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Autore: Aiko Inochi    27/12/2014    1 recensioni
Gli esseri umani sono riusciti a sopravvivere alla grande crisi ambientale che avrebbe portato alla rovina il loro pianeta. La Terra ora è salva e gli uomini hanno imparato a vivere in pace. Però non sempre è tutto come appare e a capirlo bene, sarà un giovane diciassettenne. Con due fazioni opposte, imponenti mecha che combattono, legami creati e distrutti ognuno continua a portare avanti i propri ideali.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Argest Age – section 16

«Pare che siano stati sistemati tutti.»
«Grazie per l’aiuto.» Owen pronunciò solo quelle parole, che sembravano avere più un tono formale che di vera gratitudine. Era seduto in un angolo del divano con una mano appoggiata su una delle tempie e l’altra adagiata sulla gamba. Era vinto dalla stanchezza e dalle troppe preoccupazioni.
L’uomo che era entrato nella stanza leggermente illuminata, gli si avvicinò e si sedette al suo fianco. Nonostante la leggera oscurità, lo poté osservare bene. Era uguale all’ultima volta che lo vide qualche anno prima. Un uomo che non si faceva ignorare, pronto a scrutare l’altro con quei suoi occhi castani sfaccettati da linee verdi che gli contornavano la pupilla, duri e severi. Le sopracciglia per lo più sempre aggrottate che gli lasciavano segni profondi sulla fronte. Nemmeno i suoi capelli persero un po’ del loro colore castano mentre quelli di Owen diventavano bianchi.
«Avete corso un bel rischio! Non dovevi uscire dal nascondiglio.» ecco che l’uomo cominciò con l’esporre le sue critiche.
«Dovevamo recuperare Shu e Yue.» sapeva che quella risposta, così semplice e a parere suo ovvia, sarebbe stata l’inizio di una conversazione che sperava durasse il meno possibile.
«Li avreste potuti far salire a bordo in un secondo momento. Se non sbaglio avevano anche gli MA con loro.»
«E con questo? Sarebbero stati di certo più al sicuro con noi che chissà dove con le forze imperiali sulle nostre tracce.»
«Ti preoccupi così tanto degli imperiali che collabori con loro?» disse sarcastico.
«Conosci perfettamente il caso di Falk.»
«Chi ti dice che è rimasto lo stesso di un tempo o che le sue intenzioni fossero state buone fin dall’inizio? Tutto ciò che è accaduto poteva far parte di un piano ben preciso. Conosce l’ubicazioni delle basi, conosce le vostro modo di agire ….»
«Stai insinuando che non saremmo dovuti andare in soccorso della gente di Hanran?»
«Ti sei buttato da solo nella fossa dei leoni.»
«Se non fossimo intervenuti molta più gente sarebbe morta.»
«Dovrebbero essere in grado di cavarsela da soli.»
«Yakov, se  questa sorte fosse toccata a Mutinous avresti il coraggio di dire lo stesso?»
«Avrei difeso Mutinous e scacciato i nemici. Ma se per disgrazia fosse caduta a causa della mia incapacità, non saresti dovuto intervenire. La base centrale della Phlayrh non deve cadere anche al costo di qualche sacrificio.»
«Qualche sacrificio?» sussurrò adirato «Per quanto passi il tempo, per quanta gente hai visto morire e per quanta sofferenza sopportiamo non riesci a trovare altra via.» Owen si alzò dal divano a fatica come se fosse più stanco di prima.
«Scappi?» il tono ancora ironico di Yakov fece fermare per un attimo il generale.
«Vado a fare ciò per cui ero venuto, cioè riposarmi e non sentire il solito mucchio di sciocchezze.» così dicendo abbandonò la stanza lasciando da solo il suo interlocutore scuro in volto.
Una volta uscito, percorse un corridoio molto lungo che si snodava in diversi punti, fino a raggiungere un ascensore che lo condusse tre piani più in basso. Quello in cui si trovava era un modesto edificio con pochi piani.
Per quel caso di emergenza, tutte le sale che non erano strettamente necessarie per il lavoro di ufficio, ovvero una grande sala incontri e due archivi, vennero utilizzate come appoggio dai membri della Phlayrh.
Una volta arrivato nelle vicinanze dei luoghi di cui avevano preso possesso, sentì il gran vociare. Aprendo la porta il chiacchiericcio che si sentiva all’esterno venne amplificato e davanti l’uomo si presentò una situazione alquanto caotica.
I ragazzi si stavano sistemando per la notte. Li vedeva discutere animatamente, se non litigare, per chi avesse usato i sacchi a pelo e chi i materassi, per chi dovesse posizionarsi sotto la finestra e chi lontano e per chi voleva più coperte. Neanche fecero caso ad Owen che si avvicinò alla figlia senza badare troppo alla confusione.
«Kyla sai dov’è la mamma?» le domandò piano senza farsi sentire dagli altri presenti.
«Sta nell’archivio affianco … Kirabo non ti azzardare! Quella coperta è mia!»
Owen pensò bene di lasciarli alla loro organizzazione. Gli bastò quella poca attenzione che la figlia gli aveva rivolto e andò nella stanza affianco.
Bussò prima di entrare come per annunciarsi. C’era soltanto Erin, anche lei intenta a sistemare un letto di fortuna.
«Già di ritorno?» gli chiese adagiando una coperta di lana su due materassi singoli uniti.
«Non si stava tranquilli nemmeno lì.»  
«Perché?»
«Yakov.» sospirò.
Quel nome bastò per farle capire la situazione.
«Non ci pensare più di tanto. Piuttosto pensa che abbiamo un stanza tutta nostra e qualcosa che si avvicina molto ad un letto caldo e confortevole.»
«Mi va bene anche il pavimento.» commentò sdraiandosi sul materasso.
 Effettivamente era comodo e la coperta di lana svolgeva bene il suo dovere.
«Affianco manca qualcuno?» continuò voltandosi sul fianco nella direzione di Erin.
«Gli adulti si sono presi gli archivi e i ragazzi la sala congressi. Però di là manca Takehito.»
«Dov’è?»
«Con Lara e Aruto nell’archivio in fondo.»
«E’ così provato che non vuole nemmeno stare con gli altri.» costatò mestamente.
«Hanno provato a convincerlo ma non c’è stato verso.»Erin si sdraiò al suo fianco e cominciò ad accarezzargli delicatamente il volto.
Il marito si lasciò andare al suo tocco e dopo un po’ le si avvicinò di più. Lei lo abbracciò continuando a fargli dolci carezze.
«Sono stanco … vorrei che questa dannatissima guerra finisse.»
«Finirà. Un giorno finirà.» gli disse dolcemente.
Restarono così per molto tempo. Finalmente Owen riuscì a lasciar andar via un po’ di tensione.
«Stanno ancora litigando.» constatò l’uomo che avrebbe tanto desiderato il silenzio per abbandonarsi completamente al sonno.
«Vedrai che si addormenteranno anche loro.» nel frattempo le voci, per quanto soffuse, continuavano a farsi sentire.
«Spero presto.»
La porta bussò e dallo spiraglio della porta socchiusa apparve il volto di Kyla.
«Mamma, papà posso dormire qui?»
Dopo un attimo di sorpresa Erin la face entrare «Certo!»
Si tirarono su mentre Kyla entrò e chiuse la porta alle sue spalle.
«Successo qualcosa di là?» le domandò il padre notando il suo sguardo alquanto alterato.
«Kirabo.»
«Che ha fatto questa volta?» proseguì Erin interessata.
«E’ un prepotente! Voleva per forza dividere la coperta con me perché dato che è troppo lungo ne voleva avere due.» spiegò.
«Non poteva dividerla con qualcun altro?»
«Lev si muove troppo mentre dorme, Katsu se l’è svignata nel sacco a pelo e Shu e Yue si sono rifiutati, ma figurati se va ad insistere con loro due.» ai due genitori scappò un sorriso.
«Guardate che non lo sopporto seriamente.» Kyla mantenne un tono serio.
«Vi comportate allo stesso modo di quando eravate piccoli.» le fece notare la madre.
«Non è colpa mia se è cresciuto solo in altezza.» fece offesa.
«Che ne dite se ci mettiamo tutti e tre sotto le coperte che comincia a fare freddino?» Owen le fece cenno di mettersi nel letto.
La ragazza non se lo fece ripetere.
«Si può sapere di che altro stanno discutendo?» Owen era sempre più desideroso di dormire.
«Si stanno contendendo una stufetta, Yue si sta battendo perché vuole che si lasci un po’ la tenda alzata così può vedere quando si fa giorno e andare da Seref in ospedale il più presto possibile. Gli altri non voglio specialmente Shu, e infine, stanno già pensando a chi andrà a lavarsi per prima domani.» Kyla gli fece l‘elenco completo.
«Ma dico sono cinque e non riescono a mettersi d’accordo?»
«Shhh!» Owen le interruppe facendo segno di fare silenzio ponendo l’indice avanti al naso.
Improvvisamente le voci divennero più basse e poi più nulla «Hanno finito.» affermò piano, timoroso che fosse solo un’illusione.
«Pare di si.» Kyla gli diede conferma.
Il silenzio continuava a persistere tanto da dare fastidio alle orecchie.
«Che dite se spegniamo la luce e ci addormentiamo anche noi?» propose Erin sbadigliando stanca.
«Non aspetto altro.» Owen lo disse con un tale senso di sollievo che si coprì con la coperta fin sotto al naso chiudendo gli occhi.
La luce venne spenta e poterono abbandonarsi al sonno.

Alcuni giorni dopo
«Quanto tempo resterete lì?»
«Non lo so con precisione ma penso per un bel po’.»
«Kirabo sicuro di stare bene?» la sua interlocutrice, dall’immagine olografica della videochiamata,  era preoccupata.
«Sto bene.» le rispose più per tranquillizzarla, poi continuò «è che sono un po’ preoccupato ma non so cosa fare.»
«Takehito?» Shae era sempre in grado di capire qualunque suo pensiero.
«Sì. Cerchiamo di tenerlo impegnato però fa di tutto per evitarci. È come se si sentisse in colpa per quello che ha fatto.»
«Ammetterai che quando eravamo noi alle prime armi e ci trovammo costretti ad uccidere non stavamo certo bene. Abbiamo imparato a sopportare, vedrai che  accadrà lo stesso anche per lui.»
«Spero che non gli abbiamo dato un fardello troppo pesante.»
«Però c’è ancora qualcosa’altro che non va, indovinato?»
«Sarò mai capace di nasconderti qualcosa?»
«Non azzardarti mai a farlo che te ne farò pentire amaramente!» gli disse con fare minaccioso.
«Tranquilla non ci tengo.» Kirabo lasciò che una risata gli mutasse quell’espressione triste che aveva.
«Allora?» lo esortò la moglie.
«Ho paura e comincio a non reggere più.» ammise piano.
Shae fece per avvicinargli una mano, voleva accarezzarlo ma non era possibile. A quel gesto il volto del marito si intenerì.
«Ho paura di perderti, ho paura che possa accadere qualcosa a Fuhara … e ho paura che possa lasciarvi sole. Ci sono più di una cinquantina di bambini di Hanran che sono rimasti senza genitori e quando sto con loro mi si strazia il cuore.» questa vota fu Kirabo a tenderle la mano «per quanto ci affanniamo sembra non cambiare nulla.»
«Però tu non puoi cedere!» la sicurezza di Shae lo riscosse un pochino «sei il punto di riferimento dei più giovani. Pensa solo a Shu e Yue. Sei come un fratello maggiore se non qualcosa di più. E non ti dimenticare dei nostri amici, se andiamo avanti è perché ci sosteniamo l’un l’altro.»
«E’ pesante!»
«Io resto con Fuhara alla base e tu combatti. Lo stabilimmo anni fa. Ti ho lasciato sulla Phlayrh perché tra noi due sei quello che ci è più legato ma se ti pesa così tanto, possiamo anche scambiarci i ruoli.» Kirabo rimase sorpreso da tali parole e dalla forza con la quale venivano pronunciate «Tu combatti anche per me!» proseguì.
Seguì qualche attimo di silenzio.  Il messaggio venne recepito ed e gli diede la motivazione e il sostegno che gli serviva.
«Pare che me lo sia dimenticato per un attimo. Ora va meglio.»
«Vedi di non dimenticarlo più. Ah! Fuhara è ancora arrabbiata per quella volta.»
«Quale volta?»
«Quando sei andato in soccorso di Shu nella missione in Africa e poi ve ne siete andati via.»
«Eppure l’altro giorno  le ho parlato ma non mi sembrava arrabbiata.» rifletté un po’ sorpreso.
«All’apparenza no ma non fa atro che ripetere che se non le porterai un bel regalo come le hai promesso, ti metterà le lucertole nel letto.»
«Lucertole?» ripeté quasi spaventato.
«Si si lucertole, dice che quando mordono fanno male. Per ora è l’unico rettile le consento di prendere. Ti ho raccontato di questa sua passione, no?»
«Mi affretterò a trovarle un regalo.»
«Kirabo! Kirabo!» dall’esterno della stanza in cui stava, Kirabo sentì Katsu chiamarlo con insistenza.
«Shae aspetta un attimo.» Kirabo uscì e si ritrovò avanti Katsu con il fiatone.
«Che succede?» domandò al ragazzo.
«Kirabo va a calmare Lev! Takehito sta facendo una simulazione di combattimento con Yakov ma quando Lev l’ha saputo, si è infuriato. Ora sta facendo anche lui la simulazione ma quando finiscono non so che intenzioni avrà.»
«Takehito e Yakov? Non è un buon momento per far conoscere quei due. Takehito stava con te?»
«Sì.»
«Perché non l’hai fermato?»
«Non ha ascoltato.» il giovane meccanico si sentì in colpa.
«Tranquillo ci penso io» rientrò nella stanza. «amore …»
«Ho sentito, vai. Mi chiamerai la prossima volta che potrai.»
«Ciao, allora.»
«Caio, amore mio.» la conversazione si chiuse e Kirabo seguì di fretta Katsu.


«L’aeronave ha ancora un sacco di guasti da riparare.» Katsu ricevette un mugolio per risposta dall’amico che gli camminava accanto.
«Dovremmo fare una sorta di tabella di marcia o non la ripariamo più» ancora un mugolio.
«Ehi! Ma mi stai ascoltando?»
«Sì.» una risposta meccanica.
Dopo la battaglia Takehito aveva perso ogni energia ed entusiasmo. Lasciava che le cose gli scorressero addosso.
«Andiamo a distrarci un po’?» non sapeva che fare per farlo sentire meglio.
 «Tu saresti il nuovo pilota della Phlayrh?» una voce scontrosa e beffarda li raggiunse dalle loro spalle.
“Dannazione! Lui no.” pensò Katsu.
 I due ragazzi si voltarono senza dire nulla mentre l’uomo, che si era rivolto loro, si fermò a pochi centimetri, guardandoli dall’alto verso il basso.
«Un ragazzino senza spina dorsale!» quel tizio aveva deciso di insultare il giovane pilota.
«Yakov, non è il momento.» Katsu si frappose fra i due e l’uomo fu costretto a distogliere lo sguardo dal pilota.
«Sei impegnato a piangerti addosso, ragazzino?» Takehito alzò gli occhi verso quelli dell’uomo, minacciosi e derisori. Lo misero a disagio ma gli fecero anche scattare una certa rabbia.
«Che ne sa di cosa ho per la testa?» gli domandò calmo.
«Cose inutili!»
«Yakov per favore smettila! Su Takehito andiamo via.» Katsu lo afferrò per un braccio e trascinarlo con se ma l’amico non si mosse.
I suoi occhi erano fissi in quelli di Yakov stretti in due fessure.
«Non sono cose inutili.» affermò con fermezza.
«Allora dimostramelo. Stai così dopo aver ucciso un tuo nemico, giusto? Fammi vedere quello che hai nella testa!»
«Takehito non dargli retta.» Katsu provò ancora dal dissuaderlo ma venne ignorato.
«Ti propongo una simulazione di combattimento. Fammi vedere quello che sai fare ragazzino.» per l’uomo era il momento giusto per ottenere ciò che voleva.
«Va bene! Fammi strada.»
«Takehito fermati! Non è una buona idea, credimi!»
«Katsu lasciami andare.» lo strattonò e si liberò dalla sua presa.
Katsu continuò ancora a convincerlo di rifiutarsi ma non volle sentire ragioni. Attraversarono diversi corridoi dell’edificio in cui si trovarono e raggiunsero i simulatori.
Erano situati in una grande sala al cui interno, oltre i simulatori veri e propri, posti al centro, era ricca di computer per la rilevazione e la elaborazione dei dati raccolti.
«Cosa sei abituato pilotare?» Yakov era pronto ad impostare i dati per la simulazione.
«Il mio teknight è stato costruito sulla base di un TH ma le prestazioni eguagliano quelle di un  GS o del RAD 3.»
«Puoi anche metterti in posizione.» l’uomo terminò di immettere le informazioni necessarie e il portello di uno dei simulatori si sollevò.
«Takehito non devi dimostrare niente a nessuno! Lascialo perdere e torniamocene indietro.» Katsu l’aveva afferrato per le spalle e fatto girare.
«Non ti intromettere!» Takehito si liberò dalla presa e lo spinse lontano, furente si sistemò nella sua postazione.
Yakov gli lanciò uno sguardo di vittoria e ed entrò in uno dei simulatori. Il giovane meccanico non poté fare altro che restare ad osservare.
La postazione del simulatore era identica in tutto e per tutto ad una comune cabina di pilotaggio di un teknight. Intorno a lui i pannelli che permettevano di vedere l’esterno, visualizzavano come campo di battaglia, uno spazio verde con pochi alberi a ridosso di una città, che sembrava essere uscita da un bombardamento. In quel momento Takehito si trovava sospeso in aria. Come prima cosa, ritenne fosse più prudente scendere e nascondersi dietro o in qualche costruzione ancora in piedi.
Cominciò a tremare senza nemmeno rendersene conto. Si sentiva agitato, il respiro divenne affannoso e cominciava a sudare freddo.
“Devo calmarmi … è solo una simulazione, non è un combattimento reale.” è ciò che si ripeteva mentalmente e parve, che a poco a poco, questa consapevolezza lo tranquillizzò.
Doveva trovare quell’uomo e chiudere in fretta la questione. Scansionò l’area circostante senza rilevare nulla. Così cominciò a muoversi tra le macerie e le mura, senza esporsi troppo, alla ricerca dell’avversario. Per quanto si stava sforzando non riusciva a trovarlo.
«Dove diamine è?» la calma, che a fatica aveva riacquistato, stava svanendo.
Poi improvvisamente sullo schermo comparve qualcosa. Era un altro teknight, uno simile al suo che gli stava precipitando addosso, sparandogli dalle armi che aveva sulle spalle.
Ebbe appena il tempo di scansarsi e rispondere con alcune piccole bombe che gli lanciò.
Il teknight sguainò la sua spada luminosa e tagliò in due le bombe facendole esploderle in aria, dopo di che, eseguì una serie di affondi. Takehito riuscì a schivarli ma ogni volta che ne scansava uno, il suo stato di malessere aumentava.
Fu costretto a sfoderare anche la sua di spada per difendersi da un'altra serie di attacchi. Quando vide la possibilità di fare breccia nella difesa dell’avversario, era pronto per sferrare un attacco decisivo che avrebbe diviso in due il teknight ma qualcosa lo bloccò.  Non portò a termine il suo attacco e si allontanò il più possibile verso gli alberi.
«Non scappare! Avevi l’opportunità di distruggermi» il tono di Yakov era volutamente provocatorio «Ti stai deprimendo perché hai ucciso un tuo nemico in battaglia, non è così?» sperava gli giungesse una risposta ma poté notare solo che il ragazzo si era fermato dietro un albero.
«Cosa c’è di male? I nemici vanno uccisi ... tutto l’impero Argest va cancellato, annientato non ne deve rimanere neanche il ricordo.»
Takehito ascoltava con attenzione. Ogni parola gli sembrava sbagliata, si scontrava con il  senso di colpa che lo stava dilaniando in quei giorni.
«Se non l’avessi ucciso tu l’avrebbe fatto lui.» continuò Yakov.
A Takehito tornarono in mente le immagini dello scontro. Quando la sua lama trapassò il metallo. Era sconvolto per l’assassinio brutale che era stato costretto ad assistere, impotente. Si mosse per difendersi, per fermarlo.
«Sul campo di battaglia non devi pensare a difenderti, non devi pensare a difendere qualcun altro, il tuo unico pensiero deve essere quello di uccidere i tuoi nemici, senza rimorsi e senza pietà!» Yakov lo aveva raggiunto e tagliò l’albero dietro il quale si nascondeva.
Il teknight di Takehito indietreggiò, voltandosi nella sua direzione. Yakov si preparò ad un attacco verso l’alto,  sembrava pronto per un’esecuzione.
Si stava ripetendo la stessa scena, la stessa posizione. Con occhi sbarrati che non riuscivano a contenere il vortice di sentimenti negativi che gli attanagliavano l’animo e le mani ferme, posizionarono la spada davanti a se, all’altezza del busto.
«Muori.» sussurrò il ragazzo.
Doveva solo all’ungare le braccia e sarebbe finito.
Appena in tempo arrivò un altro teknight, allontanò quello di Yakov che cadde a terra rovinosamente. Questi con il suo fucile gli rese inutilizzabili braccia, gambe e telecamere.
Sullo scherno dell’abitacolo, Yakov venne segnalato come sconfitto e subito dopo l’ultimo arrivato abbandonò la simulazione decretando la sua fine.
I macchinari si spensero e i portelloni si aprirono.
«Takehito! Tutto bene?» il terzo che si unì alla simulazione non era altri che Lev.
Si era trovato a passare per lì e notò Katsu abbastanza allarmato. Non ci mise molto a fargli spiegare cosa stesse accadendo, nonostante il meccanico fosse un po’ restio.
Lev si precipitò da Takehito che faticava a far entrare aria nei polmoni per quanto fosse agitato.
«Non è successo nulla, sta tranquillo.» Lev gli era vicino e gli massaggiava le braccia per tranquillizzarlo. Parve riuscirci ma i suoi occhi racchiudevano un’orribile consapevolezza.
“Muori”.
Il compagno credendo che si fosse ripreso, rivolse la sua attenzione a colui che aveva dato inizio a tutto.
«Che volevi fargli? Approfittare della sua debolezza per ficcargli in testa le tue stupidate?»
«Che ti interessa che volevo fare?»
«Hai ragione non mi interessa, tanto qualsiasi cosa tu faccia è qualcosa di male. Quindi non ti avvicinare più a lui!»
«Lo farò se vorrò. Non mi interessa cosa pensi.»
«Sei un vile!» furibondo lo afferrò per la maglia.
«Lev!» il richiamo di Kirabo bastò per fermarlo. Lasciò andare Yakov che si sistemò la maglia e si allontanò rivolgendo occhiate d’astio a Kirabo.
“Giusto in tempo.” Kirabo ne fu sollevato «Andiamo a darci una calmata tutti quanti.» il suo sembrò più un ordine che un consiglio.
Tornarono tutti nella stanza in cui dormivano i ragazzi, dove all’interno vi era solo Kyla intenta a studiare alcune carte.
«Cosa è successo?» la giovane  percepì subito che qualcosa non andava. Kirabo con uno sguardo insolitamente duro, Lev che sembrava volesse fare a pugni con qualcuno, Katsu decisamente nervoso e Takehito se possibile era ancora più scuro in volto.
Kirabo le spiegò la situazione.
 «Siamo alle solite. Vado a prendervi qualcosa.» così uscì per pochi minuti, tornado con bicchieri e alcuni termos contenenti tè, cioccolata calda e caffè.
Kirabo e Katsu presero volontariamente rispettivamente del caffè e del tè mentre agli altri due, Kyla li forzò a prendere della cioccolata, ritenendola più adatta per farli calmare.
«Takehito, perché hai accettato di fare quella simulazione? In questi giorni non volevi nemmeno avvicinarti ad un teknight.» Kirabo ruppe il silenzio.
«Non lo so.» rispose guardando la tazza fumante tra le mani.
«Perché ti ha provocato e tu ci sei cascato come uno stupido.» ribatté il meccanico stanco dell’atteggiamento di Takehito.
«Non è vero!»
«Allora perché? Sono giorni che ti tormenti, poi arriva uno che ti insulta e tu cedi. Ho provato a fermarti ma tu nulla.» Katsu era in piedi e aveva alzato la voce.
L’amico non disse nulla non aspettandosi una reazione del genere.
«Non sai che dire? Tanto ormai è chiaro che fai sempre come vuoi. Vedi di schiariti le idee.» mandò giù l’ultima sorsata di tè ed uscì agitato.
Kyla fece per seguirlo ma Kirabo la trattenne, sicuro che si sarebbe calmato da solo.
«Che cosa è successo esattamente durante la simulazione? Stavi peggio di quando sei uscito dall’AU-0 l’ultima volta.»
«Nulla di particolare, Lev.» Takehito continuava a mantenere la testa china.
«Tenerti tutto dentro non ti farà bene …  nemmeno a chi ti sta intorno.» la giovane gli si rivolse con fare dolce, facendo chiaramente riferimento a Katsu.
Come un fiume i cui argini non riuscivano più a contenere l’acqua dopo un’abbondante pioggia, Takehito cominciò a far straripare i sentimenti logoranti che si erano abbattuti prepotentemente su di lui.
«Io davvero non so cosa mi stia succedendo» aveva appoggiato il bicchiere, mantenendo il volto rivolto verso il basso «però se prima il pensiero di aver ucciso qualcuno mi faceva stare male, ora ho paura di me stesso.» un leggero fremito lo scosse.
Seguì una lunga pausa in cui nessuno disse nulla, lasciando al ragazzo il tempo di prendere coraggio e proseguire.
«Solo quando mi sono reso conto di ciò che avevo fatto, ho capito che stavo combattendo  in una guerra. Volevo pilotare i teknight perché mi piacciono, volevo farlo anche qui perché non ho più un posto dove tornare e volevo rendermi utile. Di quello che è accaduto, incominciavo a farmene una ragione … e adesso ho paura di me stesso.» fece un’altra piccola pausa «durante la simulazione avevo paura, anche se ero consapevole che il campo di battaglia era finto, che non sarebbe accaduto nulla né a me né a quell’uomo. Stavo scappando e lui sapeva perché. Sapeva che avevo ucciso il pilota del GL e continuava a dire che quello che avevo fatto era giusto, che non dovevo avere pietà per nessuno. Quando stava per attaccarmi, non è stato come l’altra volta in cui il mio corpo si mosse da solo. Io lo volevo morto. Poi Lev ci ha interrotto … forse non dovrei più salire su un teknight.»
Lev sospirò pesantemente : «Tutto quello che ha detto e fatto aveva il solo scopo di farti credere che ciò fosse giusto. Essendo mio padre lo conosco bene e non è altro che un  uomo divorato dall’odio. Non si è fatto scrupoli nel mettere in pericolo la vita di mia madre e di una giovane ragazza, pur di fermare Argest. Da qualcuno che non si ferma nemmeno davanti alla morte delle persone care, non puoi aspettarti altro. La guerra non è una cosa giusta ma pare sia l’unica possibilità. Ma per quanto possibile, cerchiamo di evitare morti inutili e di avere pietà per chi abbiamo di fronte.»
Takehito restò quasi sconvolto, rivolgendo la sua attenzione al biondo.
«C’è anche chi alla guerra ha trovato un’altra via da percorrere. Orami anche tu sei venuto a conoscenza di Falk» Kyla ricevette un cenno affermativo del capo del ragazzo «Lui faceva parte della Phlayrh ed era cresciuto insieme a me, Lev e Kirabo. Abbiamo sognato, affrontato difficoltà, litigato e combattuto insieme, tuttavia lui, la guerra la detestava e riteneva che con essa non avremmo ottenuto nulla. Alla fine andò via con l’intento di voler cambiare le cose partendo dalle persone, cambiando il loro modo di vedere le cose e cercare un modo per vivere insieme pacificamente.»
Takehito sembrava più confuso di prima. Per quale motivo gli dicevano tutte quelle cose? Le sue idee riguardanti la battaglia che portava aventi la Phlayrh, si erano fatte già poco chiare e le versioni discordanti non facevano che rendere tutto più complicato.
«Takehito, voglio farti vedere una cosa. Poi ti lasceremo il tempo di riflettere con calma.»
Kirabo si alzò e fece per aprire la porta e rivolgergli lo sguardo.
Takehito poco convito lo seguì e lo condusse al penultimo piano dell’edificio. Arrivati si poté udire la confusione creata dal chiacchiericcio, dalle urla e dai pianti di bambini. C’erano tre sale molto grandi congiunte da un corridoi piuttosto stretto.
Kirabo entrò in una di quelle stanze piena di bambini. C’era sempre qualche adulto che li controllava e pronto per ogni loro necessità.
In quello stesso edificio in cui stava da alcuni giorni non sapeva che a due piani più in alto, ci fossero così tanti bambini. Dovevano essere all’incirca una cinquantina.  Ma a Takehito non era ancora chiaro il motivo per cui Kirabo l’avesse portato lì. Provò a domandarglielo ma non era più al suo fianco. Si era allontanato senza che se ne accorgesse.
«Takehito vieni qui!» l’aveva ritrovato e gli si avvicinò «dammi una mano a distribuire la merenda ai bimbi.» e gli diede diversi dolcetti da reggere.
In realtà non sapeva bene che cosa dovesse fare e così si limitò a seguirlo. Furono stesso i bambini che gli si avvicinarono e presero il loro dolcetto.
«Sai, loro sono rimasti tutti senza genitori dopo che la Hanran è andata distrutta.» lo disse piano «a me non piace combattere, non voglio vedere la gente soffrire e mi arrabbio tanto quando Shu si lascia prendere la mano però … io ero un orfano. Non ho mai saputo chi fossero i miei genitori, prima di imbarcarmi sulla Phlayrh non facevo altro che lavorare ed ero solo un bambino. Avevo un desiderio, quello di giocare a basket e non potevo farlo. Ci sono tanti bambini e persone che si trovano nella stessa condizione in cui mi trovavo io. Quando siamo tornati da Hanran, mi hai chiesto come si faceva a fermare il dolore. Un modo per fermalo non c’è ma si più sopportare. La mia risposta sono loro, questi bambini e tutti le persone costrette a subire soprusi. Mi piacerebbe se Falk riuscisse nel suo intento ma ha deciso di combattere una battaglia ancora più ardua della nostra.»
Takehito rimase fermo non sapendo che rispondere o pensare.
Poi il pianto di una bambina lo riscosse. Non sapeva nemmeno lui perché le si stesse avvicinando ma si lasciò guidare dal suo istinto. Si abbassò alla sua altezza e prese ad accarezzale i capelli piano.



Angolo dell'autrice:
Salve a tutti e buone feste!
Approfitto di questi giorni in cui ho più libertà per portarmi avanti con i capitoli che stanno prendendo una piega un pò diversa da come li avevo pensati all'inizio.
Povero Takehito è decisamente tormentato ma è ad un punto di svolta. Come risolverà?
Grazie per chi continua a seguire anche se silenziosamente.
Ci vediamo nel 2015 con il prossimo capitolo.
Buona fine anno e strepitoso anno nuovo! ;)
  
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