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Autore: my shining world 7    26/12/2014    2 recensioni
Quanto può segnarti un avvenimento? Quanto puoi cambiare per qualcosa che neanche ricordi? Quante scelte difficili sarai costretto ad affrontare? Riuscirai a sconfiggere la tua paura?
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Sssalveh bellezze. Non potete sapere che crisi isterica sto per avere! Tra lo studio e la progettazione mentale delle storie, i vari libri che sto leggendo e lo stress di ogni giorno c’è da diventar matti. Ma, come da accordo (fatto con me stessa) devo riuscire a pubblicare il nuovo capitolo entro Natale. E ci sarà anche una sorpresina per voi! Hehehe. Ou bando alle ciance. Pensiamo alle cose serie. Buona lettura!
 
Se vi fosse stato un momento adatto in cui decidersi a chiedere spiegazioni, per Karel, sarebbe dovuto essere in quei giorni di febbraio, in cui persino il fratellino di Karel era certo che i genitori nascondessero qualcosa. Ma Karel, da stupida e ferma egoista che era, preferì non pensarci. E a dir il vero, stava tenendo le distanze oltre che dall’argomento, anche dai genitori. Non solo per l’egoismo.
Prese il cappotto nero dall’attaccapanni, se l’infilò alla svelta e s’affrettò ad andare da Sweat Dreams, quel giorno però era il suo giorno libero. Arrivata quasi davanti al negozio si ricordò che aveva la mattinata libera e, andare da Swat Dreams, l’avrebbe soltanto confusa maggiormente, così decise di andare a fare spese: aveva un estremo bisogno di cucinare dolci.
“Den..” sussurrò Marco pensieroso fissando l’amico che, alzò la testa dal libro che stava leggendo e lo guardò interrogativo, Marco si morse il labbro inferiore “Domani è il tuo...” “Ventisettesimo?” chiese Denis e Marcò annuì “Già, il tempo è tiranno, mi sento uno schifo” disse Denis fievolmente, ritornando a leggere il libro: chiaro segno che il discorso si chiudeva lì. Ma nella sua testa il discorso era tutt’altro che chiuso. Tutti i ricordi di quel giorno, il peggiore che lui abbia mai vissuto, riaffioravano in continuazione, giorno e notte. Pensò ai genitori e gi si strinse lo stomaco, il cuore. Era stato il gesto più egoista che avesse mai potuto fare, aveva lasciato tutte le responsabilità nelle loro mani e si sentiva un verme. Guardò la finestra: le nuvole bianche presagivano qualcosa di grandioso e , fissando quel biancore luminoso, comodo sulla poltrona davanti al caminetto che scoppiettava e brillava di rosso e oro, s’addormentò con un’espressione stanca in viso.
Marco l’osservò, comprendendo ogni cosa, si alzo, afferrò la coperta di pail blu elettrico, coprì il suo amico, andò a prepararsi e poi uscì a fare la spesa per il compleanno di Denis, sapendo bene come sarebbe andata, ma non gliene importò. E, se c’era un posto dove avrebbe trovato tutto il giusto necessario, quello, era Wonderland:sempre festa all’altro mondo.
Oh quanto era amato quel luogo quando c’era da comprare ogni cosa necessaria per la felicità.
Karel entrò dalla porta scorrevole trattenendo il fiato: si preparava a immergersi nello splendore irresistibile che c’era nel negozio, un negozio grande, grande quanto un ipermercato. Svuotò l’aria dalle guance e si guardò intorno indecisa su dove andare, su cosa comprare. Rimase ferma davanti alla porta facendo la conta per scegliere da che settore iniziare, quando una voce dolce e calda pronunciò il suo nome e due braccia protettive la strinsero da dietro in un abbraccio, spiazzandola.
“Splendore, il destino ci vuole assieme eh?” le sussurrò timidamente Luca sulla guancia e lei sorrise “Hei, che bella sorpresa!” disse voltandosi e lasciandoli un lieve e caldo bacio sulle labbra e facendolo sorridere “Che hai comprato?” chiese poi curiosa guardando le buste, Luca le sollevò all’altezza del mento “Roba per quelle pesti dei miei cuginetti, hai presente quelli, venuti da Londra, di cui ti ho parlato?” Karel portò un dito alle labbra pensierosa e poi sorrise annuendo “Povero il mio amore, che deve badare a quei piccoli assatanati, vieni qui che ti do’ un super-bacino” disse ridente avvicinandosi al petto di Luca che, cingendole la vita con un braccio, fece aderire i loro corpi, permettendo la buona riuscita di un bel bacio rinvigorente, tanto caldo da far rinvigorire entrambi. Quando le loro labbra s’allontanarono s’incurvarono in un sorriso felice (Scena disgustosamente smielata, non credete?), Luca le prese le mani e intrecciò le dita di lei con le sue, dandole un veloce bacio sulla fronte “E’ così bello saperti mia” le disse all’orecchio, ricevendo un abbraccio impetuoso e, alquanto strano, trattandosi di Karel.
Una volta finito il momento romantico, Luca se ne andò, salutandola con un bacio a stampo troppo intenso e Karel, quasi avvilita, decisi di andare nel reparto delle feste di compleanno, dove avrebbe trovato quello di cui, in quel momento, aveva voglia o semplicemente di cui aveva estremamente bisogno.
Marco spinse lievemente il carrello, si mise a cercare il preparato per torte facendo scorrere il dito sui vari scaffali poi, avendo trovato una confezione, il suo viso s’illuminò. Si mosse veloce in avanti, non accorgendosi di aver urtato il carrello che, sempre senza che lui se ne fosse accorto, andò addosso ad una persona in fondo alla corsia. Quella persona ci impiegò un po’ a comprendere cosa fosse successo, ma non impiegò niente a fare la ramanzina “Brutto MALEDUCATO!” strillò la signora avvicinandosi a Marco e agitandogli il dito davanti agli occhi “oh, oh, si calmi!” disse lui mettendosi le mani davanti, ma la signora fece tutt’altro che calmarsi “COME OSI? DEGENERATO CHE NON SEI ALTRO!” esclamò quella inviperita e Marco la guardò allibita e la signora continuò a strillare in modo talmente acuto che a Marco iniziavano a fischiare le orecchie.
“Chiedo scusa da parte sua signora, non l’ha fatta apposta.” Disse la voce di una ragazza richiamando l’attenzione della signora infervorata la quale, la guardò perplessa “Il mio fidanzato è un po’...” picchiettò un dito sulla testa “Sa’ com’è, i maschi..” disse annuendo con un’espressione allusiva, che fece mutare il broncio della signora in un sorrisino colpevole “Quanto ti capisco cara... scuse accettate” disse “Arrivederci” disse in fine allontanandosi e scomparendo dietro ad una pila di scaffali.
Marco fissò allibito il punto in cui prima c’era la signora con la mente vuota, quando di colpo si rese conto che la voce della ragazza, che aveva ‘scacciato’ la signora infervorata, gli era più che familiare. Si voltò lentamente a guardarla. Gli dava le spalle, impegnata a prendere qualcosa da uno scaffale in alto, fece un piccolo saltello  ma, per sua sfortuna, oltre il pacco che voleva, tirò giù una decina di altre cose, che le precipitarono sulla testa “dannazione” sibilò impercettibilmente chinandosi a raccogliere i pacchi. Marco osservò la scena e senza pensarci due volte si mosse ad aiutarla, non fiatò nessuno dei due sin che non rimisero tutto a posto “Grazie” dissero all’unisono, guardandosi finalmente in viso “Ah bene, allora hai imparato un po’ di buone maniere” parlarono di nuovo all’unisono “Smettila!” sibilarono assieme. Karel lo fulminò con lo sguardo, poi, pensandoci, si rese conto del tempo che era passato dall’ultima volta che si erano visti, si girò di scatto, dando le spalle a Marco, e si avviò spedita verso... neanche aveva pensato dove, le bastava stargli lontano.
-Stronza- pensò la parte egoista di Marco guardandola allontanarsi, -seguila- pensò invece la parte attratta di Marco, ma lui non la seguì, rimase fermo immobile, incapace di fare il minimo movimento, perdendo, come ancora succederà, una preziosa occasione.
Marco andò a pagare alla cassa, dove la cassiera cercò di flirtare con lui, ma lui era troppo impegnato a nuotare nei propri pensieri e poi uscì dall’ipermercato. Andò nel parcheggio, raggiunse l’auto e vi salì, chiudendo la portiera con troppa forza, creando un rumore che, finalmente, lo fece riprendere da quella specie di stato di trance in cui era caduto dall’incontro con Karel, quella che era la sua migliore amica o forse non più.
L’aveva detto lei, la giornata era iniziate col piede sbagliato.

Si sedette sulla panchina nel parco a prendere fiato: dopo esser fuggita via da Marco, aveva lasciato il preparato per torte ed era fuggita via anche dal supermercato, era fuggita da tutto e tutti, trovando, con suo sommo sollievo, il parco deserto.
Prese un profondo respiro e si sistemò comoda, inclinò la testa all’indietro e rimase a guardare il cielo.
“Quando guarderai il cielo, lasciando che la tua mente si svuoti, tra le nuvole, mi vedrai”
Questa frase risuonò nella sua mente come un tintinnio melodioso e angelico che la distrasse da ogni pensiero positivo o negativo. Tutto quello che le interessava in quel momento era osservare il cielo, perdersi in quell’azzurro limpidissimo. E si perse in quell’azzurro, perse la cognizione del tempo, il cielo ormai non era più cristallino, ma di un celeste che rifletteva il bianco candido dei batuffoli di nuvole che avanzavano lente.
“Diens e Rakel”
Quei nomi. Quei nomi avevano lo stesso tintinnio della frase.
“A che pensi?” Karel ci mise un po’ a distogliere lo sguardo dal cielo “Umh?” si guardò intorno e lo vide “Non mi dici più nulla...” disse con una quasi impercettibile tristezza nella voce e Karel lo scrutò a lungo prima di parlare. I capelli corvini, un tempo corti e ricci, erano ora più lungi e ondulati e ricadevano sulle guance pallide, di un viso ancor più pallido. Gli occhi scuri saettavano ovunque tranne che su di lei. “Marco...” guardò la ragazza, che li scrutava con una smorfia irritata e gli occhi fiammeggianti “...quella tipa...” disse indicando col mento la ragazza, richiamando gli occhi di Marco ai suoi.
Un brivido freddo le percorse la schiena.
S’era aspettata tutto tranne quello che trovò nello sguardo di lui. O forse era solo lei il problema in quel momento.
Marco storse le labbra e guardò la ragazza bionda che lo aspettava, sbuffò rumorosamente “Kery... abbiamo molto di cui parlare, quindi, quando credi di avere la voglia e il tempo, fammi un fischio” disse con amarezza alzandosi dalla panchina e raggiungendo la bionda.
Karel li osservò battibeccare senza muovere ciglio e poi... Crack. Qualcosa in lei crollò silenziosamente.
 
Suonò con insistenza il campanello di casa di Marco per la sesta volta senza avere nessun suono di risposta da dentro casa, ma lei aveva visto una luce in soffitta, era sicura di non esserselo immaginato. Si guardò intorno per controllare che non s’impicciassero vicini indesiderati, suonò un’altra volta ma, con l’ennesimo silenzio che seguì, scalciò un po’ di polvere, sbuffo e infine se ne andò delusa.
Andò a casa sperando di ritrovare un po’ di calma, sperando di trovarvi qualcuno che la consolasse, qualcuno come il suo papà. Aprì la porta e si fermò all’ingresso ad ascoltare eventuali voci “Alexandr... non la prenderà bene, lo sai...” parlò la voce vellutata di Margaret “Le sta succedendo di tutto..” Alexandr era al limite del controllo emotivo “Lo so tesoro, lo so... è una situazione difficile per tutti” la voce di Alexandr aveva un che di metallico, discontinuo, Margaret guardò lo schermo e si sentì in colpa. Karel sbatté la porta e sua madre chiuse il pc “Tesoro?” si voltò verso l’ingresso da cui provenne un mugugno, Margaret s’alzò dalla poltrona e raggiunse Karel “Hei piccolina” disse stringendola fra le braccia. La sentì tremare. Karel affondò il viso nel colletto di lana della madre. Due richieste interiori combattevano. Ma rimase in silenzio fra le braccia della madre.
Due anagrammi.
Un buco nel passato.
La partenza del padre.
La sua confusione.
La rabbia, la delusione, la dolorosa fitta nel petto che la indeboliva.
E qualcosa riaffiorò nella sua mente. La diffidenza verso il genere maschile. Non era la conseguenza di una semplice bottarella andata male ma di qualcosa di molto più grande, qualcosa che l’aveva sconvolta a tal punto da dimenticare una parte importante della sua vita. Quale parte? Quella colmata dall’affetto di una persona che l’aveva sempre protetta, finché, un giorno, non c’era più. Ma chi era questa persona?
La sua mente lavorò velocemente elaborando un viso e un nome: Diens.
Diens. Diens. Diens.
Fece scorrere nella sua mente tutti i nomi che avevano un suono simile, non sembrava conoscerne, ma conosceva qualcuno che l’avrebbe aiutata. Pensò a tutto quello che era successo con Marco e si sentì un verme, una stupida cretina egoista. Non s’era accorta di quanto lui aveva fatto per lei, non s’era accorta che quello di Marco era un affetto duraturo, quel affetto le aveva cicatrizzato tutte le ferite. Come aveva fatto a  non accorgersene?
“Tesoro... io stasera avrei un impegno...ti..” “Si cucino per  Dan, tranquilla” disse atona bloccando la madre e sciogliendo quell’abbraccio caldo. Margaret scrutandola colse una scintilla in quei occhi verdi come smeraldo e rimase in silenzio a decidersi se dir o meno quello che voleva dire e, vedendo che la figlia non voleva nient’altro che sparire, decise di non dir nulla, accarezzò la spalla della figlia e si avviò alle scale. Si girò per scrutare Karel e poi salì le scale fino a scomparire nel buio.

Dan pareva non avere molto interesse per il cibo, pareva alquanto pensieroso. Mentre era intento ad elaborare un pensiero alquanto intricato, la forchetta che teneva a mezz’aria, cadde nel piatto facendo una baraonda in quel sibilante silenzio e irritando Karel che, senza neanche aver il tempo di aprire la bocca, fu interrotta dal fratellino “Karel... ma ci hai pensato che ci sono molti numeri e fatti che creano delle strane coincidenze?” chiese tutto d’un fiato “Sai che la mamma è stata invitata al compleanno di... un tizio a casa di Marco? E quando papà stava in camera a fare le valigie l’ho sentito parlare con la mamma di qualcosa che riguardava te e ...D... D... un nome con la D... e poi compare sto tipo strano col cappuccio, succedono casini vari e c’è un fottutissimo buco temporale nella tua mente che coincide con delle date di cui stava parlando Marco con quel tipo strano e con la mamma...” tutto questo lo disse con un’innocenza che Karel non aveva mai visto nel suo pestifero fratellino “Karel... sai che non sono un impiccione ma quando, cioè sto casino ti sta... umh, ha effetti proprioperniente positivi su di te, di conseguenza influenza la mamma e io, cioè..” fece una pausa in cui si morse il labbro inferiore “Ok non voglio mentire e fingermi egoista, hai visto che è successo al tuo viso? Da quanto non ti guardi allo specchio? Ma soprattutto perché continui a frequentare quel tale...Luca?! Cioè M..” il campanello suonò, il codice che rivelava l’identità dell’ospite senza che Karel la controllasse  dallo spioncino e, a quanto pareva, anche il fratello l’aveva capito “Marco” guardò il vuoto e poi la sorella in cerca di un consenso che non ricevette, così rimase immobile, in attesa di un qualcosa tipo un miracolo.
Karel aprì la porta con troppa forza ma non se ne curò “Che..” lo spettacolo che le si presentava davanti era qualcosa che le mozzò il fiato, eppure, Marco non indossava niente di speciale, tranne uno sguardo implorante e più bello del solito “Ho assolutamente bisogno di parlarti” sussurrò lui sporgendo la testa nell’ingresso per denotare la presenza di eventuali intrusi tipo Dan (fin troppo felice di vederlo) che lo portò ad arretrare e guardare Karel con allusività “Io.. devo stare con Dan, ordini di mamma” Marco sbuffò ma non demorse “Portalo!” disse eloquente “Dan ti va di venire a casa mia?” chiese irrompendo in casa e trovandosi il piccoletto davanti con il viso che era tutt’un sorriso, che era la risposta che serviva Marco per trascinare via Karel.
Denis era uscito a prendere una boccata d’aria (che equivaleva ad una mezz’ora buona) quindi Marco pensò di avere il tempo necessario per il tutto.
Dan rimase in salotto a leggere e Marco portò Karel in soffitta, sicuro di trovarla in puro ordine.
Karel lo guardò accigliata “Sisi, lo so, mi farò perdonare, ma ora, Devi A-scol-tar-mi!” sibilò Marco prendendole le mani fra le sue “Dimmi qualsiasi cosa strana a cui hai pensato in questo periodo” disse serio e Karel ripensò ai ragionamenti che aveva fatto mentre abbracciava con tristezza sua madre. Non aveva motivo di tenersi per se tutto quello, ma proprio non ce la faceva a parlarne, così rimase a fissare Marco negli occhi, perdendovisi, facendo affiorare un ricordo che la fece arrossire “Kery?” Marco cercò invano di richiamarla, ma i pensieri di Karel ormai s’erano messi a vorticare intorno al ricordo del capodanno.
“Non mentire Karel” sussurrò  e lei finalmente si voltò a guardarlo “Io non sto mentendo” disse in tono sicuro, ma dentro di lei sentiva riaprirsi una voragine di cui si era dimenticata. Stare con Luca le aveva fatto dimenticare molte cose. Marco la scrutò con intensità, apparentemente Karel pareva ferma, fredda, sicura di quello che aveva detto, ma lui non ci credeva minimamente,  lei mentiva, c’avrebbe messo la mano sul fuoco. Restarono in un pungente silenzio. Non si accorsero di come il tempo passava. Rimanevano lì fermi, a fissarsi. Una luce brillò negli occhi di entrambi e quello che successe fu inaspettato per entrambi. Marco la tirò per il polso e lei non oppose resistenza, si lasciò andare sul corpo di lui, seduta a cavalcioni sulle sue gambe. Lo guardò insicura, impaurita, ma quando fu sul punto di parlare Marco la zittì, un lieve bacio sul collo. Mai prima di quel momento era stato tanto felice di sapere i punti deboli di Karel,  che aveva appreso dai racconti dei rapporti di questa. Karel rimase immobile e senza parole, non solo per l’azione non-prevista di Marco, ma anche per la sensazione che percepì sulla pelle, sotto la pelle e nello stomaco.
“Sei... libera di andartene” le sussurrò dolcemente all’orecchio, convinto che lei si sarebbe alzata e  in un lampo  sarebbe corsa via di lì, invece no, Karel rimase immobile, su un altro pianeta o chissà dove l’avesse portata la testa. Marco la osservò cauto, non voleva che lei agisse in modo involontario, automatico. Le accarezzò il viso con le nocche e la strinse in un abbraccio colmante.
Karel voleva dimenticarsi di tutto ciò che andava contro quello che voleva in quel momento, ma non ci riusciva, ciò nonostante la sua voglia di agire aumentava, non per automatismo, ma per una forza invisibile che la stava attraendo a Marco, che l’aveva sempre attratta, ma a cui aveva sempre posto resistenza, fino a quel momento, in cui non voleva più combatterla.
La distanza fra i loro visi era minima. Una voce fece eco dentro Karel ‘Posso baciarti?’ Karel s’accigliò ma fu cosa breve, spinse il suo corpo contro quello del suo migliore amico, che le cinse la vita con un braccio per tenerla stretta a sé, per non sfuggire a quell’assurdo contatto fra le loro labbra, che d’prima si toccarono lievemente ma poi si mossero più intensamente in perfetta sincronia. Un bacio assurdo perché non era né casto né intenso. Era un bacio coinvolgente ma non da apnea. Un bacio da bambini ma che racchiudeva un segreto da adulti.
Il fischio del primo fuoco d’artificio riempì l’aria, seguito da un botto attutito. E poi un altro fischio e un botto, e un altro, e un altro ancora. Ma non furono i fuochi a distogliere l’attenzione da quel bacio, fu il tempo. Era scoccata la mezzanotte da cinque minuti. Il vuoto che si creò al distacco delle loro labbra portò una putrida ondata di consapevolezza e l’istinto automatico di cancellare tutto.

 
“Marco hai visto la mia len..” un ragazzo con un asciugamano intorno alla vita e i capelli castani bagnati e gocciolanti entrò in soffitta e si pietrificò appena il suo sguardo incontrò quello della ragazza, a cui mancò il respiro “D-Diens...” sussurrò impercettibilmente sentendosi sempre più debole, Marco guardò il ragazzo, che fissava Karel con due grandi occhi color smeraldo screziati d’oro, e poi guardò Karel preoccupatissimo “Kery” la ragazza annaspò prima di riuscire a dire una parola. Quel ragazzo, che stava davanti ai suoi occhi era identico all’immagine che era stata elaborata dalla sua mente, era... identico... a lei.
“Cazzo...” Denis si passò una mano fra i capelli.
I due ragazzi dovevano sbrigarsi a dare delle spiegazioni a quella ragazza che pareva sull’orlo di una crisi isterica.
“Oggi mi sento un fratello dimmerda molto più di come mi sono sentito in tutti questi anni” disse tra se e sé Denis.
 
ANGOLINO OSCURO DELL’AUTRICE:
FINALMENTE! Questo capitolo è stato peggio di una cacata in un periodo da stitica porcaccia! Ho concluso a Mezzanotte precisa tra il 25 e il 26.
Spero vi sia piaciuto sto capitolo, so che ci sono ancora cosa non chiare, ma ricordatevi che ho ancora mooooooolti capitoli d ascrivere, in cui spiegherò tutto sto intruglio incasinato.
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Ringrazio Marianna Tulli e Purple_Eyes per la loro pazienza e il loro profondo amore!
Bacioni dalla sempre vostra Jade
   
 
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