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Autore: ElPsyCongroo    25/12/2014    2 recensioni
Il D.Gray Hospital è un piccolo istituto psichiatrico in cui via sono ricoverati ragazzi e ragazze tra i 14 e i 26 anni. Komui Lee, direttore dell'istituto, si impegna affinché tutti i suoi pazienti possano guarire e condurre una vita normale, a partire dalla sua adorata sorellina Lenalee, ragione principale per cui ha deciso di aprire l'ospedale. Ha accolto coloro che non potevano permettersi una cura, e pur non conoscendo a fondo il passato di alcuni di essi, come del ragazzo dai bianchi capelli o della ragazzina dai grandi occhi viola, fa il possibile per aiutare questi speciali apostoli di Dio.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Rabi/Lavi, Road Kamelot, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3. I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole

«Tu sei pazzo.»

«Ma davvero? Credevo di essere qui in vacanza premio.»

«Non sto scherzando. Quello che vuoi fare non ha senso.»

«Da quando ti fai tanti problemi? Ho chiesto a te proprio perché so che non ti importa di niente e di nessuno, non credevo che avresti fatto storie.»

«Ok che sono un po’ distaccato dal mondo, ma non ho mai pensato a nulla di simile.»

«Quanto la fai lunga stupido coniglio. Allen ci chiede aiuto e tu che fai? Diventi improvvisamente un santarellino?»

«Senti mocciosa, non rompere. Già non capisco cosa c’entri tu in tutta questa storia, quindi non hai diritto di parola.»

«Io amo Allen, per lui farei qualunque cosa. Tu invece? Non dicevi di essere il suo migliore amico?»

«Sì… Ok, va bene, lo farò, per quanto mi sembri assurdo.»

«Perfetto. Inizieremo a mezzanotte. Tu Lavi occupati di Kanda e Miranda, Road del personale e di Lenalee, io penserò al resto. A più tardi. Ah, e se per qualche ragione dovremo anticipare il tutto vi avviserò suonando il piano, ok?» Allen si avviò verso la cucina con nonchalance, canticchiando allegramente. Dopo la visita del suo adorato maestro si era chiuso nella sua stanza e dopo aver distrutto la maggior parte della mobilia aveva avuto un’illuminazione. Avrebbe preferito fare tutto da solo, ma sapeva che sarebbe stato troppo difficile, e dunque aveva chiesto alle persone di cui più si fidava. Poteva sembrare strano ma fra tutti Lavi e Road erano i migliori su cui poteva contare. In fin dei conti odiava Kanda, e lui di rimando, Lenalee era troppo pura per una cosa simile, e Miranda… Beh, era Miranda, che per quanta buona volontà ci mettesse non era in grado di non compiere disastri. E poi sapeva che gli altri non avrebbero avuto motivo per aiutarlo, mentre Road era mossa da vero e proprio amore, e Lavi da un affetto quasi fraterno.

Erano quasi le undici di sera, avevano finito di cenare alle nove circa, e Allen aveva ancora fame, dunque aveva deciso di rubacchiare un po’ di cibo. Vide alcune delle inservienti intente a mettere in un vassoio alcuni dei piatti che avevano preparato per loro quella sera, e una di loro prese una bottiglia del miglior vino che avevano. Il cuore di Allen perse un battito, e si nascose dietro lo stipite della porta per origliare ciò che le due dicevano.  

«Non capisco però perché il dottor Cross non ha voluto mangiare con gli altri. Era molto tempo che non si fermava qui.»

«Zitta stupida! Oltre al dottor Komui e noi due nessuno sa che il dottor Cross si è fermato per la notte. Da quel che ho capito domani sera ripartirà portando con sé Allen, ma penso che anche tu oggi abbia sentito le urla del ragazzo. Credo che il dottore abbia finto di andarsene per far calmare Allen, fino a domani sera quando probabilmente si servirà di una camicia di forza per portarlo con sé.»

«Povero ragazzo… Mi dispiace per lui.»

«Non pensarci, per Allen è meglio così.»

«Cosa è meglio per me?» Allen entrò in cucina fingendo di non aver sentito niente. Sorrise alle due ragazze, riuscendo a rassicurarle.

«Abbiamo pensato di tenerti da parte del cibo. Sappiamo che il direttore non sarebbe d’accordo dopo il disastro che hai combinato nella tua stanza, ma secondo noi mangiare ti fa bene.» La ragazza gli porse un piatto con vari avanzi della cena sorridendo tranquilla, sperando di aver convinto Allen.

«Grazie, siete state gentili a pensare a me. Avevo giusto un po’ di fame!» Lui sorrise ancora, ma non prese il piatto, anzi si avviò verso il lavabo dove ancora erano presenti i piatti sporchi. Fingendo di prendere un bicchiere nascose un coltello nella manica della camicia, e dopo aver bevuto tornò dalle ragazze.

«Grazie ancora, ladies. Siete state gentilissime» e con un rapido gesto recise la giugulare di entrambe. Non si accorsero di nulla, i loro corpi si accasciarono a terra senza far rumore. Allen buttò il coltello su pavimento e prese il vassoio destinato a Cross, avviandosi al piano di sopra. Indossò il lungo cappotto bianco che Lenalee gli aveva regalato per natale ma che aveva aperto già alla vigilia per accontentare la ragazza, e prima di raggiungere la stanza del suo maestro andò a suonare alcune note nella saletta del pianoforte, le prime della melodia che aveva inventato con Mana. Road e Lavi, in attesa, sentirono immediatamente la musica, e si avviarono verso i loro obiettivi.

 

Road vagò per un po’ alla ricerca di Lenalee, non trovandola nella sua stanza. La trovò in una della ultime stanze del piano terra, dove conservava i vasi di rose che più le piacevano. 

«Ehi Lena, cosa fai qui?»

«Non riuscivo a dormire, così ho deciso di occuparmi di loro» Lena spruzzò un po’ d’acqua sui fiori, canticchiando allegramente. Road si chiuse la porta alle spalle e iniziò a fissarla.

«Road? Hai bisogno di qualcosa?» Lenalee la osservò confusa mentre la ragazzina si rigirava tra le mani uno dei vasi contenente una bellissima rosa bianca.

«È davvero bella… Però starebbe meglio con un po’ di rosso» e così dicendo sbatté con violenza il fondo del vaso contro la tempia di Lenalee. La ragazza si accasciò a terra, intontita. Road la trascinò verso un termosifone e con una corda la legò con forza, per impedirle di fuggire. 

«Road?... che… fai? Liberami!» Lena iniziò ad agitarsi, mentre Road iniziò ad accendere alcune candele che si era portata dietro, sistemandole nei vasi di rose. Ne prese alcuni e li piazzò attorno a Lenalee, per assicurarsi che il fuoco arrivasse anche a lei.

«No! Le mie rose! Road, cosa stai facendo?! Così le brucerai!»

«Capiamoci: ti ho colpita in testa per tramortirti, ti ho legata per non farti scappare, ho dato origine a un bel falò e tu ti preoccupi delle rose? Tu sei proprio pazza!» Road rise di gusto mentre il fuoco prendeva sempre più forza alimentandosi con le numerose piante presenti nella stanza.

«Sai, sono felice di averti trovata qui. Almeno ho potuto distruggere anche queste cose. Le ho sempre odiate, ovunque c’era la loro puzza, e Allen ne soffriva perché gli faceva tornare alla mente Cross, ma non osava dirti niente perché è un ragazzo troppo gentile. Pazienza, tanto ora non importa più. Presto sarà tutto finito e Allen sarà finalmente libero. Ora vado, sennò rischio di morire bruciata anche io. Mi piacerebbe restare qui e sentire le tue urla di dolore. È un peccato non poter sentire il canto di un angelo legato a un termosifone in attesa della morte» saltellò via, salutando la ragazza in preda alla disperazione con un gesto di mano.

Arrivò nell’atrio d’ingresso poco dopo, lasciando alcune candele in giro per corridoio, e trovò Lavi ad aspettarla.

«Già finito?»

«Sì, è stato facile. A Kanda ho avvelenato la soba che gli ho gentilmente portato come regalo di Natale, è morto in pochi minuti riuscendo però a insultarmi un po’, e con Miranda non c’è stato nemmeno gusto, non ha fatto un fiato.»

«Anche con la principessa è stato facile.»

«Come l’hai uccisa?»

«Ho dato a fuoco alle sue adorate rose in quella stanzetta in cui si rinchiude sempre, e ho chiuso lei dentro.»

«Sadica.»

«Lo so.» Road si avvicinò al muro di fronte a lei, incuriosita da qualcosa che c’era per terra, davanti all’orologio a pendolo. Scoprì che si trattava del cadavere di Miranda, con la testa fracassata. Si girò a guardare il suo collega, leggermente dubbiosa. «Non guardarmi così! Stava pulendo il suo adorato orologio e ho pensato che le avrebbe fatto piacere morire con lui!» Lavi si giustificò con quella che per Road era una ragione valida, e intinse le dita nel sangue che formava una larga pozza sul pavimento. Passò le dita sul muro, scrivendo una frase che adorava ripetere, “I matti sono apostoli di un Dio che non li vuole”, in netto contrasto con quella che campeggiava all’entrata dell’istituto, che faceva credere che loro fossero apostoli “speciali” di Dio.

«Perfetto, ora possiamo andare. Dai, aiutami a uccidere gli inservienti, prima finiamo meglio è.»

«Oook.» I due si divisero di nuovo, e continuarono con il loro massacro.

 

«Dottor Cross, ho portato il cibo per lei.»

«Finalmente, stavo morendo di fame.» Cross si alzò e aprì la porta, poi tornò a sedersi sul davanzale della finestra.

«Ecco a lei» la ragazza appoggiò il vassoio sul tavolo e si accasciò a terra, mentre una chiazza di sangue iniziava a colare dal lato della sua testa. Cross rimase impietrito quando vide chi aveva appena ucciso quella povera ragazza: Allen lo guardò sorridendo divertito, pulendosi le mani sul bianco cappotto.

«Allen, ma che diavolo-! E quella dove l’hai presa?» Cross seguì con lo sguardo la pistola che Allen gli puntò addosso, continuando a sorridere.

«Non è stato difficile procurarmela, basta avere le conoscenze giuste.»

«E ora che vorresti fare?»

«Secondo te?»

«A cosa ti servirebbe uccidermi?»

«Soddisfazione personale? Non so, ho voglia di farlo e basta. In fin dei conti chiedere a un assassino perché uccide è come chiedere a uno sportivo perché fa sport. Perché gli piace, non c’è altra spiegazione.»

«Tu non sei un assassino Allen.»

«Chiedilo a lei, e alle altre due in cucina. Secondo me sono di altro parere.»

«Smettila Allen.»

«Invocare quel nome non ti servirà a molto, Cross, pensavo che non fossi così stupido.»

«Allen, riprenditi! Tu non sei un assassino e lo sai!»

«Lui forse no, ma io sì.» Allen sorrise sempre di più, divertito dalla situazione.

«È solo una questione mentale Allen, non lasciare che le idee malate di Mana ti trasformino in un pazzo!»

«Ma io sono già un pazzo! La mia mente è divisa in due, è come avere due persone in un corpo solo! Da una parte il dolce, gentile e sensibile Allen, dall’altra in pazzo omicida che sono io. Capisci che già questo mi rende un pazzo? Uccidere qualcuno non fa differenza.»

«Allen, tu-»

«E smettila di chiamarmi Allen. Lui ora sta facendo la nanna, non svegliarlo. Quando ero un tuo paziente mi chiamavi per nome no? Su, non te lo ricordi?» Cross non rispose, si limitò a guardarlo.

«Che noioso che sei Cross, davvero.» Allen, o qualunque fosse il nome che voleva che fosse usato, abbassò la pistola e sollevò gli occhi al cielo. Cross scattò in avanti nel tentativo di disarmarlo, ma non servì a nulla: un proiettile lo raggiunse in pieno volto, uccidendolo sul colpo.

«Davvero noioso. Vabbeh, ho guadagnato tempo, è ora di raggiungere gli altri.»

 

Raggiunse il tetto, luogo d’incontro prestabilito. Lavi e Road erano già lì, e si godevano lo spettacolo delle fiamme che stavano pian piano divorando l’edificio. Avevano risparmiato giusto le scale che si raggiungevano dal tetto, così da poter fuggire.

«Ehi Allen, hai finito.»

«Sì, e mi sono annoiato a morte. Komui mi ha implorato, idem Johnny, Reever ha tentato di reagire ma non è servito a molto, ma il più noioso è stato Cross, si è limitato a farmi la predica e ha tentato un inutile mossa per disarmarmi. Uff, speravo che almeno lui mi divertisse un po’.»

«Sei strano Allen, più del solito.»

«Ovvio, adesso non sono Allen. Sarebbe strano se fossi come sempre.»

«In che senso non sei Allen?»

«Sei il fratello di Mana vero?» Road lo guardò con occhi fermi, indagatori.

«Wow, e tu come lo sai?»

«So molte cose. Così però non mi piaci.»

«Perché no?»

«Sei come un morto che cammina. In un corpo non tuo non sai come agire, e la cosa appare grottesca. Mi piace di più Allen.» Road andò verso il cornicione e si mise in piedi sul bordo, osservando la neve che aveva iniziato a scendere piano.

«Beh, ammetto che mi hai lasciato un po’ perplesso. Non credevo che qualcuno conoscesse la mia storia.»

«Te lo ripeto, io sono una ragazza curiosa, so molte cose.» Continuava a camminare avanti e indietro sul cornicione, sorridendo felice.

«Perché sorridi?»

«Perché sono felice.»

«Mi stupisci sempre di più pensavo che una pazza come te non provasse emozioni. Nemmeno io le provo.»

«Bugia. Anche noi proviamo emozioni, solo che le manifestiamo in maniera… errata.» La ragazza fece una piroetta e si fermò rivolta verso i ragazzi, osservandoli con i suoi occhioni viola, i corti capelli neri spettinati dal vento.

«Continui a sorprendermi. Non ti facevo tanto sentimentale.»

«Allora sorprenditi di nuovo perché ora vedrai che noi possiamo anche volare» mormorò qualcos’altro e si lasciò cadere nel vuoto, senza lasciare a nessuno il tempo di reagire. Il suono del suo corpo che si schiantava al suolo sembrò quello di una bambola caduta a terra. I due ragazzi, dopo un attimo di immobilità, corsero giù dal tetto, ma fu ovviamente inutile. Road era morta sul colpo, ma sul viso aveva un bellissimo sorriso. Allen si abbassò dolcemente a posare un bacio sulla bianca e sempre più fredda fronte, per poi chiuderle gli occhi per sempre.

«Perché si è buttata?»

«Per farmi tornare.»

«Come scusa?»

«Sono tornato a essere Allen. Road sapeva anche questo: vedendo qualcuno morire sarei tornato indietro.»

«Come faceva a saperlo?»

«Non ne ho idea…» Allen sollevò il cappuccio del cappotto e diede le spalle all’edificio. L’odore di bruciato e dei corpi carbonizzati si stava mischiando a quello delle rose, creando un odore orribile.

«E ora che si fa?» Lavi si avvicinò all’amico, stringendosi per il freddo.

«Beh, tu muori» Lavi non ebbe il tempo di reagire che Allen lo pugnalò in pieno petto. «Scusami, ma anche se sei il mio migliore amico so che mi potresti tradire. Dormi bene.» Gli occhi di Lavi si spensero e il sul suo viso rimase un piccolo sorriso soddisfatto. Allen adagiò il suo corpo tra le rose, sapendo quanto il ragazzo amasse Lenalee e il profumo di fiori che sempre l’avvolgeva.

«Bene, e ora che si fa?» sentì in lontananza delle sirene, e sorrise divertito mentre il suono delle campane annunciava l’inizio del Natale. Si strofinò con foga i capelli con le mani sporche di sangue, sperando che bastasse a coprire il bianco. Il suo sorriso si allargò mentre pensava a come avrebbe fatto la vittima, il povero ragazzo sopravvissuto a quel terribile incendio. Si sarebbe presentato come Neah D. Campbell, nella speranza che nessuno di quella gente ricordasse il nome di quel pazzo, e dopo avergli raccontato tutta la storia, godendo del sospetto che pian piano cresceva sui loro volti, avrebbe ucciso tutti.

«Buon compleanno, Allen» mormorò ripetendo le ultime parole sussurrate da Road, mentre calde lacrime gli scorrevano sul viso deformato da un sorriso agghiacciante.

 

 

___________

Nota d’autrice: e come sempre buon Natale a tutti, soprattutto al nostro Allen! No, dubito che io riuscirò mai a scrivere una robina dolce e tenera, non rientra nei miei interessi. Su quattro storie che ho pubblicato di D.G-m quattro hanno un bel finale da dramma, ma vabbeh. Per quel che riguarda la storia: forse qualcuno l’ha notato ma sono stata ispirata dalla canzone di Simone Cristicchi “Ti regalerò una rosa”, infatti i vari titoli e alcune delle frasi presenti nella storia sono proprie della canzone, ma oltre a quello non c’è altro, la storia sicuramente non rispecchia quello che Cristicchi voleva trasmettere con la sua canzone, quindi non prendetela come un’interpretazione perché non lo è! Mi scuso se qualcuno con più conoscenze di me sulla psichiatria è morto leggendo le cose che ho scritto, ma io mi sono basata su quel poco che ricordo dagli studi delle superiori, quindi chiedo perdono. La divisione in tre capitoli è stata una scelta più che altro dettata dalla lunghezza della storia che mi contava 16 pagine di Word, il che mi pareva esagerato. Bon, penso che non ci sia altro da dire, quindi buone feste a tutti, ancora auguri al nostro Allen

See ya,

ElPsyCongroo

  
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