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Autore: Shari Deschain    10/11/2008    2 recensioni
"Fateci caso: rospi, ranocchie, scarafaggi e quant’altro… hanno tutti i loro momenti di gloria! Ma i ratti? Tutti si dimenticano dei ratti! Nessuno di noi è ben considerato, nessuno di noi è protagonista di qualche favola!"
Genere: Commedia, Fantasy, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Racconti da MezzaLuna'
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Messer Ratto e la Principessa Purexa






Messer Ratto si strinse più forte nel suo mantello grigio e, ignorando la pioggia battente, si diresse a passo deciso verso la locanda. Doveva assolutamente asciugarsi i baffi e la coda, o gli sarebbe presa una polmonite con i fiocchi.
La bettola era abbastanza gremita e le fate di luce, agli angoli della stanza, illuminavano per bene i tavoli ed i relativi astanti: sulla destra una famigliola di gnomi da giardino stava battagliando contro due nani per la conquista dello sgabello più alto e, dietro di loro, i troll camerieri facevano il tifo per l’una o l’altra squadra, così Messer Ratto piegò immediatamente a sinistra, verso il bar, in modo da evitare tutta quella fastidiosa baldoria.
Con studiata noncuranza si appoggiò al bancone e ordinò del vino al formaggio groviera, l’orco barista grugnì un “bleah” e si allontanò a passo svelto.
Approfittando del cappuccio che copriva i suoi occhi scarlatti, e anche buona parte del muso appuntito, Messer Ratto gettò un’occhiata alle creature intorno a lui.
Da una parte stava una grassa Maga Della Palude, ricoperta di fango ed alghe putrefatte. Il suo odore era la logica spiegazione al perché ci fosse così poca gente nei pressi del bancone.
“Bah” pensò Messer Ratto. A lui quella puzza non dava affatto noia, anzi, gli ricordava la propria casa, le Paludi di Jaya, da cui mancava da ormai molto tempo.
Poco lontano dalla Maga Della Palude – che tra parentesi era totalmente ubriaca – stava una piccola Ombra Rosa, avvolta nel suo vivido mantello fuxia da cui spuntavano solo le candide manine da bambola di porcellana. A Messer Ratto le Ombre Rosa non piacevano affatto: lo terrorizzavano quasi, con i loro sorrisi gioiosi e spensierati.
Non fece in tempo a voltarsi verso l’ultima creatura, seduta accanto a lui, che questa balzò in piedi – per modo di dire visto che era alta un metro e mezzo – e gli tese la mano, sorridendo con i suoi denti storti e quasi infilzandogli lo stomaco con le sue lunghe corna. Pareva proprio intenzionato ad attaccar bottone con lui, peccato che a Messer Ratto i satiri piacessero ancor meno delle Ombre Rosa.
- Io sono Mostuvaglio Del Grigiobianco Pinot. - si presentò il satiro, cordiale, stringendo con foga la mano di Messer Ratto e quasi trascinandolo per terra - E modestia a parte, ai bei tempi andati ero il satiro prediletto di Dionisio: l’anima delle sue feste, la portata principale dei suoi banchetti, il perno su cui si basavano le sue orge… se capisci cosa intendo. – aggiunse Mostuvaglio, strizzando l’occhio con fare complice.
- Oh… sì certo. – mormorò Messer Ratto, tentando di liberare la sua mano e di scappare prima che il satiro continuasse: erano creature fin troppo logorroiche per i suoi gusti. Purtroppo però, l’altro non sembrava affatto intenzionato a lasciarlo andare.
- Ah, bei tempi quelli, tu nemmeno puoi immaginare. – continuò infatti, subito dopo - Fanciulle, e vino, e scazzottate, e cibo quanto ne volevi, altro non dovevi fare che schioccare le dita e mille servi erano al tuo cospetto. Non finivano mai quei giorni, e non erano nemmeno giorni, per Bacco! Una nostra giornata durava mesi, d’altra parte eravamo immortali, quanto ce ne poteva fregare del tempo? – sospirò la creatura, affogando la malinconia in un enorme boccale di birra.
- Molto interessante. – borbottò ironico Messer Ratto, che però era realmente interessato. Lui non conosceva il mondo molto bene, anzi, non lo conosceva per niente: non era un immortale né una creatura da fiaba, ma solo un povero ratto di palude.
Quello era uno dei motivi che lo avevano condotto fin lì, nelle terre di Shaya.
- Eh adesso sai, Dionisio è proprio in un bel guaio. – continuò Mostuvaglio, ignorando totalmente i borbottii dell’altro - Ricordi quando gli ominidi cominciarono a creare quella cosa chiamata tecnologia, e noi creature di fantasia ci allontanammo dal loro mondo? Bè, non tutti vollero venire qui a MezzaLuna, soprattutto le antiche divinità s’incaponirono a restare, per provare agli ominidi di esistere davvero, ma furono sfortunati. Gli ominidi li ignorarono totalmente. Alcuni cominciarono a lavorare al circo o in televisione come conduttori di – oddio com’era quella parola? – Tok-show, ecco. Ma il povero Dionisio fu molto più sfortunato di loro. – disse malinconicamente il satiro, ingollando un’altra pinta di birra in un solo sorso.
- E perché? – chiese Messer Ratto, ormai conquistato dalla storia, nonostante i suoi buoni propositi d’indifferenza.
- Perché era un alcolizzato, ovvio! Per di più un alcolizzato immortale. Figurati! Ci uscirono scemi gli ominidi, tra cliniche di disintossicazione ed esami medici, non capivano perché il fegato non schiattasse nemmeno dopo le sedute di cura. Un gran casino te lo dico io. Ora quel povero dio se ne sta rinchiuso in qualche cella del mondo degli ominidi, senza possibilità di scappare. E sobrio anche. Per Bacco! È proprio il caso di dirlo.
Il satiro buttò giù un’altra birra e Messer Ratto, con un rapido calcolo mentale, stabilì che doveva essere almeno la quinta da quando avevano iniziato a parlare.
- Sentite, tutto questo è molto interessante, ma io devo andarmene, adesso. Ho un rapimento da organizzare e una vita intera da riscattare, quindi se vuoi scusarmi…
- Chi devi rapire? Una fanciulla? – chiese il satiro, come se rapire qualcuno fosse per lui un’azione totalmente ordinaria. Cosa probabile tra l’altro.
Messer Ratto si morse la lingua con i lunghi dentoni. Come diamine gli era venuto in mente di dire una cosa del genere così a cuor leggero? Annusò con sospetto il suo bicchiere di vino: che il groviera fosse scaduto e lo avesse avvelenato?
Mostuvaglio intanto si era fatto vicino vicino, e lo guardava con occhi pieni d’aspettativa.
- Scusate, ma questi non sono affari vostri. Ed io devo andare! – borbottò bruscamente Messer Ratto, scattando in piedi. Il satiro spalancò i brutti occhi tondi ma lo afferrò immediatamente per la manica del mantello – visto che era il punto più alto che riusciva a raggiungere.
- Amico caro, se davvero hai intenzione di rapire qualcuno, la mia amicizia ti sarà certamente gradita. Ho esperienza sai… in mille anni ho visto e sentito cose che ti potrebbero essere davvero utili. – sussurrò con aria complice, ed il ratto restò su a pensarci qualche istante.
I satiri non erano certo famosi per la loro lealtà, ma possedevano un grande ingegno, e poi perché non fidarsi? Avrebbe sempre potuto ucciderlo se avesse tentato di tradirlo.
Il fatto di non aver mai ucciso nessuno in vita sua non scompose per niente il giovane.
- Voi siete un immortale, dovete conoscere molte storie. – cominciò quindi Messer Ratto, alzando una zampa per ordinare un altro giro di alcolici. - Fateci caso: rospi, ranocchie, scarafaggi e quant’altro… hanno tutti i loro momenti di gloria! Ma i ratti? Tutti si dimenticano dei ratti, nessuno di noi è ben considerato, nessuno di noi è protagonista di qualche favola!
- Bè, c’è il pifferaio di Hamelin… l’ho conosciuto tra l’altro. Bravo ragazzo, non fosse per le manie omicide. - disse il satiro, buttando giù d’un sorso il sesto boccale di birra della serata.
- Oh sì, proprio lui! Sapete quanti ne ha ammazzati dei nostri antenati, quel bastardo? E ci si è fatto pure la casa al mare con la ricompensa. Figlio d’un gatto! – borbottò Messer Ratto, con i baffi che tremavano d’indignazione.
- Ma stavamo parlando di rapimenti, o sbaglio? È il Pifferaio che vuoi rapire? – chiese curioso Mostuvaglio, tentando di stabilire se Messer Ratto fosse o meno attratto dai bei ragazzi.
- Certo che no! – sbottò immediatamente il compagno – che me ne farei mai di uno come lui? Il mio obbiettivo è una principessa. Una bella, bellissima principessa. – concluse, soddisfatto.
- Ah, le principesse sono sopravvalutate amico mio. – sospirò il satiro, rivolgendogli un sorriso giallastro e alquanto triste. Messer Ratto s’indignò non poco a quelle parole: come poteva, quel brutto mostro, criticare una principessa leggiadra e bella come il più meraviglioso dei sogni?
Rivolgendogli uno sguardo offeso, si alzò in piedi e si avviò verso la porta.
- Buona serata Messer Del Grigiobianco Pinot, la nostra conversazione è giunta al termine. – dichiarò in tono altezzoso.
- Hai bisogno del mio aiuto, lo sai! – gli gridò dietro il satiro. Messer Ratto s’immobilizzo sulla porta e rimase così per qualche secondo, prima di fargli un cenno seccato.
Mostuvaglio, con fare esasperato, scosse l’enorme testa ricciuta e leccò le ultime gocce di birra dal bordo del bicchiere, poi, zampettando sulle sue corte gambe storte, gli corse dietro.
La curiosità uccise il satiro, si usava dire lì a MezzaLuna.


****


La Principessa Purexa Rosagghindata era davvero molto infastidita. Prima di tutto era in ritardo di soli cinque minuti al thè pomeridiano delle cinque, e certamente avrebbe dovuto aspettare un bel po’ nella carrozza per accumulare un ritardo decente; in secondo luogo il nuovo cocchiere era senz’ombra di dubbio alle prime armi, perché aveva assunto un andamento troppo veloce e le continue scosse la costringevano a muoversi, stropicciando così il suo splendido vestito.
Purexa davvero non capiva perché suo padre le vietasse di prendere una delle nuovissime macchine a motore, che erano molto più comode e funzionali. D’accordo che le tradizioni erano importanti, ma per la miseria! Il progresso tecnologico bussava alle porte di MezzaLuna già da un bel pezzo, perché non assecondarlo? Va’ a capire quel vecchio scemo.
Un improvviso sbando della carrozza catapultò Purexa sul sedile di fronte, distraendola completamente dai suoi pensieri.
- Tu, lurido figlio di una popolana! – sbraitò la principessa, mentre tentava di rimettersi in piedi, o perlomeno seduta, cosa comunque nient’affatto facile: il cerchio di ghisa cucito sul fondo del vestito si era incastrato tra i due sedili -strappando la gonna- e il tacco della sua scarpa destra si era spezzato a metà, impedendole di far forza sulla gamba.
Ci fu un altro scossone, più forte del precedente, e la carrozza iniziò a fermarsi.
- Ti manderò a pulire il recinto dei troll, maledetto! – strepitò ancora Purexa, mentre le lacrime le annacquavano la visuale. In quelle condizioni non poteva presentarsi da nessuna parte, e dire che quel thè era fondamentale per la sua vita sociale.
Cos’avrebbero pensato le Principesse dei Sei Punti Cardinali, nel non vederla arrivare? Di sicuro che era spocchiosa e viziata, una di quelle principesse algide che preferiscono essere chiuse in una torre o in qualche luogo simile, piuttosto che fare vita mondana come tutte le Principesse normali. Non l’avrebbero invitata mai più!
Mentre altre lacrime calde le solcavano il viso, lo sportello della carrozza venne bruscamente spalancato, Purexa si voltò di scatto, pronta a cavare gli occhi al cocchiere con le sue lunghe unghie laccate, ma al posto del giovane si trovò a fissare il volto appuntito di un ratto di Jaya.
La principessa continuò a fissarlo con aria completamente sbalordita, fino a quando quest’ultimo, con un grazioso inchino, le si presentò come Messer Ratto, annunciandole subito dopo che la stava sequestrando per farla sua sposa.
Purexa ci mise qualche secondo a registrare l’informazione, e quando il suo cervello collegò le parole ai fatti, semplicemente, iniziò ad urlare con tutto il fiato che aveva in gola, ma ciò servì decisamente a poco. Intanto che il satiro stendeva il giovane cocchiere, il ratto la trascinò con gentilezza fuori dalla carrozza, se la caricò in spalla e pochi secondi dopo la gettò di traverso sulla sella del suo cavallo.
Mentre agitava i piedi nel vuoto, Purexa si chiese perché diamine il suo primo rapitore ufficiale dovesse essere un ratto. Che fine aveva fatto il principe dai connotati orientali, i lunghi e lucenti capelli neri e i muscoli scolpiti?
E soprattutto: perché la sua vita di principessa doveva fare così schifo?


****


Messer Ratto non era così brutto come aveva pensato all’inizio, si ritrovò a considerare Purexa, adagiata sopra un alquanto inusuale trono di sacchi di farina.
Era alto, almeno un metro e ottanta e, a parte i tratti del volto troppo appuntiti, i baffi spioventi e la lunga coda, avrebbe potuto fare la sua porca figura anche ad un banchetto reale, vista la parlantina antiquata che si trovava.
La principessa sbuffò, tentando di cacciare via quegli assurdi pensieri, poi strappò un pezzo della michetta di pane e lo portò con grazia alle labbra.
- Io sto morendo di fame. – annunciò, storcendo la bocca.
Immediatamente Messer Ratto le si avvicinò e, poggiando un ginocchio per terra, la guardò con espressione totalmente beota.
- Ditemi cosa desiderate, soave principessa, ed io ve lo procurerò. Ogni vostro desiderio è un ordine per me! – esclamò con fierezza.
Purexa lo guardò stralunata, chiedendosi ancora una volta perché diamine le fosse capitato un rapitore del genere, così pomposo e melenso – anche se carino – da darle il voltastomaco.
- Va bene qualsiasi cosa si possa mettere sotto i denti. – rispose secca, e quasi si mise a ridere nel vederlo sobbalzare per la risposta così poco principesca.
Messer Ratto, comunque, si riprese subito, inchinandosi e correndo velocemente fuori dalla stanza. Purexa scosse la testa è posò il suo sguardo sulla porticina appena dischiusa.
Poteva sempre fuggire, pensò tra sé, ma scartò immediatamente l’idea.
Aveva un tacco rotto, tanto per cominciare, e poi doveva esserci un qualche altro brutto mostriciattolo da qualche parte, a farle la guardia.
Nonostante avesse preso molte lezioni di lotta e sapesse perfettamente stendere un uomo – figuriamoci quindi un satiro - la principessa non aveva tanta voglia di lanciarsi in un corpo a corpo. Dopo le scarpe e il vestito, non avrebbe retto il colpo di un’unghia spezzata.
- Non tenti di scappare? – chiese una voce dietro di lei, e Purexa si voltò di scatto.
In uno degli angoli, accovacciato su una pala meccanica, Mostuvaglio la fissava con i suoi occhi gialli, che al buio risplendevano di una luce inquietante. La principessa arretrò, spaventata.
Da bambina, la balia le aveva raccontato molte storie sui satiri e nessuna li vedeva coinvolti positivamente.
- Stammi lontano, mostriciattolo. Io lo so cosa fanno quelli come te, ma se provi ad attentare alla mia virtù io… - strepitò Purexa, cercando di trovare una minaccia più adatta di un “ti manderò a pulire il recinto dei troll”.
Il satiro rise, mettendo in mostra una dentatura orribile.
- Quale virtù? – chiese sghignazzando – Io vi conosco voi principesse, siete poco più che prostitute vestite bene.
Purexa spalancò gli occhi e lo guardò a metà tra l’inorridito e l’infuriato.
Aprì la bocca diverse volte, senza sapere bene se bestemmiargli contro o mettersi semplicemente ad urlare ma, alla fine, la rabbia ebbe la meglio e la Principessa si alzò in piedi di scatto, digrignando i denti.
- TU! Come osi, sporca creatura figlia di un troll, inetto scarto di gnomizzante, lurido…
- Basta così principessa, potrei anche offendermi! – la bloccò il satiro, sempre ridendo. – Sai fosse stato per me ti avrei lasciato lì dov’eri, ma mi piace osservare i giovani e i loro sbagli, mi aiutano a condurre una vita migliore. – aggiunse poi, guardandola negli occhi.
Purexa si limitò a fissarlo con odio.
- Io so già come andrà a finire, ma chissà, magari questa volta mi sbaglio. Sarebbe una bella novità per me sai? – disse sottovoce, sorridendo.
Mostuvaglio aveva appena finito di parlare, che Messer Ratto, trafelato, spalancò di scatto la porta, irrompendo nella stanza a passo di carica.
- Ecco a voi principessa! – urlò, raggiante – Ambrosia e carne di Unicorno, pane degli Elfi e vino delle Fate! Tutto il meglio che ho trovato! – continuò, con i baffi che tremavano di eccitazione. Il ratto dispose velocemente tutte le vettovaglie sul pavimento e si voltò verso la ragazza, in evidente attesa di ricevere complimenti.
- Sai quante calorie ci sono nella carne di Unicorno? - chiese seccamente la principessa, ancora offesa per le parole del satiro – parole di cui non aveva nemmeno capito il senso.
- E il vino delle Fate di che annata è? Perché se è dell’anno scorso ti hanno fregato ben bene: tutte le vigne incantate sono state affatturate dalle streghe delle verdure, che volevano vendicarsi dello scarico dei rimasugli di filtri magici. Tutto il vino di questi due anni è avvelenato. Non lo sapevi forse?
Messer Ratto impallidì visibilmente, mentre Mostuvaglio ghignava sotto i baffi.
- Io… credevo… - provò a mormorare il topo, ma la Principessa lo guardò con rabbia malcelata e il poveraccio indietreggiò fino a toccare il muro con le spalle.
- N-non volevo offendervi, io…
- Non volevi offendermi? Non avresti dovuto rapirmi! – sbottò Purexa, alzando il naso per aria.
In realtà non le dispiaceva poi molto di essere stata rapita: certo non era stato il rapimento dei suoi sogni, ma era pur sempre qualcosa da raccontare alle sue amiche principesse, in totale confidenza, e senza andare troppo nei particolari ovviamente. Era comunque un avvenimento molto più succoso di un banalissimo thè tra dame di alta nobiltà. E poi tutto ciò avrebbe forse convinto il vecchio a farle usare le macchine a motore che, per definizione, erano molto più difficili da assaltare a cavallo.
Messer Ratto, intanto, si era lanciato ai suoi piedi, stringendo fra le mani l’orlo della sua gonna.
- Principessa voi avete ragione, io sono solo un povero ratto. Mai avrei dovuto osare rapirvi o solo poggiare i miei sucidi occhi sulla vostra beltà. Ma avevo le mie ragioni: forse non avete letto tutte quelle belle fiabe dove a vincere è il più tapino dei tapini? Ora sono io questi, nessun altro nei dintorni può essere caduto più a fondo di me! Sarò io il principe eroe!
- Messer Ratto parla come mangi o non ti capirò mai. – ribatté Purexa stancamente, tentando di liberare il suo vestito di seta dalla stretta dell’altro.
- Il mio desiderio è quello di entrare nelle vostre grazie, nient’altro mia dolce Principessa. Un solo vostro sguardo e una sola vostra parola, riempiono il mio mondo di luce e calore. – mormorò, chinando il capo.
Purexa sollevò di poco le sopracciglia perfettamente depilate.
- Tutto qui?
- Come tutto qui? – chiese sbalordito il ratto, alzando finalmente il capo.
- Messer Ratto, hai mai sentito parlare di udienze reali? Ti sarebbe bastato venire a palazzo per incontrarmi, non avrei certo rifiutato, annoiata come sono.
- Ma… io volevo fare di voi la mia compagna, in realtà. – aggiunse timidamente l’altro, arrossendo appena. Subito dopo si chiese se non fosse stato troppo sfacciato nel pronunciare una frase del genere, e già stava aprendo la bocca per implorare perdono, quando si accorse che la principessa stava sorridendo.
- Sei molto dolce Messer Ratto, ormai sono in pochi a credere ai vecchi valori come fai tu. Ad esempio nessuno più mi dà del voi, né io lo do ad altri, Re compreso. – disse Purexa, colta da uno dei suoi rarissimi attacchi di sincerità e comprensione.
- In effetti, io per prima tendo a distaccarmi dalle vecchie tradizioni, ma ora, nel vederti, riesco a capire almeno un po’ perché mio padre ci resti così attaccato. Dovevano essere bei tempi, quelli in cui tutti vedevano il mondo come lo vedi tu. – continuò la ragazza in tono nostalgico.
Messer Ratto parve illuminarsi di luce propria, tanto quelle parole lo avevano estasiato.
Mostuvaglio scosse la testa, disgustato, e zampettò fuori dalla porta.
- Io… vi sono così grato per le vostre parole! Se il vostro desiderio è questo, io farò di tutto affinché venga esaudito! Vi farò rivivere i tempi andati, ci circonderemo di vecchi saggi che ancora ricordano com’era vivere una vera favola, andre...-
- Basta così Messer Ratto, hai appena distrutto anche l’ultima scintilla di romanticismo che questa assurda situazione può aver suggerito ai miei nervi stanchi – sbottò la principessa, allontanandosi bruscamente dall’altro.
- Io cercavo solo di recarvi piacere.
- Davvero? – chiese Purexa, con un luccichio malizioso negli occhi.
- È la ragione stessa della mia vita, principessa.
- Dimostralo.
Messer Ratto ci pensò su qualche istante poi, sorridendo, le prese una mano.
- Volete che uccida un drago nel vostro nome? Ho sentito che su Montefiamma…
- Oh al diavolo! – sbottò la principessa, esasperata, iniziando a liberarsi velocemente della fascia che le stringeva la vita – Vediamo se nei fatti sei bravo quanto con le parole. – aggiunse poi, lasciando che il vestito le scivolasse lungo i fianchi.
Messer Ratto provò a fare un passo indietro, sbalordito, ma Purexa gli artigliò le spalle con le lunghe unghie laccate, e lo spinse con forza sulla distesa di sacchi di farina.
- Non è questo che volevi da me, Messer Ratto? – chiese la ragazza, sorridendo e baciandolo sul collo. Messer Ratto, intanto, era davvero troppo sconvolto per rispondere. E se da una parte voleva fermare quelle mani avide che già lo avevano liberato della camicia e delle bretelle, dall’altra sentiva il proprio corpo rabbrividire in un modo decisamente particolare.
Quando Purexa gli prese una mano e se la infilò nello stretto corsetto, Messer Ratto spalancò gli occhi senza sapere che diamine fare. Rimase immobile, mentre lei iniziava a strusciare un capezzolo già indurito contro la sua mano. Ad un certo punto tentò anche di ritrarsi, ma Purexa mandò un alto gemito e lui, non sapendo se fosse di disappunto o meno, e non volendo contrariarla in alcun modo, le riafferrò immediatamente un seno.
Riuscì a spiaccicare qualche parola solo quando lei, estasiata, iniziò a tirargli giù i pantaloni.
- Principessa… questo comportamento… sarebbe imperdonabile una cosa del genere… - balbettò, ma l’occhiata che Purexa rivolse alla sua erezione lo fece azzittire.
Era una situazione maledettamente complicata per lui: l’onore gli imponeva di smettere immediatamente, ma il corpo e la mente volevano a tutti i costi proseguire.
Inoltre la principessa non sembrava molto intenzionata a lasciarlo andare.
Proprio in quel momento, infatti, la ragazza gli era montata a cavalcioni sul petto e si stava liberando del corsetto e della sottoveste.
Nel trovarsi così avvinghiato al corpo caldo e candido della principessa, Messer Ratto decise che l’onore, dopotutto, non doveva per forza andare di pari passo con la castità.
Purexa sorrise, lasciva, nel sentire le mani di lui scorrere, insicure, sul suo corpo nudo.
- Noi principesse siamo comunque donne. Se davvero dovessimo tutte aspettare il Principe Azzurro, tra una battuta di caccia, una guerra e un incontro di scherma, quelli si sveglierebbero solo intorno ai quarant’anni. E per convincerli a sposarci, poi, ce ne vorrebbero altri cinque come minimo. La nostra bellezza andrebbe così totalmente sprecata: questo è imperdonabile non credi? – chiese Purexa mentre scivolava più in basso, tracciando i contorni del corpo di lui con la punta delle dita.
Messer Ratto assentì semplicemente, senza nemmeno ascoltare, poi, lasciandosi definitivamente andare, la afferrò delicatamente per le braccia e la spostò al suo fianco.
Con movimenti incerti, ma comunque gentili, si portò su di lei, carezzandola piano e solleticandola sotto il collo con i suoi lunghi baffi.
La principessa sorrise, poi, intuendo che le cose per lui stavano diventando difficili, gli prese ancora una volta la mano e lo guidò verso il basso, tentando di non far trapelare il tenue divertimento che provava nel vederlo tremare ed esitare per paura di farle male.
Il coordinamento fu abbastanza difficile, e la pazienza di Purexa non era certo illimitata. ma alla fine riuscirono a trovare un compromesso accettabile.
Certo lei non ne trasse lo stesso piacere di lui, ma alla fin fine decise di non potersi lamentare. Fare l’amore con un vergine le aveva dato una certa soddisfazione.


****


Purexa aveva appena finito di fumarsi una sigaretta – la qual cosa avrebbe di certo scandalizzato Messer Ratto, se gli avvenimenti di poco prima non l’avessero lasciato completamente sotto shock – e si stava graziosamente spalmando della crema profumata sulle mani, per mandare via l’odore della nicotina, quando il veloce bussare alla porta fece sobbalzare entrambi gli amanti.
- Chi è là, che disturba il mio idillio? – urlò Messer Ratto balzando in piedi, completamente dimentico di non aver addosso i pantaloni.
Mostuvaglio aprì di poco la pesante porta, e sgusciò all’interno della stanza. Dopo aver gettato un’occhiata veloce intorno a sé, decise di evitare di guardare nella direzione del ratto per concentrarsi invece sulla vista del sicuramente più attraente seno della principessa, che non si era affatto presa il disturbo di coprirsi.
- Un gruppo di guardie reali si sta avvicinando di gran carriera, saranno qui al massimo fra cinque minuti. Pensavo voleste saperlo – spiegò il satiro.
- Come avranno fatto ad arrivare qui? Questo posto è isolato dal resto della contea! – sbraitò Messer Ratto, mettendosi le mani nei capelli.
- Gliel’ho indicato io. – intervenne candidamente la principessa, mentre iniziava a rivestirsi. - Vedi questo? – Purexa indicò con un dito il cellulare che aveva appena estratto dalla borsetta – è un oggettino portato di contrabbando dal mondo degli ominidi, è molto raro e costa anche un sacco di soldi. Con questo
, mentre tu riposavi, ho mandato un messaggio al mio fratellino Azzurro e lui mi ha inviato le sue guardie. Oh, non preoccuparti! – aggiunse immediatamente, nel vedere l’altro sbiancare – gli ho detto che sei un mio vecchio amico.
- Ma… ma io vi ho rapita! Voi dovete restare qui! – urlò Messer Ratto, quasi in lacrime.
- Mio caro, tu sei stato un piacevole diversivo, ma io ho la mia vita, il mio palazzo, il mio promesso sposo… il Principe Azzurro, hai presente?
- Ma Principessa Purexa! Non avete forse appena detto che il Principe Azzurro è vostro fratello? Questo è incesto! – balbettò sbigottito il topo.
- Ma no, ma no! – ribatté la ragazza, agitando graziosamente una mano guantata – è che i Re e le Regine hanno poca fantasia con i nomi, e chiamano tutti i loro figli maschi Azzurro, con poche varianti come Turchese o Bluette. Di buono c’è che sai sempre come chiamarli... – rimuginò tra sé - Ad ogni modo non posso certo sposare un ratto che non può mantenere né me né tantomeno i miei vizi. Se però vorrai passare dal mio palazzo, le mie camere private sono sempre aperte per te, io non dimentico i miei amici. – aggiunse, strizzando l’occhio e stirando la gonna con le mani.
Messer Ratto non riuscì ad aggiungere nulla, solo si limitò a guardarla mentre s’infilava le graziose scarpine rotte e si avviava verso la porta del vecchio granaio.
Mostuvaglio, in completo silenzio, si accese la pipa con fare rassegnato.
Per una volta sarebbe stato davvero bello sbagliare.


****


La locanda era affollata proprio come la sera prima, ed anche i clienti erano gli stessi: probabilmente per un villaggio così piccolo e fuori mano dalle principali metropoli fatate, quella era la norma. Ancora una volta Messer Ratto si era sistemato al bancone del bar, vicino alla Maga della Palude - che gli aveva perfino sorriso nel riconoscerlo. L’orco barista non gli aveva nemmeno chiesto cosa desiderasse, si era limitato a schiaffargli davanti un bicchiere di vino al groviera, con la stessa smorfia di disgusto dell’altra volta.
- Cercavo solo un lieto fine! – singhiozzò Messer Ratto, soffiandosi rumorosamente il naso e tracannando il vino in un solo sorso.
- Un lieto fine? Amico mio non siamo mica in una favola! – replicò il satiro, seduto accanto a lui.
- Come no? Siamo a MezzaLuna, questa è la terra delle favole!
- Ah, Messer Ratto, come sei ingenuo. Le favole non esistono, soprattutto qui che noi creature di leggenda conviviamo tutte insieme. Ci fossero ancora gli ominidi, forse le favole avrebbero ancora ragione di esistere. Ma ora che i nostri mondi sono divisi… bè, non c’è più nessuno che può considerare una favola la nostra vita.
Messer Ratto rimase in silenzio a rimuginare su quelle parole.
- Io ci credevo. Ci credevo davvero – mormorò infine, lasciandosi sfuggire un ultimo singhiozzo.
- Però hai di che consolarti, no? – provò a confortarlo il satiro – sei diventato l’amante ufficialmente approvato di una bella Principessa, e potrai fare una splendida vita da mantenuto. Quanti ratti possono dire una cosa del genere?
- Ma io… sai volevo qualcosa di diverso. L’amore della mia vita, il per sempre felici e contenti… queste cose qui.
- Messer Ratto, dai retta a me che sono un immortale e che ho vissuto un’eternità intera. L’amore che dici tu è una credenza popolare: non è mai esistito, né mai esisterà un amore perfetto e senza fine. In compenso, però, ce ne sono in giro tanti altri tipi molto diversi, futili e brevi come temporali di primavera, ma comunque soddisfacenti. Trovare un amore che ti soddisfi è già una gran cosa, puoi credermi.
- Siete molto saggio, Messer Del Grigiobianco Pinot.
- No, sono molto ubriaco.
- Forse è la stessa cosa.
Il satiro gli rivolse un sorriso carico di simpatia e alcool.
- Ti porterò con me all’appuntamento di stasera. Un altro po’ di sano sesso senza impegno è quello che ti serve.
Messer Ratto pensò che non era affatto vero, che il sesso era una cosa volgare e che non andava affatto bene per un ratto d’onore come lui.
Poi ripensò a Purexa, al suo corpo bianco, alle sue mani esperte e alle sensazioni che gli avevano provocato, quindi, semplicemente, acconsentì.
Perfino lui aveva sentito dire che, ad un certo punto, le favole finiscono e bisogna vivere la realtà così com’è.





*




Note: Scritta per il Fiction exchange di Writers Arena. Questa storiella non ha particolari pretese, vorrebbe solo far sorridere un po' :)
Tra l'altro è la prima originale che pubblico su EFP, non so perchè ma sono restia a mandare i personaggi creati da me in giro per il web.
Ho sempre paura che mi facciano fare brutta figura XD
Come sempre commenti e critiche sono ben accetti, anzi diciamo pure sperati.


Shari.

   
 
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