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Autore: Figlia di un pirata    23/12/2014    1 recensioni
- Perché le hai cancellato la memoria, eh? Perché? Su, muoviti, spiega.
- Sta’ calmo, Har. Era solo per proteggerla.
- Proteggerla? Proteggerla? Zayn, ti rendi conto di cosa hai fatto?
- Starà molto meglio così.
- Non sa neanche che esistiamo, adesso.

Siamo sempre stati abituati a pensare che il sovrannaturale sia tutto un frutto della nostra immaginazione. Ci divertono libri e film su licantropi, vampiri, demoni e quant'altro, a noi sempre presentati come dei bellocci sensuali e affamati di verginelle pudiche. Ma vi siete mai chiesti da cosa sia nata l'ispirazione per scrivere queste storie? Alcuni mi hanno risposto, con ovvietà "Dalle leggende". E, non so a voi, ma a me hanno insegnato che le leggende hanno sempre un fondo di verità.
Avevo sempre sostenuto di non essere impaurita dalle storie di fantasmi, ma non mi ero resa conto che, a volte, la verità può essere ben più spaventosa delle storie che leggiamo.
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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L'oscuro tentatore - Capitolo 5: Di panda e vestiti neri
 
Il mattino dopo non c’era scuola, quindi mi limitai a sonnecchiare… o meglio, sonnecchiai finché qualcosa non mi svegliò.
A warning to the people, the good and the evil…’
Era il suono del mio cellulare. Mi domandai chi potesse mai chiamarmi alle 11 del mattino, ossia l’alba per una persona poco mattiniera come me, ma, non appena lessi il nome sullo schermo, tutto mi fu chiaro. Charlie era una nota rompipalle con la pessima abitudine di svegliarsi al sorgere del sole e potevo giurare che fosse in piedi come minimo dalle otto e mezzo.
- Buongiorno…  dissi, con la voce impastata dal sonno.
- Ehilà! - esclamò invece lei, col solito tono squillante. - Stavi ancora dormendo?
- Evidentemente. - sbadigliai. - Che vuoi?
- Mi chiedevo… non è che ti andrebbe di uscire oggi pomeriggio?
- Dove sta il trucco? - domandai, con quel poco di lucidità che mi rimaneva.
- Nessun trucco, niente inganno! Voglio solo passare la giornata insieme alla mia migliore amica. Allora puoi?
Ero troppo stanca per ribattere. - Sì.
- Perfetto, veniamo a prenderti fra un’ora, ciao!
- Veniamo? Tu e chi? - le chiesi, ma aveva già riattaccato.
Ok, avevo solo un’ora per rendermi presentabile. La mia mission impossible della giornata era cominciata.
 
Quando suonò il campanello, mi precipitai ad aprire la porta, pronta a scoprire in che luogo avrei dovuto fare il terzo incomodo tra Charlie e Louis. Dopo accurate riflessioni, infatti, ero giunta alla conclusione che la mia migliore amica mi aveva buttato giù dalle brande a quell’ora indegna solo per portarmi in qualche strambo luogo col suo ragazzo, come accadeva circa ogni mese nella speranza che, per citarla, “capisca quant’è bello avere un ragazzo, soprattutto se somiglia a Louis”. Chi mi trovai davanti, però, non era esattamente chi mi aspettavo.
- Zayn? - ero basita.
- Lo so il mio nome, grazie. - lui esibì un sorrisetto strafottente, a lato della mia migliore amica.
Non capivo.
- Cosa ci fa lui qui? - domandai, fingendo di non avere davanti agli occhi un’apparizione di due metri e venti, di cui quaranta centimetri causati dal ciuffo ben modellato col gel.
- Semplice. - rispose Charlie con la solita praticità. - Avevo per caso specificato con chi saremmo uscite? No.
Sospirai. - Chi altro c’è? - avevo capito di dovermi rassegnare.
No, non fate quella faccia. Non ero una che si dava per vinta molto facilmente, non lasciavo passare tutto con quella leggerezza, ma Charlie era Charlie e non mi potevo opporre. Avevo già commesso quell’errore in passato. Mi consolai pensando a come avrei potuto vendicarmi nelle settimane successive.
- Liam, Harry e Niall. Che sono tutti amici di Louis, quindi togliti quell’espressione, perché è la volta buona che tu capisca quant’è bello avere un ragazzo, soprattutto se somiglia a Louis. Ah, e c’è anche lui ovviamente.
Quasi mi strozzai con la mia stessa saliva al sentire il terzo nome. - Niall? Quel Niall?
Zayn mi fece un occhiolino. - Proprio lui. Ci aspettano in macchina, andiamo!
Mentre, con sguardo vacuo, percorrevo il tragitto che portava a un SUV che riconobbi come la macchina di Zayn, mi maledii mentalmente per aver indossato solo un paio di jeans e un’anonima felpa, per poi maledirmi nuovamente per aver anche solo un attimo pensato di aver bisogno di un outfit adeguato per un’uscita con gli amici di Charlie e Louis che non avevo minimamente intenzione di frequentare. I loro amici più Niall, ovviamente, il che cambiava tutto. In effetti, era già successo che la mia migliore amica mi trascinasse in giro con lei, il suo ragazzo e le amebe meglio note come Zayn, Liam ed Harry e non avevo mai capito perché ci tenesse tanto che io costruissi un rapporto non fondato sulla violenza con loro. Io non pretendevo lo stesso da lei. Non che avessi molti amici.
- Salta su! - esclamò Zayn, aprendomi una delle sei portiere.
- Questa macchina è enorme! - esclamai, stupita.
- Lo so. - rispose lui, compiaciuto. - E comunque l’avevi già detto l’altra volta. Non che a Tina non facciano piacere i complimenti. - mi ricordò, memore forse dell’ultima volta in cui eravamo andati tutti insieme a Dover. Una giornata terribile, su uno sfondo, però, magnifico. Non avrei mai dimenticato le bianche scogliere, forse anche per come mi ero accapigliata con i ragazzi che proprio non riuscivo a sopportare. Decisi di non fare domande a proposito della macchina “Tina”, anche se pensavo che fosse un nome da vecchia.
Zayn sedeva al posto del guidatore e, accanto a lui, stava Liam, che gli faceva da navigatore (siamo a posto, pensai); Charlie e Louis avevano tre sedili tutti per loro mentre, in quelli posteriori, erano comodamente spaparanzati Harry e la visione.
Niall.
Era fottutamente bello, con la sua felpa verde scuro e i suoi jeans neri.
- C-ciao. - balbettai, entrando e sedendomi.
- Ehi, El! - esclamò Niall, sfoderando quel suo sorriso magnetico dal quale, ne ero sicura, presto sarei dipesa totalmente.
Zayn mise in moto.
- Fox. - Harry, invece, esibiva il solito tono strafottente e il sorrisetto sghembo, mentre sembrava volermi fulminare. Esultai mentalmente ricordandomi che lui, non avendo mai prestato attenzione alle lezioni di Mitologia, non sapeva nulla di Zeus e non lo poteva invocare contro di me.
- Ciao! - dissero invece Louis e Liam.
Era inutile dire che ero piuttosto confusa… e non era certo una novità. - Dite un po’, da quando mi rivolgete la parola voi tre? - chiesi rivolta a Liam, Harry e Zayn.
Fu quest’ultimo a rispondere. - Mah, sai, certe cose vengono così, spontaneamente. Dopotutto, non voglio ripetere l’esperienza di un bagno gelato. - il suo tono era piuttosto divertito, e riconobbi con orrore che si riferiva a quando, proprio a Dover, l’avevo spinto nell’acqua, stufa delle sue frecciatine.
Per quanto riguardava Louis, ero ormai abituata conviverci. Del resto, me lo trovavo in mezzo ai piedi sei giorni su sette, e non era poi così antipatico, solo un pochino ansioso e leggermente petulante, ma sopportabile, in fondo.
Alzai gli occhi al cielo. - Andiamo, è stato pochi mesi fa, sono maturata da allora! Piuttosto, com’è che sei di nuovo qui? - domandai a Niall, l’unico che sembrava possedere un cervello in quella vettura. Oltre a me, sia chiaro.
Mi rivolse un altro dei suoi larghi sorrisi. - Aiuto Louis nel lavoro che fa quando non studia.
- Tu lavori? - chiesi ancor più stupita all’interessato, che rise.
- Certo! - mi rispose con tono di ovvietà. - Lavoro in un negozio di CD.
- E com’è che non ti ho mai visto in giro?
- Forse perché non hai una vita sociale! - propose Harry, irritandomi alquanto.
- Forse. - mi limitai a dire, sedendomi tranquillamente sul sedile e aspettando di arrivare a destinazione.
Notai che Liam pareva particolarmente imbarazzato.
- Ma El! - mi rimproverò Charlie. - Ti ho parlato un casino di volte di Louis e del suo lavoro…
- Evidentemente non ti stavo ascoltando, cara. - risi sotto i baffi, mentre lei assumeva un’espressione corrucciata e si rifugiava tra le braccia del suo ragazzo.
 
- Intanto dove volete pranzare? - chiese Harry, pratico, mentre passeggiavamo lungo le vie del centro di Leicester.
Strano a dirsi, ma, conoscendoli meglio, quei ragazzi erano quasi simpatici.
Quasi.
Diciamo che Louis era il più divertente, ma anche Zayn riusciva a strapparmi delle risate. Liam stava molto sulle sue, non parlava granché, ma quando lo faceva si rivelava geniale, anche se non l’avrei mai ammesso davanti a lui. Per quanto riguardava Niall… be’, era Niall. Avevo camminato al suo fianco per tutto il tempo, seppur con un po’ d’imbarazzo a causa di alcuni commenti di Styles. Ecco, lui ancora non lo sopportavo, ma la cosa era reciproca e non mi causava alcun fastidio, mi limitavo a ignorarlo. O a insultarlo, a seconda.
- Per me va bene anche un panino! - rispose Charlie, che teneva le sue dita intrecciate a quelle di Louis, mentre additavano chiunque ci passasse accanto e ridevano per qualcosa che capivano solo loro.
- O un kebab! - aggiunsi io.
- Ho capito. - sospirò lui. - Mangeremo qualcosa per strada.
- Però. - commentai. - Perspicace, il ragazzo.
Non ne andavo fiera, ma mi ero sbagliata su di loro. Su quasi tutti.
- Ellen?
Mi voltai verso la fonte del rumore. - Liam?
- Possiamo parlare un secondo?
- Ma certo.
Lasciai andare avanti i ragazzi, mentre lui ed io rimanevamo un po’ indietro.
- Senti… - iniziò. - Charlie mi ha detto che ti ha raccontato. - alludeva sicuramente a quella famosa sera.
- È così. - ancora una volta in quella giornata, mi chiesi come avessi fatto a crederlo antipatico, nonostante tutti i complimenti che la mia migliore amica gli faceva costantemente.
Abbassò lo sguardo. - Scusa per quello che è successo, non so cosa mi sia preso. Non l’ho fatto apposta, penso sia successo qualcosa, ma non me lo so spiegare, e ti giuro che anche se non mi stavi simpatica non l’avrei mai fatto. Nemmeno se ci fosse stata la mia prof di Tecnica che è insopportabile l’avrei fatto, quindi figurati con te.
Che carino, pensai, almeno mi ritiene più simpatica della Bigby. Gli sorrisi. - Non c’è problema, tranquillo!
Spalancò gli occhi. - Sicura?
- Certo! Non hai fatto niente. Non di tua spontanea volontà.
Mi rivolse un occhiolino malizioso che ben poco gli si addiceva. - Per fortuna che c’era Niall allora, eh?
- Già… - mi sorse un dubbio. - Secondo te lui sa che Charlie mi ha raccontato tutto?
- Io dico di sì. - fece un sorriso incoraggiante, e per l’ennesima volta mi ritrovai a rivalutarlo, dandomi della stupida.
- Dovrei ringraziarlo. - conclusi, mentre ci riunivamo agli altri.
Il vento batteva sulla città quel giorno, sferzava i nostri visi e agitava i nostri capelli. Lungo la via non era difficile incontrare gruppetti di bambini che giocavano ad ‘acchiapparello’, mentre degli agitatissimi adulti li rincorrevano. Nonostante il freddo, però, era piacevole passeggiare in compagnia.
- Lì. - Charlie indicò un chiosco poco lontano. - Lì possiamo prendere qualcosa. Ho fame.
Louis la strinse di più a sé mentre ridacchiava. - Tu hai sempre fame.
 
Mentre addentavo il mio kebab, una goccia di sugo mi arrivò dritta sul collo.
Harry, col suo hot dog in mano, ridacchiò. - Sei… un po’ sporca.
- Dove? - domandai dal momento che, distratta com’ero, non mi ero accorta di nulla, e iniziando ad analizzare i miei vestiti, per identificare eventuali macchie da nascondere.
Le sue dita indicarono un punto imprecisato vicino alla mia gola, fino a toccarlo. - Qui. - fece, con tranquillità.
Quel contatto col suo indice ruvido mi aveva provocato i brividi… e non solo perché era gennaio. Erano dei fremiti, dei sussulti incontrollabili.
Cos’era Harry Styles?
Mi calcai sulla testa il mio cappello da panda.
- Allora lo metti! - disse Charlie con un dito puntato verso di me, con fare accusatorio.
Sbuffai. - Solo perché non trovavo altri cappelli in giro. - inarcai un sopracciglio nell’osservare il suo copricapo raffigurante una scimmia. Adorava le cose strane, compresi i cappelli: non era una novità che, per Natale, me ne avesse regalato uno a forma di panda che, sosteneva, era un animale che mi rappresentava parecchio.
- Quant’è puccioso questo cappello! - constatò Niall sfilandomelo dalla testa e, di conseguenza, spettinandomi tutta.
Tentai disperatamente di appiattire quella massa informe che erano i miei capelli, ma era tutto inutile.
Se lo mise in testa e iniziò a camminare per la città fischiettando come se niente fosse, mentre io lo seguivo, in preda alle risate.
- Tu sei matto. - sospirai per riprendere fiato, mentre se lo sfilava e me lo rimetteva addosso.
- Posso? - domandò Styles, prendendolo e indossandolo a sua volta.
- Penso che stia particolarmente bene ai ricci. - commentò Louis, rivolto a me ed Harry e indicando il panda che, in breve, fu indossato da tutti.
Da tutti, sì, ma non da Zayn.
- Siete matti? - aveva quasi urlato. - Mi si rovina il ciuffo così.
 
Fu quella sera che accadde.
Avevo voglia di prendere una boccata d’aria e uscii, con una tuta, per recarmi nei campi vicino alla mia piccola casa. Niente di particolare, bazzicavo per quei campi da quando avevo dieci anni, ormai li conoscevo come le mie tasche. I miei erano andati a cena fuori e sarebbero ritornati solo ore dopo.
Stavo camminando nell’erba alta, ormai quasi del tutto congelata, ma mi sentii tirare a terra.
Sbattei la testa. Qualcosa mi teneva saldamente ancorata al terreno.
Successe in fretta. Troppo in fretta.
Sentii una voce fredda, quasi un sibilo, nell’orecchio. - Conosco le tue paure.
Qualcosa si materializzò davanti a me. Era una figura indistinta, che tendeva al rosso, ma anche al blu.
Strizzai gli occhi e mi resi conto che si trattava di un clown. Somigliava terribilmente a IT, con un cespuglio di capelli in testa e un ghigno spaventoso stampato sul viso. Sempre che quello si potesse definire viso.
Si stava avvicinando a me, con grandi falcate dei piedi coperti da scarpe enormi, illuminato dalla fioca luce della luna.
Spalancò la bocca, mostrando una serie di denti aguzzi, affilati, appuntiti e bianchissimi.
Urlai e provai a chiudere gli occhi, ma non ci riuscivo.
Iniziai a tremare come non mai.
Urlai ancora e ancora e mi domandai perché non riuscissi a non guardare. Qualcosa me lo impediva.
- Conosco i tuoi segreti. - ancora quella voce.
Vidi, proprio davanti al mio naso, susseguirsi i miei enormi segreti, quelli di cui nemmeno Charlie era a conoscenza.
In particolare un episodio di qualche tempo prima.
Ero in un bagno.
Piangevo.
C’era del sangue che macchiava il piatto della doccia, qualcuno d’indefinibile accasciato al di sopra.
Di nuovo provai a chiudere gli occhi, mentre il cuore mi martellava nel petto, mentre mi veniva da vomitare, mentre le prime lacrime sgorgavano dai miei occhi, mentre un nodo enorme mi stringeva la gola e pareva non esserci verso di scioglierlo.
E poi tutto finì.
Così com’era cominciato, finì.
Di nuovo, per la seconda volta in quel mese, qualcuno mi gettò di lato e l’unica cosa che udii fu un grido. E non era il mio.
So solo che mi rannicchiai accanto ad un albero, incapace di proferire qualsiasi parola, e cominciai a fare dei respiri seguendo la tecnica che mi era stata inculcata con tanta precisione qualche tempo prima. Non potevo lasciare le lacrime prendere il controllo di me, e fu con quest’idea che provai a calmarmi.
Riuscii a chiudere gli occhi.
Mi portai le mani davanti ad essi per coprirmeli ulteriormente. Non volevo vedere nulla.
Tremavo come una foglia scossa dal vento, la paura mi pervadeva.
Cos’era successo?
Qualcosa, o meglio, qualcuno, si avvicinò a me. Potevo avvertirne la presenza. Lo sentivo.
Mi sfiorò la guancia, ma io mi ritrassi.
Il cuore iniziò a battere ancora più forte a quel tocco.
- Fox? - quella voce era terribilmente familiare. - Fox? Come ti senti?
Scossi leggermente la testa e sentii un braccio attorno alle mie spalle. Non c’era, per me, possibilità di scappare.
 
Adagiata su un divano che aveva il profumo di casa mia, mi costrinsi ad aprire gli occhi per vedere chi fosse la persona che mi ci aveva portato.
Le mie guance erano leggermente appiccicose a causa delle lacrime che erano cadute durante quel qualsiasi cosa fosse successo.
Ero tremendamente scossa.
- Ehi… - di nuovo quella voce. Quella voce calda, roca, profonda.
Un paio di occhi verdissimi, delle labbra carnose, una fronte corrugata e un’espressione preoccupata sul volto. Era lui.
- Styles? - trovai il coraggio di dire dopo alcuni secondi di silenzio totale. Un silenzio assordante, considerati gli urli che avevo sentito fino a qualche minuto prima. La mia voce era ridotta a un sibilo soffocato.
Mi misi a sedere e ispezionai il mio corpo. Delle braccia mi cingevano i fianchi e, senza ombra di dubbio, mi trovavo sul divano letto di casa mia.
Mi stava abbracciando?
Puntai i miei occhi nei suoi e lo guardai. Uno sguardo implorante, impaurito, pieno di domande e lacrime che, nonostante tutto, erano sfuggite agli esercizi che avevo messo in atto per recuperare il controllo.
Harry ne acchiappò una col pollice, la intercettò prima che potesse colarmi lungo la guancia, e così fece per tutte le altre. Era tremendamente rassicurante.
- È tutto a posto, tranquilla. - sussurrò, continuando a carezzarmi le guance e tenendomi stretta a lui.
Il ritmico battere del suo cuore mi tranquillizzò leggermente. Lui non sembrava neanche Harry. Per lo meno, non quello che conoscevo. Quella situazione aveva del surreale e, se avessi potuto, mi sarei data un pizzicotto per svegliarmi da quel sogno. Ma non l’avrei fatto, non finché ci sarebbe stato uno Styles con tutte le risposte che cercavo. Anche se non sopportavo l’idea di apparire debole di fronte ai suoi occhi, così vulnerabile. Io non ero vulnerabile, non ero impotente, io ero Ellen Fox e potevo tutto quello che volevo. Così mi avevano detto, quella era una cantilena costante nella mia vita.
- Cos’era? - riuscii soltanto a chiedere.
Accennò un mesto sorriso, mentre continuava a guardare i miei occhi. - Non penso che sia ora che tu lo sappia, Fo-... El. Dove dono i tuoi?
Bella storia, quella dei miei. Bella, lunga storia. - Sono a cena fuori. Per favore, devo sapere. - insistetti.
Sospirò. - E va bene. Ma hai bisogno di riposo, ok? Non è una cosa facile.
Annuii, ma il movimento del capo mi provocò un enorme mal di testa.
- Sei stanca. Quello che ti è successo è… spossante. Può far male. E molto.
- Sei un esperto in materia… - constatai, mentre mi afflosciavo come una torta senza lievito.
- È permesso? - all’udire della voce, che non era affatto quella di Harry, ritornai tesa come la corda di un violino.
E lui evidentemente se ne accorse. - Sta’ calma. Non ti succederà più nulla, te lo assicuro, nulla. - quelle parole mi sembrarono più confortanti di quanto sarebbero potute sembrare a qualsiasi altra persona, che le avrebbe giudicate come uno stupidissimo cliché, vuoto e senza senso.
- Come sta? - una voce concitata si rivolse a Harry, che parlottò un po’ col proprietario di quel tono.
Davanti a me, ora, c’erano due paia di occhi.
- Niall? - ero ancora più stupita. - Perché? - furono le uniche parole che mi uscirono dalla bocca.
- Lui ti saprà raccontare meglio cos’è successo. - mi spiegò Harry. - L’ho chiamato io.
- El - iniziò Niall. - avrei solo una curiosità, prima di iniziare. Mi serve saperlo, dobbiamo capire cosa ci troviamo davanti. Tu devi aver già sofferto nell’ultimo periodo, diciamo negli ultimi cinque anni. Non ti chiedo cosa ti sia successo, solo… è cosi? - sembrava cauto, quasi avesse paura di ferirmi.
Aveva ragione. - Sì. - risposi.
Sentii le braccia di Harry stringermi ancora più forte, mentre il biondo si sedeva accanto a noi e sospirava. Indossava un completo nero. - Sei stata aggredita. Da un Demone.
- Che cosa? - il mio tono di voce era un po’ più colorito.
- Sì. - continuò. - Un Demone. Somigliano parecchio a quelli dei libri, in effetti.
- Cos’ha fatto? E perché tu - mi rivolsi a Harry. - eri lì?
- Charlie. - disse semplicemente. - Ricordi che può leggere il futuro? Aveva visto cosa ti sarebbe successo.
- Non mi ha avvisato… - mormorai, incredula. La mia migliore amica aveva permesso un’aggressione di quel genere?
- Non poteva. - m’informò Niall, e mi diede fastidio che stesse cercando di difenderla. - Non le era consentito dirtelo.
- A me no e a lui sì? - sbottai, indicando Harry.
Tutto quello non aveva senso. Perché mi ero cacciata in una situazione del genere?
- Non sempre le previsioni degli Oniridi si avverano. - continuò a spiegarmi il biondo con pazienza e non riuscii a non pensare a quanto il nero facesse risaltare i suoi occhi. - Soprattutto per quanto riguarda Charlie, che è stata salvata da Louis e non possiede i poteri comuni a tutti quelli… - si fermò un attimo per ponderare le parole. -… come lei. - concluse infine.
Sbuffai stancamente. Non capivo, continuavo a non comprendere cosa c’entrassi io in tutto quello e perché, dopo diciassette, tranquillissimi anni, dovesse tutto capitare in un colpo. Dovevo iniziare a vivere nella perenne paura di un attacco, di un’aggressione? Dovevo chiudermi in casa e marcire in compagnia dei miei spassosissimi genitori? Come se non bastasse, quella fortissima emicrania mi stava lacerando.
- Sei troppo stanca, Fox. - disse il riccio, e lì mi resi conto che mi stava ancora stringendo. E che non mi dispiaceva. - Forse dovresti andare a riposarti.
- Harry - il tono del vampiro si era improvvisamente fatto grave. - Non è sicuro per lei stare da sola, non stasera. Sai cosa implica questo tipo di attacchi.
Ricominciavo a non capire nulla e quando Harry sciolse il suo abbraccio per accompagnare Niall in un’altra stanza, sentii un’ondata di gelo travolgermi e una sensazione di vuoto incolmabile. Quel Demone, o qualunque cosa fosse, aveva risvegliato tutte le mie paure più profonde, tutti i momenti che avevo da tempo gettato nel dimenticatoio, perché era proprio questo che volevo. Dimenticare. Ma, a quanto pareva, neanche quello era possibile.
Sentii la nausea farsi strada in me, salirmi alla gola, ma ricacciai l’impulso di vomitare perché udii altri passi dirigersi in salotto. Timorosa che potessero essere i miei genitori, mi ridistesi sul divano fingendo di dormire, ma il mio incontrollabile tremito mi avrebbe tradito. Certo, se fossero stati loro.
- So che non stai dormendo. - la voce di Harry mi arrivò come… attutita da qualcosa. Poi mi ricordai di essermi lanciata il cuscino sulla testa.
- Tu non te ne vai? - domandai, forse con un pizzico di acidità, pregando in cuor mio che la risposta fosse no perché avevo terribilmente paura.
- No, se non vuoi.
Non poteva rispondermi in quel modo. Chiunque a quel mondo sapeva che ero terribilmente orgogliosa e che lo avrei cacciato senza troppi complimenti. Invece, mi ritrovai a rispondere in maniera enigmatica, perché io non volevo restare sola, non quella sera: - N-Niall ha detto che non è sicuro. Se ha detto la verità, puoi restare. Ma…
Sembrò quasi sorridere. - Ma cosa?
- I miei genitori non apprezzerebbero. - sussurrai, ricordandomi del problema. - E nemmeno io, in situazioni normali.
A quel punto, sorrise apertamente. E quello sul suo viso, ne ero sicura, non era più un ghigno. - Sono piuttosto bravo a non farmi vedere, sai?


 


Argh.
Salve salve!
Argh, capitolo piccantino e pieno di sorprese, questo. Cosa sarà stato quell'attacco? E di cosa trattavano i segreti di Harry?
Ma soprattutto, perché sono così dannatamente presa dal kebab nell'ultimo periodo?
C'è poco da dire, vi lascio con una piccola chicca maledettamente fluff rubacchiata dal telefono di Charlie. Quanto shippo la Chouis.
Coooomunque, spero che le cose inizino a farsi interessanti, personalmente ho riletto questo capitolo milioni di volte, non mi convinceva mai.
Oh, volevo comunicarvi che, nonostante le vacanze imminenti, non credo di interrompere con la pubblicazione. O comunque lo spero veramente tanto.
E se proprio volete sapere il mio parere, io sono innamorata di Niall, in questa storia, credo sia il mio personaggio preferito. Detto questo, vi saluto e ringrazio chiunque perda tempo dietro questa long senza troppe pretese.


Aria.
   
 
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