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Autore: Giorgia_Farah    24/12/2014    1 recensioni
Alexia vive nel suo mondo fatato, insieme alla famiglia, un ragazzo che ama, degli amici stupendi. Ma il futuro le riserverà eventi al di là di ogni sua aspettativa: con l'arrivo di un fratellastro, un padre che non ha mai conosciuto, la sua vita cambierà. Un misto di avventure, pericoli, passioni, sogni infranti, battaglie e scontri, l'eterna storia di questa giovane vampira sarà un portale che vi porterà in un mondo mai conosciuto.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 15

“Credevo che ti fossi dissolta nell’aria come cenere’’, mi schermì Garrett.

Con sorpresa me lo trovai davanti senza alcun indugio di attaccarmi come faceva spesso. Mi girava solo intorno all’albero in cui ero appoggiata. Ci scommettevo la pelle che aveva voglia di fare una sfida. Erano passati molti mesi da quando lo avevo rivisto l’ultima volta: in quel lontano pomeriggio gli avevo rotto una zampa, ed ora camminava normalmente: segno che la rottura era guarita.

“Non è ora, Garrett. Sparisci’’, lo minacciai io, mostrandogli i denti. Anche se cercavo di assumere un’espressione irritata e furiosa, non ero in vena di fare altrettanto. Non avevo voglia nemmeno di parlare a quell’animale.

Me ne stavo seduta su un abete rossiccio, la schiena appoggiata al tronco, le gambe piegate e strette al petto e il mento era appoggiato alle ginocchia. Dopo qualche secondo l’animale si sedette davanti a me e mi studiò il viso.

“La nostra succhiasangue ha avuto un inclinazione?’’

“Ci sono state così tante inclinazioni in questi mesi che non saprei elencartene’’

“Si tratta di relazioni d’amore?’’

Alzai lo sguardo sorpresa. “Che cosa te ne dovrebbe fregare a te? Sei un cacciatore assassino ’’

“Non mi pare che anche tu sia così diversa da questa similitudine’’

Sbuffai. “Certo, certo ’’

“E comunque stai parlando con uno che ha avuto esperienza più di una volta con…’’

“Non ti ci vedo’’

“Vuoi vedere la mia cucciolata?’’

Non c’era bisogno di dirvi cosa leggesse Garret nel mio viso, la mia espressione parlava per entrambi.

Se fosse stato umano, a quest’ora lo avrei visto rosso in viso. “Ehm…lasciamo perdere la cucciolata’’, mormorò poi.

“Già, forse è meglio’’

Vidi la sua enorme gabbia toracica gonfiarsi e poi sgonfiarsi per far uscire un sospiro profondo. “Hai un problema con in tuo Luca?’’, mi chiese poi, più calmo di prima.

È mai possibile che nessuno riuscisse ad indovinare il suo nome? “Louis, accidenti! Si chiama Louis, non Luigi ne Luca!’’

Colsi la sua espressione torva nel viso enorme e peloso. “Chi è che l’ha chiamato Luigi?’’

“Non è una cosa che ti dovrebbe riguardare’’

Rimase zitto. Era impossibile crederlo, ma era la prima volta che riuscivamo a parlare in quel modo, da non crederci. Se lo avessi detto a mamma….mi avrebbe certamente proibito di ritornare a Boscosenzafine.

“Hai detto che hai avuto…molte esperienze?’’

“Sì, quindi farò in modo di aiutarti. Capisco quell’umore lì. È una situazione difficile la tua?’’

Ammisi un sorriso triste. “Abbastanza complicata’’

“Dimmi’’

E allora gli raccontai tutto, ogni giorno di ogni singolo mese, gli incontri con Alucard, quei baci appena pronunciati o quelle dolci parole da innamorati, le litigate con Louis, l’assenza di Alucard, il suo compleanno, la luna rossa, la sua famiglia, i licantropi…tutto. E lui rimase ad ascoltarmi senza interrompermi, affascinato. Quando terminai di raccontare fu come se gli avessi detto tutta la mia vita intera. Mi sentii completamente più leggera. Non mi sarei mai aspettata di raccontare tutto ad un segugio come lui.

“Penso che devi ragionare su tutto, fermarti un attimo ed iniziare a riflettere’’

“C’ho provato tante volte Garrett, ma….Tutto è successo così velocemente. Tentavo in un modo e andava a finire male, tentavo in un altro e finiva più peggio di prima’’

“La domanda è: a chi sei più affezionata di più?’’

La risposta era facile. “Io amo Louis’’

Garret trattenne una risatina. “Ne sei davvero sicura? Ti senti protetta fra le braccia di Louis che quelle di Alucard, ti senti sicura alla vicinanza di lui anzi che del tuo fratellastro, riesci a parlare più facilmente con il tuo fidanzato o con in tuo vampiro? Le emozioni sono più profonde e vere quando stai con Louis o con Alucard?’’

Non sapevo cosa rispondere: avrei potuto dire: “I maschi sono tutti uguali’’ oppure “Con Louis mi sento più me stessa’’. È vero, erano vere tutte queste opzioni, ma nessuno infondo sembrava la più vera e ragionevole. Garrett mi aveva fatto domande apparentemente facili ma sotto c’era il trabocchetto.

“Non è la stessa cosa ’’, dissi infine.

“Perché non riesci a provare con Louis le stesse cose che provi per Alucard’’

“Ma io non posso, lui è il mio fratellastro, non un ragazzo qualunque. E poi Louis mi fa sentire speciale nel mondo umano e non un’assassina’’

“Anche l’altro può farti sentire queste cose: hai una famiglia di umani mortali e quindi fai sempre parte del mondo umano, e poi hai una famiglia di vampiri. Credimi, tu non vuoi ammettere che ti piace Alucard solo perché non vuoi accettare la ragione di essere una vampira. Hai paura che stando con Alucard le cose saranno più diverse ed orribili, che ti costringerà ad avvicinarti di più al mondo vampiresco che quello umano; tu hai paura di te stessa, Alexia’’

L’ultima frase mi raggelò. “Non è affatto vero! Io sono fiera di essere così come sono ’’

“E allora perché trascuri Alucard’’

Iniziai a tremare. “Non lo so, non lo so!’’, singhiozzai. Delle lacrime involontari mi rigarono la faccia, e me la coprii con le mani.

“Credimi, devi accettare le cose come stanno, se non accetti questo la tua vita finirà male.. Non sarai più in grado di ragionare e presto ti allontanerai da tutti. E perfino dalla tua famiglia’’

Piansi ancor più forte, i passi felini di Garrett si fecero più vicini, poi sentii il suo pelo ruvido accarezzarmi la pelle e il peso del suo corpo che si scontrò contro il mio. Mi si distese accanto.

“È tutto così difficile…complicato, non ce la faccio ad affrontare tutto!’’

“Devi accettare la verità, accettala Alexia, nessuno ti abbandonerà in questo cammino tortuoso. Ogni essere vivente, prima o poi, è costretto ad affrontarlo. Soprattutto quando si tratta di un uomo’’, le ultime parole le disse con ironia.

Mi venne voglia di ridere, ma mi trattenni. “Avvolte mi chiedo come mai non ho voluto conoscerti abbastanza bene’’

“Siamo stati testardi entrambi’’. Su questo aveva ragione, in parte.

“Tu non mi aiuterai?’’

“Non ho mai visto un felino gigante che aiuta un mostro succhiasangue come te, per cui non ci tengo di fare la figura del deficiente di fronte ad altre creature del bosco. Te la devi cavare da sola’’, la sua espressione si fece subito menefreghista. Come se la conversazione sentimentale fosse finita lì.

Ma io ero ancora dolce e triste, gli accennai un sorriso. “Ti devo un favore per riuscire a perdonarmi di tutto quello che ti ho fatto’’

“Bè…tu fammi cacciare i cervi che voglio per un mese e poi ne riparliamo’’, disse questo mentre si allontanava da me, superava un tronco caduto con un salto e sparii a dieci chilometri davanti a me dietro a degli alberi.

Avrei voluto di nuovo la sua compagnia, ma forse era meglio così. Capii: voleva che iniziassi a riflettere sugli avvenimenti dei mesi scorsi.

Come il destino fosse ingiusto certe volte, molto presto, quando il silenzio aveva apparentemente inondato il bosco, mi trovai in una nuova compagnia.

“Che ci fai tu qui?’’, mi chiese una voce profonda.

Mi alzai di scatto e volsi lo sguardo verso l’intruso, infastidita. Se non mi fossi accorta abbastanza presto che si trattava di quel diciannovenne del mio fratellastro a quest’ora lo avrei attaccato per difendermi.

“Potrei dirti la stessa cosa ’’, aggiunsi io, stando sempre sulla difensiva.

Avrei potuto correre verso di lui ed abbracciarlo, salutarlo, però così non mi sarei comportata da ragazza adulta. Ero ancora frastornata da quella litigata avvenuta quattro giorni fa. Di nuovo, da quella notte, mantenne le distanze. Non si fece più vedere a casa mia, e mamma notò i miei stati d’animo, per questo mi mandò a cacciare a Boscosenzafine: era la mia seconda casa, e sapeva perfettamente che il bosco era fatto per me nei momenti di svago.

“Senti, siamo partiti col piede sbagliato…’’, cominciò facendo quattro passi avanti e poi si fermò.

“Già, lo credo anche io’’

Annuii, nel suo volto un velo di tristezza. “Non voglio perdere la mia sorellina’’

“E io non voglio perdere te ’’

Sorrise appena, ma non disse più niente: si imbarazzava tanto quanto me.

“Da quanto frequenti Boscosenzafine?’’, chiesi a mia volta, incrociate le braccia.

“Da qualche settimana’’

“Ci venivi poco?’’

“Sì, il bosco…non mi piace. E poi non saprei come orientarmi’’, arricciò il naso, guardandosi intorno. “E poi c’è l’odore di animale che non mi attira molto’’

“Ignoralo’’

I suoi occhi rossi si illuminarono di curiosità. “Come?’’

“Cerca di pensare che sia un umano quello che cacci, forse funziona’’

Alzò un sopracciglio. “Tu c’hai mai provato?’’

“No, non caccio umani’’

Mantenevo ancora le distanze, fu sempre lui ad avvicinarsi a me.

“Devo sapere perché sei venuto qui’’, dissi

Vidi le sue labbra stringersi per un emozione appena trovata: non era rabbia, era dispiacere. “Ti volevo parlare’’

“E di cosa?’’

Abbassò lo sguardo, nei suoi occhi vedevo un uomo che soffriva tanto: era un uomo gettato nelle fiamme ardenti dell’Inferno. Soffriva, me lo sentivo. Mentre me ne stavo immobile sul terreno, pensavo che avrebbe iniziato a rivolgermi contro cento scuse per farsi perdonare. Invece…

“Ti devo raccontare di una storia, una storia vera, successa molti anni orsono, quando ancora non esistevi tu, ne Kate’’, la melodia delle sue parole sembrava tombale, e apparentemente udibile. Notai la difficoltà di sforzarsi a parlare.

Allora assunsi nel viso un’espressione più dolce, e rimasi zitta. Un momento come quello non era adatto per le storie, ma se mi riguardava allora valeva la pena scappare ignorandolo per altri due giorni.

Fece due respiri profondi, eco dei miei, strinse le labbra e incominciò a raccontare. “Circa trecento anni fa…esistevano due vampiri, dei quali non ti faccio il nome, che ebbero un figlio. Un figlio tanto aspettato che per loro fu un miracolo. Lo tennero con loro finché non scoppiò una guerra, una guerra brutale, e affidarono il loro bambino ad una cugina lontana della madre; purtroppo i genitori morirono in quella guerra: forse uccisi da creature oscure, o forse perfino morti di fame. La cugina fece da madre al figlio della sua parente, e con un po’ di fortuna riuscii a scappare e a stabilirsi in una regione in cui avrebbe trovato sia una casa che un lavoro per mantenere sia lei che il neonato. Trovò lavoro nel castello del villaggio, e proprio lì un paio di mesi dopo conobbe un vampiro che sarebbe stato il suo futuro marito. Un anno dopo i due si sposarono, e il vampiro prese con se la donna e il bambino. Non passò molto tempo che il piccolo vampiro iniziò a desiderare più sangue del lecito e i due genitori adottivi tentarono di trovare un certo equilibrio sul suo digiuno, senza però riuscirci. All’ignaro di tutto i genitori non si accorsero che il figlio adottivo andava continuamente di caccia anche senza il permesso, perché egli viaggiava senza farsi scoprire. Un giorno, quando il marito era in un consiglio con il re e la madre nella casa a dormire, il bambino fu rinchiuso dentro la stanza a chiave per un dispetto commesso, però si ribellò. Riuscì a sfondare la porta dopo vari tentativi, si avvicinò nella bara della madre che era in coma dal sonno, e si nutrì del suo sangue per placare la sete. Fu uno spiacevole malinteso il suo perché non si sarebbe mai sognato di essere in grado di uccidere la madre adottiva. Il padre tornato da casa a tarda notte, si accorse del cadavere della moglie dentro la bara e chiamò il figlio. Il bimbo pianse raccontandogli la verità, che non sapeva, che non si aspettava di aver causato la morte della madre; il padre avrebbe dovuto cacciarlo, no, ucciderlo o forse anche abbandonarlo in un altro posto? Anche se doveva andare in questo modo per giustizia, fece diversamente. Seppellirono il corpo della madre sotto terra, dietro casa, e rimasero insieme per sempre. Gli anni passavano, il re quando morì affidò il castello al padre adottivo, e il bambino ormai era diventato un vampiro giovane e forte. Approfondirono i viaggi, gli studi, e allargarono la famiglia con nuove conoscenze. Nella metà del 1900 il padre adottivo conobbe un umana, si innamorò di lei ed ebbe una figlia. Ma il padre non poteva sopportare il destino crudele della bambina, non gli poteva concedere quel futuro, allora si separò da lei e dalla creaturina. Il figlio adottivo però la incontrò diciotto anni dopo e….’’

“NO! Non può essere andata così!”

Ascoltai quella storia attentamente, sillaba dopo sillaba, mentre lui pronunciava le parole con lentezza, come se parlasse ad un bambino. E un attimo dopo una lama mi trafisse lo stomaco, mi tagliò il cuore, e sentii una fitta dolorosissima nel petto. Ricordai che smisi di respirare, e la testa iniziò a girarmi così forte da farmi vedere il terreno davanti a me che ondeggiava. Ci fu un momento in cui mi chiesi a cosa ci stava a fare il bosco in quel posto, perché esistesse gli alberi e perché era tutto così ingiusto. Perché il destino era così ingiusto? Mi trovai con le mani fra i capelli, inginocchiata al terreno, le lacrime al viso mi scottavano, sudavo freddo, e il mio corpo era tutto un tremore. Odiavo quel silenzio. Capii tutto, e tutto aveva un riferimento logico, una similitudine giusta: la madre adottiva, il padre adottivo, il re morto per via dalla vecchiaia, il castello, il lavoro della vampira all’abitazione del re, e… quel bambino.

“Sì, Alexia, il figlio adottivo sono io. Drakon e Celesia erano i miei genitori adottivi’’, rivelò mentre si avvicinava a me, si fermò ai miei piedi. Non riuscivo a vedere il suo viso, ma sarei stata pronta a scommettere che anche nel suo viso era impressa quell’espressione di sofferenza che avevo io; non seppi descrivere chi dei due potesse stare così male in quel luogo.

Scrollai la testa mentre premevo con forza le mani contro le orecchie. “No, no, no! Tu non…tu….!’’, singhiozzai. Non volevo sentirlo, non potevo credere che fosse stato solo un inganno, tutto quello che mi aveva raccontato fino ad esso. Fui a tal punto da chiedermi se ero veramente la figlia biologica di Drakon e che mia madre non mi avesse di nuovo mentito.

“Non seppi il nome dei miei genitori veri, ma erano stati uccisi da un clan di vampiri. Drakon mi risparmiò da quell’errore commesso, mi vergogno ancora oggi di quel gesto, e ho sempre vissuto insieme a lui come il suo figliol prodigo. Ma non riesco mai a considerarmi suo figlio, non dopo tutto quello che gli ho fatto”

“Voi avete…gli occhi uguali…I tuoi occhi sono i miei!”, urlai, improvvisamente arrabbiata.

Infilzai le unghie lunghe sul terreno per trattenere la rabbia improvvisa. Non sarei stata tanto felice di vedere il mio viso inondato dall’ira, anche se  riuscivo ad immaginarlo, ma Alucard era calmo.

Lo vidi storcere le labbra. “Drakon suppone che è pura coincidenza, oppure che anche un suo parente lontano si sia accoppiato con uno dei parenti dei miei genitori’’

“E io?! Io ti assomiglio?’’

“Hai gli occhi di Drakon, e misteriosamente anche i miei, su questo in parte è un mistero’’

Non volli sentire ragioni. Gli saltai addosso e lo contrai contro un albero. Io gli stavo così vicina da fargli notare solo la mia faccia plasmata dalla rabbia. Gli uccelli nascosti tra i rami degli alberi vicini, volarono sopra le nostre teste per raggiungere l’altura del cielo. Ogni animale sia grande che piccolo iniziava a correre veloce, le orecchie percepivano il rumore delle zampette frenetiche.

“Io ti uccido, giuro che ti uccido!’’, ruggii.

Sorrise triste. “Tanto meglio, almeno sarò ricompensato all’Inferno per aver ucciso Celesia’’, nei suoi occhi nessun’ombra di paura ma sono puro dolore.

Lo strinsi al collo. “Chi sei tu?!’’, sputai fra i denti.

Lo disse chiaramente, pronunciò sillaba per sillaba. “Nessuno, solo un vampiro che è stato affidato a tuo padre molti anni fa’’

“Chi sono io?’’

“Non mi sei parente, se tu lo vorrai, solo la figlia di un vampiro e di un’umana’’

Premetti ancor di più con le mani il suo collo duro fino a sentirgli un lamento. “Perché? Perché diavolo non me lo hai detto prima?! Volevi farmi passare per deficiente? Aspettavi che lo capissi io per venirtelo a dire?!’’. Strinsi ancora.

Il suo corpo si irrigidii. “Lo hai saputo ora’’, soffocò.

“Già, per colpa tua!’’, e lo scaraventai verso un albero con tutta la forza che avevo nel braccio. Sbatté violentemente la testa sul tronco ma con mio malgrado cadde su due piedi con perfetti movimenti.

“Era giusto dirtelo’’

“Hai fatto male!”, mi proiettai vicino a lui e lo spinsi ancora una volta verso un altro albero. Ma lui si rialzò con la stessa grazia di prima.

“Ti prego, lascia che ti faccia capire…’’

“No! Ormai ho capito tutto e abbastanza da farmi indurre che sei uno stupido vampiro, idiota, mentitore, bugiardo. Sei stato bugiardo con me fin dall’inizio, e per questo non riuscirò mai, MAI A PERDONARTI!’’

“Alexia…’’

“MAI!”

Restò zitto, le parole che avevo pronunciato con tanta forza gli avevano sicuramente perforato l’anima. Lo avevo ferito ed era quello che desideravo che facessi. Non mi dispiaceva più se lo deludevo, ferivo o odiavo, per me fu un piacere fare altrettanto. La mia testa mi diceva che era giusto dimenticarselo per sempre, il mio cuore mi consigliava di dargli un’altra possibilità? Ma quale possibilità avrei potuto dargli se mi aveva mentito per tutto questo tempo, se mi aveva trattata come una stupida da quando ci siamo conosciuti?. C’era un silenzio tombale, imbarazzante nell’area in cui ci trovavamo, percepivo il respirare veloce e il battere del cuore accelerato delle creaturine nascoste da qualche parte, il più lontano possibile da noi; da me.

“Stai lontano dalla mia famiglia’’, lo minacciai, sforzai di pronunciare con calma le parole, altrimenti sentivo che sarei esplosa di nuovo.

“Sai bene che non posso farlo, Kate mi considera uno della famiglia’’, insistette lui, supplichevole.

Gli diedi un colpo secco alla costola da mandarlo di nuovo all’aria.

“Prova a star lontano da loro a partire da ora. Sei stato furbo con me in tutto questo tempo, prova a farlo anche ora. Per quanto alla verità ci penso a raccontarla io a mia madre’’, incalzai con un sorrisetto malvagio.

Si pietrificò. “Ci rimarrebbe male ’’

“Lo hai voluto tu, dovevi dirlo prima’’

Di nuovo quella smorfia di dolore, gli lacerava il viso. “Alexia, possiamo ricominciare tutto da capo. Posso spiegarti tutto, tutto, e saremo di nuovo felici insieme’’

Strinsi i pungi. “Sei stato tu a rovinare tutto, e non si riparerà più quello che hai fatto e detto oggi. Non saremo mai più felici, insieme, mai più. Mi hai distrutto tutto, Alucard, non te ne rendi conto? Ogni gioia, ogni speranza, vissuta con te…ora sono dissolti nell’aria; mi hai rovinato la vita; non riesco a trovare un modo che possa riparare a tutto, e tu? Che senso ha avuto tutto questo, me lo dici? L’affetto che ho provato per te, l’amore tuo per me e la mia famiglia, le nostre amicizie…che senso ha avuto tutto quello che abbiamo passato? Me lo devi dire tu perché io non lo capisco, non riesco a trovare una ragione’’

Restò zitto, le labbra rigide, i muscoli tesi, stringeva la mascella, non voleva parlare. Non ne aveva la forza.

Sospirai, nonostante cercassi di rimanere calma per ragionare i miei muscoli erano continuamente rigidi, non manifestavo alcuna voglia di tornare calma, se lo avessi fatto mi sarei sentita un’idiota che non era capace di ragionare.

“Mi hai ferito, Alucard, mi hai profondamente ferito, nel mio profondo. Sapere che non ero la tua sorellastra era fra le ultime cose che mi sarei sognata di sentirti dire. E ora…non riesco più a fidarmi di te, ne ad ascoltarti, perché non è più una ragione’’

Restò zitto. Continuai.

“Ogni momento passato insieme non ha più un motivo di esistere, non ne ha più, perché mi hai mentito. Mi hai umiliato perfino difronte ai miei amici. Ora ho paura di raccontare questo a tutti e a Louis, e mi vergognerò. Io…’’

“Se tu vuoi che me ne vada…’’

“Sì, voglio che te ne vai. Sì, te ne devi proprio andare” . Lo dissi chiaramente e con tutta la sincerità che riuscivo a trasmettere.

Rimase immobile per qualche minuto per studiare il mio viso, per focalizzare un segno di bugia nei miei occhi che non trovò. Annuii e si incamminò all’uscita del bosco.

“Non intendo di andartene dal bosco’’, precisai, e lui si fermò voltandosi verso di me. “Vattene da Redmoon, dalla mia famiglia, da Drakon, da Solemville, da questo posto; vattene dalla mia vita, per sempre. Non farti più vedere, mai più. Così il mio futuro procederà normale con Louis senza che tu ti ci intrometta, aveva ragione lui: dovevo dargli ascolto. Lascia in pace Drakon e vieni a visitarlo quando non ci sarò io, mamma ha sopportato diciotto lunghi anni senza che avesse l’opportunità di vedere mio padre almeno una volta, io farò altrettanto con te, e molto di più. Sparisci, ritorna a Boscosempreverde, da Eclissia e dalla sua famiglia, o se vuoi stattene con i licantropi, basta che non sia qui. Vai in qualsiasi posto tranne che qui. Non ritornare più a Solemville, non ti azzardare mai più ad entrare nella mia stanza, sono sicura che ce la farai a sopportare la mia assenza, tanto hai tutta l’eternità per trovarti una famiglia mentre io ho una vita intera. Ti d’ho almeno una settimana per fare le tue maledette valigie e sgombrare da questo villaggio’’

Restò impassibile.

Deglutii qualcosa in gola. “E prenditi questa’’, mi levai il gioiello al collo, glie lo lanciai ma anziché prenderlo lo lasciò cadere ai suoi piedi. “Non mi serve più, e non mi serve più la compagnia di un fratellastro che è stato solo in grado di prendermi in giro ’’

Silenzio, aspettai ma non parlava, ero distante a lui da dieci metri, un enorme muro trasparente era la nostra barriera. Ad un tratto vidi la sua mano muoversi ed afferrare la collana. Accarezzò l’ovale di vetro blu e lo strinse fra le mani, si volse a guardarmi.

“Addio’’, disse.

“Addio’’, ricambiai io cercando di apparire calma e impaziente, ma quelle parole non furono altro che un saluto soffocato.

Abbassai lo sguardo, immobile sul posto, ascoltando il silenzio apparente della vegetazione. Poi vidi le foglie secche muoversi da una ventata gelida, rialzai lo sguardo, ed ero di nuovo sola. Mi gettai a terra e buttai fuori quello che avevo trattenuto in gola.

 

   
 
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