ed emise un lieve sospiro -Forse sarei dovuta venire più spesso-

-Non preoccuparti, non sono più un bambino- le sorrisi, sciogliendomi dalla sua stretta -Ma se vuoi farmi visita non sentirti... fuori posto. Dopo tutto sei ancora la regina qui- ella non mi rispose e rimase silenziosa per un attimo, prima di chiedere: -Mi hai chiamato per un motivo particolare?-

-Sì, ma suppongo che come al solito tu sappia tutto-

-Non parlarmi con quel tono offeso, Achille: tenermi informata sulla vita di mio figlio mi sembra il minimo che io possa fare-

-E' solo- spiegai, trattenendomi dallo sbuffare -che è piuttosto inquietante parlare con te. A volte fai sentire il tuo interlocutore leggermente inutile-

-Io conosco i fatti, poiché la Fama alata li porta al mio orecchio, ma non posso leggerti nel pensiero, e anche se potessi non lo farei- la ringraziai, conducendola via dalla riva del fiume per poterci sedere su dei massi lì vicini -Dunque sai già di Deidamia?-

-Certo, e ne sono felice- annuì lei con serietà ed un timido sorriso -Conosci anche tu la profezia sul tuo futuro, ed io conosco bene il tuo carattere di fuoco e la tua fierezza e temo per te...- si asciugò furtivamente una lacrima dall'occhio, prima ancora che cadesse sulla sua morbida guancia -Temevo che ti sarebbe potuto accadere qualcosa di male prima che avessi il tempo di generare un erede. Almeno mi resta questa consolazione-

-Madre, smetti di parlarmi come fossi già morto! La mia vita forse è solo un soffio in confronto alla tua, ma è comunque una vita!- non potevo sopportare di vederla così triste, di vederla piangere per me, meravigliosa e malinconica nella sua eternità immutabile, nella quale i giorni si succedevano sempre uguali, come per tutti gli dei. In fondo neanche lei, pur avendo sposato un mortale, ci capiva. Poteva solo rendersi infelice per una parte di quella sua vita eterna nelle convinzione che la morte fosse il male assoluto.


Il tempo trascorreva tranquillo, portando ben pochi cambiamenti. Avevo preso a frequentare sempre più i soldati di mio padre e partecipavo al loro stesso addestramento. Alcuni veterani si prendevano cura dei soldati più giovani, guidandoci in marce estenuanti per temprare la nostra resistenza e facendoci combattere con spade poco affilate fino allo sfinimento. Patroclo era sempre al mio fianco; sebbene non riuscisse più a battermi né nella lotta né nella corsa era l'unico col quale valesse la pena competere, il migliore tra i giovani guerrieri. L'invidia esisteva, certo, ma sapevamo tutti che avremmo dovuto combattere insieme un giorno o l'altro e che la sua abilità o la mia avrebbero potuto salvare la pelle a molti altri. Il mio mondo allora si componeva della polvere e del sudore del campo di allenamento, dei banchetti e delle sporadiche visite di mia madre.

Deidamia viveva a palazzo, ma non l'avevo più vista dopo che mi aveva detto di essere incinta. Una mattina mi alzai particolarmente presto dopo un sonno breve e agitato e mi recai a vedere l'alba sulla collina vicina al palazzo. Stavo per addormentarmi appoggiato al tronco contorto e rinsecchito di un albero quando mi venne in mente che avrei anche potuto recarmi a farle visita. Tornai di buon passo nella mia stanza e mi cambiai gli abiti sgualciti e pieni di pagliuzze, poi chiamai un servitore e gli ordinai di preparare da mangiare per due persone. Mi diressi verso l'ala del palazzo riservata alla servitù, dove alloggiava Deidamia. Bussai debolmente alla sua porta -Chi è?- mi rispose una voce sospettosa

-Sono Achille- mi parve di udire una specie di gridolino trattenuto: di certo non aspettava la mia visita, e probabilmente a quell'ora si era alzata da poco

-Un momento- chiese la voce, stavolta esitante. E trascorse davvero solo un momento prima che la ragazza mi aprisse. Era vestita semplicemente ma col suo solito buon gusto, ed aveva i lunghi capelli raccolti frettolosamente sulla nuca. La sua stanza era modesta ma pulita e abbastanza ordinata; comunque non era la prima volta che mi recavo da lei lì.

-Vuoi venire a fare colazione con me?- proposi. Lei abbassò gli occhi ad arte, come richiedeva la modestia, ma senza un briciolo di timidezza ed annuì -Vi ringrazio- proseguimmo in silenzio fino alla mia stanza, dove ci accomodammo nel piccolo salotto che affacciava sulla camera da letto vera e propria. Su un tavolino erano già posate due ciotole colme di latte di capra, del pane col miele ed un cesto di fichi e noci -Come stai?- le chiesi mentre allungavo una mano verso il latte

-Molto bene- rispose sorridendo -E voi?-

-Anch'io. C'è qualcosa di cui hai bisogno?-

-No, niente. Si può dire che sto vivendo come una signora!- diede un morso al pane poi proseguì -Devo solo occuparmi di me stessa e del mio alloggio, lavoro anche troppo poco-

-Troppo poco?- ripetei con una risata leggera -Questa mi giunge nuova-

-Non mi sto affatto lamentando- si affrettò a specificare lei -Intendevo solo dire che...- si interruppe. Qualunque cosa fosse che non andava sicuramente non era abbastanza grave da farle correre il rischio di sembrare un'ingrata lamentandosi. Io però non l'avrei mai creduta tale. Riflettei un momento, poi arrischiai -Le altre donne ti invidiano?- Deidamia mi rivolse uno sguardo assai stupito e nascose un sorriso dietro la coppa di latte. Quando terminò di bere si passò la lingua rosa sulle labbra con uno scatto, poi disse che avevo ragione -Non è accaduto nulla se non qualche occhiata, ma capita sempre, in qualunque casa ci troviamo, a noi danzatrici- spiegò

-Ma io non vorrei che ci fosse nulla di spiacevole per te, dal momento che resterai qui molto a lungo-

-Forse se io avessi qualche lavoro da svolgere...- propose.

Una volta certa che dietro il mio invito non si nascondesse qualcos'altro e che avrei accettato la sua richiesta, la giovane si mostrò molto più rilassata e la sua conversazione tornò brillante e allegra. La sua compagnia era piacevole, e dimenticai completamente dell'allenamento di corsa che era in programma quella mattina. Quando sentii bussare mi assalì la sensazione di aver scordato qualcosa, ma fu solo quando entrò Patroclo che ricordai cosa. Mi rivolse un cenno di saluto, poi si rivolse cortesemente a Deidamia -Salve. Temo che dovrò privarti della compagnia di Achille per un po'-

-Oh, nessun problema. Me ne vado immediatamente- rispose alzandosi -Grazie per la colazione, e scusate se vi ho distratto dai vostri impegni- salutò ed uscì con velocità e con grazia.

-E' un po' che ti cerco, gli altri hanno iniziato senza di noi- mi rimproverò. Io alzai gli occhi al cielo -Cosa vuoi che sia?-

-Il fatto che tu sia già il migliore non implica che tu non possa peggiorare se non ti alleni- ribatté lui, mentre io mi rimettevo rapidamente la corta tunica che indossavo quella mattina -Va bene, eccomi- feci, spingendolo fuori dalla porta -Non eri tu che avevi fretta?-




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Pluma
grazie! Oh, non hai idea di quanto felice mi rendi! Siccome nella mia mente vedo le storie che scrivo come fossero film già fatti che devo solo mettere su carta, a volte mi “dimentico” delle descrizioni dei gesti e scrivo come fosse un copione, con solo i dialoghi, quindi sono fiera di essere riuscita a fare delle coreografie che ti siano piaciute. E sono molto felice che ti piaccia Deidamia. Anche a me sarebbe stato stretto il ruolo di donna rispettabile nell'antichità.

Artemis00 Sono onorata dalla tua ammirazione, e dal fatto che tu consideri IC i “miei” personaggi. Io trovo l'antica Grecia, nonostante i guai che mi aveva dato il greco, molto affascinante. Spero di vedere il frutto del tuo lavoro se mai deciderai di cimentarti in una storia con quell'ambientazione.

  
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