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Autore: Crystal Wright    26/12/2014    1 recensioni
E se nel Laboratorio Armamenti avesse perso la vita Caleb – e non Tris? E se ora Tris fosse ancora in vita e avesse la possibilità di vivere per sempre con Tobias, sentendosi però opprimere dalla perdita del fratello, o dalla paura di perdere tutto ciò per cui la sua famiglia si è sacrificata?
Tris, come ce la presenta Veronica Roth, è una ragazza coraggiosa e altruista, un perfetto mix di abnegazione e intrepidità. Eppure qualcosa all'orizzonte sta cambiando e lei dovrà rimanere al passo con il presente, senza perdersi nel passato, per riuscire a costruire il suo futuro.
Ora, propongo una versione un po' distaccata dall'originale, diversa per certi aspetti, anche se la prospetti-va è pressoché la stessa. Ho mantenuto la trama più a lungo possibile, finché, inevitabilmente, le strade della Roth e la mia si sono divise.
Spero vi piacerà leggerla tanto quanto è piaciuto a me scriverla. Lasciate commenti, per favore, belli o brutti che siano. Sono del parere che, solo ascoltando le opinioni degli altri, si possa creare una piccola opera d'arte. Del resto anche i migliori scrittori hanno avuto qualche piccolo o grande angelo custode al loro fianco...
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Amar, Christina, Four/Quattro (Tobias), Tris
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Gocce di memoria
Capitolo 5: lascia tempo al tempo
 
Tobias
La mattina mi sveglio presto. Non riesco a riaddormentarmi, quindi decido di passeggiare un po’ fuori dal Dipartimento. Chiedo ad alcune guardie di farmi passare e loro mi concedono solo cinque minuti, poi devo rientrare. Suppongo che sia per precauzione, dato che la situazione non sembra ancora del tutto stabile.
Li ringrazio e li supero senza problemi, sentendo il dolore nel petto affievolirsi un po’. Penso a quello che Tris mi ha detto la scorsa sera: non ricorda nulla, ma si è comunque offerta di aiutarmi. Lei, che la prima volta che l’ho vista sembrava troppo fragile per poter diventare un’Intrepida. Lei, che è sempre riuscita a conciliare il suo coraggio e il suo altruismo. Lei, che in guerra si è dimostrata l’eroina di una generazione. Lei, la ragazza che ho visto trasformarsi in una donna e salvare tante vite, tra cui la mia.
Reprimo un brivido, anche se non sento freddo. La brezza muove lentamente le piantine sul bordo della strada e io chiudo gli occhi, annegando nei ricordi. Sono stanco di tenere sotto freno le mie emozioni, stanco di dovermi chiudere in me stesso per non sembrare troppo poco coraggioso.
Ora che il sistema delle fazioni è ormai storia passata, posso finalmente cercare di essere una persona diversa, migliore per certi aspetti. Ricordo il giorno in cui mi sono fatto fare il tatuaggio dietro la schiena: avevo qualche dubbio inizialmente, ma poi, vedendolo inciso sulla mia pelle, ho deciso che quello sarebbe stato il mio percorso; sarei stato coraggioso, intelligente, altruista, pacifico e onesto. Ora posso diventare migliore di quello che sono stato in passato. Posso cambiare in meglio, aiutare gli altri e trovare per una buona volta la mia vera strada.
Riapro gli occhi quando una guardia mi avverte che il mio tempo è scaduto. La ringrazio con un cenno della testa e rientro nell’edificio. Resto in camera fino alle nove, poi però decido che è ora di ricominciare, di riprendermi ciò che un gruppo di umani saccenti ha scelto per me.
Non seguirò il destino che qualcun altro ha deciso al mio posto. Segnerò la mia strada e lo farò come riterrò più opportuno.
Lascio la mia stanza e salgo lentamente al piano superiore. Anche se sono stato solo due volte nella stanza di Tris, il mio corpo riconosce la strada da solo. Giunto davanti alla camera senza quasi accorgermene, mi fermo  sulla porta senza muovere più muscolo. Non so se bussare o aspettare che qualche infermiere esca per farmi entrare.
Non mi si pone il dovere di scegliere: Christina esce dalla stanza di corsa, andando a sbattere contro il mio petto.
-Attento a dove cammini, Quattro.- il suo tono, però, sembra gioioso. –Ho parlato con Tris e… dovresti fare due chiacchiere con quella ragazza.- e se ne va così, facendomi l’occhiolino e canticchiando una melodia sommessa.
Alzo un sopracciglio, sospettoso, ma poi decido di entrare, visto che ormai Christina ha svelato la mia posizione. Busso senza attendere una risposta ed entro, trovandomi davanti Tris a un paio di metri.
-Sei scesa dal letto.- affermo contrariato. –Dovresti riposare.
Lei sbuffa sonoramente. –Sono stanca di starmene sempre chiusa qui dentro- indica con un gesto tutta la stanza –e il dover stare seduta su un lettino scomodo tutto il giorno mi sta uccidendo.-
Alla fine, però, si siede su quel suo lettino scomodo e mi fa cenno di sedermi. –Vieni, devo parlarti di una cosa.-
Il suo tono è piuttosto neutro, ma dal tremore della voce noto che c’è qualcosa che la intriga. –Prima ho parlato con una ragazza, Christina. La conosci?-Annuisco. –Mi ha detto che siamo amiche. Quella ragazza è un vero portento.-
-Direi più che è una spina nel fianco, a volte.- ribatto in modo scherzoso.
Lei coglie la mia battuta e annuisce. –Non volevo parlare con te di Christina. O almeno… non solo di lei.-
-Cosa intendi?- le chiedo con un filo di voce.
Lei chiude gli occhi, come se stesse rievocando un ricordo. Le sue parole suonano dolci e lente, come una ninnananna triste ma appagante. –Questa notte ho fatto un sogno piuttosto strano. Sono certa che fosse un sogno, eppure era così vero.-
-Cosa hai sognato che ti turba tanto?-
Lei non riapre gli occhi. Aspetta qualche attimo prima di rispondere. –Era notte. Tu e un gruppo di uomini mi siete venuti a svegliare per andare a… giocare a ruba bandiera con altri ragazzi. Siamo saliti su una ruota panoramica e tu avevi paura dell’altezza e mentre stavo cadendo tu mi hai presa per un braccio e…-
Il suo tono diventa sempre più conciso e veloce, tanto che alla fine rimane senza fiato. Apre di scatto gli occhi, forse aspettandosi una mia reazione di qualche genere. Ma io rimango come pietrificato: il suo cervello ha rievocato la notte dell’Iniziazione in cui io ed Eric abbiamo portato i ragazzi a giocare a ruba bandiera per sondare il loro spirito di squadra e la loro capacità di addestramento.
Tris mi chiama per farmi tornare sulla Terra. Io scuoto la testa, rendendomi conto si avere un sorriso che va da un estremo all’altro della faccia.
-Ricordi.- è tutto ciò che riesco a formulare.
Lei mi guarda perplessa, così cerco di spiegarmi meglio. –Credevo che avresti impiegato molto più tempo a ricordare o che non avresti più avuto indietro i tuoi ricordi. Eppure hai evocato uno dei primi momenti che abbiamo trascorso effettivamente insieme.-
Rimaniamo in silenzio per un attimo. –Ho riconosciuto Christina, la ragazza che prima mi è venuta a parlare. All’inizio, vedendola, credevo fosse un altro sogno. Poi però si è presentata e abbiamo iniziato a parlare lentamente, mentre nel sogno eravamo già conoscenti. Man mano che parlavamo, ricordavo qualche piccolo dettaglio su di lei. Nella mia mente è comparsa a un certo punto la parola “Candidi”. Poi ho visto scorrere immagini di questa ragazza dalla carnagione scura e i capelli corti, etichettata come Christina. È tutta una finzione? Sto impazzendo?-
Scuoto la testa, felice che stia ricordando qualcosa. –Temo che impiegherai un po’ per ricordare tutto e ricostruire la tua storia, ma prima o poi questo succederà. Riprenderai in mano le redini della tua vita. Tornerai a essere la ragazza che eri.- tornerai a stare con me, aggiungo tra me e me.
Lei annuisce piano, come se stesse ponderando le mie parole. Poi mi guarda ancora. –Non ricordo nulla della guerra, ma ho visto un uomo pieno di piercing. Il suo nome è… Ethan… Harry…-
-Eric.- suggerisco con voce piatta. Lei annuisce. –Era un istruttore proprio come me.-
-Dov’è ora?-
La sua domanda è legittima e spontanea, ma non voglio risponderle. Questo significherebbe rievocare ricordi che lei non ha e che io voglio cancellare. –Quando verrà il momento ricorderai. Lascia tempo al tempo.-
Restiamo lì ancora per un po’, parlando di banalità ed evitando di sfiorare tasti dolenti. Alla fine, però, la sua faccia si fa esausta. –Hai bisogno di un po’ di riposo.- le suggerisco lentamente.
-Sono pienamente d’accordo con te. Questa notte ho dormito pochissimo, giusto il tempo di fare quello strano sogno-ricordo.-
Concordiamo sul fatto che debba rilassarsi un po’, quindi mi dirigo verso la porta, accettando il fatto che forse è ancora troppo presto per intrattenere lunghe conversazioni. Il suono della sua voce, però, mi blocca all’istante. Sembra molto titubante mentre mi rivolge la domanda. –Puoi rimanere qui per un po’, almeno finché non mi addormento?-
Accetto volentieri e le rimbocco le coperte augurandole un buon riposo. Mi siedo su una piccola poltroncina accanto a lei e la guardo dormire, la cosa più bella che sia mai stata creata.
 
Tris
Dormo s lungo, senza sogni, e quando mi sveglio, dopo essermi stiracchiata un po’, noto che Tobias è ancora seduto vicino a me.
-Buongiorno, dormigliona.- mi saluta con un sorriso.
Ricambio la cortesia e mi alzo a sedere. –Che ore sono?-
-Quasi le due.- mi risponde sornione. –Sei andata in letargo.-
Spalanco gli occhi davanti a quella rivelazione. –Ho dormito tantissimo!-
Lui annuisce. –Hai fame?-
Poggio una mano sullo stomaco e sento che in effetti sta reclamando cibo. Negli ultimi due giorni non ho mangiato nulla di solido, se non qualche vitamina che i medici mi hanno fatto assumere attraverso le numerose flebo. –Forse un po’.-
Lui si alza e si avvicina a un piccolo tavolino poco lontano. Quando ritorna, ha in mano un piatto con della pasta al sugo. Storco il naso: sarà sicuramente scotta e fredda, ma la fame è pur sempre fame. Prendo il piatto con un sorriso e inizio a mangiare in silenzio. Avevo ragione: la pasta è scotta e fredda, ma è comunque buona. Dopo quattro avide forchettate, guardo Quattro, ringraziandolo.
-Non devi ringraziarmi.- mi risponde lui. –Per te questo e altro.-
Continuo a mangiare con la testa nel piatto, sperando che non mi abbia visto arrossire. Quell’uomo ha un non so che di misterioso e nello stesso tempo intrigante.
Finito di mangiare, Quattro prende il mio piatto e mi passa un tovagliolo, con cui mi pulisco la bocca. Dopo essersi di nuovo alzato per poggiare i residui del mio pranzo –tutto ciò che è rimasto è plastica sporca- mi guarda e scoppia a ridere.
-Ti sei sporcata perfino il naso e le guance.-
Mi affretto a pulirmi, ma lui si avvicina facendomi notare di aver tralasciato una parte ancora sporca. –Lascia fare a me.- mi sussurra sensualmente.
Il mio cervello va in black-out. Dovrei ringraziare e declinare gentilmente l’offerta, visto che sono abbastanza matura da riuscire a pulirmi la bocca da sola, ma tutto ciò che mi esce è un verso strozzato appena udibile.
Se anche l’ha sentito, Quattro fa finta di niente. Mi si avvicina lentamente, sedendosi sul letto accanto a me. Prende il tovagliolo sfiorandomi una mano con le sue lunghe dita e me lo passa dolcemente sulla guancia. Finito il lavoro, inclina la testa per ammirare l’opera. Non ancora soddisfatto lascia cadere il tovagliolo sul letto e mi studia con avidità la linea della mascella, facendo scivolare un dito per tracciarne i contorni.
Dopo un primo momento di stallo, il cervello ricomincia a funzionare, ordinando al corpo di farlo smettere,o avrà una brutta ricaduta. Ma io posso sentire quasi le fusa dei miei muscoli crogiolarsi sotto il tocco caldo di Quattro.
Lui continua a studiarmi il volto con avidità sempre crescente. Si avvicina e lo sento respirarmi sul collo. fisso le sue labbra, così belle da sembrare scolpite. Noto con piacere che ha tutti i lineamenti al posto giusto. Quando a sua volta fissa la mia bocca, l’adrenalina mi percorre tutta la schiena.
Si avvicina ancora, guardandomi un po’ negli occhi e un po’ le labbra. Quando siamo tanto vicini da poterci sfiorare, lui si allontana di scatto, lasciandomi confusa e leggermente tirata in avanti.
-Devo andare.- decreta lui alla fine, passandosi una mano tra i capelli ed evitando di incrociare il mio sguardo. –Ci vediamo, Tris.-
Senza permettermi di chiedere spiegazioni, Quattro esce in fretta dalla stanza, lasciandomi lì con la bocca ancora socchiusa.
 
Tobias
Scendo le scale saltando gli ultimi gradini. Che diavolo mi è venuto in mente? Dovrei essere in grado di moderare le mie emozioni e i miei istinti primordiali, eppure quando sono con lei ogni buona intenzione svanisce nel nulla.
Entro nella mia stanza e mi sbatto la porta alle spalle, poggiandomici con la schiena. Allargo un po’ le gambe, quel tanto che mi basta per posare i gomiti sulle ginocchia. Mi prendo la testa fra le mani, mentre la frustrazione sale velocemente.
Mi manca poterla baciare, questo è innegabile, ma non posso pretendere di tornare insieme a lei senza che abbia ricordato tutto. Sento il peso della condizione di Uriah gravarmi sulle spalle. Quando lei ricorderà cosa ho fatto, probabilmente non mi guarderà neanche più in faccia. Come darle torto?
Non voglio imporle di tornare insieme, sarebbe ingiusto nei suoi confronti. Ma mi rendo conto che anche solo due giorni senza la mia Tris mi stanno spossando all’inverosimile. Ho i nervi a fior di pelle e non so come comportarmi.
Tiro un pugno contro l’aria, sentendo il bisogno di sfogarmi. Non credo che qui abbiano una palestra, quindi decido di uscire a prendere una boccata d’aria.
Appena varcata la soglia, però, Amar mi viene incontro con un’espressione amareggiata e sofferente. –Dobbiamo parlare.- mi informa solamente. Poi si gira e rientra nella residenza, sicuro che lo stia seguendo. Durante il tragitto non proferisce parola e sento l’ansia montarmi dentro fino a raggiungere livelli altissimi.
Conosco Amar da molto tempo, abbastanza da saper riconoscere la gravità della situazione a un solo sguardo. E quello sguardo non mi piace affatto.
Dopo qualche infinito minuto di camminata e due piani più in alto, Amar si blocca davanti a una porta spessa tanto quanto quella della camera di Tris. Riconosco quella stanza: lì dentro c’è Uriah. Da quando è lì sono andato a trovarlo tutte le volte che potevo, chiedendo sempre ai medici di rivelarmi qualsiasi miglioramento, anche se insignificante. Ma loro sono sempre stati restii nel fornirmi informazioni. E ora capisco perché.
-Uriah non c’è più.- annuncia Amar senza preamboli o giri di parole.- Gli hanno appena staccato la spina.-
Sento il mondo staccarsi dai miei piedi. Precipito verso il centro della Terra, lontano da tutto e da tutti, risucchiato da un cuore di lava incandescente. È lì che dovrei essere: non sono riuscito a salvarlo e io non dovrei salvarmi a mia volta.
Sento le lacrime premermi contro gli occhi. Non resisto più. Le lascio uscire. Lascio che si sfoghino un po’, almeno loro. Le ho tenute dentro per troppo tempo. Chiudo gli occhi, sentendo il cuore trasformarsi in un ammasso di piombo. Uriah non c’è più perché non sono stato in grado di proteggerlo. Perché ho messo il mio bene prima del suo. Perché ho preferito salvare me stesso anziché lui.
Credevo che, quando tutto questo fosse finito, io e Tris saremmo potuti vivere in pace da qualche parte, protetti da amici e parenti. Questo sarebbe successo se avessi tenuto fede al mio giuramento: proteggere Uriah. Invece non l’ho fatto. E ora mi merito tutto questo, forse anche qualcosa in più.
Diversi minuti dopo riapro gli occhi, rendendomi conto di essere scivolato lungo la parete. Mi lazo a fatica, sentendo il corpo afflosciarsi sotto il dolore della perdita. Con la coda dell’occhio noto Amar fissarmi con le braccia incrociate. Non voglio leggere la delusione nei suoi occhi, quindi mi allontano a testa bassa, cercando un posto solitario dove trascorrere i miei ultimi giorni.


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Ciao a tutti, miei cari Divergenti! Okay, questo capitolo mi è venuto un po' più... melenso degli altri, ma (come mi ha saggiamente suggerito Hilly) un po' di dramma non guasta mai. Tranquilli, non ho intenzione di uccidere a random tutti i personaggi canticchiando allegramente canzoni di Natale. Non prometto nemmeno di non uccidere nessun altro... Muhahahah! No, vabbè, Non sono così cattiva...
Tornando alle cose serie... Ringrazio di cuore Hilly per la sua meravigliosa recensione (sono sopravvissuta a un attacco di cuore quando ho letto il tuo bellissimo commento!). So che per te scrivermi non sarà stato poi così difficile, ma per me ricevere la mia prima recensione equivale a un piccolo oscar. 
Che altro dire... pubblico questo quinto capitolo con la pancia ancora piena per l'ingozzata natalizia e vi auguro una buona lettura.
A presto, Crystal.
  
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