Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: Il Pavone e la Piantana    22/12/2014    2 recensioni
Junior e Willow sono i figli di una nuova Panem, nata sulle ceneri dei caduti e sulle cicatrici di una libertà pagata con il sangue. Sono i figli della rinascita e del dolore, della promessa di un nuovo futuro e dei fantasmi del passato, spesso talmente oscuri da adombrare perfino il giallo brillante della speranza.
«Credevo fosse normale...» Dico, in un sussurro. Mi sembra brutto dirlo a voce troppo alta, come se lo rendesse più reale.
«Ma è normale. Esattamente come te». Risponde, fredda, con un'espressione seria sul viso. Perché io sono come lei, sono il figlio di eroi di guerra che portano sulle loro spalle i dolori del passato, rendendo le nostre vite più difficili di quelle di chiunque altro.
[…]
Mi allungo nell'erba, strofinando lente le braccia lungo i fianchi, fingendo di essere di nuovo una bambina che disegna con il proprio calore una ghiandaia nella neve fresca. Ma non c'è neve da raccogliere, qui. Solo cocci, gusci vuoti di conchiglie e un listello di legno che ormai suona solo note stonate.

{Fa parte della serie Colors. || Fanfiction fortemente psicologica che tratta in modo esplicito alcune patologie psichiche}
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bimba Mellark, Bimbo Cresta-Odair, Johanna Mason, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Colors.'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A




XIII.




Johanna ha l'aria di non chiudere occhio da anni. Ci guarda arrivare, immobile sul dondolo, e, sotto le sue occhiaie, ruota un furibondo caleidoscopio di emozioni contrastanti.
Junior mi lascia immediatamente la mano, infilandosela in tasca con aria colpevole.
Mi sta chiedendo a gran voce di prenderlo a pugni sul naso.
Potrei accontentarlo, ma mi limito a sospirare e scuotere la testa.
Zia Johanna apre bocca, rigirandosi la sua bottiglia fra le mani, e Junior la inonda con una valanga di fantasiose storie, alle quali non crederebbero neanche le gemelle, nelle quali manca solo un delfino alato, per aggiungere verosimiglianza.
«E così vi siete addormentati, eh?» Johanna ghigna, tamburellando le unghie sul vetro «In acqua?» Punta all'indice le parti in cui il mio vestito bianco aderisce alla biancheria bagnata, rendendo assurda qualsiasi teoria di Junior sulla nostra assenza.
Lui arrossisce e balbetta e arrossisce ancora, così tanto che dalle sue orecchie scarlatte inizia ad alzarsi un sottile filo di fumo.
«Scusa, zia.» Intervengo, magnanima, abbassando il capo. «Mi dispiace avervi fatti preoccupare, sono stata incosciente.» Zia annuisce, battendosi i palmi sulle cosce. «So che sei responsabile per me, sono mortificata.»
Tengo la testa bassa per nascondere il mio sorrisetto inebetito dalla felicità, esibendomi nella mia recita strappalacrime.
Non sono mortificata per niente, anche se mi spiace davvero averla fatta stare in pensiero.
«Come ha detto lei.» Junior mi indica, impacciato, senza il coraggio di guardare me o Johanna.
«Lo spero per te, razza di deficiente!» Abbaia in direzione di Junior. «Annie è stata così male che ho dovuto darle lo sciroppo per farla dormire! Sei un cazzo di adulto! Io stavo crescendo te, alla tua età! Dopo due arene e una cazzo di rivoluzione!» Respira a fondo, modulando la voce, forse per paura di svegliare le bambine. O Annie. Lancia a Junior un'occhiata di autentico furore, prima di concentrarsi su di me «Hanno di nuovo chiamato i tuoi, mocciosa.» Si massaggia le palpebre, nascondendo un sorrisetto con il palmo «Ho dovuto inventare una balla, e io odio mentire, soprattutto ai tuoi genitori.» Annuisco piano, avanzando verso la porta «Chiamali, il numero è sul frigorifero, e poi dritta a dormire, che so che non l'avete fatto. Da sola!» ribadisce, come se il concetto che veglierà la mia porta armata di ascia non fosse abbastanza chiaro. «Tu dove credi di andare? Non ho finito con te!» Blocca qualsiasi tentativo di Junior di defilarsi, trattenendolo per un braccio, e ho quasi la tentazione di rimanere a controllare che non decida di amputargli qualche arto.
Poi ripenso all'espressione colpevole con cui ha lasciato ricadere la mia mano lungo il mio fianco e decido che zia Johanna può prenderlo a pugni sul quel suo bellissimo grugno anche da parte mia.
Il numero del loro alloggio a Capitol è sul frigo, come aveva detto Johanna, e lo compongo con mano tremante.
Squilla a lungo. Temo di aver sbagliato qualche cifra o che siano troppo arrabbiati per rispondermi.
Quando la voce di papà riempie la cornetta sono così felice e mortificata che mi viene voglia di piangere.
«Scusa, papà, mi dispiace.» Mi sento come deve essersi sentito Junior di fronte alla rabbia di Johanna.
Papà non dice nulla, però. Mi saluta con il suo solito tono gentile e rassicurante.
Dice che gli manchiamo molto - e alla mamma anche di più - che le visite sono andate bene ed è in attesa di una protesi nuova. Mi fa perfino ridere, dicendo di averla chiesta di un bel rosso fiammante, modello ragazza di fuoco. La mamma non deve aver gradito, a giudicare da quello che sibila in sottofondo.
Mi chiede del mare, delle gemelle, delle zie, della fissazione mordace di Rye e mi sembra di vedere anche il suo sorriso, attraverso il filo del telefono.
«Papà,» interrompo il primo istante di silenzio, tremando dalla testa ai piedi «ho dormito con Junior.»
C'è un lunghissimo, innaturale silenzio, all'altro capo del telefono. Così lungo che mi chiedo se sia caduta la linea.
Poi sento trascinare qualcosa sul pavimento e mamma chiamare mio padre in sottofondo.
«Papà?»
Lo sento deglutire un paio di volte.
«Ci sono.»
«Papà, mi dispiace.»
E poi non so più cosa dico. Vomito un fiume di scuse e richieste di rassicurazioni e giustificazioni su quanto lo ami e quanto tutto fosse giusto e perfetto.
E lo è.
«Allora hai fatto la cosa giusta, tesoro.» La voce di papà è fioca e stridula, ma dice la cosa giusta per rimettere in ordine tutte le tessere sparpagliate del mio puzzle, come sempre. «Sei comunque la mia bambina, Willow, anche se stai diventando grande.» Deglutisce di nuovo. «Io voglio solo la tua felicità, tesoro, e non c'è niente che tu possa fare per farti smettere di amare da me e tua madre.»
«Però non dirlo alla mamma.» Pigolo, infantile, giocando con la cornetta.
«Non lo farò, se non vuoi.» Sospira, schiarendosi la voce. «Sarebbe felice di saperlo da te, però.» Scuoto disperatamente la testa, come se potesse vedermi. «Stai negando al telefono?»
Annuisco.
Lo sento ridere, e all'improvviso so che è tutto okay, che papà non smetterà di amarmi se smetto di essere una bambina.
Che mi vorrà bene comunque e sarà felice per me, se sono felice con l'uomo che amo.
Mi passa la mamma, che mi inonda di domande e raccomandazioni.
Scoppia a piangere al telefono, quando le dico che mi manca.
«Ti voglio bene, tesoro. Stai attenta.» Tira su con il naso e immagino la stretta di mio padre intorno alle sue dita, la sua treccia sulla spalla di papà, quasi fosse un cordone che li tiene uniti.
«Ti voglio bene anch'io.» Sussurro, al click che segna la fine della comunicazione.
Riappoggio la cornetta con cautela, bloccando di nuovo il foglietto con il numero sotto una calamita a forma ippocampo.
Addento un pancake gelato, direttamente dal frigorifero, e lo mastico a grossi bocconi salendo le scale.
Vedo zia e Junior continuare a discutere, gesticolando, attraverso le tende di cotone sottile.
Avrei voluto un altro bacio, quello del buongiorno, ma proverò a farmi bastare quelli di stanotte.
Mi tiro le lenzuola fin sopra il mento e distendo le gambe, assaporando il formicolio che risale dalle mie caviglie alle vertebre del collo.
Il letto scricchiola di sabbia e profuma di mare e di Junior.
Ho il suo odore addosso, sulla pelle e fra i capelli, indelebile come una traccia, a ricordarmi quanto profondamente ci apparteniamo, adesso, prima e sempre.
Mi sento sommergere dalla stessa liquida, inarrestabile felicità che mi aveva raggiunta sullo scoglio, sommergendomi come un'onda, stretta fra la roccia e le sue braccia.
È così che ci si sente, dunque.
La maniglia si abbassa lentamente e serro gli occhi, nel disperato tentativo di sfuggire alla lezione in stile zia Jo sul sesso sicuro e le gravidanze indesiderate.
Le assi cigolano un paio di volte e qualcuno scosta il lenzuolo. Schiudo le palpebre, trovando il verde delle iridi di Junior che indugiano sul mio corpo scoperto.
«Mi mancavi.» Sussurra semplicemente, sollevando del tutto la coperta per distendersi al mio fianco.
Lo guardo e vedo l'amore riflesso sul suo viso, mentre mi sposta i capelli dietro la spalla, e il mio cuore precipita e mi torna in gola come una molla, mozzandomi il respiro.
Non c'è niente che possa dire.
E sono felice.
E lo amo.
E morirò presto, se il mio cuore non torna al suo posto, da brava parte anatomica fatta per stare al centro del torace, non in gola e nella testa e nelle gambe e nei suoi occhi e fra le sua braccia e sulle sue labbra.
Gli faccio spazio, riprendendo a respirare, premendo le labbra sul suo petto, la testa posata sul braccio che mi offre per farmi da cuscino.
Senza esitazione, senza l'ombra di un dubbio.
Le mie labbra sulla sua pelle, il suo braccio intorno alla mia vita, la guancia sul suo bicipite abbronzato.
È tutto così semplice, naturale come se fossimo nati per dormire l'uno fra le braccia dell'altra. E forse lo siamo.
Io vado bene per te. Perché ti vedo, e ti amo, per tutto ciò che sei.
Ogni tessera torna al suo posto nel mosaico, ogni remo alla sua barca, ogni stella alla sua costellazione, ogni notte alla sua alba, ogni castello alla sua marea.
Io vado bene per te.

La luce pomeridiana illumina il sorriso di Junior, due file di perfetti denti di madreperla, al mio risveglio.
«Buongiorno, mocciosa.» Lo mormora pianissimo sulle mie labbra, prima di baciarmi, e le sue labbra sanno ancora di sale «Ti dovevo un bacio del buongiorno.»
Sorride di nuovo, facendo scorrere le dita fra i miei capelli.
I pensieri galleggiano nella mia testa piena d'acqua, faticando ad assumere forme che non somiglino ad un'esplosione di palpitanti cuoricini rosa.
Si può impazzire per la troppa felicità?
«Secondo i miei calcoli me ne devi molti di più.» Mugugno, la bocca impastata dalla gioia e dal sonno, prima di baciarlo ancora.
E ancora e ancora.
Così tante volte che decidiamo che: voglio svegliarmi così ogni mattina per ogni mattina che mi resta; è meglio non scendere da questo letto, perché nulla che non sia in questa stanza merita la nostra attenzione.
Abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno, fra queste lenzuola ruvide di sabbia e sature d'amore. Io ho lui e lui ha me, ed è bellissimo e appagante come mangiare tonnellate di torta al cioccolato dopo un lungo digiuno.
Finché il mio stomaco, sdegnato, non brontola così forte, per ricordarci che non si vive di solo amore, da farci saltare per lo spavento,
Junior - il simpaticone - sbuca nudo dalle coperte, cercando una qualche bestia randagia per la camera, per poi commentare «No, era solo il tuo stomaco. Ringhia come tuo fratello, credevo fosse lui.»
«Ah-ah. E ora portami i miei pancake, schiavo!» Mimo lo schioccare di una frusta e devo rotolare fuori dal letto, trattenendolo per una gamba, per impedirgli di schizzare nudo in cucina per procacciarmi la colazione.
Che idiota.
Lo amo.
«Vorrei ricordarti,» lo ammonisco, baciando lo spazio fra le sue scapole «che tu dovresti essere l'adulto responsabile. E gli adulti responsabili non corrono nudi in una casa dove ci sono dei bambini.» Ride e riesce ad abbracciarmi anche da questa posizione, accarezzandomi le reni. E ogni abbraccio cancella uno dei suoi rifiuti, colmando l'ombra con la luce.
Ne sarò inondata.
Diventerò una creatura di luce, tanto abbagliante che nessuno potrà più vedermi davvero.
Faccio scivolare le braccia intorno alla sua vita, posando la fronte sulle sue vertebre.
La peluria ramata intorno al suo ombelico mi solletica le dita.
Lascio che la luce entri dentro di me, beandomi del suo calore.
«Gli adulti responsabili non si innamorano delle mocciose.»
La sua voce trema appena e il sole sorge, in questa stanza, rendendomi cieca.
Stringo un astro fra le braccia e non lo lascerei andare neanche se bruciasse davvero.
«Una mocciosa che morirà di fame, se non usciamo da questa stanza.» Scioglie la stretta delle mie mani intorno al suo ventre, rivestendosi come niente fosse.
Così, come se non avesse appena detto di essere innamorato di me.
«Devo sedermi.» Sono così fuori di me da pensarlo ad alta voce, dirigendomi a lunghi passi di gelatina verso il materasso.
Mi accascio, pesante e scomposta come una valanga, e le molle cigolano e si lamentano sotto il mio peso.
«Ecco, hai un calo di zuccheri, lo sapevo.»
Ride.
Lui ride.
Io qui muoio, stroncata da infarto alla tenera età di diciassette anni, e lui ride.
Spalanco la bocca.
La chiudo.
E poi la spalanco di nuovo.
Ogni tanto, ma solo ogni tanto, mi ricordo di prendere una boccata di ossigeno.
Willow Mellark, figlia di Katniss Everdeen e Peeta Mellark, eroi di Panem, muore per cause naturali alla giovane età di diciassette anni, sotto gli occhi divertiti di Finnick Junior Odair.
Nuda.
I cari ne piangono la scomparsa.

«Will?» Junior si avvicina, preoccupato, chinandosi alla mia altezza «Tutto okay?»
No. Cioè sì. È troppo okay. Okay non rende l'idea, neanche in un milione di anni.
Le mie mani sono fra i suoi capelli e le mie labbra sulle sue, perché ho bisogno di essere svegliata con un bacio, ancora, o solo di accorgermi di essere sveglia.
«Adesso va molto meglio.» Mugolo, sorridendo, ma non smetto di assaggiare le sue labbra.
Non credo di poterne mai avere abbastanza. Sono così buone che potrei decidere di mangiarle per colazione, pranzo e cena, se me lo permettesse.
«Non mordermi, mocciosa.» Sussurra, mordicchiandomi una spalla «Solo io posso.»
Solo tu puoi tutto, amore.
Ridere e piangere, stringermi la mano fino a farmi male alle dita e mordermi e baciarmi, avermi e farmi ridere, accarezzarmi e prendermi in giro.
Tutto.
E la fame può aspettare perché tutto può aspettare se le nostre mani e le nostre bocche e i nostri corpi e i nostri occhi si rincorrono e si trovano e si perdono e si cercano ancora, perché se lui mi ama come io lo amo io non ho più bisogno di niente, non voglio più niente. E non mi serve neanche l'ossigeno, perché voglio baciarlo di baci infiniti e fingere di essere nella nostra casa subacquea, invincibili come dei e indifesi come stelle marine, amandolo dell'amore eterno e incantevole dei sogni.
Mi tremano tanto forte le gambe, dopo, che vorrei che si prendesse cura di me, insaponandomi i capelli e le braccia, infilandomi nell'accappatoio che conserva un fantasma del suo profumo, come se questi anni fossero passati invano.
«Mi porti in braccio, Junior?» Rotolo su un fianco, godendo della visione della luce del tramonto riflessa sulla sua schiena dorata.
È bello sotto ogni luce, Junior. Il giorno e la notte, all'alba e al tramonto, dipinto dalla luna e sotto il bacio d'oro del sole.
Mi accarezza le gambe, concentrato, disegnando arabeschi e collane di conchiglie sulle caviglie, sulle ginocchia, sulle cosce.
E mi riveste, inerte come una bambola, sospirando.
«Non posso portarti, Willow.» Mi rimette in piedi, delicatamente, chinandosi per portarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. «Perché se poi mi cadi rotoliamo giù dalle scale e ti rompi il collo e muori. E poi mi rompono perché ho fatto morire la figlia della zia Katniss.»
Io rido, abbracciandolo così forte da farmi male alle braccia, e mi trascina fuori dalla stanza allacciata alla sua vita.
«Ma peso poco!» Insisto, implorante, e ogni speranza di essere discreti va in fumo mentre scendiamo i gradini, le mie braccia ancora strette alla sua vita, un po' spingendoci e un po' strattonandoci.
Lily mi corre incontro, travolgendo le gambe di Junior.
«Zia Johanna ha detto che stavi male e Junior ti curava.» Mi tira per la gonna, affannata, posando lo sguardo su Junior, prima di tornare a guardarmi. «Adesso stai bene, vero?»
Le fantasiose menzogne di zia Johanna. Neanche troppo distanti dalla verità, per essere onesti.
La cerco con lo sguardo, per ringraziarla silenziosamente per non essersi fatta strada a colpi di ascia nella mia stanza, puntando alla virilità di Junior, giusto in tempo per vederla sputare le sue uova dal naso, ridendo dietro il fazzoletto.
Poi sembra ricordarsi che ora ci odia a morte, e fulmina Junior con lo sguardo.
Junior è la persona più odiata della casa, da qualche minuto a questa parte: Johanna infilza il piatto con aria apertamente minacciosa e Mallow mostra i denti, imitando Rye, soffiando come un gatto. Sorride solo zia Annie, di un sorriso sfocato, veleggiando verso i polsi di Junior.
«Sei tornato?» Sussurra, stringendo così forte le sue ossa che ho sempre paura che possa romperlo, con le sue mani di lacrime e nervi e tempeste.
«Sì, mamma.» Junior risponde in un filo di voce, lasciandosi ferire dalla mani di sua madre.
La mia felicità cade a pezzi e si frantuma e le mie ossa scricchiolano nel dolore di questa stretta.
«Hai trovato una perla?» Le mani di Annie diventano bassa marea e conchiglie e lo lasciano andare, accarezzando i segni rossi sui suoi polsi, i tagli sulle sue mani.
Junior mi guarda per un lungo istante.
Poi annuisce.
«Sì.»
E zia Annie ride, di una risata che è il vento e la spiaggia e il canto delle sirene, e Junior la abbraccia, sussurrandole qualcosa all'orecchio.
Non l'avevo mai sentita ridere davvero.
Trattengono tutti il fiato, aspettando che madre e figlio aprano una breccia nel loro linguaggio segreto.
O sono solo stupiti dalla rara risata di Annie, singolare come una perla.
«Mangerete prima o poi o vi nutrirete solo del vostro amore?» Zia Jo guarda Junior, torva, indicandomi «La mocciosa sta diventando trasparente come tua madre. È così che pensi alle conseguenze?»
Lui barcolla, colpito e affondato, facendo un passo indietro.
«So badare a me stessa.»
Non è vero, ovviamente - e ringrazierò sempre la mia soffocante madre per questo - ma protesto comunque, sedendomi a tavola come se volessi sfondare la sedia.
«Lo dirò a mamma.» Rye guarda le sue posate, poi Junior, poi di nuovo il coltello.
Ci ucciderà tutti.
«Non ho sette anni, io.» Ribadisce, fissando intensamente coltello e forchetta.
Non intendo intavolare una discussione su quanto siano profondamente fattacci miei e su quanto sia una cosa naturale stare con la persona che si ama, esattamente come fanno mamma e papà e qualunque altra coppia al mondo.
Quindi lo guardo male, infilzando le mie uova senza tagliarle.
«Io vado a casa.» Junior buca il silenzio alle mie spalle.
«No.» Zia Johanna continua a mangiare, serafica, senza neanche guardarlo. «Tu ora ti siedi e mangi da bravo demente. E controlli anche che la mocciosa e tua madre non muoiano di stenti.»
Junior snocciola una lista di parolacce e improperi più colorita di quella di Johanna - che Mallow prontamente ripete, giuliva - ma si siede.
Nell'angolo della tavola più lontano dal mio.
Vicino a Rye.
Zia Johanna ha ragione: è un demente.
Un demente senza la percezione del pericolo, tra le tante.
Nel silenzio denso come melma le bocche che masticano fanno un baccano mostruoso.
Sto per tirare un calcio a Mallow sotto il tavolo, tanto per spezzare la monotonia, quando Lily si alza, risoluta, andando a bussare sulla spalla di Junior.
«Junior, ho mal di pancia. Puoi curare anche me?» Il boccone mi va di traverso, incastrandosi fra il naso, la bocca e la trachea.
Sperimento l'intensa emozione del soffocamento, tossendo fino a farmi schizzare gli occhi dalle orbite per liberarmi la gola ostruita.
Poi guardo Junior, dall'altra parte del tavolo, col viso in fiamme e gli occhi strabuzzati, e soffoco di nuovo, stavolta dal ridere.
«È una medicina solo per i grandi, mocciosa.» Commenta zia Johanna, asciugandosi le lacrime col fazzoletto e ridendo tanto forte da far tremare i bicchieri.
Continua a tenersi la pancia mentre sparecchia e non smette di sghignazzare neanche lavando i piatti
. Siamo la nuova barzelletta del distretto, a quanto pare, della quale non riesco a impedirmi di ridere anch'io.
Junior non è dello stesso avviso.
Si lascia trascinare sul dondolo dalle braccia di vetro di Annie, dopo cena, mentre pettino le gemelle - tra urla che infrangono la barriera del suono e calci negli stinchi - e rimbocco le lenzuola sui loro pigiamini identici.
«Sembri così adulta, a volte, che si tende a dimenticare che in realtà sei ancora una mocciosa.» Johanna sussurra nell'ombra, appoggiata allo stipite della porta delle gemelle.«Non sono tua madre, Willow, non voglio farti la predica.» Alza i palmi aperti, prima di continuare. Willow. Non sarà una predica, ma ne ha tutta l'aria. La sento crepitare, elettrica e intrisa di pioggia, come prima di una tempesta.
«Ma...?» La raggiungo sulla soglia, superandola per socchiudere il battente.
«Ma mi sembra che nessuno di voi due idioti stia pensando seriamente alle conseguenze di ciò che state combinando sotto il mio tetto.» Sospira, passandosi una mano fra i capelli.
Le conseguenze.
Le mie ossa diventano liquide, sciolte come la prima neve, e il battito del mio cuore accelera.
Le conseguenze.
«Tra qualche giorno Peeta e Katniss verranno a prenderti, Willow. Tornerai a casa.» Mi afferra il gomito con una mano, impedendomi di vacillare lungo le scale. «Come farete allora, bambina? Ci avete pensato, a questo, prima di rotolarvi al chiaro di luna?»
No.
Non ho pensato a niente, con le sue labbra sulle mie e la luna e il mare e l'amore e le mie mani sulle sue spalle, fra i suoi capelli.
Non riesco a pensare a niente, con Junior, perché la sua presenza è sole che si infiltra da ogni punto vuoto nella trama di una tenda, sabbia che scivola nel solco fra le assi del pavimento, acqua che cancella castelli di sabbia e lacrime e sogni infantili.
Mi riempie completamente, lasciandomi annullata, piena di sole e sabbia e acqua, una conchiglia vuota sulla riva del mare.
«No, te lo dico io.» Johanna mi guida fino al divano, posando le mani sulle mie spalle per mettermi seduta. «Non avete pensato a niente se non al fatto che siete giovani e stupidi e innamorati.» Si lascia cadere pesantemente al mio fianco, massaggiandosi le palpebre con le dita. «Ho visto tuo padre senza tua madre, Willow, e tua madre senza tuo padre. E Annie, che non ha più nulla. Non voglio questo per voi.»
Provo a immaginare me stessa, seduta con gli occhi sfocati, in attesa del ritorno della marea.
Non io.
Partirò, ma sarò dove sono sempre stata. E Junior sarà dov'è sempre stato, fra le strade del distretto, sulla spiaggia, nel suo mare con la muta blu che disegna ogni muscolo del suo corpo.
A portata di treno, di bacio, di telefono, di voce.
«Non accadrà, zia.» Le poso una mano sulle sue, sfiorandole una nocca «Troveremo un modo, troverò un modo.» Chiudo gli occhi, sospirando. «Non gli lascerò la mano.»
«Papà...» busso piano alla porta dello studio. Sta dipingendo un enorme campo di denti di leone. Alcuni sono nella fase del soffione e l'aria, nel quadro, è satura di piccolissimi stami evanescenti.
Ci ha portati via, perché la mamma mi ha schiaffeggiato.
È impazzito.
Abbiamo avuto paura, tanta che Rye si è fatto la pipì addosso e avrei voluto anch'io, se non fossi stata troppo grande per farlo.
Ci ha presi in braccio entrambi, con quegli occhi neri come pozzi di carbone, e ci ha portati dallo zio Haymitch.
I mostri non sono sotto il letto, sono negli occhi di papà.
Le urla di mamma arrivano fino ai vetri della soffitta, graffiandomi i timpani.
Vorrei correre da lei, anche se mi ha colpita, perché sembra che si stia strappando il cuore a mani nude e non posso lasciar morire la mia mamma.
E bussa e urla e batte i pugni contro il legno finché tutta la casa dello zio non trema fino alle fondamenta.
E Rye non fa che piangere e lui non fa che dipingere e zio Haymitch beve e bestemmia e io non so come farli smettere tutti.
«Papà!» E urlo anch'io, anche se papà mi fa paura e nei suoi occhi c'è il mostro dell'armadio, perché il mio corpo è troppo piccolo per contenere tutta questa paura e urla e dolore e lacrime.
Papà si volta e sta piangendo.
I suoi occhi sono azzurri e rossi di lacrime e stravolti.
E mi fa ancora più male delle urla e delle bestemmie e dei pugni sul legno, tanto male che piango anch'io, seduta sotto i denti di leone.
Papà mi chiede scusa, abbracciandomi, ma io ho troppa paura che i suoi occhi diventino di nuovo del colore della morte e della notte e dei mostri e tremo e scappo e non mi lascio toccare.
Mi nascondo dietro le gambe di zio Haymitch finché la mia vescica non ce la fa più e mi faccio la pipì sulle scarpe anche se sono una bambina grande e le bambine grandi non piangono e non si fanno la pipì addosso. Zio Haymitch bestemmia più forte e pulisce il pavimento e le mie gambe.
Io piango perché voglio andare a casa, ma lui dice che non si può.
Mi mette il telefono tra le mani.
E io faccio il numero di una stanza a Capitol.
La stanza di Junior all'Accademia.
E la voce di Junior, nella cornetta, mi salva.




Note di fine capitolo:
Buonsalveh!
Ricordiamo che su Colors Fanfic troverete tutte le storie che appartengono a questa serie, nonché il quattordicesimo capitolo in anteprima di Aquamarine.
Grazie come sempre a tutti coloro che ci seguono e ci supportano...siete cuorih ♥


Ringraziamenti:
Come per ogni nostra fanfiction, non possiamo esimerci dal ringraziare tutte le persone che ci sono state vicine nella stesura della storia, quelle persone che, in qualche modo, hanno contribuito a rendere Aqua la storia che è, quindi i nostri ringraziamenti più sentiti vanno a:
radioactive che non solo ha creato per noi questo fantastico banner – e non ci stancheremo mai di dire che è una grafica nata – ma che ci ha promptate, aiutate, ispirate e che è la persona che più ci ha aiutate e spronate a scrivere Aqua. Questa fanfiction è anche sua;
_eco che ci ha fatto immaginare un incontro tra JJ e Will;
gabryweasley che ci ha seguite sin dall’inizio, amando Aqua tanto quanto noi. Che ci chiedeva di passarle i pezzi e li leggeva dicendoci sempre cosa ne pensasse.
Se amiamo tanto Aquamarine è anche merito loro ♥ Grazie per tutto, vi amiamo! ♥


Veniteh a fare le bolleh d'Assenzioh con noi nel gruppoh Facebook gestito dalla nostra meravigliosah famiglia disfunzionale ♥ A Panda piace fare le bolle d'assenzio [EFPfanfic]
Abbiamo apertoh anche una pagina Facebook dedicatah a questa serie, doveh potreteh farci qualsiasi domanda su questa raccoltah, seguire tutti gli aggiornamentih, salutareh Finnickinoh che ballah nella p0rn Narnia e devolvere zolletteh alla sua causah ♥ Vi aspettiamoh numerosih ♥ Colors.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Il Pavone e la Piantana