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Autore: Fiamma Erin Gaunt    22/12/2014    1 recensioni
[Sequel di "Be Dauntless is a tough job but someone has to do it"]
Perchè Eric è cambiato, cosa l’ha spinto a trasformarsi da ragazzo dagli occhi di acciaio ma dal cuore ardente in una macchina fredda e apparentemente incapace di empatia? Perché ce l’ha così tanto con i Divergenti?
*
Dal capitolo due:
- Non ci sarebbe mica nulla di così sconvolgente. Avevo la sua stessa età quando noi l’abbiamo fatto … o te lo sei dimenticato? – intervenne Fiamma, strizzando l’occhio ad Alex.
- E tu non incoraggiarla. E poi per noi è stato diverso … io non sono un idiota – replicò.
- Questo lo dici tu. –
*
Dal capitolo tre:
Erano circa dieci minuti che Eric lo guardava e la cosa gli metteva addosso una certa agitazione. D’accordo, erano amici, ma quelle iridi d’acciaio non erano affatto rassicuranti quando si focalizzavano così tanto su di una persona. O forse era semplicemente lui a essere paranoico.
- Se mi stai per chiedere se sono interessato a te la risposta è no – ironizzò, alzandosi sui gomiti e rimanendo sdraiato sul letto solo per metà.
*
Dal capitolo sei:
- Vuoi che mi spogli, biondina? –
- Solo per vedere il tatuaggio, non farti strane idee – precisò.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Eric, Four/Quattro (Tobias), Jeanine Matthews, Matthew, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Break the Ice - Genesi, vita e morte di una storia d'amore'
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Cap 7

 

 

 

La mattina delle visite colse tutti impreparati.

E portò una scintilla di malinconia in chi, come Fiamma, non vedeva la sua famiglia da quasi un anno. Il ricordo della giornata dell’anno precedette le scaldò il cuore mentre indossava la tenuta nera e acconciava i capelli in un’alta e tirata coda di cavallo.

Si guardò allo specchio, cercando di ritrovare qualcosa della sedicenne che era stata prima dell’iniziazione. L’aspetto esteriore era lo stesso, forse solo il viso si era assottigliato un po’ di più e aveva messo in risalto gli zigomi già naturalmente marcati. Dentro di sé però era cambiata. Più dura, più simile al freddo acciaio dei pugnali che tanto le piaceva lanciare. Non sapeva ancora se questa sua perdita di emotività le piacesse oppure no.

Tirò su la zip del giubbotto di pelle, scacciando via quei pensieri. Gli intrepidi erano come squali pronti ad attaccarti al minimo segnale di paura e lei non poteva mostrarsi debole, non ora che la sua relazione con Eric l’aveva portata più che mai sotto i riflettori.

Si richiuse la porta della stanza alle spalle, percorrendo il lungo corridoio che la separava dal Pozzo. Nicole le si affiancò poco dopo, il fiato corto per la corsa che aveva appena fatto.

- È strano sapere che i nostri cari non ci saranno, vero? –

Annuì.

- Immagino che ormai ci si consideri degli adulti in tutti i sensi, perciò forse non è il caso di rimuginarci su. –

Nicole si accigliò, guardandola in modo strano.

- Che c’è? –

- La vicinanza con Eric ti ha trasformata in una tipa tutta dovere e freddezza, probabilmente non te ne rendi conto. –

Piccata, si fermò di botto per fronteggiarla.

- Da quando è un problema il comportamento di Eric? – chiese, aggressiva.

- Da quando scatti come un cobra non appena qualcuno ne parla male. Forse non l’hai notato, ma non sono in molti a stravedere per lui. –

- Non è un mio problema, e francamente neppure tuo. Perché non raggiungi Zeke? – aggiunse poi, un po’ più brusca di quanto avesse voluto.

La verità era che in una giornata come quella sentire attaccare l’unica persona che ancora faceva parte a tutti gli effetti della sua famiglia la faceva arrabbiare. Eric era tutto ciò che aveva e a lei andava bene così, quindi perché gli altri dovevano impicciarsi?

Nicole tentennò, abbassando lo sguardo.

L’immagine di come dovevano sembrare, un aggraziato e pericoloso dobermann pronto a scontrarsi con un piccolo e agguerrito cocker, le fece capire l’assurdità della situazione.

- C’è qualche problema con Zeke, vero? –

L’amica non disse nulla, ma dalla postura rigida e lo sguardo perennemente fissato sul pavimento si capiva che era così.

- Una settimana di problemi … ho sette giorni di ritardo – sussurrò, così piano che per un attimo Fiamma si chiese se l’avesse detto davvero.

Prima ancora di pensare a cosa stesse facendo, la strinse in un abbraccio spaccaossa. Improvvisamente l’acidità di Nicole aveva un senso: era spaventata.

- A lui l’hai già detto? –

Scosse la testa: - No, non ne ho avuto il coraggio. Zeke è fantastico, ma … -

- Ma non è molto maturo – concluse per lei.

- Magari non è nulla, potrebbe essere solo un ritardo. –

- Non voglio pensarci, Fi. Piuttosto, scusami se sono stata così stronza prima, ma è il nervosismo che parla. –

Sciolse l’abbraccio, scrollando le spalle: - Ehy, non me la sono presa. Forza, andiamo a vedere quanti trasfazione scoppieranno a piangere rivedendo i genitori. –

- Seriamente, Eric accresce la tua vena sadica – rise, lasciandosi condurre via.  

Erano arrivate al Pozzo quando Fiamma lo vide.

Eric era appoggiato a una delle balaustre e fissava un punto imprecisato davanti a sé con un’espressione che non prometteva nulla di buono. Lo raggiunse, seguendo la direzione in cui puntavano i suoi occhi e capendo all’istante quale fosse il problema. Poco lontano da loro c’era un terzetto di Eruditi. L’uomo assomigliava molto a Eric, mentre la madre aveva gli stessi colori di Alex; il terzo componente era un ragazzo che doveva avere all’incirca la loro età.

Fece scivolare la mano nella sua, attirandone l’attenzione.

- I tuoi genitori? –

- Già. Non credevo che sarebbero venuti – disse.

La voce era fredda, glaciale, come quando si sforzava di fare finta che la cosa non lo toccasse minimamente mentre dentro si sentiva morire.

Poteva capirlo. Anche lei avrebbe reagito in quel modo se avesse saputo che sua madre era andata a trovare Kyran ma non lei.

- Magari non sarà terribile come pensi. –

- Già, sarà molto peggio. –

Okay, tanti saluti al tentativo di risollevargli l’umore. A maggior ragione perché Alex non era ancora arrivata al Pozzo e i signori Murter avevano appena puntato il loro primogenito e camminavano verso di lui con l’aria intellettualoide che contraddistingueva i membri della loro Fazione.

- Eric, sei pieno di piercing e tatuaggi – cominciò suo padre, scrutandolo dall’alto in basso con aria contrariata.

- Da queste parti siete voi quelli strani, non io – ribattè, proprio mentre sua madre rivolgeva uno sguardo incuriosito verso Fiamma.

- È una tua amica? –

- È la mia ragazza – precisò.

- Ma non fa parte della famiglia, quindi magari potrebbe lasciarci un po’ di tempo per noi – concluse il signor Murter, lanciandole una di quelle occhiate raggelanti che di solito Eric utilizzava quando voleva intimidire qualcuno.

Peccato solo che lei fosse abituata a gestire situazioni come quelle, quindi resse bene il confronto e lanciò un’occhiata interrogativa al fidanzato. Non era certa che Eric fosse in grado di gestire in modo tranquillo quell’incontro, ma se ne sarebbe andata se lui le avesse chiesto di farlo.

- Lei resta – ribattè Eric, rinserrando la presa sulla sua mano.

- Eric, questo è un incontro di famiglia … -

- Forse non ti sei guardato attorno, papà, ma gli ordini qui li do io. Siete qui per parlare con Alex, non con me, quindi non fingere neanche per un attimo che le cose stiano in modo diverso. –

Il terzo Erudito se ne stava in disparte, visibilmente a disagio, finchè non vide Alex avanzare rapidamente verso di loro.

Evidentemente aveva fiutato il problema, perché appariva piuttosto contrita.

Eric colse la palla al balzo per defilarsi.

Fiamma lo vide allontanarsi lungo il corridoio, incurante della voce di Max che lo invitava a unirsi a loro per un pezzo di torta.

- Cosa è successo? – chiese Alex, con un tono talmente glaciale da poter fare invidia a quello del fratello.

- Tuo fratello è il solito testardo irascibile, ecco cosa – spiegò il signor Murter.

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

- Quindi sarebbe colpa sua se l’avete sempre fatto sentire un fallimento? Se in quest’anno non vi siete mai presi la briga di mettervi in contatto con lui? Se durante la giornata delle visite dell’anno scorso non vi siete degnati di farvi vedere? Ma che razza di genitori siete, voi? – esplose, incurante dell’attenzione generale che aveva catalizzato su di sé.

La signora Murter sembrò turbata dalle sue parole, e a dirla tutta piuttosto imbarazzata, mentre il marito la fissava furente.

- Ascoltami bene, signorina. Io non so cosa tu creda di sapere, ma mio figlio è sempre stato un piantagrane; non sono stato sorpreso di sapere che aveva scelto gli Intrepidi, è la Fazione adatta a gente della sua risma. –

- Eric è problematico, è irascibile e testardo … questo lo sanno tutti qui in Fazione, ma se lo hanno scelto come nostro capo un motivo c’è. È forte, è temuto e rispettato, è una persona molto migliore di quanto possa esserlo lei. –

L’uomo scosse la testa, indignato, e le voltò le spalle.

- Andiamo, Marise, ce ne andiamo. –

La donna esitò e per un attimo Fiamma pensò che se ne sarebbe andata con lui, ma la sorprese decidendo di rimanere.

- Tu vai, se vuoi, io voglio rimanere. Christopher, resti anche tu? –

Il giovane in disparte annuì.

Il marito andò via furente.

- Immagino che non sarà un bel rientro a casa – considerò Fiamma. Improvvisamente quella donna aveva cominciato a piacerle, o quantomeno stava guadagnando qualche punto.

- È vero quello che hai detto sul mio Eric? È davvero un grande Intrepido? –

Annuì.

- È un grandissimo Intrepido. Sarebbe stata fiera di lui se l’avesse visto durante l’iniziazione. –

Marise si tormentò le mani con fare nervoso.

- Puoi parlargli tu al posto mio? Non credo che voglia vedermi e non lo biasimo per questo, ma so che a te darà ascolto. Eric si fida di te, si è aperto e non lo fa mai. Deve amarti davvero – concluse, stringendole una mano. – Lo farai per me? Digli che mi dispiace, che gli voglio bene malgrado lui pensi che non sia così. –

- Lo farò. La lascio con sua figlia – concluse, districandosi dalla presa e percorrendo il corridoio.

Sapeva bene dove cercarlo. Ogni volta che qualcosa non andava Eric si rinchiudeva nel poligono. Sparare aveva su di lui lo stesso effetto che per lei avevano i coltelli.

Entrò nella stanza, raggiungendolo e abbracciandolo da dietro.

Eric si tolse le cuffie, puntando gli occhi d’acciaio su di lei.

- Se ne sono andati? –

- Solo tuo padre. Tua madre è rimasta a parlare con Alex. Mi ha chiesto di dirti che ti vuole bene, anche se sa che pensi non sia così, e che le dispiace per come sono andate le cose. –

- Non mi interessa. –

- Non è vero, Eric, e lo sai. Tu fai finta che non t’interessi, ma non è così. –

Rinserrò la presa sul calcio della pistola, come se fosse la sua coperta di Linus. – Anche se m’importasse non avrebbe importanza. La Fazione prima del sangue, ricordi? –

Ecco, quando faceva così la irritava oltre ogni dire.

- Perché per una volta non puoi semplicemente dire che sei arrabbiato e che ti senti ferito dal comportamento della tua famiglia?–

Si voltò completamente verso di lei, scrutandola con intensità.

- Perché se lo ammetto mi sento debole e non ho intenzione di permetterlo. Sono un Capofazione, devo essere forte sempre e comunque. –

- Hai paura. Pensi che ammettere di soffrire ti faccia apparire debole agli occhi degli altri, ma non è così. Soffrire non rende deboli, solo umani. –

Non disse nulla, limitandosi a fissarla come se fosse diventato una statua di ghiaccio. Si stava allontanando, estraniando, tornando a essere quell’Eric che non le permetteva di avvicinarsi e di capire cosa gli passasse per la testa.

- Non ne voglio parlare – disse, annullando la distanza che li separava e chinandosi a baciarla. Fu un bacio rabbioso, disperato, che lasciava intendere tutto ciò che a parole sembrava incapace di confessare.

Lo ricambiò, abbracciandolo invece di limitarsi a cingergli il collo come al solito, stringendolo con tutta la forza di cui era capace.

- Io ci sono, non me ne vado da nessuna parte, hai capito? – gli sussurrò all’orecchio, continuando a stringerlo a sé.

- Tu lo dici, ma io non posso saperlo con sicurezza. –

Il pizzico di fragilità che era trapelato con quella dichiarazione venne scacciato prontamente e lasciò il posto a quella rigidità innaturale.

- Siamo una squadra, ricordi? Noi due contro tutti – gli rammentò, utilizzando le stesse parole che aveva pronunciato dopo averlo aiutato a uscire dal suo scenario della paura.

- Non voglio parlarle. –

Quel “non voglio” suonava tremendamente come un “non posso”.

- Non ti sto chiedendo di farlo. –

Gli prese la pistola dalle mani, depositandola sul bancone e attirandolo verso l’uscita.

- Non credo sia una buona idea rimanere qui, non sei l’unico che si sfoga al poligono – gli fece notare, dirottandolo lungo il corridoio che portava alle camere dei Capofazione.

Si chiuse la porta alle spalle, lasciandosi cadere sul letto del ragazzo e battendo la mano accanto a sé per invitarlo a raggiungerla.

Si rannicchiarono sotto le lenzuola, una abbracciata all’altro, rimanendo in silenzio per un tempo che sembrò interminabile.

- Perché lo fai? – le chiese d’un tratto, la fissava come se davvero ci fosse qualcosa che andava oltre la sua comprensione.

- Perché faccio cosa? –

- Mi stai vicino e mi sopporti anche se non faccio nulla per renderti le cose facili, anzi. Non sono comunicativo, né particolarmente dolce o affettuoso, quindi perché hai scelto proprio me? –

La domanda la colse di sorpresa.

- Perché ti sei preso cura di me, seppure a modo tuo, mi hai mostrato un Eric diverso rispetto a quello che ti piace tanto sbandierare in giro. E mi sono innamorata di quell’Eric, anche se molto spesso mi porta al limite della pazienza. –

Abbozzò un sorriso divertito.

- Ti porto al limite della pazienza, eh? –

- Già – confermò, intervallando ogni parola con un piccolo bacio a fior di labbra, - mi porti al limite della pazienza, ma va bene così. –

- Disse l’ex Candida incapace di usare un filtro tra ciò che le passa per la testa e ciò che dice – ironizzò, dandole un lieve buffetto sul naso che le fece arricciare le labbra in un sorriso.

- Va meglio adesso? –

Annuì lentamente. – Andrebbe ancora meglio se … - non continuò la frase, lasciando che fossero le sue azioni a parlare per lui. Le cinse i fianchi al di sotto della maglietta, accarezzandole la pelle nuda con bramosia e baciandola con passione. Stava cominciando a vagare verso zone decisamente più erogene quando le mani sottili di Fiamma fermarono la sua corsa.

- Niente sesso, scordatelo – disse, sorridendo.

Le baciò il collo, mordicchiandole la pelle in corrispondenza della clavicola.

- Sicura? –

Trattenne un gemito. – Sicura. –

- Solo perché ho fatto l’odioso? Che Intrepida severa – rise, baciandola con leggerezza e passandole un braccio attorno alle spalle.

Fiamma assunse la sua solita posizione preferita, con la testa poggiata sul petto muscoloso del ragazzo, e si rilassò nella sua stretta.

- Severissima, quindi farai meglio a comportarti bene, Capofazione – lo redarguì, puntandogli un dito contro con aria fintamente minacciosa.

- Agli ordini – replicò, beffardo.

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Visto che le vacanze natalizie a quanto pare mi ispirano aggiornamenti ultra rapidi, ecco il nuovo capitolo. Probabilmente domani avrete anche il nuovo di “E se Romeo e Giulietta fossero stati Divergenti?” così recupero un po’ del tempo in cui vi ho fatto attendere inutilmente nella speranza di un aggiornamento. Chiedo scusa se ci sono degli errori nel capitolo, ma sono stanca morta. Fatemi sapere se vi è piaciuto questo capitolo Eriamma (?). Alla prossima.

Baci baci,

Fiamma Erin Gaunt
  
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