Buone feste a tutti
RedFoxx
Capitolo 15
Torture, cure e consigli
«AAAAAAAAAAAAAAAH»
Un urlo di dolore squarciò la quiete nel castello. L’odore di bruciato e il suono della carne che sfrigolava avrebbero fatto venire i brividi a tutti. Stremato, Naruto abbandonò il capo sul petto. Aveva le mani legate sopra la testa ed era sospeso di pochi centimetri da terra, i piedi bloccati dai ceppi. In quella posizione era in completa balia del suo carnefice, che si divertiva a torturarlo da quando l’aveva imprigionato lì sotto. Ogni giorno era destinato a soffrire e la sera, quando lo riportavano nella sua cella, veniva curato il necessario affinché non morisse durante la notte.
«Ahahahahah! Non fai più tanto il duro adesso eh?»
Il boia stava arroventando nuovamente il ferro sul braciere, scegliendo il prossimo punto da ustionare dell’assassino. Quel corpo straziato era alla sua mercé: i capelli biondi erano sudici e incollati alla fronte per il sudore; la maglia a brandelli era sporca dove vi era ancora stoffa, e sotto lasciava intravvedere la pelle ambrata martoriata, e lo stesso per le braghe. Naruto aveva da tempo abbandonato l’orgoglio che inizialmente gli aveva impedito di non urlare e di resistere al dolore, ma giorno dopo giorno, la sua mente cominciò a vacillare e durante le torture iniziò a lasciarsi andare. Di notte, nella solitudine della sua cella, tornava in sé e teneva stretta la lucidità che gli permetteva di non impazzire.
Un dolore scoppiò al fianco destro e sentì per l’ennesima volta il suono della pelle che bruciava. Chiuse gli occhi a forza e si morse talmente forte il labbro inferiore che cominciò a sanguinare.
«Basta così.»
Alla voce, il boia allontanò il ferro dal corpo di Naruto che, senza volerlo, si lasciò scappare un sospiro di sollievo. Socchiuse le palpebre, cercando di ignorare il dolore che si stava trasformando in un pulsare insistente.
«Naruto, caro Naruto.»
Itachi gli si avvicinò e dopo avergli stretto il mento con una mano, gli alzò il viso in modo di vederlo negli occhi.
«Non pensavi che sarebbe andata a finire così vero?»
L’assassino scostò il viso bruscamente e tornò a fissare il pavimento. Il re gli strinse il fianco appena leso con una mano e il biondo alzò la testa inconsciamente, non riuscendo a trattenere un mugolio di dolore. Itachi, aumentando la stretta, gli si avvicinò e gli sussurrò all’orecchio
«Sei finito. A breve le mie truppe attaccheranno a sorpresa il mio caro fratellino e dopo averlo ucciso, ti porterò la sua testa come ricordino. Poi non preoccuparti, mi prenderò io cura di te.»
Una lacrima solitaria scese, lasciando un solco sul viso sudicio.
«Non resisterai ancora a lungo e quando sarà il momento, sarai a mio completa disposizione»
Gli morse il lobo tanto da farlo sanguinare e poi lo lasciò.
«Riportatelo nella sua cella, continuerai domani.»
Due guardie lo slegarono, e lo trascinarono nella cella, lanciandolo dentro e facendolo ruzzolare sul pavimento.
Rimase lì, immobile, steso a terra, gli arti abbandonati. Aveva bisogno di sfogarsi e cominciò a piangere, trattenendo i singhiozzi che gli facevano sussultare il petto. Pianse per sé stesso e il dolore che doveva sopportare, per Sasuke, per Sakura che non sapeva dove fosse; per Gaara e per la missione fallita. Per Jiraiya, il suo passato, gli errori e i successi. Pianse fuori tutto ciò per cui non si era permesso di disperarsi prima. Per i genitori, che non aveva mai conosciuto e che lo avevano abbandonato ad una vita orribile, all’insegna della morte.
Quando ebbe finito si calmò e scivolò senza accorgersene tra le braccia di Morfeo.
Si svegliò qualche ora dopo, e una sensazione di benessere lo avvisò che era stato curato, infatti le ustioni che gli erano state inflitte, si stavano già cicatrizzando.
Si trascinò sul pagliericcio nell’angolo della stanza e si riaddormentò.
Un po’ di tempo prima, in un luogo distante…
«Dobbiamo muoverci!»
Sasuke accompagnò la su affermazione sbattendo violentemente il pugno sul tavolo, tanto da far sobbalzare diverse persone.
«Sasuke calmati, dobbiamo organizzarci. Una nostra spia è da un po’ di tempo che non si fa sentire, ma il suo ultimo rapporto diceva che tuo fratello ha intenzione di attaccare.»
Al tavolo della riunione erano presenti i due ragazzi, i capi villaggio dei Nomadi del Deserto, due rappresentanti della terra dell’Acqua e i generali delle rispettiva fazioni.
«Dobbiamo attaccare prima di lui. Cogliamolo di sorpresa.»
«Non si può.»
«Lui ha Naruto. A quest’ora potrebbe essere già morto!»
«Ragazzino calmati, per gli dei!»
A parlare era stato il capo delle truppe dei nomadi, un uomo alto e robusto, che incuteva rispetto solo dallo sguardo.
«Continueremo domani. Dopo una notte di sonno ognuno avrà la sua idea e domani decideremo se attaccare o aspettare. La riunione si aggiorna.»
Uscirono tutti dalla stanza e Sasuke se ne andò per ultimo. Si avviò verso la tenda che gli era stata assegnata e strada facendo trovò Sakura, impegnata a parlare con le altre donne. Era molto brava con le lingue, infatti in quei pochi giorni aveva già imparato qualche parola e riusciva a farsi capire senza l’aiuto di nessuno. Come lo vide salutò le sue nuove amiche e lo raggiunse.
«Novità?»
Gli occhi verdi trasmettevano preoccupazione e ansietà.
«Niente.» sospirò «Decideranno domani.»
Sakura abbassò lo sguardo e un’espressione triste le dipinse il volto.
«Adesso devo andare» sospirò la ragazza. «Fammi sapere cosa decidono appena puoi.»
«Certo Sakura, appena so ti avviso.»
La ragazza si allontanò sventolando la mano in segno di saluto.
Sasuke tornò nella tenda che gli era stata assegnata e crollò sulla brandina al centro. Si coprì gli occhi con un braccio e, perso nei suoi pensieri, s’addormentò.
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